Speciale E3 2008 Post Mortem

Qualche considerazione inattuale dopo lo spegnimento dei riflettori

Speciale E3 2008 Post Mortem
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Once upon a Time

C'à stato un tempo in cui dal palco del Kodak Theater Hiroshi Yamauchi presentava ad una platea sconvolta le prodezze grafiche dei StarFox per SNES, in cui uno sbarbato Kutaragi annunciava i programmi di Sony per la neonata Playstation, in cui una SEGA non ancora sconfitta sapeva ancora stupire il mondo con il genio di Yu Suzuki. Poi venne un'altra era, in cui i padri fondatori del videogioco hanno avuto l'onore e l'onere di lasciare il passo ai loro successori, gettando le basi economiche e manageriali di quella che, all'alba degli anni duemila, sarebbe diventata l'industria più redditizia dello show - biz. Oggi, il videogioco pare aver perso la sua strada, dopo anni di progressi sempre più marcati siamo arrivati ad una fase di stallo in cui le idee paiono essersi fossilizzate intorno pochi modelli totemici, incapaci di rinnovarsi per dare vitalità ad un panorama stanco, e pericolosamente ripetitivo.

Casuality

L'E3 in un certo senso è lo specchio di questo ripiegarsi su se stessa della nostra industry. Dopo essere stato spostato, ridimensionato, ristrutturato e, in definitiva umiliato, l'happening più importante dell'anno ludico (paragonabile per prestigio solamente alla notte degli Oscar od alla consegna del Booker Prize) s'è trasformato in una manifestazione senz'anima, chiusa all'uomo comune, quasi riservata ad un circolo di iniziati che riescono a ricevere un accredito stampa od un invito da una delle Tre Grandi. Il nostro settore soffre di un diffuso senso di inferiorità rispetto al cinema in primis ma, più in generale, rispetto a tutti gli altri media, capaci di raggiungere un'audience incredibilmente più vasta e di attirare un numero sempre crescente di appassionati. Ed è in quest'ottica che dobbiamo leggere la non esaltante performance delle tre conferenze cui abbiamo assistito: la volotà, chiarissima, era quella di entrare in contatto con una fetta di pubblico che dispiace agli Hardcore Gamer. Un bacino d'utenza nuovo, vastissimo, che in molti vedono come l'ultima catastrofe piovuta addosso al mondo videoludico, ma che il bilancio delle aziende non può fare a meno di considerare.Microsoft ha confermato la sua capacità di attirare i giocatori più esigenti, presentando tutta una serie di prodotti validissimi ma già noti da tempo, come Gears of War 2, Fable 2 ed il nuovo capitolo della storica saga di Fallout, senza poi contare l'arrivo di Final Fantasy XIII, finalmente strappato al monopolio quinquennale di Sony. Tuttavia nessuno dei giochi presentati ha saputo stupire: Gears è bello ma derivativo, Fable 2 sembra semplicemente la versione in Alta Risoluzione del deludente primo episodio e neppure Fallout 3 ha saputo scaldare gli animi. Solo il breve video della nuova avventura immaginifica di Square - Enix è riuscito a ottenere qualche consenso anche se, verrebbe da domandarsi, quanto gli applausi siano per il gioco in se e quanto siano per lo smacco morale inferto all'acerrima nemica giapponese. Nel prosieguo i dirigenti Microsoft hanno poi lanciato il guanto di sfida anche verso il Wii, proponendo una dashboard completamente rinnovata e la presenza di nuovi Avatar, caratteristica questa che va a sovrapporsi perfettamente ai Mii di Nintendo, perdendo però completamente la carica innovativa e riducendosi ad un patetico, quando non platealmente ridicolo, tentativo di reinventare la propria immagine. Sony, dal canto suo, crede (o cerca di far credere agli altri) di essere ancora la padrona indiscussa del mercato: Tretton dal palco ostenta sicurezza ed arroganza ma alcune delle sue parole suonano come le campane di una città romana che vede avvicinarsi le orde barbariche e si chiede dove abbia sbagliato. Il problema dell'ormai ex console più venduta al mondo sta, molto semplicemente, nei giochi: solo Metal Gear Solid 4 ed Uncharted hanno infatti mantenuto, almeno in parte, le promesse che avevano fatto, mentre tutte le altre esclusive si sono perse nel limbo della mediocrità, quando non si sono rivelate delle vere delusioni, come nel caso di Liar o Haze. Oggi Sony si trova ad affrontare la sua battaglia più difficile: ha fra le mani una console costosa, difficile da programmare e complessivamente non così potente come ci avevano raccontato, alcuni alleati storici (come Square o Konami) l'hanno