Dragon Quest XI S Definitive Edition: perché è un capolavoro irrinunciabile

Ora che è giunto anche su Xbox One, Series X e S, scopriamo quali sono i motivi per cui tutti i giocatori dovrebbero vivere questo incredibile JRPG.

Dragon Quest XI S Definitive Edition: perché è un capolavoro irrinunciabile
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Stadia
  • Xbox Series X
  • Ogni volta che scaviamo nella libreria di Xbox One ci sembra quasi impossibile che Xbox 360, nella prima metà del proprio ciclo vitale, sia stata una sorta di paradiso per gli appassionati di giochi di ruolo giapponesi. Lost Odyssey, Blue Dragon, Infinite Undiscovery e The Last Remnant sono solo alcuni dei tanti nomi che ci tornano subito in mente quando ripensiamo a quegli anni, anche perché la maggior parte dei JRPG pubblicati a suo tempo su Xbox 360 non ha mai raggiunto i lidi della rivale PlayStation 3.

    Fatta eccezione per titoli del calibro di NieR Automata e Tales of Vesperia: Definitive Edition, senza dimenticare Final Fantasy XV, Kingdom Hearts III e pochi altri JRPG degni di menzione, Xbox One ha invece accolto soltanto una minuscola parte dei giochi di ruolo nipponici proposti su PlayStation 4, che al contrario ha puntualmente accompagnato l'esordio dei migliori esponenti del genere confezionati durante la generazione uscente.

    L'avvento di Dragon Quest XI su Xbox

    Uno di questi è Dragon Quest XI: Echi di un'Era Perduta, capolavoro assoluto di Yuji Horii che nel 2018 ha saputo emozionarci con una storia classica e al contempo fuori dagli schemi, un articolato combat system a turni e l'immancabile character design di Akira Toriyama.

    Per la gioia degli utenti fedeli alla casa di Redmond, che per ventiquattro mesi hanno soltanto potuto ammirare da lontano tanta magnificenza, l'undicesima incarnazione della saga dei draghi è infine approdata su Xbox One e Game Pass nella sua Edizione Definitiva, ossia una versione ricca di accorgimenti e contenuti extra non previsti dall'edizione originale (per tutti i dettagli consultate la nostra recensione di Dragon Quest XI S - Definitive Edition).

    Per festeggiare il suddetto evento, in questo speciale vi illustreremo tutte le ragioni per cui non dovreste assolutamente lasciarvi scappare l'occasione di portare a casa quello che, insieme a Persona 5 Royal, è indiscutibilmente il miglior JRPG della scorsa generazione.

    La rinascita dei turni

    Sempre più snobbato persino dalle serie che ne hanno giovato maggiormente, come lo stesso franchise di Final Fantasy, sembrava che il classico sistema di combattimento a turni, accusato di essere diventato obsoleto e di non aver più nulla da dire, fosse davvero condannato a scomparire del tutto.

    Titoli come il già menzionato Persona 5 e Dragon Quest XI hanno invece dimostrato che i combat system a turni sono ancora oggi in grado di ammaliare l'utenza e di coinvolgerla con la sana componente strategica in dote. Eppure, escludendo le versioni rimasterizzate dei vecchi Final Fantasy, che a partire dal 2019 hanno rimpolpato il catalogo Game Pass, alla precedente ammiraglia Microsoft ancora mancava un titolo che fosse degno di raccogliere e tramandare alle nuove generazioni un'eredità tanto preziosa. Non solo Dragon Quest XI S ne incarna rigorosamente le qualità principali ma, come spiegato nel nostro corso accelerato per avvicinarsi al gioco di ruolo giapponese, il capolavoro Square Enix è il titolo più indicato per familiarizzare e assimilare un combat system complesso e affascinante quanto il turn-based, poiché il team di sviluppo ha escogitato due espedienti in grado di renderlo più appetibile persino agli occhi dei più giovani.

    Il primo è il cosiddetto "Movimento Libero", ossia una modalità che tra il caricamento di un turno e l'altro permette al giocatore di spostare i propri titolari all'interno di un'area circoscritta. Di conseguenza, se in genere il combat system a turni prevede che tutto il party se ne stia immobile da un lato del campo di battaglia, in attesa del proprio turno d'azione, il Movimento Libero attribuisce una finta parvenza di dinamismo ad un sistema di combattimento tutt'altro che frenetico, distraendo l'utente nelle fasi meno divertenti della lotta.

    Decisamente più utile, la seconda trovata di Square Enix è invece rappresentata dalla possibilità di automatizzare uno o più membri del party, in modo tale da delegare loro le azioni più noiose e soprattutto quelle ripetute a cadenza ciclica. Ricorrendo a tale funzione, si ha ad esempio la facoltà di incaricare un determinato eroe di prestare le cure necessarie ai compagni feriti, sicché da focalizzare il resto della squadra sulla singola offensiva o sull'attuazione di una strategia particolarmente elaborata.

