Dark Souls: Siegmeyer, un padre alla ricerca di sé

Continua il nostro viaggio nella Lore di Dark Souls, in attesa del Remaster in arrivo a maggio: oggi andiamo alla scoperta di Siegmeyer.

Dark Souls: Siegmeyer, un padre alla ricerca di sé
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Una legge incontrovertibile regna sovrana a Lordran: i forti sopravvivono e i deboli periscono. Nonostante gli abitanti di questa terra maledetta siano infettati dalla piaga che li ha resi non-morti, essi non sono tutti uguali: ognuno presenta uno specifico grado di corruzione, tant'è che certi riescono ancora a mantenere il senno, mentre altri attaccano brutalmente chiunque gli si pari davanti, senza un reale scopo. È importante ricordare, insomma, che la condizione in cui gli abitanti si trovano peggiora nel tempo, diventando ad ogni morte e ad ogni trauma (non necessariamente fisico) sempre più logorante per chi ne subisce gli effetti. In questo modo si spiegano anche molti dei mutamenti che, nel corso dell'avventura, riguardano nell'atteggiamento di determinati personaggi, che altrimenti sembrerebbero cambiare rapporto con il giocatore in maniera del tutto estemporanea. Una trasformazione che è avvertibile in una delle figure che per più tempo accompagna le nostre avventure: Siegmeyer di Catarina. Un uomo stanco, che dietro alle proprie battute e alla curiosa armatura bombata nasconde più sofferenza di quella che vuol lasciarci intendere. Un uomo buono, troppo buono per rivelarci che, con le nostre azioni, non stiamo facendo altro che ucciderlo lentamente.

    Un'ascesa nel dolore

    L'ingresso della Fortezza di Sen è molto meno minaccioso rispetto ad altri luoghi che si sono visitati fino a quel momento. Un ponticello immerso nel verde, una sorta di viale sospeso: nulla a che vedere con fogne, e bassifondi infestati e miniere putrefatte. Alla fine del percorso troviamo è un enorme cancello e, proprio lì accanto, un cavaliere in armatura scintillante di cui non riusciamo a intuire le fattezze, tanto è ingombrante la corazza che egli indossa.

    L'ingresso della fortezza di Sen

    Una protezione bizzarra, il cui elmo ricorda la forma di una cipolla, mentre il torso imita le pieghe della carne di un individuo in sovrappeso. Provando a parlare con lo svampito cavaliere scopriamo il suo nome, Siegmeyer di Catarina, e comprendiamo che si è dovuto fermare poiché il cancello d'ingresso è chiuso e non sa come proseguire.
    Quando torniamo dopo aver suonato entrambe le campane è già scomparso, probabilmente frettoloso di avanzare in quella struttura di mattoni. E così ci ritroviamo da soli ad affrontare la terribile realtà della fortezza. Due uomini serpente ci ostacolano immediatamente: si tratta di nemici antropomorfi, dotati di armi pesanti e capaci di ferirci anche con il loro temibile morso. Il loro agguato è reso ancor più pericoloso dall'attivazione di una trappola a pressione, che inizia a lanciarci pericolosi dardi mentre siamo impegnati a schivare i guardiani squamosi. Al suo interno, la Fortezza di Sen nasconde poi una serie di incubi difficilmente immaginabili osservandola da fuori. Il buio della sala in cui ci si ritrova di lì a poco è infranto dal rumore incessante di qualcosa che si muove nell'oscurità, seguendo un ritmo regolare. Affilate come rasoi, delle lame oscillanti pendono dal soffitto, ostacolando il passaggio sull'esile ponte dove, mimetizzato nelle ombre, attende in agguato un altro uomo serpente. Questa struttura è un diabolico e sadico capolavoro dell'ingegneria, capace di far piombare nell'abisso sottostante anche i più coraggiosi ed esperti che sono riusciti ad arrivare a questo punto. Un volo doloroso, ma spesso insufficiente ad uccidere il non morto prescelto, che in questo caso si ritrova a dover fronteggiare una situazione ben peggiore: un esercito di Demoni della Titanite. Si tratta di creature leggendarie e temibili, originate da lastre di titanite andate perse nel mondo dopo la morte di un misterioso dio fabbro, il creatore delle armi che impugnano gli altri dei. Qualora si dovesse sopravvivere a tale salto, la pece collosa sotto i piedi e i giganteschi mostri dalla lancia pietrificata penseranno a terminare ciò che la gravità non è riuscita a fare. Ad ogni modo, una scaletta nascosta in un angolino permette di ricominciare il percorso, questa volta con maggior consapevolezza di cosa ci attenda nel buio.

