Detroit Become Human nel segno di Heavy Rain: i riferimenti alle opere di Cage

David Cage non disdegna l'autocitazionismo: nel nuovo gioco di Quantic Dream abbiamo scovato più di un easter egg dedicato alle precedenti opere...

Detroit Become Human nel segno di Heavy Rain: i riferimenti alle opere di Cage
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  • Pc
  • PS4
  • PS4 Pro
  • Detroit: Become Human sta facendo parlare di sé nel bene e nel male, tra chi non riesce a digerire la formula ludica proposta dalle produzioni di Quantic Dream e chi, invece, è rimasto affascinato dalla poetica futuristica e fatalista di David Cage. Al di là di ogni critica, è indubbio che le opere firmate dal director e sceneggiatore francese viaggino su binari narrativi paralleli: anzi, Detroit: Become Human può essere considerata la summa quasi perfetta degli stili e della scrittura che Cage ha sperimentato nella sua carriera ormai ventennale. Ciò si traduce, nel corso dell'avventura di Kara, Markus e Connor, in una serie di chiari riferimenti (estetici o ideologici) ai precedenti lavori di Quantic Dream: Fahrenheit, Heavy Rain e Beyond: Due Anime.

    Fahrenheit

    Abbiamo scelto di iniziare da Fahrenheit nonostante, prima del gioco per PS2, Xbox e Windows, lo studio francese abbia realizzato Omikron: The Nomad Soul. È però a partire da Fahrenheit che David Cage ha cominciato un lento processo di formazione che ha condotto alla formula ludica e stilistica incarnata da Detroit: Become Human. Ed è giusto, in fondo, che l'ultima creatura di Quantic Dream contenga dei riferimenti più o meno espliciti a quello che ne possiamo considerare il capostipite spirituale: la storia di Lucas, Carla e Tyler è incentrata su una forte componente esoterica e misterica, ma il contesto stilistico e culturale su cui poggia è chiaramente l'avventura investigativa. Non è il semplice elemento poliziesco (presente, peraltro, in maniera preponderante anche in Heavy Rain, ragion per cui ci torneremo più avanti) ad averci permesso di intravedere qualcosa di Fahrenheit in Detroit: è infatti, principalmente, lo scandire del tempo a rappresentare uno degli elementi in comune tra i due prodotti.

    La dilatazione temporale è un fattore cruciale in una storia d'indagine, giacché detta i tempi e le distanze tra i personaggi: un valore che assume ancora più importanza quando le storie dei protagonisti partono in momenti slegati tra loro e finiscono con il convergere, al punto che diventa fondamentale sapere dove si trovi uno di essi e a quale orario specifico. I tempi di Detroit: Become Human e di Fahrenheit, al fine di seguire gli schemi fin qui delineati, vengono quindi dettati con date e orari specifici perché entrambe le storie presentano un trittico di protagonisti le cui vicende sono destinate inevitabilmente a incontrarsi. Ultimo, ma non meno importante, è il fattore ambientale: quasi a rappresentare una parabola della storia che vuole raccontare, e cioè il progressivo degrado del genere umano in favore del libero arbitrio dei robot, sugli scenari di Detroit passiamo progressivamente da un clima caldo e sereno a uno cupo e piovoso, fino ad arrivare alla gelida e decadente stagione invernale. Proprio nella fase del racconto in cui Detroit è coperta da cumuli di neve, ci si ritrova a percorrere una zona innevata della città, un'ampia porzione della mappa che ai più nostalgici non potrà non ricordare lo scenario iniziale in cui si muovono Lucas, Carla e Tyler in Fahrenheit.

    Heavy Rain

    È forse a Heavy Rain che appartengono le maggiori citazioni di Detroit: Become Human, probabilmente perché il titolo del 2010 era considerato (pur con tutti i difetti del caso) il lavoro più segnante di David Cage e soci. I richiami appaiono evidenti sin dai primi minuti di gioco: in seguito al livello iniziale nei panni di Connor e dei titoli di testa, in cui si inizia già a controllare Kara con una visuale in prima persona, la scena si sposta a casa di Todd e Alice, la famiglia con cui l'Androide viveva prima di essere distrutta dallo stesso Todd in un eccesso d'ira.

    Se fate attenzione, noterete che l'appartamento in cui vive Todd (soprattutto al piano inferiore) è in sostanza una replica piuttosto fedele dell'abitazione in cui Ethan Mars vive con suo figlio Shawn in seguito alla tragedia del primogenito, Jason, e al divorzio con sua moglie: c'è qualche piccola differenza, soprattutto nell'arredamento, ma la struttura generale della casa è pressoché identica.

    Ci sono altri aspetti da considerare in questa storyline: pur con evidenti differenze nelle caratterizzazione dei comprimari, la situazione familiare di Todd (l'essere cioè divorziato, con una figlia in carico con la quale vive un rapporto conflittuale) è simile a quella di Ethan, nonostante l'affetto che lega il protagonista di Heavy Rain ai suoi figli abbia tutto un altro spessore. La missione di Kara, nel momento in cui sceglierà di deviare dalla sua programmazione e di salvare Alice dalle grinfie del suo violento padre, consisterà sin dall'inizio nel portare in salvo la piccola oltre i confini degli Stati Uniti: il tema della protezione dei bambini, salvandoli dalle grinfie di svariati pericoli e uomini malvagi (si veda non solo Todd, ma anche il perfido Zlatko), è ovviamente una delle colonne narrative di Heavy Rain; inoltre - proprio in questa fase del racconto e prima che la storia si sposti in inverno - gran parte delle scene dedicate a Kara ed Alice si svolgono sotto un'incessante pioggia battente.

