I dinosauri nei videogiochi: tra scienza e finzione

I dinosauri sono gli animali preistorici più amati. Analizziamo la loro rappresentazione, estetica e comportamentale, nel mondo dei videogiochi...

I dinosauri nei videogiochi: tra scienza e finzione
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Sono onnipresenti al cinema, nei fumetti, nei videogiochi. Sono stati rappresentati così tante volte in opere di fantasia che non siamo abituati a pensare a loro come esseri in carne e ossa, come animali veri e propri. L'immagine del gigantesco e pacifico Apatosaurus e la ferocia dell'iconico Tyrannosaurus rex sono ormai parte dell'immaginario collettivo, altro rispetto alla scienza e alle continue scoperte che approfondiscono sempre più la nostra conoscenza di un mondo perduto. Ma è davvero così lontano da noi?

In realtà le cose sono ben diverse, e i dinosauri sono ancora ben presenti sulla Terra. Galline e tacchini non sono semplici animali da cortile: sono gli straordinari eredi di 150 milioni di anni di dominio dei dinosauri, di un impero che è tutt'altro che morto. Vale quindi la pena riflettere sulla rappresentazione dei dinosauri nei media, e più in particolare nei videogiochi, per approfondire la conoscenza di uno dei più affascinanti rami del ricco albero genealogico della vita animale.

I diversi ruoli dei dinosauri videoludici

È ben noto che il settore videoludico costituisce la fetta più ricca nell'ambito della più ampia industria dell'intrattenimento: milioni e milioni di bambini, adulti e anziani videogiocano ogni giorno, con una massiccia presenza di animali estinti (tra cui i dinosauri) all'interno degli ambienti virtuali interattivi. Dato questo presupposto, è evidente come per molti piccini il videogioco possa costituire il primissimo punto di contatto con il mondo della paleontologia.

La gran parte dei videogame è sviluppata non con fini educativi, ma in un'ottica semplicemente commerciale. Può sembrare un'osservazione banale, ma ha

forti ripercussioni sulle modalità di rappresentazione virtuale delle forme di vita estinte: anche in un videogioco della serie di Jurassic Park possono essere presenti delle nozioni corrette da un punto di vista scientifico, ma queste sono mischiate con elementi di finzione e stereotipi che possono avere ripercussioni variabili sulle idee e sul pensiero dei giocatori. Per inquadrare al meglio le modalità di rappresentazione dei dinosauri all'interno dei videogiochi, si utilizzerà la categorizzazione recentemente proposta da Thomas Clements, Jake Atterby, Terri Cleary, Richard P. Dearden e Valentina Rossi nell'articolo scientifico The perception of palaeontology in commercial off-the-shelf video games and an assessment of their potential as educational tools (Preprint, 2022).

Secondo gli autori, è possibile ricondurre le varie rappresentazioni videoludiche di dinosauri preistorici e forme di vita estinte in cinque macro-categorie: dinosauri come avversari, dinosauri come strumenti, fossili come oggetti collezionabili, gestionali e, infine, simulatori di vita di dinosauri. Fatte queste premesse, possiamo andare più a fondo ed esplorare ciascuno di questi ambiti, interrogandoci sulle modalità scelte dagli sviluppatori per dare voce a queste forme di vita.

La mostrificazione del dinosauro

Il primo gruppo (quello dei dinosauri come avversari) è senz'altro il più folto: sono numerosissimi i videogiochi che utilizzano teropodi carnivori, tra cui Tyrannosaurus rex o Deinonychus antirrhopus, come epitome della (presunta) cieca violenza e della temibile natura aggressiva dei dinosauri. Inutile dire che le evidenze scientifiche che ci permetterebbero di immaginare il comportamento di questi esseri estinti sono pochissime.