    Siegmeyer di Catarina, pensieroso sul muretto di fronte alla fortezza (Deviantart by menaslg)


    Le lame non sono l'unico ostacolo a frapporsi tra noi e la cima della fortezza, in quanto una serie di enormi massi rotola a folle velocità lungo le vie d'accesso, costringendoci a compiere percorsi alternativi e a tentare scatti disperati per evitare di finire schiacciati. È proprio in prossimità di uno di questi ostacoli che incontriamo nuovamente Siegmeyer, che, similmente a quanto accaduto prima, non sa come procedere e necessita del nostro aiuto. Egli è evidentemente troppo fuori forma per poter schivare tutti i massi e solo un nostro intervento al meccanismo centrale gli permetterà di proseguire verso la vetta. Un traguardo che si fa sempre più vicino ponte dopo ponte e trappola dopo trappola, in un turbinio di sofferenze reso ancor più aspro dall'assenza di falò e scorciatoie per tutto il percorso, costringendo a ricominciare da capo anche solo al minimo errore.

    Una divina indifferenza

    Tornare all'aria aperta una volta usciti dalla parte bassa della fortezza è solo l'ennesima falsa speranza con cui Dark Souls si prende gioco di noi. L'ultimo tratto della Fortezza di Sen è il più rischioso, poiché, nonostante la luce, non possiamo capire da dove arriva quanto ci piove addosso dall'alto. Delle enormi bombe incendiarie piombano a intervalli regolari lungo la seconda metà del percorso, costellato di insidie quanto e più del primo segmento. Il re senza nomeTutti i capitoli della trilogia di Dark Souls condividono la medesima cosmogonia, in un complesso intreccio di rimandi che li pone in diretta connessione. Pertanto alcuni dettagli che nel 2011 non erano comprensibili oggi lo sono grazie ai sequel dell'opera di From Software. Uno di questi potrebbe essere l'origine del nome Sen.
    Per anni si è creduto che il primogenito di Gwyn fosse Solaire, tanta era la sua volontà di riabbracciare il sole-padre, mentre oggi sappiamo che si tratta della figura che incontriamo alla fine della Vetta dell'Arcidrago di Dark Souls III: il Re Senza Nome. Molti dettagli dell'area in cui lo si incontra suggeriscono che fosse lui il misterioso Sen, a cui in seguito fu appunto strappato il nome. La sua colpa (per la quale è stato bandito dalla memoria del suo popolo) è quella di aver tradito il padre e la famiglia durante la Guerra dei Draghi, alleandosi con le creature nel tentativo di sovvertire le sorti del conflitto. Che fosse il signore della diabolica fortezza lo suggerisce sia la presenza degli uomini serpente in entrambe le zone, sia la lancia del fulmine custodita da un mimic. Un'evenienza misteriosa e tutt'altro che comprovata, ma che aggiunge lo stesso un tassello importante all'opera di Miyazaki

    Ci imbattiamo nuovamente in cavalieri di Balder e di Berenike, antiche guardie che avevano tentato di spezzare la maledizione del proprio regno arrivando a Lordran, ormai costrette a girovagare senza un reale scopo. Incontriamo anche un abitante di Astora, il principe Ricard, anch'egli giunto in questi luoghi con la speranza di poter ottenere un'udienza divina, e ora costretto ad attaccare chiunque con il proprio stocco. Riusciamo inoltre anche a capire da dove arrivino tutti quegli enormi massi che rotolavano nella fortezza, osservando in lontananza un gigante intento a riversare le suddette pietre in un ancestrale meccanismo. Sul senso di questa struttura torneremo, comunque, tra poco.
    Arrivati in cima scopriamo infine che le bombe incendiarie erano lanciate da un altro gigante, questa volta posizionato nella zona più alta del bastione, incaricato di impedire tanto l'accesso alla vetta, quanto la sconfitta del boss che si nasconde al di là della nebbia. Un enorme Golem di Ferro che ci assale su un tetto senza parapetto, mettendo a rischio la nostra incolumità. Lo scontro è arduo, ma la presenza di Tarkus Ferronero, cavaliere di Berenike sopravvissuto alla maledizione del non morto, lo rende più accessibile. La creatura resta quasi impotente, una volta accerchiata dai due combattenti, che colpendolo alle caviglie riescono facilmente ad inginocchiarlo per poi ferirlo mortalmente. È in quel momento che appare al centro dell'arena un sigillo dorato, toccando il quale si viene rapiti da alcuni demoni alati per arrivare finalmente alla tanto agognata meta: Anor Londo, la città degli dei. Lasciando da parte (almeno per questa settimana) l'approfondimento su tale area, rimangono aperti molti dubbi legati alla Fortezza di Sen, che meritano di essere approfonditi. Innanzitutto, chi era Sen e, in seconda battuta, qual era il ruolo di questa minacciosa costruzione?
    Molte interpretazioni sono state date al nome di questa roccaforte, spesso ricorrendo ad elementi esterni a Dark Souls: una linea a nostro avviso decisamente poco coerente con la filosofia di Hidetaka Miyazaki. La più plausibile, rimanendo all'interno dei confini del gioco, vorrebbe che Sen fosse il primogenito di Lord Gwyn, una figura misteriosa di cui sono state cancellate le tracce all'interno di Lordran.

