Global Game Jam 2017: videogiochi lunghi un giorno... O due!

Due collaboratori di Everyeye si sono cimentati nella creazione di videogiochi per 48 ore durante la Global Game Jam. Il resoconto della loro avventura.

Global Game Jam 2017: videogiochi lunghi un giorno... O due!
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Tra venerdì 20 e sabato 22 gennaio si è tenuta la Global Game Jam, appuntamento annuale di "sviluppo rapido" di videogiochi (48 le ore concesse ai partecipanti) che ha visto coinvolte tantissime città in un evento di rilievo ed estensione internazionali.
In queste giornate, infatti, sviluppatori di tutti i tipi, sia esperti che alle prime armi, sono stati invitati a partecipare, e lo stesso vale per le figure non direttamente ricollegabili al settore: le porte sono aperte per chiunque abbia voglia di cimentarsi nell'ideazione e nella prototipazione di proposte videoludiche realizzabili nel poco tempo a disposizione. Programmatori, sound designer, grafici, artisti, game designer e anche semplici curiosi si sono dunque messi a lavorare intensamente per dare vita a un'idea, cercando di contribuire ognuno a modo proprio, ovviamente in base ad interessi e conoscenze personali. Quello che proponiamo di seguito è appunto il resoconto dell'evento vissuto da due collaboratori di Everyeye.it (Sofia Abatangelo e Gabriele Raimondi) in due città differenti e distanti: da una parte Vienna, con il suo freddo mitteleuropeo e l'atmosfera accogliente di un incontro tra amici, dall'altra Roma con le sue temperature più confortevoli e la "folla" di partecipanti decisamente più consistente. Diversi sono anche i giochi realizzati dai nostri team: a Vienna From the Universe, ambientato nella solitudine dello spazio, a Roma M.E.G.A.: Make Electromagnetism Great A-Game, con il suo animo scherzoso e i suoi spazi virtuali popolati da presenze (in)visibili. A collegarli troviamo un altro gioco, Pink Happy Paper Boat, realizzato da Sofia Abatangelo nei ritagli di tempo della jam. Protagonista una barchetta fatta di... Ritagli di giornate. Giornate passate a cercare di creare qualcosa. Insieme.

Da ognuno secondo le proprie capacità...

Gabriele: Ora che ci penso, credo che l'avventura di una game jam come la Global vada al di là delle sole 48 ore nelle quali i partecipanti sono chiamati a sviluppare giochi, conoscendo e collaborando con nuove persone.
Nel nostro caso, per esempio, il tutto è iniziato quando l'amica Monica Neddi (esperta e sviluppatrice di giochi indipendenti) mi ha proposto di cambiare città e Paese, dopo la mia prima esperienza a Roma (l'anno scorso). Abbiamo subito individuato le destinazioni più comode da raggiungere, e alla fine abbiamo deciso di comune accordo che la nostra meta sarebbe stata Vienna.
Ecco, ritengo che una jam cominci quando si decide cosa mettere in valigia, quali strumenti utili a realizzare (video)giochi si vogliono portare ed eventualmente mettere a disposizione del team: nessuno conosce in anticipo il tema dell'evento, ed è possibile realizzare anche giochi da tavolo, quindi avere a disposizione una grande quantità di materiale "produttivo" è importante per garantirsi una certa libertà creativa...
La nostra "spedizione" è continuata con il viaggio in treno (durato una decina di ore), che ci ha portati nella freddissima Vienna; il 20 gennaio, attorno alle 14, ci siamo recati sul luogo della jam, ovvero il Mobiles Stadtlabor del future.lab, una meravigliosa struttura mobile costituita da container "assemblabili" e utilizzata anche per incontri, lezioni ed altri tipi di eventi. Le ore precedenti alla scoperta del tema, avvenuta alle 17, sono state all'insegna dell'incontro con gli altri partecipanti e dell'ascolto di alcuni talk molto interessanti: ricordo in particolare quelli curati dall'organizzatore Tom De Roeck e dal producer/sviluppatore indipendente Des Gayle, attualmente collaboratore di Square Enix. Tra i vari interventi ha trovato posto anche una densa lezione di storia del game development austriaco proposta da Martin Filipp.
Successivamente, il video ufficiale della GGJ (con il "keynote" di Extra Credit) ci ha calati al meglio nell'atmosfera della jam, svelando il tema dell'edizione 2017: le onde! Tutti partecipanti (poco più di una ventina, nella nostra sede) si sono subito attivati per cercare possibili collaborazioni, in quanto nessuno si era presentato con team già precostituiti, cosa che ci ha permesso di percepire il vero spirito sperimentale, e votato all'improvvisazione, tipico di una jam. Persone diverse con diversi livelli di esperienza si incontrano per costruire, o meglio, per provare a costruire qualcosa assieme, imparando prima di tutto a conoscersi.
Ma ora tocca a te! Dimmi, com'è iniziata la tua esperienza a Roma, cosa ti ha colpito particolarmente delle prime fasi dell'evento?