Eppure, siamo soliti assistere su schermo a scene di furia disordinata, con inseguimenti a rotta di collo e gli immancabili ruggiti a tutto spiano che contraddistinguono l'immaginario collettivo su queste creature. Uno dei primissimi giochi tridimensionali per PC riguardava proprio un dinosauro: 3D Monster Maze (1982) ha appena spento quaranta candeline! Il

personaggio deve muoversi all'interno di un claustrofobico labirinto per sfuggire alle fameliche fauci di un temibile Tyrannosaurus rex. Le tecnologie si sono evolute, insieme alla scienza e alle nostre conoscenze degli animali preistorici, ma le versioni robotiche dei dinosauri di Horizon Zero Dawn (2017) e Horizon Forbidden West (2022) (potete recuperare qui il nostro speciale sulle macchine biomorfe di Guerrilla Games, tra realtà e videogioco) ritraggono comunque comportamenti violenti e selvaggi: è il caso del Divoratuono, robot simbolo del primo capitolo della serie e ispirato al celebre Tyrannosaurus rex, e dello Squarciavento, che riprende le sembianze del Deinonychus antirrhopus (delle sue piume meccaniche parleremo più avanti).

Non è mancato un certo interesse, da parte dei paleontologi, alla rilettura dei dinosauri in salsa robotica: mentre alcuni hanno evidenziato dei tratti dell'operazione ritenuti positivi (le macchine si comportano proprio come farebbero gli animali, e, allo stesso modo, come avrebbero fatto i dinosauri. È un approccio fresco, visto che i dinosauri sono spesso rappresentati come dei mostri, ha dichiarato David Button, Brimley Postdoctoral Scholar presso la NC State University e il NC Museum of Natural Sciences), altri hanno guardato ai robot in maniera critica (Steve Brusatte, star della paleontologia e professore presso la University of Edinburgh, ha affermato che è chiaro che non si tratta di veri e propri dinosauri e che sono stati rappresentati in maniera molto stilizzata, il che va benissimo per un videogioco, ma spero che nessuno pensi che si tratti di rappresentazioni accurate dei dinosauri).

Dell'estetica dei dinosauri videoludici parleremo approfonditamente più in là, ma è difficile separare i piani della questione: quando degli animali estinti vengono rappresentati come avversari, spesso la loro apparenza è soggetta a un processo noto come mostrificazione. La pelle rettiliana, il ruggito e i terrificanti denti del Tyrannosaurus rex di Dino Crisis (1999) sono parte di un preciso codice estetico, consolidato ormai da decenni - cui nulla ha contribuito tanto quanto il film Jurassic Park (1993) di Steven Spielberg - tramite il quale il dinosauro viene identificato come un vero e proprio mostro.

Spesso gli animali preistorici estinti (dinosauri soprattutto, ma non solo) vengono utilizzati come carne da cannone in sparatutto in prima persona. Tra

gli esponenti più illustri di questa categoria troviamo Turok: Dinosaur Hunter (1997). È particolare il caso di Primal Carnage (2012) in cui i giocatori possono impersonare sia un essere umano che un dinosauro; in entrambi i casi, il risultato è un eccidio indiscriminato degli avversari. Analizzeremo più avanti il survival Ark: Dinosaur Evolved (2017) (la nostra recensione di Ark: Dinosaur Evolved è a portata di click), che rilegge in maniera interessante l'estetica di alcuni celebri dinosauri - proponendo versioni videoludiche del tirannosauride piumato Yutyrannus huali e del misterioso teropode Therizinosaurus cheloniformis - e si pone tra i prodotti che adottano un approccio in certa misura innovativo alla rappresentazione dei dinosauri nel mondo dei videogiochi.

Il dinosauro come strumento e i fossili come collezionabili

È vero che il gruppo dei dinosauri-avversari è particolarmente folto, ma non mancano versioni più "collaborative" di questi animali estinti, a volte dipinti come comprimari del protagonista di turno.

È il caso di Yoshi, un dinosauro teropode onnivoro comparso per la prima volta in Super Mario World (1990) e da allora diventato una delle mascotte del celebre Regno dei Funghi. Va detto che l'agency di Yoshi è molto limitata: più che un collaboratore di Mario, il simpatico dinosauro verde è uno strumento per percorrere più velocemente i livelli del gioco e superare determinati ostacoli.

