Speciale Far Game 2011

Seconda edizione per l’evento organizzato dall’Archivio Videoludico di Bologna

Speciale Far Game 2011
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L’Italia, tristemente, è nota per arrivare sempre con un pizzico di ritardo. Antica patria di illustri artisti e uomini geniali che hanno cambiato il mondo, la nostra bella penisola ultimamente non se la passa poi così bene. Eppure, mentre Caparezza canta Goodbye Malinconia e il malumore tra la popolazione dilaga sempre più, qualche confortante segnale di cambiamento comincia a scorgersi. Sebbene sia ancora lontano il sogno francese, dove il governo sovvenziona gli sviluppatori di talento, anche in ambito videoludico inizia a respirarsi aria fresca. Pur debole, soffia un venticello che, nonostante sia ancora incapace di smuovere realmente le istituzioni, e quindi i fondi, inizia a creare un serio dibattito culturale, sociale e artistico attorno al nostro amatissimo medium. Sempre più iniziative, eventi e associazioni studiano e promuovono il videogioco.
In questo sempre più vigoroso, virtuoso e confortante quadro, si inserisce perfettamente il Far Game - Le frontiere del videogioco tra industria, utenti e ricerca, manifestazione tenutasi presso la Cineteca di Bologna e giunta alla seconda edizione.

Non solo passatempi

Il Far Game nasce dalla volontà e dagli sforzi di Andrea Dresseno e Matteo Lollini, in seno all’Archivio Videoludico, unicum in Italia, situato presso la biblioteca Renzo Renzi, adiacente alla già citata Cineteca. All’interno di questo complesso dalle dimensioni contenute, ma dall’azzeccato design, nelle giornate del 27 e 28 Maggio, si è tenuta la seconda edizione di questo interessantissimo evento.
Rispetto allo scorso anno due cose sono risaltate immediatamente all’occhio: il maggior afflusso di pubblico e la minor presenza di accademici in favore di addetti ai lavori e giovani che con i videogiochi ci vivono e convivono. Ciononostante il Far Game non ha perso un grammo della filosofia che tanto lo aveva fatto risaltare ai nostri occhi dodici mesi fa. Sebbene di settore e dedicato prevalentemente a esperti, la manifestazione ha portato sul palco anche personaggi solo marginalmente coinvolti dal fenomeno videoludico e per questo, spesso, anche non eccessivamente informati sull’attuale stato dell’industria. La scelta, sicuramente coraggiosa, è comunque servita per offrire al pubblico un punto di vista inedito e largamente sconosciuto: come appare la situazione da chi proviene da un diverso campo economico-culturale? La risposta, poco a sorpresa, l’abbiamo già fornita in apertura dell’articolo: sebbene in ritardo, anche l’Italia inizia a capire l’importanza dei videogiochi.
In questo senso ha avuto un significato molto particolare l’intervento intitolato Arti Visive e Videogiochi che, oltre alla presenza di critici d’arte e rappresentanti di associazioni culturali, ci ha dato una notizia estremamente piacevole: la presenza del nostro medium preferito alla Biennale di Venezia. Certo si tratterà di un primo e timido contatto, ma rientra tra i segnali di cambiamento di cui parlavamo poco sopra.
Anche il Premio Wired, consegnato tra una conferenza e l’altra e in collaborazione con l’omonima testata giornalistica, ha testimoniato la progressiva emancipazione di questo “passatempo”. Una serie di studenti universitari, sono stati premiati per le loro tesi di laurea incentrate sui videogiochi, offrendoci anche una lampante prova di come non manchino professori capaci di intuire il reale peso specifico di questo fenomeno.

