Speciale Diario di un vecchio videogiocatore. 3/4

22 agosto - Catene

Speciale Diario di un vecchio videogiocatore. 3/4
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La stampa è in ginocchio. Per sua stessa volontà, o per quella degli altri. Che si inchini perché da buon vassallo rinnova ogni giorno il suo giuramento, o che lo sia perché sfiancata dai colpi continui di un avversario su cui non può vincere, poco importa. Chi se ne accorge poi? Ed esiste davvero una differenza netta? È sempre stato così. Scorre tutto fra le righe, no? Scivola ancora, fra le righe del prossimo articolo, e poi dei quello successivo, e così via, in un circuito impazzito che si perpetua. Come si fa a capire cosa sta succedendo? Si tratta di scegliere le parole. Di scrivere presto e in fretta, di informare: bisogna sapere, sapere, far sapere. Quando, dove e come, perché, chi. Meccanismi semi-industriali e un serbatoio di frasi fatte, un diluvio di parole che ci scorrono addosso, che facciamo scorrere addosso. Dobbiamo solo dare informazioni, no? Quello che volete, quello che vi serve. Lo chiedete con le vostre visite. Intrattenimento. Spettacolo. Formare delle opinioni è un altro affare, ben più serio, che noi non possiamo fare. E però dovremmo provarci. Anche se stritolati dal tempo, o dalle presentazioni, che dicono molto, e non confessano nulla.
La censura non esiste. Esistono ammiccamenti, sorrisi, mezze parole. Riconoscenza, voglia di rivalsa, o di accettazione. Esiste qualcosa che ogni giornalista si monta dentro, questa sì una censura, che interpella ogni volta che scrive qualcosa. Il gioco in sé è solo una delle tante componenti che si considerano quando si scrive. Non è facile.
Sono meccanismi tanto più potenti quanto più si è convinti di esserne immuni. L’unica forma di difesa possibile è conoscerli, e stare a limare, a rileggere tante volte. Fare un po’ di esperienza ogni giorno.
Una buona recensione, una buona anteprima, e ogni speciale, ogni singola riga, non può avere la pretesa di cambiare un mondo che è da sempre uguale a se stesso. Nemmeno la migliore recensione della storia riuscirà a rendere quel capolavoro nascosto un successo di vendite. Serve solo a ricordare che non ci fregate tutti. Non ci riuscite. Serve a ricordare ogni volta che esiste una tradizione, che ci sono emozioni vere. Il potere, anche quello delle software houses, deve nonostante tutto rendere conto a quel singolo articolo. Finché si scriveranno pezzi del genere, il potere, già enorme e sconvolgente, che hanno sul pubblico, non sarà totale.
Qui, ognuno di noi ha un tesserino. Per tenerlo, ci hanno dato un laccio da mettere al collo. Un collare. E ce lo abbiamo tutti uguale.

Innamoramento numero tre

E poi c’è anche il cuore con cui fare i conti. Pugno debole, pugno medio, pugno forte. Calcio debole, calcio medio, calcio forte. Mezza luna e pugno, indietro avanti e pugno. Non serve altro, no? Un buon compare. Poi Street Fighter IV. Purtroppo un joypad non eccelso, e forse è meglio così, perché l’amore è bello quando vive nel suo potenziale inespresso.
Poi ti porta bei ricordi, al mare, a uscire di casa all’imbrunire, dopo una sbronza di combattimenti in una stanzetta. E quel tuo amico, che ormai sconfitto, scatta sulla console e preme il tasto Reset. Non era anche quello un gesto di amore?
Ma un amore strano, senza nostalgia e senza malinconia: non avevo il respiro corto né le spalle curve, o lo sguardo basso. Anche perché dovevo parare gli attacchi.
Ho giocato a Street Fighter IV. E scommetto che la stagione dei picchiaduro sta tornando. Io, in attesa di un Xbox 360, sfoglio la margherita.

Games Convention 2008 Questo è un Diario di Lipsia. Per avere un noioso elenco di quello che succede dovrete andare altrove, qui è tutto un po' meno chiaro. Forse alla fine capiremo tutti qualche cosa in più. Ma non garantisco.