Discorso a parte va fatto per i titoli (venuti più in là nel tempo) in cui Yoshi è protagonista. Un ruolo strumentale viene assunto anche dai Pokémon che possono essere resuscitati a partire dai fossili, una presenza fissa nell'omonima serie prodotta da Game Freak a partire dai primissimi capitoli, Pokémon Rosso e Blu (1999). Omanyte e Omastar sono simili alle ammoniti, mentre Aerodactyl è ispirato al Rhamphorhynchus muensteri, facente parte del più ampio gruppo degli pterosauri, i primi vertebrati conosciuti per essersi evoluti ed adattati al volo battente. Successivamente nella serie, Pokémon Diamante e Perla (2006) hanno accentuato l'interesse nei confronti dei fossili in sé, proponendo un minigioco, molto amato dai fan della serie, in cui il giocatore può estrarre i resti di antiche creature preistoriche nei Sotterranei della Regione di Sinnoh.

Questa meccanica ci traghetta verso la terza categoria oggetto di analisi: quella dei fossili come collezionabili all'interno dei videogiochi. Le antiche vestigia di animali vengono spesso rappresentate come una risorsa commerciabile, ad esempio in Minecraft (2011) e Stardew Valley (2016). In Animal Crossing: New Horizons (2020) (potete recuperare qui la nostra recensione di Animal Crossing New Horizons) i fossili possono essere donati ed esposti nel museo locale, oppure essere venduti a caro prezzo presso l'Emporio Nook.

Il tema della commerciabilità dei fossili è delicatissimo, e sono in molti a problematizzare il commercio (quando non vero e proprio traffico) dei resti di animali estinti, che costituiscono una risorsa preziosissima per conoscere il passato del nostro pianeta e, con ogni probabilità, sarebbero meglio utilizzati dalla comunità scientifica, piuttosto che dai privati. Senza contare che il mercato nero di fossili di particolare valore è tristemente vivace: è quindi legittimo interrogarsi sull'opportunità di coinvolgere maggiormente il pubblico, anche videoludico, su questi temi, in modo tale da non normalizzare pratiche dannose e non proporre una scorretta equazione che accosta il paleontologo al trafficante di fossili.

È particolarmente inusuale quanto accade in Red Dead Redemption II (2018): nei suoi pellegrinaggi a cavallo nelle immense distese degli Stati Uniti d'America del 1899, Arthur Morgan può incontrare Deborah MacGuinness, paleontologa dilettante dai modi davvero bizzarri. La donna chiede a Morgan di avvertirla in caso di ritrovamenti di fossili: questo perché lei è alla ricerca del Totalisaurus, un dinosauro capace di correre, volare e nuotare di cui la studiosa ha teorizzato l'esistenza.

Alla fine della quest secondaria, MacGuinness ricostruisce una vera e propria chimera preistorica formata da pezzi di vari animali estinti. Ispirata a figure di paleontologhe realmente esistite, come l'inglese Mary Anning (1799-1847), MacGuinness è una rara figura femminile in un panorama - quello della paleontologia - largamente maschile, sia nel mondo reale che nelle opere di finzione.

Tuttavia, presentarla come un personaggio folle e scriteriato (e che quindi merita l'esclusione dal mondo accademico, da lei lamentata) costituisce un'occasione persa, in quanto non si mette in evidenza l'ingiustizia subita da studiose come Anning, che si sono viste negare il riconoscimento delle loro scoperte in quanto donne. Certo, il videogioco non deve avere necessariamente uno scopo educativo o edificante - ma la storyline di una brillante paleontologa aiutata da Arthur Morgan sarebbe stata altrettanto interessante rispetto a quella proposta da Rockstar Games, se non di più. Speriamo di vedere storie simili in un futuro non troppo lontano.

La gestione e la simulazione della vita dei dinosauri

Abbiamo già ricordato come il film Jurassic Park sia stato un vero punto definitorio della rappresentazione dei dinosauri all'interno dei media e nell'immaginario collettivo. Non solo: il tema del "parco giurassico", pieno di esseri preistorici resuscitati grazie alle più moderne tecnologie, è alla base di un filone videoludico molto popolare.

