E3 2019: Sony non parteciperà alla fiera, la fine di un'epoca?

PlayStation non parteciperà all'E3 2019: niente conferenza, niente showfloor, niente evento privato. Sarà la fine dell'E3 per come lo conosciamo?

E3 2019: Sony non parteciperà alla fiera, la fine di un'epoca?
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La notizia che mai mi sarei aspettato di leggere arriva così, in un giovedì sera qualunque di metà novembre. Sto uscendo dal supermercato per un'improvvisata spesa fuori orario, quando mi cade l'occhio su un tweet che onestamente mi fa un po' crollare il mondo addosso: il solito puntualissimo Wario64 cita un articolo di Variety in cui si annuncia che Sony non parteciperà all'E3 2019. Niente conferenza, niente presenza sullo showfloor, niente evento media parallelo in stile EA Play. Nulla di nulla. Un notizia shock che arriva così, come il proverbiale fulmine a ciel sereno: senza mezzi termini, senza indorare la pillola e soprattutto senza rumor che anticipassero un fatto che ha davvero dell'esplosivo. È per certi versi in tutto e per tutto la fine di un'epoca: it's the end of the world as we know it canterebbero i R.E.M, però io a differenza di Stipe e soci non è che mi senta poi così bene.

Tutto cambia?

La ragione è presto detta: per me l'E3 è sempre stato un mito, un simbolo, un sogno a tutti gli effetti. Il miraggio di un bambino che divorava le riviste e dalla sua cameretta sognava la California, l'America e i Videogiochi con la V maiuscola. Un sogno che poi, per mia fortuna, sono riuscito a toccare con mano da grande, salendo su quel carrozzone e rimanendoci aggrappato con le unghie e con i denti (non mi sono perso nessuna delle ultime dieci edizioni della fiera losangelina, qualche volta arrivando pure a pagare di tasca mia pur di non rimanere a casa).

Vi confesso che la prima volta, nel 2009, è stata un'emozione che semplicemente non dimenticherò mai e poi mai: arrivare dall'altra parte dell'oceano, vedere di persona il Convention Center, ritirare il badge col nome scritto sopra, vedere con i propri occhi la magia di una cosa che si è dimostrata ancora più incredibile delle mie pur strabilianti aspettative. Senza contare che si parlava dell'annata di Bayonetta e Sin & Punishment 2, ovvero due dei miei giochi preferiti non solo di quella generazione ma addirittura di sempre. Insomma, un trionfo senza paragoni: la sensazione di toccare effettivamente il cielo con un dito, per la settimana più elettrizzante e sbalorditiva dell'anno. Una scarica di adrenalina e di cristallina goduria nerd alla quale, come ebbi modo di capire sin da quella primissima partecipazione, difficilmente avrei potuto rinunciare in vita mia.

Eppure, al di là del mio incontenibile entusiasmo - senza esagerare l'E3 è davvero l'unica cosa al mondo vagamente in grado di invertire il pessimismo al limite del sepolcrale che mi contraddistingue 24/7 - ho sempre pensato che prima o poi qualcosa sarebbe potuto e forse dovuto accadere, che il giocattolo si sarebbe in qualche modo rotto. L'E3 come manifestazione ha del resto vissuto di cicli: a un certo punto, verso la metà degli anni 2000, sembrava passarsela veramente veramente male. E invece, con un insperato colpo di coda, ecco la ripresa alla grandissima, proprio mentre qualcuno già si preparava all'imminente funerale.

Sono seguite edizioni all'insegna dello sfarzo più sfrenato, di quel brutal display of power dannatamente americano che non può che essere di casa quando ti trovi a quattro passi da Hollywood. L'apertura al pubblico, in occasione dell'E3 2017, già aveva fatto presagire qualcosa: in un mondo che cambia, sempre interconnesso, che ha bisogno di essere ovunque ma al tempo stesso da nessuna parte, concentrare l'attenzione di un intero settore (e di mezzo pianeta) su una singola città, per quei tre/quattro giorni scarsi all'anno, stava diventando un'impresa sempre più ardua. A maggior ragione considerando l'unico, colossale palcoscenico su cui i principali attori dovevano comunque sgomitare per contendersi la scena.

Quale futuro per Sony?

Cosa implica la decisione di Sony? Non è facile comprenderlo a caldo, a maggior ragione senza conoscere al momento i piani per il 2019 di Yoshida & Company. Certo è che, al di là dell'ecosistema PlayStation - che sicuramente non si limiterà al silenzio radio anche per i dodici mesi a venire, proseguendo sulla scia inaspettatamente dimessa della Paris Games Week e della PlayStation Experience - le ripercussioni sull'E3 in quanto tale non potranno che essere come minimo rilevantissime: del resto, se il platform holder leader dell'attuale generazione di console decide di interrompere una tradizione che andava avanti da ben ventiquattro primavere (ovvero da quando la stessa kermesse losangelina esiste), le conseguenze si faranno per forza di cose sentire.

Al di là delle analisi ora come ora comunque oggettivamente premature, fosse solo per i sette mesi che ci separano dall'edizione 2019, personalmente mi preme sottolineare come la decisione di Sony possa essere vista come il primo passo verso una nuova era: la fine di un'epoca per l'appunto, un cambiamento che sul piano squisitamente romantico intristisce e destabilizza un po' nel suo ribaltare consuetudini affermate. Pensate solamente alle fiere nottate a colpi di streaming, alle infinite discussioni sui vincitori dell'E3, agli esilaranti meme nati su Internet e a tutto ciò che ciascuno di noi nel suo piccolo associa a un momento in cui è straordinario essere un videogiocatore appassionato. Senza un protagonista del calibro di Sony le cose non potranno essere quelle di sempre, ed è una certezza che non può lasciare indifferenti.

In quest'ottica, rinunciare deliberatamente a una cornice del genere - specie da una posizione di dominio assoluto come quella in cui ormai si trova da tempo PS4 - può essere una clamorosa dichiarazione d'intenti, espressione inequivocabile della voglia di fare le cose per conto proprio. Controllando così modi, costi e tempi con una libertà che l'E3 semplicemente non può permettersi di concedere per cause di forza maggiore. Insomma, aziendalmente potrebbe essere una mossa astuta e brillante, magari addirittura una scusa per rovesciare le convenzioni e prendere in contropiede la concorrenza con format inediti.

Eppure, il ragazzino che è ancora in me, quello che letteralmente correva tutto trafelato dall'amico col modem 56k per scaricare i trailer da N64.com, in questo momento non può che sentirsi triste, sconsolato, confuso. Perché il giocattolo che tutti noi amiamo visceralmente non è forse mai sembrato fragile come oggi, e dire definitivamente addio all'E3 e a tutto quel che lo circonda, anche simbolicamente, mi farebbe davvero malissimo.

Nell'attesa di scoprire cosa succederà in futuro, sia da una sponda che dall'altra, resta ad ogni modo una possibile (ghiottissima) consolazione: difficile non pensare infatti che dietro all'ardita manovra di Sony non si celi il desiderio di allestire un evento ad hoc interamente costruito attorno alla presentazione della prossima PlayStation. Che PS5 possa dunque essere ben più vicina del previsto? Da qualche ora abbiamo almeno una grossa ragione in più per pensare che il 2019 potrebbe essere l'anno del primo contatto con la prossima generazione marchiata Sony. E, si sa, non esiste miglior medicina per mitigare la tristezza dell'hype.