Speciale Dietro le quinte di Heavy Rain

A qualche mese dal rilascio, scopriamo cosa si nasconde dietro Heavy Rain

Speciale Dietro le quinte di Heavy Rain
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Disponibile per
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • La Game Developers Conference (GDC) è una sorta di club esclusivo dedicato espressamente agli addetti ai lavori che, tra un pranzo e una conferenza, allacciano rapporti e (forse) future collaborazioni. Per Everyeye, questa tre giorni è una ghiotta occasione per smascherare tutto ciò che si cela dietro il pianeta videogioco, con presentazioni dedicate a game design, business & management, arti visive e tecnologie legate al settore. La GDC si è tenuta in concomitanza con la GamesCom, e la redazione ha quindi deciso di ritardare la pubblicazione per dare il giusto spazio a questi pezzi d’approfondimento, che trattano questioni globali sull’industria del videogioco, sulle modalità di produzione e fruizione del nostro medium. In questo secondo articolo vi riportiamo il resoconto di un’interessante conferenza sull’iter produttivo che ha portato alla realizzazione di Heavy Rain.

    La punta dell'iceberg

    Ci sono giochi che incantano milioni di giocatori per lo stile, la giocabilità, la storia. Si prende in mano il controller e ci si lascia trasportare nell'azione, affascinati dalla rappresentazione di un mondo estremamente verosimile e accurato. Ma, una volta spenta la console, non molti provano ad immaginarsi quante ore di lavoro ha richiesto lo sviluppo di quello titolo. E, fidatevi, il prodotto finito rappresenta davvero soltanto la proverbiale punta dell'iceberg.
    Heavy Rain è uno di quei giochi davvero maestosi e qui a Colonia, in occasione della conferenza “A Challenging Production: Heavy Rain” del produttore francese Charles Coutier abbiamo potuto constatare quanta sostanza si nasconde sotto raffinatissima patina del titolo sviluppato da Quantic Dream.

    David Cage: il cuore di Quantic Dream

    “L'obiettivo del nostro team - ha esordito Coutier - è quellodi sviluppare esperienze innovative basate sull'emozione. Lo è stato ai tempi di Nomad Soul e Fahrenheit, lo è adesso con Heavy Rain”. Per chi non conoscesse il gioco in questione, basterebbe la definizione sfornata dal relatore per capire quanto sia riduttivo definirlo un'avventura grafica. “Si tratta di un film di stampo noir-thriller sottoforma di 'interactive drama'. È stato localizzato in 16 lingue e ha venduto quasi un milione e mezzo di copie, e per questo ci tengo a ringraziare tutti coloro che lo hanno scelto, dall'uscita nel mese di febbraio a oggi”.
    Coutier ha proseguito delineando le peculiarità del titolo che, a differenza di tutti gli altri videogiochi, “non presenta sfide ma semplicemente un viaggio dove conta solamente la storia e il modo nel quale il giocatore la interpreta. Ovviamente, una scelta di questo tipo ha richiesto lo sviluppo di centinaia di strutture in grado di garantire lo sviluppo di più linee narrative”.
    È bastato snocciolare alcuni dati per far passare il concetto: oltre 2000 pagine di sceneggiatura, lo sviluppo di oltre 80 personaggi tra cui quattro protagonisti principali, 170 giorni di riprese motion capture e l'elaborazione di oltre 30.000 animazioni. Per rendere possibile tutto ciò, secondo Coutier, si è rivelata fondamentale la guida di David Cage, Creative Director e CEO del team allo stesso tempo. “L'interazione tra i produttori e Cage è stata fondamentale per lo sviluppo di Heavy Rain, nella piena consapevolezza che nessuno di noi avrebbe posto dei limiti se non in casi estremi. Le parole 'impossibile' e 'no' sono state sostituite da 'è una sfida stimolante' e 'perché no? ci devo pensare'. Una simile relazione presuppone che vi sia adattabilità e condivisione di valori, cose che fortunatamente hanno caratterizzato gli anni di sviluppo di Heavy Rain”.
    Il duplice ruolo di Cage ha inoltre permesso di rimuovere o aggiungere scene non sulla base dei costi che esse avrebbero potuto richiedere, ma sulla loro utilità all'interno della storia.
    “Nel corso di questo autunno uscirà una versione di Heavy Rain per Playstation Move arricchita da extra e scene escluse dal gioco originale. Una di queste, denominata 'Wake up scene', era pronta alla pubblicazione ma l'abbiamo trovata ridondante perché non fa altro che sottolineare lo stretto rapporto tra padre e figlio, un aspetto già evidenziato nella scena del compleanno. Per questo, abbiamo deciso di tagliarla”.