I gestionali di parchi tematici che ospitano dinosauri promettono - almeno sulla carta - di mostrare la vita di questi animali in tutte le sue sfaccettature. Non soltanto feroci teropodi assetati di sangue o timorosi erbivori, quindi: l'esperienza di vita del dinosauro viene proposta come uno spettacolo a tutto tondo, cui il giocatore è chiamato a partecipare attivamente.

Già si è detto, però, delle enormi difficoltà degli scienziati nel ricostruire i pattern comportamentali di questi esseri in parte estinti, anche se i dinosauri ancora viventi, gli uccelli, forniscono degli utili spunti di studio: il punto è che il management degli animali preistorici è spesso incentrato sulla gestione dell'aggressività dei grandi carnivori nei confronti degli indifesi erbivori, reiterando lo stereotipo del dinosauro come bestia incontrollabile che si riduce al suo appetito. Ciò può essere constatato nei vari esponenti del genere, di cui molti appartengono al filone di Jurassic Park: Jurassic Park III: Park Builder (2001), Jurassic World: Evolution (2018), DinoPark Tycoon (1993) e il recente Parkasaurus (2020).

Arriviamo infine all'ultimo gruppo, quello dei simulatori di vita di dinosauro. Tramite meccaniche tipiche del genere survival, alcuni tra questi titoli cercano di proporre un'immagine scientificamente accurata degli ambienti in cui questi animali preistorici vivevano: ciò è avvenuto, in particolare, in Saurian (rilasciato in accesso anticipato nel 2017), in cui il team indipendente Urvogel Games ha ricostruito la Formazione Hell Creek - forse il più famoso sito di ritrovamenti di fossili di dinosauri al mondo - nel periodo in cui era brulicante di vita.

Parleremo più estensivamente di Saurian a breve, visto che il gioco ha l'indubbio merito di aver fornito ai giocatori una nuova visione, più scientificamente accurata rispetto a molti altri videogiochi, dell'estetica dei dinosauri e dei loro pattern comportamentali. Da Saurian è poi nato il libro Saurian: A Field Guide to Hell Creek (di Tom Parker, Henry Myers e Chris Masna, Titan Books, 2021), una affascinante (e ben documentata) guida illustrata alle meraviglie della Formazione Hell Creek e ai suoi abitanti preistorici. Il filone dei simulatori di vita di dinosauro è in ottima salute in questi anni e vede numerose pubblicazioni, tra cui citiamo The Archotek Project (2017), Beasts of Bermuda (2018) e Path of Titans (2020).

Tra scienza e finzione

Terminato questo inquadramento sistematico, è arrivato il momento di riflettere più approfonditamente sulle modalità di rappresentazione dei dinosauri nel mondo dei videogiochi (e non solo). È senza dubbio interessante interrogarsi sul perché il Tyrannosaurus rex sia diventato l'icona indiscussa di questo mondo perduto, e sul perché una buona parte dell'industria dell'intrattenimento rimane concentrata su un'immagine del dinosauro ormai distaccata e distante dalle scoperte scientifiche degli ultimi decenni.

Si può poi riflettere sugli esempi "virtuosi" di titoli come i citati Ark: Survival Evolved e Saurian, oltre che sul nuovo corso del film Jurassic World: Dominion (2022) (la nostra recensione di Jurassic Wold: Dominion è a portata di click) nella raffigurazione dei teropodi.

La mostrificazione del dinosauro non è un fenomeno recente, anzi: ha radici molto lontane. Come spesso accaduto nella storia umana in presenza di novità

inaspettate e misteri apparentemente insolvibili, anche la scoperta di enormi ossa fossili da parte dei moderni (con un'attenzione scientifica iniziata più o meno a metà del XVIII secolo) è stata accolta con stupore, scetticismo e paura, oltre che con ricostruzioni sensazionalistiche che miravano a spaventare il pubblico con teorie fantasiose sul reale aspetto di questi esseri sconosciuti. Figure come quella di Deborah MacGuinness vista in Red Dead Redemption II erano tutt'altro che rare all'epoca, e molti disegni del periodo mostrano lucertoloni bipedi con grandi code striscianti a terra, quando non vere e proprie chimere formate dall'unione di ossa appartenenti ad animali diversi. I dinosauri erano considerati come un punto molto lontano delle magnifiche sorti e progressive dell'essere umano, evolutosi a partire da esseri spregevoli e primitivi, disprezzati dagli stessi scienziati e considerati alla stregua di stupidi rettili preistorici troppo cresciuti. Queste immagini, che tanto hanno stimolato l'immaginario collettivo nel corso del XX secolo, sono dure a morire, e ostacolano la diffusione delle evidenze scientifiche che i paleontologi elaborano a partire dalle loro scoperte.

