Google Stadia e i giovani vecchi: tra passato e futuro del videogioco

L'annuncio di Google Stadia non è stato accolto positivamente da tutti, le lamentele da parte dei giocatori tradizionalisti non sono mancate...

Google Stadia e i giovani vecchi: tra passato e futuro del videogioco
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Confermandosi come il protagonista assoluto della GDC 2019, Google ha finalmente presentato la sua visione per il futuro del gaming. Un progetto fortemente innovativo, che ha suscitato risposte molto diverse da parte del pubblico. Proprio per dare voce a tutte le posizioni, abbiamo deciso di pubblicare una serie di editoriali che analizzano diversi aspetti del "terremoto" Stadia, cercando dare voce ai vari punti di vista per offrirvi quelli che speriamo essere graditi spunti di discussione.

Mi accingo a scrivere un pezzo scomodo. Un pezzo che si attirerà le ire di tanti, probabilmente, senza un preciso perché in testa. È che mi mancano gli odiatori seriali.
Inizierò parlando di voi, giovani vecchi (o vecchi giovani, devo ancora decidere) che state scrivendo di tutto pur di gridare al fallimento preventivo della nuova non-console di Big G, quella Google Stadia annunciata alla GDC 2019 di San Francisco, con una conferenza che ha molto da insegnare a quelle altisonanti e spesso senza ritmo che siamo abituati a vedere dai publisher all'E3.

Su internet sto leggendo tantissime critiche negative che vengono dagli stessi giocatori a cui una innovazione tecnologica simile è rivolta. Senza citare le fonti, ne riporto alcune: "Perché il servizio di google sì e quelli di Sony, Microsoft no?"; "Il cloud gaming esiste da tantissimo, non hanno inventato niente"; "Non funzionerà in Italia, abbiamo connessioni scadenti"; "Chissenefrega di giocare con gli youtuber, io non li vedo gli youtuber".
O ancora: "Non avrà esclusive", "Fuffa totale, attendo PS5", "Io voglio giocare da solo e in single player, non mi interessa condividere niente con nessuno".
Potrei continuare, ma avrete sicuramente capito l'andazzo.

Paura e pregiudizio

È ovviamente mia intenzione tirare fuori la classica similitudine con gli indiani e il treno a vapore: arriva una roba nuova e sconosciuta ed è la paura la prima emozione che vi assale. Non prendete in considerazione nemmeno l'idea di salire in carrozza perché c'è il fumo dalla locomotiva: lo capisco, è comprensibile.

Avete una certa età, siete cresciuti con un certo tipo di intrattenimento videoludico, siete legati a quello e vi fidate di marchi come Sony, Microsoft e Nintendo, mentre non c'è mica da fidarsi di Google, Apple o Amazon. Succede in ogni campo, soprattutto di recente: seguite Everyeye perché vi fidate di ciò c'è scritto e se questo sito tirasse fuori una nuova iniziativa, magari derivata da altri siti o creator solo per moda, vi fidereste più della copia che dell'originale perché, appunto, siamo tutti legati ai nostri preferiti. In campo videoludico, Sony, Microsoft e Nintendo da questo punto di vista godono del nostro "trust", della nostra fiducia. E intanto ho pure cambiato pronome, sono passato da "voi" a "noi", notatelo.

Non nego infatti di avere anche io questo atteggiamento, che da un certo punto di vista è anche sano. Ciò che cambia solitamente è che io non critico a spada tratta tutto ciò che è nuovo solo perché non lo conosco. Mobile gaming, esport, youtuber, streamer, tutta roba che non mi appartiene come età e come gusti, ma che ho studiato e da cui ho tirato fuori il meglio senza pregiudizi. Anzi: superando gli eventuali pregiudizi che avevo. Ci sono bei giochi su mobile, ottimi titoli esport o ottimi tornei da seguire, bravi e intelligenti youtuber e anche interessanti streamer. Succederà qualcosa di identico con Stadia e con il suo voler essere "gamechanging" in un mercato che si è sempre nutrito di tecnologia per avanzare (e poco spesso di creatività, su questo spero siamo tutti d'accordo) allo stadio successivo?