Sofia: Per me questa è stata la prima Global Game Jam e forse la cosa più difficile è stato scegliere dove farla, con chi condividere quelle 48 ore di intenso lavoro: alla fine la scelta è caduta su Roma. Sono stata accolta da un clima soleggiato e piacevole, più indicato per una lunga passeggiata nel centro storico che a trascorrere due giorni davanti al PC. La jam era ospitata da Luiss Enlabs, con uffici moderni ed open space, in un palazzo esattamente sopra la stazione Termini, ed era organizzata da Codemotion: dalla storica collaborazione con Marco Giammetti (autore di Beavers, web comic a tema videoludico) è nata la grafica della maglietta ufficiale della jam, un gadget molto carino da portare a casa.
La jam di Roma è caratterizzata da un clima leggero e goliardico, con una nutrita comunità di persone per le quali si tratta di un appuntamento fisso. Il tono dei talk era spiritoso, fatta eccezione per il tentativo di serietà portato da Mattia Traverso che, partendo dalla sua esperienza come jammer, ha dato qualche consiglio utile su come utilizzare l'esperienza per crescere professionalmente e creativamente. I talk si sono prolungati a lungo e in altre location il tema era già stato annunciato: io smaniavo dalla curiosità, mentre amici da Cagliari e da Atene si prendevano gioco di me. Dopo quella che è sembrata un'eternità anche da noi sono arrivate le onde: "Waves!"
Eravamo un centinaio di partecipanti, molti dei quali già organizzati in gruppi: io mi sono unita al mio amico Mauro Ferrante e al suo team, composto interamente da coder, a parte me. Qualche minuto per posizionarci a un tavolo ed eravamo pronti per la fase di brainstorming: idee in libertà discusse fino al colpo di fulmine successivo (ed io, armata di pennarelli, che appuntavo tutto). Siamo andati avanti per ore, un'idea dopo l'altra, senza prendere nessun tipo di decisione fino a che, a mezzanotte, siamo andati quasi tutti a casa, lasciando un solo indomito eroe a dormire in sacco a pelo, in quello che dovrebbe essere parte integrante dell'esperienza di condivisione di una game jam... Ma il fascino di un divano comodo non ha davvero eguali!
E ora ti restituisco la parola!