A ciò si unisce la scarsa varietà nella rappresentazione delle specie animali estinte. Non a caso, in questo articolo si parla dei dinosauri, che monopolizzano - con poche eccezioni - lo scenario videoludico degli esseri preistorici. All'interno di questo gruppo (già molto ristretto), sono pochissimi, e sempre gli stessi, i protagonisti indiscussi, quasi tutti presenti nella già citata Formazione Hell Creek: Tyrannosaurus rex innanzitutto, oltre a Triceratops horridus, Pachycephalosaurus wyomingensis e Ankylosaurus magniventris.

Sebbene siano necessari studi più approfonditi sul tema, si può affermare che ciò sia dovuto, da un lato, alla volontà degli sviluppatori di incontrare le aspettative del pubblico, proponendo dinosauri cui molti giocatori sono emotivamente affezionati per averli avuti come parte della loro infanzia (come giocattoli, ad esempio), e dall'altro per la complessità di costruire da zero asset di animali estinti la cui ricostruzione estetica pone notevoli ostacoli di carattere teorico.

Inoltre, l'aspetto dei dinosauri - specie di quelli più amati dal pubblico, come il Tyrannosaurus rex - è spesso e volentieri figlio del pensiero di un solo uomo,

che ha avuto una immensa rilevanza nel definire l'immagine di questi animali per il grande pubblico: Steven Spielberg. Quando il regista e il suo team si misero al lavoro per l'adattamento cinematografico del romanzo Jurassic Park di Michael Crichton (1990), numerosi paleontologi - tra cui Jack Horner, consulente d'eccezione per il film - si erano allontanati dall'idea, diffusa a inizio Novecento, che i dinosauri fossero lucertoloni dalle squame verde-marrone e dal comportamento brutale e primitivo. Soprattutto, si diffondeva a macchia d'olio l'idea che almeno parte dei dinosauri fosse dotata di piume. Alle richieste di Horner - colori più sgargianti e piumaggio sui teropodi - Spielberg oppose un fermo no, come riportato in Jurassic Park. The Ultimate Visual History (di James Mottram, Titan Books, 2021): Dei dinosauri piumati e in technicolor non sarebbero abbastanza spaventosi!, disse.

Il destino dei vari Tyrannosaurus rex e Deinonychus antirrhopus videoludici e cinematografici era quindi segnato, e non importava se la scoperta di tracce di piume in un fossile di Sinosauropteryx prima (scoperto nel 1996) e i successivi ritrovamenti di tirannosauridi piumati, tra cui Yutyrannus huali, ponevano la parola fine al dibattito sulla presenza o meno di piume sulla pelle di numerose specie dinosauriane. Non che si tratti di un fatto così strano: ancora oggi vediamo tutti i giorni coesistere porzioni di pelle dall'apparenza squamosa sugli uccelli (ad esempio sulle zampe di una gallina o di un maestoso casuario) e piume variopinte.