    Spostandoci su citazioni ben più palesi, è indubbio come il livello in cui Kara cerca di scappare dalla villa di Zlatko con la piccola Alice sia una sorta di riproposizione (in chiave più ampia e dalle tinte quasi horror) della scena in cui Madison Page di Heavy Rain viene braccata in casa del dottor Baker, l'ex chirurgo su cui la giovane giornalista sta indagando. Sempre a Madison e Ethan sembra destinata un'altra citazione, e cioè quando la strada di Kara inizia a intrecciarsi con quella di Connor e Hank, i quali stanno investigando sui fenomeni di Devianza a Detroit: lo svolgersi dell'azione in contemporanea, tra la fuga di Kara e Alice per non farsi scoprire dagli agenti e l'avanzare di Connor durante l'indagine sul luogo, è una palese strizzata d'occhio a una scena simile di Heavy Rain, quando Madison aiuta Ethan a scappare dall'edificio abbandonato prima che la Polizia faccia irruzione. L'easter egg diventa ancora più marcato, peraltro, se in Detroit: Become Human sceglierete di passare la notte nell'edificio disabitato.
    Viriamo su Connor: la sua figura ricorda (anche dal punto di vista fisionomico) quella di Norman Jayden, l'agente federale che in Heavy Rain viene incaricato dall'FBI per supportare la polizia locale nella caccia al Killer dell'Origami.

    Lo svolgersi dell'indagine dei due personaggi viaggia su binari estremamente simili: se Norman si è ritrovato suo malgrado a collaborare in coppia con il burbero Curter Blake, il cui rapporto con il protagonista era dettato dalle scelte del giocatore, allo stesso modo Connor viene assegnato come partner di Hank.

    La relazione tra i due potrà ora essere coltivata ora degenerare in base al modo di giocare dell'utente, anche se in Detroit le meccaniche e le possibilità volte alla costruzione del rapporto sono molto più profonde. Le due coppie di detective svolgono poi un'indagine pressoché identica nella struttura: si ritrovano, infatti, a esaminare abitazioni sinistre in cui i sospetti conducono strani rituali. Sia Connor che Jayden , inoltre, vengono coinvolti in una concitata scena di inseguimento in cui il giocatore dovrà sorpassare numerosi ostacoli fisici per poter proseguire e raggiungere il sospetto. Infine, esattamente come accade a Norman sul finire di Heavy Rain, Connor si ritrova a un bivio importante verso la fine dell'avventura: contravvenire alle regole istituzionali e passare dalla parte del nemico apparente.

    Beyond: Due Anime

    Tra Beyond: Due Anime e Detroit: Become Human, se non fosse per l'uso a dir poco pioneristico della tecnica di motion capturing nelle rispettive generazioni videoludiche, c'è apparentemente poco in comune. Di certo possiamo affermare che Detroit espande e completa un percorso sui binari del genere fantascientifico, esplorato in origine con Omikron: The Nomad Soul e scalfito nell'avventura di Jodie Holmes (che in più di un'occasione assume le tinte di un horror sci-fi, in tutto e per tutto).

    Nell'ultima, splendida creatura di David Cage converge quella visione esistenzialista sulla potenza creatrice dell'uomo che avevamo già assaporato in Beyond. Se nel titolo del 2013 essa si esplicava nel tentativo da parte dell'umanità di plasmare a proprio piacimento ciò che esiste oltre la vita, in Become Human avviene l'esatto opposto: l'essere umano cerca di imbrigliare i meccanismi e i segreti della vita creando gli Androidi e riversandovi al proprio interno tutto il sapere empirico della civiltà, compresi gli istinti primordiali come le emozioni e i sentimenti.
    Spostandoci sui personaggi, invece, è evidente come i robot dell'immaginario di Detroit vivano una condizione di emarginazione rispetto al resto del mondo, sentimenti condivisi anche dalla protagonista di Beyond: Two Souls, mentre alcune sezioni presenti nelle storyline di Markus e Kara assumono spesso la stessa atmosfera orrorifica che si respira a più riprese nell'ultimo videogioco di Quantic Dream per la precedente generazione. Ma c'è qualcosa di Jodie anche in Kara: a partire dal look dell'Androide (soprattutto dal momento in cui si taglia i capelli) e dagli abiti che indossa, elementi che le fanno assumere una silhouette piuttosto simile a quella della ragazza interpretata dall'ottima Ellen Page. In generale, inoltre, l'epopea che vivono Kara ed Alice si avvicina a sua volta all'avventura di Jodie e Aiden: un viaggio intercontinentale, una vita allo sbando e alla ricerca del proprio posto nel mondo, ma anche un avvincente percorso di formazione che porta i protagonisti a incontrare nemici e alleati, pericoli e sollievi, una moltitudine di storie che in qualche modo rimangono segnate (nel bene e nel male) dal passaggio e dalla conoscenza dei nostri eroi.

    In conclusione è indubbio che David Cage, nel tratteggiare una linea retta che attraversa la sua poetica ludica e narrativa, sia giunto al culmine di un percorso che è intricato come lo sono le sue storie: un cammino nel quale ha potuto permettersi non soltanto di attingere ai più evidenti canoni della cultura pop e del genere di riferimento, ma anche di compiere una sottile opera di autocitazionismo. Come solo i grandi autori sono in grado di fare.

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