abbandonata ed i suoi studi interni non sembrano in grado di proporre costantemente prodotti veramente interessante. Inoltre la situazione finanziaria della compagnia fa sorgere ulteriori dubbi sul supporto che Ps3 riceverà in futuro: il presidente Howard Stringer ha infatti annunciato un piano industriale fatto di drastici tagli per i progetti non remunerativi e pare proprio che i fondi concessi al progetto Cell, la grande utopia di Kutaragi, saranno fortemente ridimensionati. In una situazione così fluida è difficile immaginare quale sarà il futuro di SCE: sicuramente la Playstation 4 ci sarà, ma da qui a dieci anni non scommetteremmo sulla presenza di Sony nel mercato dei videogiochi. Tra le due litiganti, come si suol dire, la terza gode ed in questo caso la terza è Nintendo che dopo dieci anni di umiliazioni s'è presa la sua rivincita andando a scardinare le fondamenta stesse del mercato, esattamente come fece negli anni '80 quando con il NES e ROB diede nuova linfa ad un settore gravemente colpito dal fallimento di Atari. Probabilmente ora Iwata e soci se la stanno ridendo di gusto: la loro console, meno potente delle due dirette concorrenti ed infinitamente meno costosa vende come il pane ed ha saputo proporsi a utenti completamente nuovi (soprattutto nell'universo femminile, ancora praticamente inviolato dai produttori di videogames). Tuttavia il nuovo corso intrapreso dall'azienda di Kyoto ha contribuito non poco alle problematiche sopra esposte; scegliendo di aprirsi così smaccatamente al casual gaming, Ninendo ha dato il la a tutta una serie di produzioni a basso costo che non solo sviliscono il media, ma tarpano anche le ali ai designer più ambiziosi, dato che i pubblisher finanziano più facilmente un progetto che con pochi soldi permette di vendere milioni di copie piuttosto che un idea visionaria e, magari, costosissima. Andando poi a parlare del sistema di controllo, a quasi due anni dall'uscita del Wii, è intellettualmente onesto dire che la rivoluzione millantata da Miyamoto non solo non c'è stata ma, anzi, s'è trasformata in una regressione. Nei giochi più complessi, infatti, la presenza del WiiMote non aggiunge assolutamente nulla alla gaming experience e, anzi, tende a renderla ancora più frustrante. Mario Galaxy non sarebbe stato molto diverso su GameCube, così come Twilight Princess; Super Smash Bros addirittura fa una scelta ancor più radicale, dimenticando completamente le possibilità offerte dagli accelerometri e offrendo un'esperienza di gioco talmente classica che più classica non si può. E' dunque con non poche riserve che accogliamo l'arrivo dell'ennesima periferica (come se non bastassero chitarre, nunchuck, tappetini e diavolerie varie) che promette, questa volta per davvero, di mimare i nostri movimenti 1:1. Ora, ci chiediamo, se gli sviluppatori (in primis quelli interni di Nintendo) non sono stati in grado di eccellere nel Game Design con il WiiMote normale, per quale motivo la situazione dovrebbe cambiare con questo upgrade? Sinceramente siamo pessimisti non tanto per le qualità intrinseche del WiiMotion Plus quanto per lo stato attuale dell'industria. Ormai ci pare lapalissiano: nessun pubblisher ha il coraggio per produrre qualcosa di veramente innovativo su Wii molto semplicemente perché è facilea ccordgersi che, pur sfruttando appena marginalmente l'enorme potenziale della console, molti titoli hanno un successo commerciale incredibile. In questo senso il balzo in avanti prospettato dai grandi timonieri di Kyoto s'è trasformato in un sonoro tonfo all'indietro, in cui Nintendo stessa pare essere intrappolata, con i suoi (pochi) grandi giochi sommersi dal mare della mediocrità dei prodotti Third Party, e la disillusione dei fan di vecchia data che, dopo aver sopportato la traversata nel deserto di Nintendo 64 e Gamecube, si sono ritrovati con un pugno di mosche in mano, quando si aspettavano invece una nuova era di grandi capolavori. Nintendo, dunque, rischia molto seriamente di cadere nella rete che s'è costruita da sola se non sarà in grado di dare un senso alla sua strategia dimostrando una volta per tutte che la rivoluzione del WiiMote è qualcosa di più di un semplice scuotere un telecomando. Dobbiamo continuare a sorridere ci hanno detto, e vogliamo veramente farlo, ma il sorriso che si stampa sul volto dopo aver giocato a WiiPlay è molto diverso da quello, forse più dimesso ma non per questo meno soddisfacente, indotto da un'esperienza ludica profonda e complessa.

