Speciale Final Fantasy VII e Shenmue: Ricordi in Anni Luce

Tornano dopo quindici e diciassette anni due titoli che hanno fatto storia: la nostra. E la cosa più importante non è quanto cambieranno questi due giochi in occasione del loro ritorno, ma quanto siamo cambiati noi.

Speciale Final Fantasy VII e Shenmue: Ricordi in Anni Luce
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  • Fermi un attimo! Guardate gentilmente indietro... quanto lo vedete lontano Final Fantasy VII? Quanto lo vedete lontano Shenmue? I due capolavori, che presto (o tardi) torneranno sui nostri schermi, risalgono oramai rispettivamente a diciassette e quindici anni fa. Lo ripeto perché secondo me ancora non è abbastanza chiaro: diciassette e quindici anni fa, sentito? Non so a voi, ma a me queste due cifre non lasciano indifferente. Grazie a SquareEnix che ha ascoltato le nostre preghiere, e a Yu Suzuki che ha trovato finalmente il coraggio per mettere un piedi una campagna Kickstarter, potremo rigiocare questi due mostri sacri, tornare a vestire i panni dei loro indimenticabili protagonisti. Ma dopo questi due annunci bomba, ascoltando la voce dei fan, ho notato che il dubbio più consistente su questi due ritorni è legato al loro gameplay, ai loro personaggi simbolo: quanto cambieranno, e cosa rimarrà della loro forma originale?
    Personalmente questi due aspetti mi interessano relativamente poco: sono pronto ad accettare tutto o quasi, perché tanto nessun nuovo capitolo, nessun remake potrà mai cambiare ciò che è stato, ciò che si può rigiocare in qualsiasi momento. Per questo la domanda che io mi sono posto è la stessa, ma rivolta a un altro soggetto: noi stessi. Quanto siamo cambiati da quel 1997, quanto è cambiata la nostra di vita da quel 1999? In uno spicchio di storia così consistente per un essere umano (un po' meno per una tartaruga marina o una quercia), così tanti anni vogliono dire stravolgimenti immensi, alcuni naturali e piacevoli, altri un po' meno, se non addirittura dolorosi. Forse vi starete chiedendo che senso ha tutto questo, ma sono proprio le nostre vite, dalle quali fuggivamo per avventurarci tra il passato di Cloud Strife e il futuro di Ryo Hazuki, a trasformare questi e tanti altri giochi in idolatrati capolavori. Pensateci. Rigiocare Final Fantasy VII oggi può deludere anche l'appassionato che ai tempi lo difendeva a spada tratta da ogni critica: il gioco è indubbiamente invecchiato male, dal punto di vista grafico e anche da quello del gameplay, e sebbene la brace del capolavoro arda ancora sotto il suo codice binario, è un insieme di cose a renderlo 17 anni dopo ancora così toccante. E questo insieme di cose include attimi e respiri di un gioco speciale, ma anche quel contorno che ognuno di noi ha messo sul piatto; un contorno fatto di tante piccole e grandi sensazioni che a ricomporle oggi mostrano un emozionante fotografia di noi stessi, e della nostra famiglia, e dei nostri amici, e dei nostri amori.

    YOU-KNOW-WHO

    Chi eri tu quando Final Fantasy VII e Shenmue arrivavano nei negozi? Con chi passavi il tuo tempo e in che stanza giocavi? Camerette in tinta blu, ingombranti televisori a tubo catodico, ricordi? Il tuo migliore amico è sempre lo stesso? E quante ragazze sono passate davanti a quelle console, sopra quel divano? Quanti amori vi sono sfuggiti tra le mani, quanto amore avete accolto e raccolto da quei giorni a questi giorni? Ogni gioco risucchia dentro di sé anche un po' del nostro mondo, lo fa suo, e ne mischia la sensazioni terrene con le sue immaginifiche ambientazioni, per creare una terza realtà tra vero e falso, un fantasy in cui la nostra vita è rumore di sottofondo, sovracanale in perturbazione mistica. Ricordo tutto di Final Fantasy VII: la prima volta che l'ho visto, dove ho comprato la mia copia, le labbra che baciavo e quel suo tirare dentro la pancia in modo da lasciare spazio tra ombelico e il bottone del jeans; ricordo il televisore utilizzato, i pulsanti in plastica dura del telecomando e il letto in cui dormivo, i letti in cui sognavo di diventare grande. E ricordo tutto di Shenmue: il dolore di un primo amore che urlava bye bye e che mi ha messo il cuore in stand-by, ma dove vai, cazzo, che io sono qui! Ma le braccia alla fine erano quelle di un altro. "L'ultimo dei romantici" urlavo ubriaco, "sono l'ultimo dei romantici" ripetevo nelle orecchie nelle teste che mi passavano di fianco. Crescevo davvero a cavallo del millennio, dilaniato ma coraggioso cercavo risposte nelle trame dei videogiochi che si facevano sempre più complessi, proprio come me.

    Ryo Hazuki, la sua purezza contro la mia fattanza, Nozomi Harasaki, l'intoccabile meraviglia contro puttanate a rilascio controllato. Ricordo il profumo per ambienti utilizzato da mia madre e la sua indifferenza alla meraviglia digitale che mi si dipanava davanti. E non c'è volta che le colonne sonore di questi due giochi, in cui mi imbatto non solo per caso, non mi lascino una strana sensazione di intorpidimento umorale, trascinandomi in un altroquando che conosco soltanto io ma che è composto anche da sensazioni comuni, ricordi come colonne che reggono l'Io che ritrovo nello specchio, così uguale a prima e al tempo stesso così diverso.
    Ricordo la corsa a casa dopo il lavoro, l'inverno e un comignolo sempre in funzione di un grande palazzo immerso nel verde, non il mio palazzo, ma il primo che vedevo una volta nel quartiere, il primo che mi rassicurava confermandomi che sì, in pochi minuti sarei stato a casa per un bacio, il più importante, lo stesso a cui dovrò prima o poi imparare a rinunciare, proprio come ho già imparato da un pezzo a rinunciare e quel cuscino su cui sedevo per iniziare e continuare una nuova partita. E oggi che c'è una figlia che mi trotterella per casa, urlando papà e portandomi tutti gli oggetti che trova in giro (anche quelli che dovrebbero essere fissati al muro), non so se riuscirò ancora a immedesimarmi nella vendetta infinita di Ryo, o a immergermi nella Mako Energy con la stessa convinzione. O forse sì, sì e ancora sì, ci riuscirò! Ma il riverbero sarà totalmente diverso da quello vissuto la prima indimenticabile volta: quella volta, per sempre l'unica, per forza l'ultima. E per voi?

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