Gabriele: Devo dire che, leggendo il tuo primo resoconto da Roma, noto differenze importanti rispetto a Vienna, soprattutto durante il brainstorming: da noi le idee sono nate tra una chiacchierata e l'altra, con un'atmosfera che favoriva la libera circolazione delle proposte, ancora prima che i team venissero per così dire "ufficializzati". Chi aveva un'idea la condivideva subito con gli altri, che erano poi liberi di decidere a quale progetto dedicare le proprie energie. Insomma, questa fase si è svolta in maniera piacevolmente anarchica, libera e, perché no, anche un po' confusionaria. Va detto che la situazione è stata probabilmente favorita dal numero contenuto di partecipanti!
Lentamente il nostro team ha iniziato a prendere forma, in particolare quando si è unita a noi una bravissima artista di origini coreane: Bomi Ahn si è dimostrata subito pronta a mettersi in gioco per la prima volta nella realizzazione di grafica per videogiochi.
I concept iniziali, comunque, sono nati e morti nel giro di qualche ora: abbiamo cominciato pensando a titoli arcade (multiplayer) incentrati sulla "ola" e sul tifo da stadio, ma anche a puzzle game basati sulla fisica, con tanto di barche da controllare spostando masse d'acqua. Tutta la sera di venerdì è servita quindi a valutare fattibilità ed efficacia delle proposte, prima ancora che a formare un gruppo fisso immediatamente al lavoro su un'idea chiara e ben definita. Infatti i concept originali si sono presto trasformati radicalmente, e sul finire della serata abbiamo maturato la volontà di realizzare una visual novel: Monica, Bomi ed io abbiamo dunque delineato gli elementi principali della storia a cui volevamo dare vita sotto forma di racconto interattivo, e la scelta è ricaduta su un setting sci-fi caratterizzato dalla sensazione di solitudine e scoperta.
Purtroppo neanche noi abbiamo potuto condividere le ore di sonno con gli altri, dal momento che l'ambiente nel quale ci trovavamo era davvero troppo freddo, e le condizioni climatiche avverse ci hanno costretto a lavorare per 48 ore con temperature non sempre "confortevoli", anzi!
La nota positiva del ritorno in albergo è stata quella di poter riflettere con più calma sul lavoro che avevamo intrapreso, in modo tale da essere più concentrati il giorno successivo.
Considera che lo sviluppo del gioco (ora disponibile sul sito ufficiale della GGJ) è stato piuttosto travagliato, ma anche estremamente divertente: assieme all'autore indipendente Stuffed Wombat (molto attivo su Newgrounds con giochi originali ed interessanti) abbiamo cercato di progettare un sistema di dialogo non testuale, bensì sonoro, e cioè a partire da effetti "astratti" da decifrare per proseguire nelle conversazioni con i personaggi. Lo sviluppatore ci ha dato una mano anche con la programmazione e la realizzazione di alcuni prototipi utili ai fini dello sviluppo, ma dopo diverse ore ci siamo accorti che, dati i limiti di tempo, non saremmo riusciti ad integrare nel gioco finale il sistema progettato. È per questo che la versione definitiva della storia (completa di percorsi ramificati e finali multipli) ha visto la luce solo domenica mattina, non molto prima della chiusura della jam.
Al team così formato (con Stuffed Wombat impegnato su due fronti!), si è poi aggiunto Micha? Brtmnsk, anche noto come Kardynal, compositore di origini polacche che si è offerto di scrivere una colonna sonora originale, offrendoci in tal modo un accompagnamento musicale perfetto per i bellissimi fondali e personaggi disegnati da Bomi!
Voi come siete arrivati alla vostra idea definitiva? Com'è proseguito lo sviluppo?

Sofia: Un po' provo invidia per la situazione più intima, più sensibile in un certo senso...Anche se non l'avrei barattata con il caldo un po' sonnacchioso della Capitale. L'idea del gioco della Ola, nel brainstorming, era uscita anche da noi! Anche se il mio concept preferito a distanza di giorni rimane quello in cui un vigile solitario è alle prese con l'arduo compito di gestire l'onda verde: idea assolutamente intraducibile al di fuori dei confini nazionali ma che mi è rimasta nel cuore. Merita una menzione anche quello in cui il giocatore interpreta il ciuffo di Donald Trump mentre cerca di resistere alle intemperie.Nella notte ho proseguito con il brainstorming in sogno: nel dormiveglia è nata, dall'attività onirica su un'idea di Mauro, la sceneggiatura di Pink Happy Paper Boat, il mio "ghost game", brevissima kinetic visual novel che ho messo insieme, nei ritagli di tempo libero dal lavoro, insieme al resto del team. Il mattino dopo mi sono svegliata con un mal di testa fortissimo, di pessimo umore, con il mio ospite nella stessa situazione: quando, imbottiti di antidolorifici, siamo arrivati alla jam era già passato mezzogiorno, il tema del progetto era stato deciso e il resto della squadra era già al lavoro. Era il momento di superare la stanchezza e il dolore e accendere il computer! È stato scelto, anche per valorizzare le competenze del team - formato da Ennio Pirolo, Valerio Riva, Mauro Ferrante e Matteo Villardo - di creare un gioco multiplayer per due giocatori per smartphone e realtà virtuale utilizzando google cardboard: il giocatore in realtà virtuale si trova ad esplorare un ambiente completamente buio, illuminandolo per brevi istanti grazie alle onde emesse dalla sua voce. Dovrà essere veloce, poiché mostri invisibili gli daranno la caccia: il compito del secondo giocatore è comunicare al primo la posizione di questi mostri, visibili sul suo radar. Il codice, realizzato con Unity, è stato implementato da tutto il team: ovviamente a parte me che, tavoletta grafica sulle ginocchia, scrivevo e disegnavo. La contestualizzazione narrativa è nata in un impeto di geniale follia: abbiamo recuperato da un precedente concept il personaggio di J. C. Maxwell, scopritore delle onde elettromagnetiche, e l'abbiamo calato in un universo parallelo fatto di morte, dolore e distruzione. Scritto da Mauro, a me è toccato il compito di illustrarlo e tradurlo in inglese (quando mi sono trovata davanti l'espressione "vezzosi cappellini inglesi" me la sono vista davvero brutta). Come titolo, in omaggio al ciuffo di Donald Trump, abbiamo scelto M.E.G.A.: Make Electromagnetism Great A-Game. Siamo stati al lavoro fino quasi alle tre del mattino: il mio spirito da workhaolic mi ha impedito di fare un pisolino una volta terminato il lavoro grafico e sono rimasta sveglia a lavorare al "ghost game". La domenica è filata liscia senza quasi che me ne rendessi conto, con gli ultimi task grafici che mi venivano chiesti che realizzavo ormai in automatico. Intorno alle 14, io ero ormai inutile, mentre il resto del team sistemava le ultime cose a livello di codice.
Mi ha colpito particolarmente il clima di socialità che si è creato. Nonostante fossi di cattivo umore per via del mal di testa che mi tormentava, poco avvezza a fare pause e posizionata in un tavolo abbastanza isolato, sono riuscita a conoscere un discreto numero di persone, perdermi in chiacchiere e farmi coinvolgere in una partita a Johann Sebastian Joust, un'ibrido strano tra palla avvelenata e un due tre stella, che si gioca camminando per lo spazio a tempo di musica tenendo in mano un move ciascuno. Ecco, è come se lo spirito della jam di Roma avesse una forza trainante tale da costringere a socializzare anche le persone più ombrose.
Una volta finito il tempo per lavorare ai giochi cosa è successo da voi? Come sono state le ore finali della vostra jam?