Tanti modi per parlare di videogames

Più legate ai videogiochi tutte le altre conferenze. Non vogliamo qui riassumerle una ad una, visto che si correrebbe solamente il rischio di dimenticare qualche concetto importante, ma è giusto offrirne una panoramica generale, capace di riassumere l’altissimo tasso qualitativo raggiunto dal Far Game di quest’anno.
La conferenza Filosofia Del Gioco, vedeva giovani ricercatori e illustri accademici offrire visioni filosofiche su alcuni giochi come Heavy Rain, passando per la presentazione di Play Panta Rei, un titolo destinato alle piattaforme Apple, capace di rendere giocabili alcune delle massime più famose di diversi filosofi. Veder trasformare il famoso mito della caverna di Platone in una rilettura di Pong è sicuramente affascinante, per quanto speriamo che questo progetto conosca un ulteriore studio e approfondimento.
Script Crossing: Tra Scrittura e Game Design è stato un intervento estremamente interessante che ha affrontata l’annosa questione della sceneggiatura nei videogiochi coinvolgendo nel dibattito professionisti, scrittori e giornalisti di diverse testate.
Gamification: Oltre i Confini Del Gioco esplicava ed offriva efficaci attualizzazioni del concetto di gamification: l’uso di meccaniche ludiche all’interno di attività non strettamente legate al gioco come può esserlo il contesto lavorativo o quello scolastico. Tra gli esempi mostrati, quello che più ci ha colpito è quello relativo a CriticalCity Upload: una sorta di videogame sociale dove accettate una serie di missioni, bisogna poi svolgerle nel reale contesto cittadino nel quale si abita.
Voci In Gioco: Il Doppiaggio Nel Cinema E Nel Videogioco è stato invece utilissimo per fare luce sui problemi e soddisfazioni dei doppiatori, mentre con Bang/Gulp/Game! Contagi Tra Fumetto E Videogioco si sono voluti mettere in luce i vari contatti tra il mondo dei comic e quello dei videogiochi.
A impreziosire ulteriormente il Far Game ci hanno poi pensato tre ulteriori eventi. Da una parte l’Eat & Play: cena con portate che, vuoi per l’aspetto, vuoi per gli ingredienti utilizzati, richiamavano alcuni dei videogiochi più famosi di sempre. Dall’altra un esposizione di alcune illustrazioni tratte sempre da brand videoludici. Tra i lavori presenti, alcuni anche del nostro carissimo Francesco "Gazpacho" Dagostino (inutile dire che i più belli di tutti erano i suoi).
Infine era presente un Workshop di cui vi parliamo meglio nell’intervista ad Andrea Dresseno che potete trovare nella pagina seguente.
Tirando le somme, il Far Game 2011 ha superato le più rosee aspettative. Non solo quest’edizione ha qualitativamente surclassato quella già ottima dell’anno scorso, ma mostra anche una chiara intenzione degli organizzatori di aumentare anno per anno le ambizioni della manifestazione.
Purtroppo, nonostante l’esponenziale aumento di pubblico, desta ancora qualche perplessità vedere posti vuoti in sala. Oggi come mai il videogioco ha la possibilità di emanciparsi, ma i primi a fare qualcosa, dobbiamo essere noi partecipando in massa a utili e splendide iniziative come questa.
L’appuntamento, per tutti, è fissato all’anno prossimo, al Far Game 2012.

Intervista ad Andrea Dresseno

Il gentilissimo Andrea Dresseno, organizzatore insieme a Matteo Lollini del Far Game, ci ha concesso qualche domanda alla quale ha risposto con intelligenza, efficacia e un pizzico di simpatia.

Everyeye: All’indomani della chiusura di questo Far Game 2011 che giudizio ti senti di dare alla manifestazione, in termini di afflusso del pubblico e di contenuti trattati, anche basandoti sull’andamento dell’edizione dello scorso anno?

Andrea:Non possiamo che essere soddisfatti dei risultati ottenuti con questa seconda edizione. C’è stato un incremento di pubblico, un trend che contiamo possa proseguire nelle edizioni future. Far Game è un festival giovane, per cui c’è ampio margine per crescere e migliorare. Sicuramente la formula ibrida che caratterizza la manifestazione - da una parte convegno, dall’altra eventi speciali; da una parte la ricerca, dall’altra l’industria - ha dimostrato ancora una volta di funzionare. Non è così scontato in un panorama, quello italiano, dominato da eventi o prettamente commerciali o dichiaratamente di stampo accademico.


Everyeye: Rispetto all’anno scorso c’è stata una minor presenza di accademici, a favore di addetti ai lavori e giovani ricercatori. E’ questa la nuova direzione che intende imboccare il Far Game o si è trattato solo di una scelta per quest’edizione?

Andrea: Il programma di Far Game è un costante work in progress, e rappresenta il tentativo di dare spazio alle tematiche più attuali sul rapporto tra videogiochi e altri media. Spesso anche sperimentando, se così vogliamo dire, ovvero riunendo al tavolo professionalità differenti, che possano gettare sguardi inediti, aprire prospettive molteplici su uno stesso argomento. Crediamo che il programma di questa edizione abbia espresso perfettamente questa tendenza.