Trend attuali e futuro del videogioco

Sia chiaro, tra Stadia e il fare ci sono svariati mari, e sono tutti sconfinati. Nessuno ci assicura che il servizio di Google prenderà piede e nessuno ci assicura che Big G non gli faccia fare la fine dei Google Glass o del mitico Google+. Impossibile però disconoscere che quanto presentato a San Francisco guardi al futuro dell'entertainment videoludico. Il problema vero è che questo dannato futuro del videogioco nessuno ha capito come sarà. Ci sono però degli indicatori.

Partiamo dal mobile gaming: 18% del mercato nel 2012, 59% nel 2021 secondo le previsioni di newzoo. Tanta roba, eh? Lo share di PC sale con tassi di crescita vicini al 3%. Quello mobile invece cresce del 26%.

E il 2012 non è proprio l'altro ieri, sono passati 7 anni. Pensate ad un bambino che si è approcciato al videogioco dall'ipad del papà (e vi assicuro che sono tantissimi): poi secondo voi ha comprato una console o è rimasto a giocare a quel tipo di entertainment che conosce meglio, di cui si fida, fatto di giochi di merda (è bene dirlo) o di marchi e super potenze paragonabili se non superiori a quelle presenti su console (King, Supercell)? C'è un'intera generazione di gamer, là fuori, che è nata su mobile e non credo cambierà piattaforma o, se lo farà, sarà sotto consiglio di uno youtuber.

Già, un altro trend abbastanza fuori dai nostri radar è la crescita inarrestabile dei contenuti di gaming su YouTube. Dal 2005, nascita della piattaforma creata da Hurley, Chen e Karim, di strada YouTube ne ha fatta tanta, ma soprattutto i creatori di contenuti in tema videogiochi hanno mostrato, come il mercato di riferimento, di non avere soste.

Quasi inesistenti nel 2007, oggi sono il secondo segmento di creator prendendo in considerazione il numero di video pubblicati. Tutte le altre categorie partite alla grande come "video divertenti" e musica? Ora sono sotto, tranne people & blogs, per carità: il mainstream rimarrà sempre farsi gli affari della gente sconosciuta. Sempre concludendo quindi con un monito: c'è un'intera generazione di giocatori che non ha idea che esistano siti come Everyeye pieni di giornalisti che hanno passato la vita a studiare, capire il medium e a scriverne su riviste prima e siti poi.

Per loro esistono solo i loro youtuber preferiti e sono questi che influenzano le loro scelte di mercato. Praticamente, a guardare YouTube Italia, questa gente gioca solo a Minecraft e a Fortnite. E non siamo tanto distanti dalla realtà... (qui un "purtroppo" ce lo metto però, ci sta tutto).

Altra immagine, altro trend. Live streaming. Grafico per altro molto datato, che arriva a 4 anni fa, ma che mostra già i segni dell'ascesa di twitch rispetto alle altre televisioni, quelle tradizionali come MTV, CNN, eccetera. Troppo vecchia, non va bene, troviamone un'altra.

Questa l'ho presa da un articolo ottimo relativo alle statistiche di Twitch ed ha come titolo: "Average Twitch hours viewed by quarter, millions of hours". Dopo l'ascesa di YouTube, quindi, un altro gigante come Amazon ha messo piede nel nostro piccolo grande mondo, nella famosa "nicchia" dei videogiochi. Ha comprato da Justin Kahn la piattaforma di live streaming più seguita del mondo, l'ha resa renumerativa per i creator, di grande appeal per l'utenza - che può direttamente interagire con questi personaggi - e il gioco è fatto.

Twitch sta totalmente cambiando la percezione del mercato, fornendo un indicatore per i videogiochi più diffusi a livello mondiale. Per come è fatto lo "sfoglia" in piattaforma possiamo sempre tenere sott'occhio quali sono i giochi più trasmessi (nessuno ci dice che siano i più giocati, ovviamente, ma se c'è così tanto pubblico a guardarli...), e in un meccanismo che alimenta sé stesso continuiamo a trovare persone che guardano streamer, passano del tempo con loro, e poi provano ad imitarli.

E chi ha messo i record più importanti della piattaforma Twitch a livello mondiale, oltre che Ninja e Shroud?

Queste sono le revenue degli esport al mondo. Parliamoci molto chiaramente: 1 miliardo e mezzo di dollari sono meno di un centesimo dell'intera industry dei videogiochi. Una roba microscopica o quasi, confrontata con gli altri settori di mercato. Si tratta insomma di una nicchia, oggi come oggi, ma i suoi margini di crescita interessano molti se non tutti gli addetti ai lavori.