    Il possente Gwyn, Lord dei Tizzoni

    Se questa interpretazione fosse corretta, l'esistenza di un simile luogo acquisterebbe un senso ben specifico. Sen, in quanto dio della guerra e capo dell'esercito, avrebbe sfruttato (e, magari, costruito) la fortezza per addestrare i suoi cavalieri e temprarli di fronte a mille e più sfide, onde selezionare i soldati meritevoli di servire suo padre. Del resto i cavalieri d'argento che s'incontrano ad Anor Londo hanno fattezze umane, quindi non è assurdo immaginare che siano delle persone temprate da un addestramento inumano. Diventa però ancor più interessante l'utilizzo che di tale struttura è stato fatto successivamente, nel tempo della crisi. La Fortezza di Sen, in Dark Souls, rappresenta infatti il collegamento tra il mondo umano e il mondo divino, la porta di accesso che ci permette di raggiungere Anor Londo, la città degli dei.
    Dando per assodato l'esilio di Sen al termine della Grande Guerra, il posto vacante sarebbe andato di diritto ad Ornstein, il guerriero leonino che ci attacca assieme a Smough alla fine di Anor Londo, diventato quindi il primo cavaliere di Gwyn. È lecito immaginare che, durante il lungo tramonto della Prima Fiamma, tutte le figure divine abbiano dovuto riunirsi per trovare una soluzione all'imminente crisi, abbandonando il mondo degli uomini e lasciando quindi vuota la fortezza d'addestramento. Al contempo, il timore della maledizione dei non-morti avrebbe scatenato il panico tra gli uomini, che sempre più spesso si sarebbero ritrovati a chiedere (invano) aiuto agli dei. Sembra quindi che la situazione disperata abbia portato Gwyn e la propria stirpe a isolarsi completamente dal resto del mondo: incapace di far fronte alla crisi, il primo fra i Lord ha deciso di precludere a chiunque l'accesso alla propria città. Lasciando al popolo, piagato dalla maledizione, una flebile illusione: la speranza di un'udienza a corte era data a chi avrebbe superato i pericoli della Fortezza di Sen. Gwyn, del resto, era consapevole che le sue trappole sarebbero state più che sufficienti ad impedire a chiunque di arrivare sino in cima. Una verità che ci conferma anche il mercante della fortezza, quando ci elenca le molteplici personalità che nei secoli hanno incontrato la sconfitta tra le mura dell'enigmatico bastione.
    Sembra insomma assodato che a Lordran gli dei abbiano abbandonato completamente gli uomini. Non tanto per un capriccio, ma forse per timore di finire contaminati da una maledizione che essi stessi, dall'alto del loro potere, non riescono né a capire né tantomeno a combattere. Una fuga, ia loro, che potrebbe addirittura celare una vergogna nel sentirsi inadatti nel proprio ruolo di divinità (fermo restando che coloro che ottennero i poteri dalla Prima Fiamma si autoproclamarono dei, ma di certo non lo erano per diritto di nascita). Questa prospettiva è sintomatica di un tremendo declino morale che si è abbattuto su chi avrebbe dovuto difendere Lordran, offrendoci uno spunto importante di cui parleremo presto. Ma non questa settimana, perché in questa puntata risponderemo ad un'altra domanda. Che fine ha fatto Siegmeyer?