    Rispetto alla versione originale, è opportuno segnalare inoltre che la Definitive Edition di Dragon Quest XI S presenta un terzo espediente da non sottovalutare e addirittura in grado di ridurre drasticamente il tempo destinato alle tediose fasi di grinding. In occasione della riedizione, il team di sviluppo ha infatti introdotto nel menu di battaglia di Dragon Quest XI S una voce che consente di selezionare e modificare la velocità degli scontri fra tre diverse opzioni: normale, alta e frenetica.

    Come suggerito dai nomi, la seconda e la terza tendono a velocizzare enormemente l'esecuzione delle azioni compiute da mostri e combattenti, azzerando i tempi di attesa e facilitando non poco l'accumulo di denaro, oggetti rari e preziosi punti esperienza. Attività, queste, che in molti altri JRPG richiederebbero delle ore, se non pomeriggi interi.

    L'eroe sciagurato

    Come avrete letto nella recensione di Dragon Quest XI S - Definitive Edition, l'undicesima incarnazione del franchise racconta una storia molto classica e all'apparenza scontata, ma che a intervalli regolari riesce a sconvolgere il giocatore con tragedie imprevedibili e a toccare le corde dell'animo umano con sequenze strappalacrime, anche grazie a una colonna sonora puntuale e raffinata. Per raggiungere un simile risultato, il team di Square Enix ha dovuto innanzitutto conferire a ciascun componente del party una caratterizzazione esemplare e convincente, affinché la squadra risultasse ben amalgamata.

    Partiamo dal protagonista principale: affetto da un design poco ispirato, il Lucente si presenta subito come l'anello debole di tutto il pacchetto, in quanto la tradizione di Dragon Quest impone che questi sia maledettamente muto. In compenso, il suo background è uno dei più riusciti dell'intera saga, dal momento che gli sceneggiatori sono stati particolarmente crudeli nei suoi confronti e lo hanno di volta in volta posto dinanzi a episodi sempre più drammatici e spiacevoli. Rimasto orfano quando era solo in fasce e allevato da un anziano pescatore, egli è la reincarnazione di un eroe leggendario e come tale è disceso dal cielo per sconfiggere ancora una volta le forze del male che mirano a conquistare e sottomettere il mondo umano. Un compito che, sin dalle prime battute della campagna, sembrerà sempre più lontano e che addirittura gli scivolerà di mano, provocando conseguenze a dir poco catastrofiche che mai ci saremmo aspettati di poter esplorare in una serie attaccata alla tradizione e al mito dell'eroe infallibile come appunto quella di Dragon Quest.

    Un cast ben speziato

    Non meno interessanti si sono rivelati i suoi coraggiosi compagni d'arme, che di capitolo in capitolo hanno conquistato la nostra incondizionata simpatia. All'apparenza il più scontato di tutti, poiché si unisce al Lucente con la scusa che un Veggente abbia profetizzato il loro incontro, Erik è in assoluto il più misterioso e affascinante, in quanto le sue azioni nascondono delle motivazioni ben più solide e persino nobili, che tuttavia si materializzano soltanto nelle fasi avanzate dell'avventura.

    Nessuno potrebbe mai battere Sylvian in quanto a originalità ed eccentricità. Artista giramondo e indiscussa stella del circo di Galoppoli, è mosso dal sincero desiderio di proteggere il mondo dall'oscurità: il suo più grande desiderio è infatti quello di regalare sorrisi alla gente, e pur di riuscirvi non esiterà a mettere in scena dei frequenti siparietti estremamente imbarazzanti e divertenti, che il più delle volte hanno il colpito di gettare un pizzico di colore su affresco narrativo altrimenti cupo e troppo angosciante.

    Un ruolo che, in ogni caso, Sylvian ha condiviso con l'anziano Rab. Rotondo e parecchio in là con gli altri, l'arzillo nonnetto è esperto nelle arti marziali e i suoi molti viaggi attorno al mondo gli hanno permesso di accumulare conoscenze in ogni campo, ma dietro quell'aria da persona saggia si nasconde un vecchio sporcaccione con una storica passione per le riviste sconce.

    Senza nulla togliere a Veronica, Serena e Jade, che abbiamo scelto di non analizzare per evitare qualsiasi spoiler sulla trama di Dragon Quest XI S, il titolo dispone insomma di un cast ricco e diversificato, ma soprattutto lontano dalle eroiche figure quasi sempre banali e scontate che in genere contraddistinguono i giochi di ruolo old-school. Se a questo unite un gameplay solido e tradizionalista, ma al contempo attento alle esigenze delle nuove generazioni, la miscela ottenuta assume un curioso sapore a metà fra classico e moderno. Un aroma unico nel suo genere e incontenibile, cui nessun abbonato al Game Pass dovrebbe in alcun modo rinunciare.

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