Il futuro dei remake di Resident Evil dopo RE4: Code Veronica è realtà?

Che cosa aspettarsi dai remake della serie dopo Resident Evil 4? Ecco le nostre riflessioni, che non si limitano solo al primo capitolo e a Code Veronica.

Il futuro dei remake di Resident Evil
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  • La conclusione dei lavori sui fan remake del capostipite della serie e di Resident Evil Code Veronica è stata una vera doccia fredda per gli autori ma per i patiti dell'orrore a firma Capcom potrebbe rappresentare un indizio per il futuro dei rifacimenti legati alla serie. La cosa d'altra parte si è già verificata qualche anno fa con il Resident Evil 2 Reborn di Invader Studio, la cui cancellazione ha preceduto il ritorno "ufficiale" del secondo capitolo.

    Più in generale, il grande progetto remake ha fatto registrare risultati più che incoraggianti e si prepara a ottenere un nuovo successo con il promettente Resident Evil 4 in arrivo il 24 marzo 2023 (qui l'anteprima di Resident Evil 4). Ci sembra quindi un ottimo momento per riflettere sull'avvenire dei remake di Resident Evil, sia prendendo in considerazione i restanti capitoli classici che attendono di essere restaurati, sia soffermandoci su una possibile reinterpretazione dei giochi appartenenti all'era più controversa della saga.

    I remake dei classici

    Che a segnare l'alba del progetto remake sia stato il Resident Evil 2 del 2019 e non la versione restaurata dell'originale, non stupisce affatto. D'altra parte il primo capitolo della serie venne già riportato in vita con l'ottimo Resident Evil Rebirth, uscito in origine nel 2002 su GameCube e poi giunto in forma rimasterizzata su PC e le moderne console. Ad ogni modo, dopo il ritorno del terzo episodio, seguito dalla nuova esperienza numerata - qui la recensione di Resident Evil Village Gold Edition - è toccato infine al viaggio di Leon Kennedy nella Spagna rurale.

    In sostanza, di acqua sotto ai ponti ne è passata e Capcom potrebbe tranquillamente decidere di pubblicare un remake del primo Resident Evil. Esplorare Villa Spencer - il lugubre capolavoro dell'architetto George Trevor - e sopravvivere ai suoi pericoli, il tutto con una presentazione visiva in RE Engine, sarebbe davvero una ghiotta occasione per gli appassionati e con ogni probabilità anche per la casa giapponese. Lisa Trevor, il Tyrant, gli Hunter, le location e i personaggi, Wesker incluso: il nuovo Resident Evil avrebbe certamente molti modi per intrigare il suo pubblico, soprattutto se a fronte di qualche intervento sensato sul fronte narrativo. La sua realizzazione necessiterebbe di sforzi produttivi concreti ma gestibili, specie se profusi da un team di veterani, ormai a proprio agio con le operazioni di questo tipo.

    Per quanto concerne Resident Evil: Code Veronica, c'è una premessa da fare. Un paio di mesi fa il producer Yoshiaki Hirabayashi ha confermato che al momento non ci sono piani per riportare alla luce l'indagine di Claire e Chris ma al contempo non ha escluso del tutto questa possibilità. Il ritorno di Code: Veronica sarebbe gradito su più fronti, in primis perché parliamo di un titolo che per sviluppi narrativi è tra i più importanti in assoluto per la serie.

    D'altro canto si tratta del vero sequel di Resident Evil 2, completo del ritorno di Albert Wesker e di un'altra famiglia degli orrori - gli Ashford - responsabile tanto quanto Ozwell E. Spencer della nascita dell'Umbrella Corporation. A seguito di una sostanziale riscrittura della trama, gli sviluppatori hanno deciso di porre Claire Redfield al centro del racconto e di farle esplorare sia Rockfort Island che una vecchia base in Antartide, custode di orridi segreti, marcando al contempo il distacco dal setting statunitense con architetture gotiche e strutture differenti rispetto a quelle tipiche della trilogia.