    Il retaggio di un padre

    Dopo i primi due incontri ci imbattiamo nuovamente nel nobile cavaliere di Catarina, sempre a ridosso di situazioni per lui insormontabili. Egli è bloccato da alcuni cavalieri d'argento ad Anor Londo, ed ha bisogno del nostro aiuto per proseguire. Lo incrociamo, pieno di gratitudine al Santuario del Legame del Fuoco, ove ci ricompensa con un anello e, successivamente, nella Città Infame, bisognoso di un muschio purpureo che gli consenta di attraversare la palude velenosa.

    Sieglinde di Catarina, figlia di Siegmeyer (Deviantart by evilapai)

    Insomma, ogniqualvolta Siegmeyer è nei guai noi siamo lì, pronti ad accorrere in suo soccorso facendo il lavoro sporco al posto suo: ma lo stiamo aiutando veramente?
    Quando ci imbattiamo in lui a Lost Izalith egli sembra finalmente pronto a ricambiare il favore, sacrificandosi in una pozza colma di Divoratori del Caos (mostri che rilasciano nubi corrosive) per darci il tempo di fuggire indenni. Osservando la sfida che gli si para davanti, tanto lui quanto noi sappiamo bene che si tratta di un duello impari, dal quale non potrà uscire vittorioso. Possiamo lasciare che agisca come ha proposto, oppure possiamo aiutarlo per l'ennesima volta, salvandogli nuovamente la vita. In quest'ultimo caso, da questo momento in poi Siegmeyer scompare dalla nostra strada.
    La sua storia prosegue negli Archivi del Duca, la gigantesca biblioteca in cui dimora Seath il Senzascaglie. Nei giardini esterni che conducono alla Caverna di Cristallo ci imbattiamo infatti in un golem dorato che tiene imprigionata sulle proprie spalle quella che si rivela essere più che una conoscente del paffuto cavaliere. Sieglinde è la figlia di Siegmeyer, partita alla sua ricerca per riferirgli le ultime parole della madre, evidentemente morta. Una missione terribile e coraggiosa, tanto più considerando che, con tutta probabilità, la ragazza è ancora umana, e nonostante questo si arrischia in una crociata solitaria attraverso Lordran. Un viaggio struggente che si conclude in modo drammatico, nel taciturno Lago di Cenere. Dalla Città Infame si possono raggiungere non solo le Rovine del Demone, ma anche un'altra zona completamente facoltativa, il Grande Vuoto. Il nostro arrivo in quello che è solo un vago ricordo del mondo antico, un frammento dell'epoca dei Draghi, ci lascia un retrogusto decisamente amaro. Troviamo infatti il corpo di Siegmeyer steso immobile sulla limpida sabbia. Sieglinde osserva (forse piangendo protetta dall'elmo) il compianto padre, che ella stessa ha dovuto uccidere una volta che questi ha perso completamente il senno. Un atto terribile a cui la giovane si era preparata, le cose si fossero messe male, e che, oltretutto, ella dichiara di aver già compiuto in passato. Non le resta quindi che tornare a Catarina; una decisione che, come già accennato, suggerisce il fatto che sia ancora umana: un non morto non avrebbe mai potuto tornare al proprio paese d'origine, poiché non visto di buon occhio.
    Qual è il senso di questa storia? Come mai una figlia ha dovuto uccidere suo padre? Come al solito, la discreta quantità di dialoghi e indizi che la lunga quest ci lascia deve essere integrata da uno sforzo di interpretazione. Il rapporto tra Siegmeyer e Sieglinde incarna i problemi e le questioni che si pongono, anche nel mondo reale, di fronte a un genitore che sta invecchiando e che non riesce ad accettare la propria condizione. Il cavaliere parte da Catarina una volta scoperto di essere diventato non morto, lasciandosi alle spalle la famiglia e imbarcandosi in un'avventura che è molto al di sopra delle proprie possibilità.