Everyeye: All’interno del Far Game era possibile prendere parte a un workshop che intendeva mostrare i meccanismi che si celano dietro alla nascita di un videogame. Che tipo di pubblico ha coinvolto e che attività gli sono state proposte?

Andrea: Il workshop, curato da Ivan Venturi della software house bolognese Koala Games, ha voluto confermare un aspetto che interessa l’Archivio Videoludico già da molto tempo: dare spazio anche a chi i videogiochi li crea, raccontare quali meccanismi si celano sotto la realizzazione di un videogame, per mettere in luce i molteplici aspetti che circondano il medium. Il workshop, dal titolo “La fabbrica dei videogame”, era rivolto in particolare agli studenti delle scuole superiori. Proprio la scuola può diventare terreno ricettivo per sensibilizzare i ragazzi verso un utilizzo consapevole del mezzo, ma anche luogo che stimola alla comprensione degli ingranaggi alla base del videogioco. Magari instillando curiosità, per dar vita a un interesse che può sfociare in età adulta in un vero e proprio lavoro.


Everyeye: Tra una conferenza e l’altra si è anche trovato il tempo per consegnare un premio, sponsorizzato dalla rivista Wired, che ha premiato le tesi di alcuni studenti dell’Università di Bologna che trattavano di videogiochi. Lavorando a stretto contatto con il mondo accademico, noti in questi anni un crescente interesse di studenti e professori per questo nuovo medium? Bisogna davvero aspettare l’ennesimo cambio generazionale o l’accettazione del videogioco come fenomeno culturale e sociale è possibile anche oggi?

Andrea: Il Premio Wired, volto a premiare le migliori tesi di laurea di argomento videoludico, si rivolgeva a tutti gli studenti italiani di area umanistica, e le tesi sono arrivate un po’ da tutta la penisola. A promuoverlo la Cattedra di Semiotica del corso di Laurea in Scienze della Comunicazione dell’Università di Bologna, AESVI (Associazione Editori Software Videoludico Italiana), l’Archivio Videoludico della Cineteca di Bologna ed Edizioni Condé Nast S.p.A., editore della rivista mensile Wired Italia. Negli ultimi anni i nuovi media hanno fatto breccia nell’ambito universitario. Esistono parecchi corsi dedicati specificamente alle nuove tecnologie lette in prospettiva non solo tecnico-scientifica ma anche mediologica, semiotica, psicologica e sociologica. I nuovi media - videogame compresi - sono analizzati come testi estetici in rapporto di reciproca contaminazione con i media tradizionali, come arene in cui si esprimono nuove forme di socializzazione, come contesti di autorappresentazione delle culture che li hanno prodotti. Esiste di fatto un crescente interesse per il videogioco in ambito accademico che impegna costantemente studenti, ricercatori e docenti e che supera i limiti dei differenti dipartimenti e che continua a produrre, anche in Italia, nuova letteratura dedicata.

Everyeye: Passando a parlare dell’Archivio Videoludico, quanto sono cambiate le cose rispetto a un anno fa? Il catalogo si è ulteriormente ampliato? L’afflusso di pubblico è in continuo aumento? Sono previsti workshop o visite guidate nei mesi avvenire?

Andrea: L’Archivio continua paziente la sua opera di conservazione e catalogazione del patrimonio storico videoludico. A maggio 2011 il fondo ha superato i 2.000 titoli, a disposizione del pubblico che può consultarli all’interno degli spazi appositamente allestiti all’interno della Biblioteca Renzo Renzi della Cineteca. Gli utenti possono accedere gratuitamente al fondo. La loro identità è molteplice: si va da appassionati, studenti e ricercatori, passando anche per educatori. Nell’ultimo anno l’Archivio ha partecipato ad alcuni festival, dall’Immaginario Festival di Perugia a Lucca Comics & Games. Recentemente abbiamo collaborato con la Bottega Finzioni, fondata da Carlo Lucarelli a Bologna, per dar vita a un percorso dedicato alla sceneggiatura per videogiochi.

Everyeye: Un ultima domanda: come sarà il Far Game 2012? E quello del 2021?

Andrea: In genere si dice: più grande, più bello. Ma chi lo sa, è ancora presto per dirlo. Certamente continueremo su questa strada, mantenendo questa struttura ormai collaudata che ci ha regalato molte soddisfazioni, e confidiamo continui a regalarne, sia a noi che al pubblico del festival. Per quanto riguarda l’edizione del 2021, incrociamo le dita: si mormora che a fine 2012 ci attenda la fine del mondo...