Stiamo quindi assistendo in questo momento alla nascita di videogiochi come servizi che hanno l'unico intento di far competere i giocatori di tutto il mondo. Niente più trame, niente più multiplayer cooperativo: giochi, spacchi, vinci soldi, repeat.

E anche qui giù critiche: "Non riesco ad appassionarmi nel vedere altra gente giocare, preferisco giocare io"; posizione legittima, ma che sfocia spesso in qualcosa di più estremo. A chi dice che "Gli esport non funzioneranno mai, rimarranno sempre invisibili" c'è solo da rispondere che sembra una prospettiva un filo improbabile.

L'ingresso in campo (?) di Google

Sotto la spinta quindi di tutti questi trend Google fa il suo ingresso nel mondo del gaming, come ho visto scrivere un po' ovunque. A dire tutta la verità si dovrebbe però ammettere che Big G è qui da molti anni (Google Play Store su Android anyone?), ma questo è un altro discorso. Quello che conta è che il nuovo Stadia sia allineato a tutti i trend esposti nel pezzo.

È in cloud perché così i nuovi giocatori possono giocare da mobile, il loro device preferito. Si interfaccia con YouTube perché è lì che i nuovi utenti apprendono le loro informazioni, e permetterà di giocare con i creator che sono in diretta, addirittura nella stessa partita, "uscendo" dalla chat di Twitch e Discord per arrivare direttamente nel videogioco. Questi sono i punti di forza di Stadia e questo è ciò su cui ha puntato Google in sede di presentazione; a memoria si tratta di uno dei primi annunci di un servizio che non punta sui titoli, sugli sviluppatori, sulla grafica (su questo un pochino hanno puntato, a dirla tutta). Un servizio che guarda solo ed esclusivamente ciò che di apparentemente periferico rispetto al videogame c'è in ballo, che però tanto periferico non è più da molto tempo. Un'immagine nuova per gente nuova, con buona pace di chi come noi, appunto, è convinto che "l'esclusiva tiri ancora le vendite". Un'affermazione vera ormai solo per quel 22% del mercato che è diventato minoranza, sempre più marginale rispetto a cosa sono i videogiochi al giorno d'oggi.

Il futuro è evidentemente dei nuovi videogiocatori, che hanno sulle spalle il nostro fiato. Mentre qualche decennio fa eravamo noi i pionieri e orientavamo veramente l'andamento del mercato (perché le persone più grandi non sapevano neanche cosa fossero i videogiochi), oggi succede qualcosa di profondamente diverso. L'età media del videogiocatore è tendenzialmente alta perché noi non abbiamo smesso di interessarci e vorremmo avere il nostro posto in questo mondo, ma d'altro canto siamo impossibilitati a influenzare davvero il settore.

I nuovi giganti che reclameranno sempre più spazio non ascolteranno noi, ma ascolteranno le masse: e queste non hanno nemmeno una console o esclusive per cui lottare, e spesso giocano da anni allo stesso videogioco senza stancarsi mai.
Ricordate fra l'altro che pure dietro ai "paladini della giustizia" come Sony o Nintendo, ci sono comunque degli stakeholder che ogni giorno vogliono guadagnare un euro in più di quanto guadagnavano in quello precedente, e che costringeranno le società a seguire trend economici e di pubblico che a noi sono alieni, probabilmente devastando il concetto stesso di videogame come oggi lo conosciamo.

La buona notizia? Così come gli appassionati di film d'autore hanno ancora lungometraggi interessanti mentre il cinema insegue le logiche del Marvel Cinematic Universe e dei blockbuster, probabilmente esiste un futuro con The Last of Us 3 e GTA 7: un futuro di "giovani vecchi" ancora legati ai videogiochi "come erano ai miei tempi", e che continueranno a lamentarsi di ogni innovazione che minaccia lo status quo. Un po' come i nostri politici, un po' come certi giornalisti, un po' come succede in ogni settore.

Ciò che spiace? È che questi "giovani vecchi" borbottanti saremo noi. Anzi voi, scusate. Io ora torno a giocare in streaming ad Apex Legends con i miei compagni di team quattordicenni, mentre inseguo la prossima impresa esport. Lamentarsi, tanto, non serve a niente.