... A ognuno secondo le proprie curiosità

Gabriele: Wow! Che ricordi con Johann Sebastian Joust! Anche l'anno scorso ci siamo divertiti un sacco a sfidarci nelle pause tra una sessione di sviluppo e l'altra! Rimane, a mio avviso, uno degli esempi più interessanti di party game "fuori dallo schermo", e non a caso è stato sviluppato da Die Gute Fabrik, team che ha realizzato altri piccoli capolavori del genere, come B.U.T.T.O.N.: Brutally Unfair Tactics Totally OK Now e Sportsfriends... Scusa, ora è meglio che smetta di celebrarli, altrimenti rischiamo di andare fuori tema!
Tornando alla jam, le ultime ore dell'evento a Vienna sono state completamente dedicate all'ultima fase di sviluppo del gioco: per fortuna siamo riusciti a completare e consegnare la build negli orari stabiliti! L'ultimo passo è stato l'upload del gioco sul sito ufficiale della GGJ, e ovviamente puoi immaginare la nostra soddisfazione nel vedere la "creatura" (intitolata From the Universe) pronta per essere scaricata da giocatori e curiosi sparsi per il mondo.
Magari lo proveranno in tre, magari non piacerà a nessuno, ma intanto la sensazione è una di quelle che ti lascia un sorriso ebete stampato sulla faccia per le settimane a venire. È l'impressione di aver creato qualcosa di importante (anche solo per noi), di aver appreso qualcosa che ci porteremo dietro a lungo e... Insomma, di essere sopravvissuti!
Proprio per questo, forse, uno dei momenti più belli è stato quello dedicato alle proiezioni dei giochi su maxi-schermo, quando abbiamo avuto l'opportunità di vedere in movimento i giochi degli altri tre team partecipanti: abbiamo riso con WaveyGravey, abbiamo applaudito l'alternanza giorno/notte di Nulti Mc Jumpy Bottom e siamo rimasti in silenzio davanti ad Hushed Escape, vincitore della jam grazie alla splendida grafica e alla pulizia tecnica.
Improvvisamente mi sono sentito vicino a persone che conoscevo da poco più di 48 ore.
Sarà stato l'aver condiviso spazi e idee, oppure le chiacchiere e le risate che di tanto in tanto affollavano il "nostro" piccolo container, o ancora l'amaro in bocca quando abbiamo capito che era giunto il momento degli addii. In men che non si dica ci è toccato salutare organizzatori e partecipanti, con i quali si era formato nel frattempo un legame speciale, di quelli che possono nascere solo in questi contesti, quando ti ritrovi a sudare, gelare, giocare e gioire con persone provenienti da diverse parti del globo: dall'Italia, dall'Austria, dalla Polonia... Senza dimenticare tutto il resto del mondo, perché una delle cose che preferisco della Global è la consapevolezza di partecipare a un evento magari molto piccolo (come nel nostro caso), ma allo stesso tempo tanto più grande di noi.

