Speciale DmC - Reinventare Dante

Alle origini del nuovo Dante in compagnia dell'art director Alessandro Taini

Speciale DmC - Reinventare Dante
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Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • A giudicare dal tono infuocato dei commenti suscitati dall'ultimo articolo su Dmc (un corposo hands-on dei primi 5 livelli del gioco), il look del Dante di Ninja Theory fa discutere. E divide gli appassionati dell'action Capcom, a prescindere dalla qualità intrinseca del gameplay. C'è chi proprio non sopporta i lineamenti del viso e sopratutto il nuovo taglio di capelli, scomodando le più astruse culture underground (emo, punk, geek, ecc...) per screditarlo; c'è invece chi si dimostra più accondiscendente, riconoscendo i tratti più giovanili e un sottile rimando al Nero di Devil May Cry 4.
    Nemmeno a farlo apposta, prima di dedicarci anima e corpo alla versione preview di Dmc, abbiamo incontrato l'art director di Ninja Theory, la cui mano è responsabile del nuovo Dante. Piano piano: prima di additarlo come distruttore di miti e aspettarlo sotto il suo appartamento (londinese), forse vi converrà conoscere qualcosa in più del suo stile, delle sue fonti d'ispirazione e del suo background.
    Le sorprese - possiamo assicurarvelo - non mancheranno. A cominciare dal suo paese di origine: Genova, Italia.

    Talexi

    Talexi è lo pseudonimo con cui firma i suoi lavori, ma non è un artista dell'Europa dell'Est. Anzi: di nome fa Alessandro, di cognome Taini, ed è nato a Genova nel 1973. Contrariamente a tutti coloro che lavorano nell'industria del videogioco, il piccolo Alessandro non aveva per nulla la passione del videogioco.
    Trascorre l'infanzia in fumetteria e sogna da grande di diventare regista. Nel frattempo disegna disegna disegna: presso la Scuola di Comunicazione Visiva ligure, come pubblicitario a Milano, in qualità di illustratore di Luminal e Dark Demonia (due romanzi di Isabella Santacroce).
    Finchè scopre quanto l'Italia gli vada stretta e salta sul primo aereo per Londra: sognando un posto fisso nel cinema lavora un po' come freelancer mandando disegni ovunque.

    Non si aspettava di certo che una giovane software house lo contattasse offrendogli l'incarico di art director di un progetto in procinto di essere avviato. La software house in questione era Ninja Theory, doveva la sua gioventù al fatto di aver realizzato un unico titolo (il simpatico Kung Fu Chaos per conto di Microsoft), il progetto agli albori era Heavenly Sword.
    Taini elaborò i tratti caratteristici della protagonista Nariko, un'amazzone con gli occhi a mandorla e una lunga chioma rossa che le avvolgeva il corpo nudo coperto a malapena da una tunica. Un ovazione da parte dei giocatori (anche se il videogioco non era un granchè), un incubo per i game designer inglesi impegnati ad animare quella capigliatura vaporosa.
    La successiva fatica di Taini fu un certo Enslaved: Odyssey to the West. Lo sforzo artistico fu raddoppiato: i protagonisti erano due, una rossa focosa ma indifesa (Trip) e un burbero uomo-scimmia (Monkey), calati all'interno di un mondo post-apocalittico miscela di metropoli contemporanee, natura lussureggiante e nemici robotici. In Enslaved emerge interamente il suo tratto peculiare, sospeso tra la tradizione pittorica italiana (Caravaggio in particolare), forti influenze nipponiche (qualcuno dice ghibliniane, in effetti le comunanze tra de La principessa Mononoke e Nariko sono molte) e un flusso costante di rimandi alla pop culture.
    Ora tocca a Dmc e alla reinvenzione di un personaggio riconoscibilissimo quale Dante. Quale approccio ha adottato Taini nella creazione del mondo e nel nuovo look del protagonista? Come si è comportata Capcom quando si è trovata ad approvare o rifiutare gli artwork da lui realizzati?