Per questa e molte altre ragioni anatomiche che non approfondiremo in questa sede, è ormai indiscutibile che l'evoluzione degli uccelli non è altro che una delle varie manifestazioni dei dinosauri (La rivoluzione piumata. I nuovi dinosauri e l'origine degli uccelli. Volume Primo: dall'origine dei dinosauri ai grandi Carnosauri, di Andrea Cau, pubblicazione indipendente, 2019, p. 15). Con buona pace delle idee di Spielberg, negli ultimi anni la rappresentazione dei dinosauri sta prendendo strade più coraggiose rispetto al passato, e

soprattutto più aderenti agli incontrovertibili dati scientifici. In ambito videoludico, abbiamo citato Ark: Survival Evolved, in cui trova posto Yutyrannus huali, correttamente ricoperto da piume così come lo era milioni di anni fa. Significativamente, la descrizione della creatura all'interno del gioco osserva che le creature piumate spesso non sono considerate predatrici pericolose quanto gli altri teropodi. Tuttavia, Yutyrannus incute timore anche nei più abili cacciatori dell'isola. Non si tratta di un caso isolato, dato che anche la controparte videoludica di Therizinosaurus cheloniformis è fornita di un ricco piumaggio. All'interno di Saurian - in cui il giocatore si cala nei panni di vari dinosauri, erbivori e carnivori, ripercorrendone il ciclo vitale - i teropodi Dakotaraptor steini, Tyrannosaurus rex e Anzu wylei, ampiamente attestati nella Formazione Hell Creek, sono tutti piumati, e la livrea di Anzu si contraddistingue per una splendida colorazione cangiante che varia dal verde acqua, al marrone, al blu. Come già accennato, in Horizon Forbidden West Aloy affronta gli Squarciavento, esteticamente assimilabili a Deinonychus antirrhopus, uno dei più celebri teropodi del Cretaceo: il robot è dotato di piume meccaniche, un indubbio omaggio alle scoperte scientifiche riguardanti alcuni membri della famiglia Dromeosauridae - di cui Deinonychus fa parte - dotati di piumaggio.

Questa rivoluzione estetica ha finalmente toccato anche il franchise cinematografico intrapreso da Spielberg: il già citato paleontologo Steve Brusatte, tra i più autorevoli studiosi di tirannosauridi al mondo e autore del bestseller Ascesa e caduta dei dinosauri. La vera storia di un mondo perduto (UTET, 2018), ha impresso una svolta decisiva a Jurassic World: Dominion riuscendo in ciò che Jack Horner non era riuscito a fare, ai suoi tempi, con Steven Spielberg. Entrato nel team di consulenti del film nel 2020, Brusatte ha fatto promettere al regista Colin Trevollow di inserire dinosauri piumati all'interno della pellicola.

Detto, fatto: esemplari di Pyroraptor olympius, Therizinosaurus cheloniformis e Velociraptor mongoliensis fanno bella mostra di un colorato piumaggio, dando finalmente una sterzata al conservatorismo estremo finora dimostrato dalla serie cinematografica, e dimostrando la correttezza di una suggestiva affermazione di Brian Switek: l'identità dei dinosauri è sempre in divenire (Il mio amico brontosauro. Vecchie ossa e nuova scienza, Codice Edizioni, 2014, p. 38). Il 2022 sembra essere un anno campale per la rappresentazione dei dinosauri nei media: la docuserie Prehistoric Planet, disponibile su Apple TV, è considerata da numerosi specialisti come un punto di svolta ben più coraggioso (e scientificamente accurato, anche nelle parti più speculative) del film di Trevorrow.

Videogiochi e Dintorni Le forme dei dinosauri sono stupefacenti e variegate: d’altronde, tra gli esponenti di questo gruppo rientrano pinguini imperatori, Tyrannosaurus rex, colibrì e maestosi erbivori come Parasaurolophus walkeri. Ridurre questi protagonisti a slavati lucertoloni vestiti di colori signorili (e noiosi) come il verde oliva e il marrone è non solo scientificamente inaccurato, ma è anche un’opportunità persa di apprezzare le meraviglie del mondo animale. Continueremo a osservare con interesse le scoperte della comunità scientifica e ad apprezzare gli sforzi di sviluppatori, scrittori, artisti (come Francesco Delrio, le cui ricostruzioni avete potuto ammirare in questo articolo, e che ringraziamo per aver acconsentito alla loro riproduzione) e cineasti che si confrontano con il mondo della paleontologia in maniera innovativa e stimolante, sicuri che i bambini di oggi e domani, esattamente come quelli di ieri, proveranno incanto e stupore alla vista dei dinosauri, sia viventi che estinti.