Sofia: Le mie ore finali, invece, sono state all'insegna della devastazione psicofisica più totale: abbandonati i compagni di lavoro ho cominciato a vagare come uno zombie tra i tavoli. Eravamo davvero tantissimi e sarebbe stato impossibile provare tutti i giochi prodotti. Mi sono inginocchiata per giocare a BOO-CHI', che a dispetto del nome è un castissimo gioco multiplayer in cui è l'ambiente a reagire e rivelare la posizione dei giocatori altrimenti invisibili e in cui l'obiettivo è danneggiare l'avversario a colpi di gong. Ho lottato contro altri tre giocatori in PES-Pro Evolution Sumo, e ho pure vinto! Per ragioni di tempo e di folla non ho provato Radio, ma già solo guardando altri giocare era evidente la cura con cui è stato realizzato: ho sentito solo commenti positivi a riguardo. Ho anche fatto provare il mio "ghost game" e i buoni feedback mi hanno stupita non poco, visto il pochissimo tempo che gli ho dedicato. A concludere la Jam ci sono state le premiazioni: nessuna giuria, i partecipanti stessi hanno votato per i giochi dei loro colleghi.
Ad aggiudicarsi il premio di miglior gioco è stato PES-Pro Evolution Sumo, mentre miglior grafica e miglior colonna sonora sono andati a BOO-CHI'. Da menzionare i premi speciali per la miglior pretenziosità e la miglior unfunniness. E poi è arrivato il momento dei saluti che mi ha fatto realizzare che anche in questa occasione, nonostante la stanchezza e la poca socialità, ho stretto nuove amicizie. Merito dello spirito della global!

Gabriele: Lo stesso spirito che ora mi sta spingendo ad esplorare location di tutti i Paesi alla ricerca di giochi da scaricare e "testare"! È un'esperienza che ogni appassionato di videogiochi dovrebbe provare almeno una volta all'anno, perché sembra di poter viaggiare in posti lontanissimi stando comodamente seduti alla scrivania! C'è un mondo intero da attraversare, un universo di migliaia e migliaia di titoli nati veramente ovunque, dal Sud America all'Asia, passando per l'Africa.
Tu hai avuto modo di provare alcune delle opere realizzate in altri Paesi?
P.S.: Io, per esempio, ho trovato alcuni giochi interessanti vagando per il mondo in balia delle ondate di "serendipity"! Tra questi cito almeno: Drunk Journey (Perù), per lo stile grafico; Vincent van Golphin (Romania), per il tocco artistico della bravissima Nina Croitoru; I, Ocean (Russia), per la geniale meccanica a base di comunicazioni via onde radio (un po' come nel prototipo mai completato del nostro From the Universe!); Pirate Escape (Zambia), Twine piratesco scritto da un team al femminile e dotato di un'anima spiccatamente "trial and error"; e per finire Emergent (India), in cui uno scienziato trova il modo per aiutare il se stesso del futuro a resistere ad ondate di zombie, il tutto calato in una visione post-apocalittica che vede "Donadolf Drumpf" nei panni di "Overlord" dell'Occidente: si tratta di un ibrido VR-mobile in cui un giocatore con Oculus/Vive combatte contro i non-morti, mentre due aiutanti armati di dispositivi Android cercano di mandare armi e kit medici allo sventurato di turno!

Sofia: Io ho avuto modo solo di dare uno sguardo ad alcuni progetti realizzati da autori italiani: i We Are Muesli insieme ad Annamaria Andrea hanno realizzatoYour body is made of waves, un breve poema interattivo che si ispira agli esercizi di psicomagia di Jodorowsky; Alex Camilleri ha realizzato Anthropocene, storia interattiva di stampo ecologista dall'atmosfera cupa e affascinante che riprecorre la storia del pianeta attraverso il racconto delle grandi estinzioni. Due lavori che sfidano il concetto di gioco e che utilizzano il medium per racconti di grande potenza e fascino.