    Il lago di cenereQuest'area è dominata da un albero enorme che ricorda quelli del mondo antico, attorno cui discendere con cautela e facendo attenzione ai nemici che in esso dimorano. Il percorso ci conduce al Lago di Cenere, un'area al di là del tempo e dello spazio, in cui si può addirittura incontrare l'ultimo dei draghi antichi (scampato alla battaglia e nascosto per sempre in quest'angolo dimenticato dai Lord e dagli uomini), che ci permette di unirsi al suo patto. La cenere a cui si riferisce il nome di questa zona è, con tutta probabilità, quella rimasta dopo la Grande Guerra, durante la quale il fuoco di Izalith bruciò completamente gli alberi giganteschi che un tempo si ergevano sul mondo

    Ogni volta che lo incontriamo è in crisi, non sa cosa fare, si sente perso e senza speranza: proprio come un anziano che si arresta anche di fronte alle più piccole sfide, necessitando sempre di più dell'aiuto degli altri e perdendo progressivamente autonomia e autostima. La sua malattia si manifesta anche nel perenne stato di distrazione in cui rimane davanti agli ostacoli, incapace di adattarsi ai pericoli di Lordran. Tanto che, senza il nostro intervento, egli rimarrebbe fermo a rimuginare all'infinito.
    Inizialmente il nostro aiuto è vissuto in maniera positiva da Siegmeyer, poi però la situazione cambia improvvisamente. A Lost Izalith egli è desideroso di ricambiare il favore, pur sapendo che morirà per noi. In un impeto di pietà gli togliamo anche la gioia di tornare ad essere un eroe: una prospettiva che avrebbe potuto dare un senso alla sua avventura e, chissà, alla sua stessa vita. Le nostre azioni, che lasciano intuire un certo altruismo, in realtà stanno logorando dall'interno l'ormai inutile cavaliere, la cui psiche -già era in bilico tra la sanità e la follia- subisce il colpo di grazia proprio a causa della figlia. Le ultime parole della moglie spezzano la magia, l'illusione di un'avventura che potesse farlo sentire come quando era giovane e pieno d'energia. È la realizzazione del proprio fallimento, ma non solo: è la consapevolezza di aver abbandonato la propria compagna nel momento di massimo bisogno, per di più inseguendo gli entusiasmi di una chimerica gioventù ormai perduta per sempre.
    C'è di più. Quando incontriamo Sieglinde al Santuario del Legame del Fuoco ci rivela di aver già ucciso suo padre in precedenza (ovviamente Siegmeyer è tornato in vita a causa della maledizione), forse perché diventato aggressivo nei confronti dei propri cari. Si aprono allora due possibilità interpretative all'intera vicenda. Nel primo caso, Siegmeyer ha accettato in maniera positiva l'esilio, scegliendo di mettere al sicuro la propria famiglia imbarcandosi in un'avventura a Lordran, forse per sentirsi giovane come un tempo. In questo caso egli è in parte consapevole di ciò che sta facendo e la notizia della morte della moglie lo fa impazzire dal dolore, rendendolo vuoto per sempre.

    artwork by Rachel Saunders


    Il secondo caso, invece, nasconde implicazioni più drammatiche. Siegmeyer non solo ha attaccato la propria famiglia ed è stato ucciso, ma ha rimosso completamente il ricordo di quanto accaduto, sia a causa della maledizione, sia a causa dell'enorme trauma subito. È lecito immaginare che si sia risvegliato in uno stato confusionario e che sua figlia gli abbia semplicemente fornito una scusa per allontanarsi. I sintomi di Siegmeyer non si discostano poi molto da quelli di chi soffre di demenza senile, soprattutto per quanto riguarda l'incapacità di accettare la realtà della propria situazione e la tendenza a immaginarsi ancora abili come un tempo. Il cavaliere di Catarina è quindi una persona malata, che passo dopo passo si avvicina ad una fine verso cui noi stessi lo accompagnamo.
    Nel rivedere sua figlia egli non solo viene a conoscenza della scomparsa di sua moglie, ma rivive un trauma che affiora dai meandri del suo inconscio, ricordando improvvisamente ciò che egli ha provato a fare alla propria famiglia. Una famiglia che, seppur nella difficoltà, gli ha voluto bene e gli è stata vicino finché ha potuto, peraltro inseguendolo in capo al mondo quando vi è stata la necessità. Un bisogno dettato da un ultimo fatale messaggio, così importante da spingere una ragazza a sfidare più e più volte la morte pur di riferirlo al suo destinatario. Un messaggio misterioso, che ha avuto il potere di spezzare una volta per tutte gli ultimi frammenti di umanità di Siegmeyer. Una confessione che, sapendo quanto è beffarda la sorte di chi calca le strade di Lordran, potrebbe con tutta probabilità ridursi a tre semplici parole: "io ti perdono".

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