    Non privo di momenti toccanti, il racconto arricchiva un'esperienza piena di rivelazioni, personaggi interessanti e mostruosità da abbattere, dal T-078 fino ai Bandersnatch e alla folle Alexia Ashford, ma purtroppo basata sui cosiddetti tank controls dell'era PS1. In altre parole, Code: Veronica beneficerebbe non poco di un'opera di restauro grafico e ludico ma rispetto al primo capitolo si tratterebbe certamente di una gestazione più ambiziosa, viste le dimensioni considerevoli dell'avventura. In compenso però Capcom potrebbe gestirne la comunicazione in modo differente, non parlando solo del ritorno di un classico ma di una vera e propria occasione per riscoprire un tassello fondamentale nella timeline della serie, quasi come fosse un Resident Evil 2 Parte Seconda. A ben pensarci, in effetti, Claire Redfield si reca a Raccoon City alla ricerca del fratello Chris ed è per lo stesso motivo che, una volta sopravvissuta assieme a Leon e Sherry, vola in Europa, dando inizio agli eventi di Code: Veronica. In conclusione, anche in ambito marketing il colosso del gaming potrebbe dover adottare un approccio differente rispetto al classico remake, per presentare al pubblico una produzione sì più rischiosa - perché tratta da un'opera meno conosciuta - ma anche dalle indiscutibili potenzialità, come ben dimostrato dai gameplay tratti dall'ormai defunto fan remake.

    Il remake di Resident Evil 5 e 6 è possibile?

    Prima di chiudere il discorso ci sembrava sensato spendere due parole anche sul possibile ritorno del quinto e del sesto capitolo, che come in molti sanno hanno rappresentato un'era di decadenza per la serie e non solo perché hanno lasciato che la componente action schiacciasse quella survival horror. Per la precisione, Resident Evil 5 ci ha condotti in Africa per far luce sulle origini della Umbrella e sul virus Progenitor, che nel nostro riassunto di tutta la saga di Resident Evil abbiamo definito "l'antenato del virus-T".

    Purtroppo, al netto di alcune sezioni particolarmente indovinate e della presenza di Chris, Jill e Wesker, l'esperienza si fondava su rapidi tempi di reazione in fase di shooting, un arsenale vasto e potente e - specie se in cooperativa con un amico - la sicurezza derivante dalla presenza di un compagno. In sostanza, il gioco sapeva regalare del sano divertimento ma non dei brividi lungo la schiena e, se escludiamo l'ex capo della S.T.A.R.S, non offriva delle minacce realmente interessanti sul fronte estetico e ludico (i mostri a base di Uroboros non si avvicinavano minimamente alle vette degli abomini dell'era virus T-G).

    In questo primo caso, almeno in linea teorica, una reinterpretazione modernizzata sarebbe ancora possibile, perché Resident Evil 5 rispettava comunque diversi canoni non scritti tipici di un capitolo della serie. C'era il personaggio, Chris, chiamato a indagare in un'area più o meno circoscritta e remota, che nascondeva un grande male. C'erano le macchinazioni di una mente deviata (Wesker), a capo di un manipolo di adepti senza scrupoli e i cui piani, se non sventati, avrebbero comportato gravi conseguenze su larga scala. Il vero problema insomma è da ricercarsi nel sesto capitolo, che raccontava di un mondo sull'orlo dell'apocalisse, con capitali in fiamme, interi eserciti coinvolti e un comparto narrativo che persino per gli standard di Resident Evil risultava difficile da digerire. Tra personaggi sbucati fuori dal nulla - qualcuno ha detto Jake Wesker? - una trama che sacrificava il pathos per l'adrenalina e un sistema di movimento e shooting con troppe libertà, la sesta iterazione ha reso necessario il taglio netto col passato operato da Resident Evil 7 e questo è il motivo principale per cui riteniamo che non abbia senso confezionarne una versione al passo coi tempi.

    In ultima analisi, per portare avanti il progetto remake, la compagnia giapponese farebbe bene a guardare - ancora una volta - al glorioso passato remoto della saga, perché potrebbe permetterle di garantire un luminoso futuro a Resident Evil.

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