    Il nuovo Dante

    C'è un momento nel film The Amazing Spiderman in cui si avverte distintamente il cambiamento dal semplice Peter Parker all'Uomo Ragno. Il giovane è stato appena punto dal celeberrimo ragno, sente che qualcosa è diverso nel suo organismo e vuole sperimentare la natura del nuovo potere: senza maschera né costume, munito di zainetto, si arrampica sino al tetto di un palazzo e guarda giù. Tra sé si domanda: "cosa faccio ora?".
    Il Dante di Ninja Theory si trova grossomodo nella stessa situazione. Gli stravolgimenti a inizio gioco, la fuga dai demoni nel Limbo e l'incontro chiarificatore con il fratello Vergil aprono gli occhi di Dante: ora il suo passato ha un senso, la sua lotta un obiettivo. Per tutto l'arco di Dmc impersoneremo un Dante in parte maturo in parte ragazzino, dall'atteggiamento strafottente e ribelle come tutti i suoi coetanei, eppure illuminato da una saggezza non comune.
    Il carattere del protagonista è stato deciso e perfezionato a seguito di alcune riflessioni che Taini ha voluto condividere: perchè è così aggressivo? Cosa lo porta a isolarsi dal mondo e disinteressarsi dei destini della razza umana? Ma anche interrogativi più frivoli: perchè piace alle ragazze (e chi ha visto il filmato introduttivo capisce il motivo della domanda)? Come inserirlo all'interno di un contesto verosimile, una metropoli europea popolata da persone tali e quali a noi?
    A partire da tali interrogativi Taini ha iniziato ad elaborare una prima immagine del personaggio. Nella sua testa frullavano i dipinti del Caravaggio: del pittore seicentesco apprezza in particolare l'uso magistrale della luce, i personaggi che emergono dall'oscurità investiti di una luminescenza quasi divina. Uno di questi è praticamente una riproduzione del Davide con la testa di Golia solo che al posto del gigante biblico vi è il cranio appena reciso di un demone! Gran parte di questi artwork caravaggeschi saranno presenti nel gioco sotto forma di flashback narrativi.
    Il look di Dante ha conosciuto una significativa evoluzione lungo l'intero arco dello sviluppo (tre faticosissimi anni). D'altra parte il Dante della demo distribuita la scorsa settimana è ben diverso da quello sotto il chiaro di luna del primo trailer.
    Capcom ha lasciato ampia libertà a Taini e Ninja Theory, era seriamente interessata a come un team europeo potesse reinterpretare il franchise nipponico. L'ultima parola, in ogni caso, spettava alla casa di Megaman: abbiamo ad esempio scoperto come siano stati conquistati dallo sguardo di Dante in un ritratto con sigaretta e pistola.
    La sigaretta è stata eliminata, la pistola è (grazie al cielo) rimasta. Come abbigliamento Capcom ha rifiutato un paio di bretelle alla Alex di Arancia Meccanica, ma non ha battuto ciglio sulla maglia della salute indossata nel primo livello di gioco. Vi abbiamo già detto che al termine del filmato introduttivo Dante è letteralmente nudo e in dessabillé apre la porta della sua roulotte alla medium Kat? Rimediamo ora...

    Un mondo senziente che odia Dante

    Come dimostrato in Heavenly Sword e Enslaved, Taini non è uno che apprezza il fare pomposo del barocco declinato in salsa nipponica. Non si fa problemi a criticare l'architettura dei precedenti Devil May Cry, quelle cattedrali nel deserto che componevano un inverosimile paesaggio. In Dmc la città di Malice pretende di essere di questo mondo: la somiglianza con lo skyline londinese è alquanto esplicita. Qui prolifera un male palpabile e immediatamente riconoscibile: non è il male personificato nei demoni della Divina Commedia, né i fantasmi dell'horror nipponico, bensì la mano tentacolare delle corporation, delle agenzie di rating, dei governi corrotti. E' un male che tutti noi ben conosciamo e fronteggiamo ogni giorno stretti nella morsa dell'attuale crisi economica.
    Ma tale impronta rimane di facciata. Ben presto scopriamo come il magnate Kyle Rider, colui che vuole la testa del protagonista, altri non è che la reincarnazione di Mundus. Malice passerà ben presto sullo sfondo, rievocata solo nelle cut scene, mentre il mondo di gioco sarà la realtà parallela popolata da demoni del Limbo. Qui Taini si è potuto sbizzarrire, facendo galoppare la propria fantasia e pescando da innumerevoli fonti d'ispirazione. Il tono è volutamente iperrealista, tipico dell'arte di Dalì e Magritte: sono cose senza senso che fluttuano, che vanno incontro a continua metamorfosi, reagiscono con sussulti improvvisi alla presenza di Dante.
    Il Limbo è insomma un corpo vivo e lungo tutto il processo creativo è stato trattato alla stregua di un personaggio. Un'antagonista lui stesso di Dante. L'architettura ne è la pelle, il liquido nero che scorre sotto i piedi del protagonista nient'altro che sangue, i pietroni neri che ingabbiano le piattaforme e bloccano il passaggio le sue ossa e i nemici sono batteri che mordono tale realtà parallela.
    Immagini che hanno guidato la mano di Taini così da sviluppare un art design coerente, ma che non tutti i giocatori saranno in grado di comprendere. Poco male: l'importante è che chiunque giocherà Dmc si accorga dello stile multiforme, capace di pescare dall'immaginario che ci circonda sia esso naturale o artificiale, per poi distorcerlo, ribaltarlo, piegarlo alle leggi del male.

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