Con lo sguardo rivolto verso il Vecchio Continente

Al di là delle diatribe prettamente ludiche, l'altra grande questione discussa all'ombra delle palme di Rodeo Drive riguardava il senso vero della manifestazione. La svolta business intrapresa dagli organizzatori negli ultimi due anni, infatti, non è piaciuta praticamente a nessuno; non agli addetti ai lavori che hanno perso contatto con l'utenza, e nemmeno a noi giornalisti che, di anno in anno, ci troviamo con un'E3 sempre più avaro di nuove informazioni e scoop. Inoltre la scelta di spostare la kermesse dai tradizionali ultimi giorni di Maggio alla metà di Luglio ha portato anche ad un netto abbassamento degli introiti pubblicitari e del battage mediatico di solito susseguente alle tre press conference. L'estate, infatti, è tradizionalmente un periodo di stanca per il mercato ludico. Siamo così in una situazione assolutamente sbilanciata, da una parte le testate sono costrette ad un superlavoro estivo che molte volte non riceve il giusto riscontro di pubblico e dall'altra gli sviluppatori sono costretti a presentare progetti o già noti (come nel caso di Microsoft e dei suoi parners) o ancora talmente arretrati da ridursi a video in computer grafica (come per Sony). Insomma, è facile capire come mai l'importanza dell'E3 stia scemando sempre di più in favore di altre maifestazioni come la Games Convention di Lipsia. Ed è proprio al Vecchio Continente che tutti i Publisher guardano con sempre maggiore interesse quasi a cercare un nuovo palco da cui lanciare i proprio incantesimi, che sappia raccogliere la difficile eredità del vero E3, quello degli anni '90.

E3 2008 Un'E3 difficile da incasellare dunque, sicuramente deludente per i fan, ma al tempo stesso pietra miliare di un cambiamento della nostra industria che va a toccarne la sostanza più profonda ed i cui effetti si mostreranno solamente fra alcuni anni. La scommessa di Nintendo e Microsoft è chiara: aprirsi al casual gaming cercando contemporaneamente di non spezzare il delicato legame con i giocatori core. Ma laddove la seconda ci ha mostrato una line up complessivamente solida, nonostante le criticità di cui discutevamo prima, la prima s'è mostrata molto più reticente, preferendo gettarsi a capofitto nella sua nuova nicchia di mercato giocando sulla fiducia cieca che molti giocatori storici ripongono nella grande N. Complessivamente, dunque, la casa più in affanno ci pare essere Sony, sia per alcuni fattori esterni (come lo strabordante successo del Wii e la potenza economica di Microsoft) sia per le difficoltà interne che sta affrontando, in grado -se non curate debitamente- di compromettere l'avvenire non solo di Playstation 3. Il re è morto, evviva il re, verrebbe da dire, ma siamo convinti che da qui a fine anno le cose possano cambiare ancora e che sul mercato ci sia spazio per tutte e tre le macchine, ognuna con le proprie specificità e le proprie esclusive. Sarà proprio su queste che si giocherà la partita del futuro: in un mondo dove i pubblisher di terze parti divengono sempre più restii a concedere contratti univoci, le tre case riusciranno ad attirare nuovi giocatori solamente facendo affidamento sulle proprie forze interne, ed è qui che vedremo sprigionarsi il vero talento. Speriamo solo di non dover attendere troppo a lungo.