    La necessità dell''outsourcing'

    Ovviamente la progettazione di ambienti, personaggi e animazioni così realistiche ha richiesto la collaborazione con altri team che avrebbero dovuto 'fare il lavoro grosso' su indicazione di Quantic Dream. Una sorta di manovalanza digitale che risponde al nome di 'outsourcing'.
    “Ma non è così semplice come si crede - ha avvertito Coutier - perché la cosa rischia di allungare i tempi e il lavoro potrebbe anche non essere all'altezza delle aspettative. Per questo abbiamo condotto una valutazione dei possibili partner contattando 18 diversi studi grafici. Tra questi, dieci si sono offerti per un test, quattro lo hanno portato a termine, due sono stati preselezionati e solo uno è stato assunto, svolgendo l'80% del lavoro collegato agli asset”.
    Quantic Dream non poteva comunque limitarsi a dare qualche indicazione guida ma doveva ogni volta fornire informazioni dettagliatissime, ad esempio circa un ambiente da costruire. “Il nostro obiettivo - ha ricordato il produttore - era quello di fornire così tante informazioni da non dover rispondere a ulteriori domande. Ogni set grafico, ad esempio, ha richiesto circa due settimane di lavoro da parte nostra per la preparazione dei documenti, dalle tre alle cinque settimane da parte del partner e ancora 15-20 giorni da parte del cosiddetto 'polish team', incaricato di abbellire il tutto e renderlo pronto per la pubbblicazione”.
    Facciamo un esempio: la documentazione di un asset ambientale prevedeva un capitolo dedicato al design e all'aspetto generale dell'ambiente da costruire, uno studio sull'architettura del luogo, tutta una serie di artwork, una lista completa degli oggetti da inserire (dal televisore al post it attaccato sul frigo), nonché un primo schema tridimensionale senza texture basato su Maya. L'outsourcing partner ci forniva quello che richiedevamo, il polish team aggiungeva molte cose tra cui gli effetti di luce, e il gioco era fatto. Grazie a questa stretta collaborazione, fatta di continui aggiornamenti e comunicazioni, siamo riusciti a realizzare 55 set grafici nel giro di nove mesi, coinvolgendo 500 persone e rispettando i tempi e il budget”.
    Un'ultima nota sui problemi e le difficoltà legate allo sviluppo di Heavy Rain. “Il turn over è fondamentale - ha affermato Coutier - perché quando un videogioco richiede così tanti mesi di lavoro è inevitabile che alcune persone abbandonino il progetto in corso per svariati motivi. Un grosso, grossissimo problema legato alla post-produzione invece riguardava gli aspetti legali. Non potete immaginare di quanti loghi e immagini registrate bisogna tener conto quando si cerca di offrire una rappresentazione così realistica di ambienti comuni come ad esempio un supermercato”.

    Heavy Rain Coutier ha infine tirato le somme e stilato una lista di tutto quello che è stato necessario per sviluppare Heavy Rain. “Una grande sceneggiatura, questo è certo, ma anche una preparazione meticolosa del materiale digitale, la collaborazione con grandi partner e l'adattibilità di produttori e direttori creativi. Non da ultimi, coraggio e spirito d'iniziativa da parte del team ma soprattutto molto, moltissimo lavoro”. Alla fine, scoprire cosa si nasconde sotto la punta dell'iceberg Heavy Rain significa comprendere che finalmente anche il medium videogioco cavalca alla ricerca di soluzioni espressive sempre più complesse e profonde. Parlare di “set grafici” e non più di “ambienti digitali” significa presupporre un’incursione sempre maggiore delle qualità recitative e sceniche tipiche del cinema. L’integrazione fra interattività e spettacolarità prettamente “filmica” comporta un dispendio di risorse notevole, e sono certamente pochi i team di sviluppo che possono permettersi di seguire questo iter produttivo. Ma i figli di tale impostazione sono davvero esempi di un nuovo modo d’intendere, produrre e fruire il videogioco.

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