Inutile girarci attorno: la notizia era nell'aria già da mesi, particolarmente avvalorata dalla chiusura degli studi Stadia Games dopo appena una manciata di mesi dalla loro inaugurazione. La motivazione, piuttosto condivisibile, era quella di consentire un maggior focus sulla piattaforma e sul suo funzionamento, piuttosto che su contenuti esclusivi first party. Tuttavia, questo sacrificio non è bastato e il servizio ha inevitabilmente imboccato il viale del tramonto. Google Stadia chiude battenti, ma solo fra qualche mese e dopo aver rimborsato completamente i suoi abbonati. Ripercorriamo ascesa e declino di una meteora del Cloud Gaming e del gaming più in generale, che anche solo grazie alla sua presenza ha dato una spinta importante a questo segmento dell'industria.
Google Stadia: rivoluzione mancata
Tre anni orsono, Google presentava ufficialmente Stadia alla stampa e al pubblico. La piattaforma di Cloud Gaming di BigG è stata accolta con un palpabile entusiasmo per via della visione proposta dall'azienda sulla sua integrazione e versatilità.
Giocare direttamente dai risultati di ricerca, senza necessità di abbonamenti e semplicemente acquistando il proprio titolo preferito come su una tradizionale console, il tutto praticamente da ogni dispositivo dotato di uno schermo: smartphone, tablet, PC e Mac, ma anche sulle smart TV dotate di sistema Android TV o attraverso dongle Chromecast Ultra o Chromecast con Google TV. Per l'occasione, Sundar Pichai presentò anche il controller proprietario, dotato dell'iconico look della grande G di Mountain View. Solido, minimale ed eccezionalmente economico, poiché al netto del prezzo di listino, questo dispositivo è stato più volte proposto in bundle con Chromecast Ultra nella sua Premiere Edition in omaggio con l'acquisto di giochi AAA come Cyberpunk 2077 e Resident Evil: Village.
Il cuore pulsante dell'esperienza era la piattaforma: "il datacenter è la tua console", questo il mantra dell'intero progetto, all'epoca avanguardia purissima in termini di tecnologia, integrazione e potenza bruta.
La spina dorsale erano naturalmente i singoli "slot" console, dotati di un sistema custom progettato da AMD per offrire fino a 10,7 teraFLOP di potenza attraverso una CPU a 2,7 GHz e una GPU Vega da 56 Compute Unit con memoria ultraveloce HBM2, in aggiunta alla possibilità di utilizzare un meccanismo fluido multi-GPU in caso di necessità. Con queste premesse, Google ha garantito streaming di giochi di ultima generazione in 4K a 60 FPS sin dal suo lancio, a patto che il consumatore finale avesse una connessione in grado di reggere tale flusso di dati, con oltre 200 nazioni coperte al day one e un sistema di sottoscrizione a pagamento soltanto opzionale.
Insomma, una piattaforma ambiziosa, dai costi basali e di mantenimento mostruosi, ma con un potenziale rivoluzionario in un mercato popolato dalle allora ancora timide proposte di PlayStation Now e Project xCloud di Microsoft, con la punta di diamante costituita da NVIDIA GeForce Now, con i suoi pregi ma anche limitazioni.
Inserirsi in questo tipo di mercato, con una proposta fresca e avanzatissima, non è stato certamente uno scherzo, e siamo certi che Google abbia provato in tutti i modi a tener viva la sua creatura. Tuttavia, nonostante la bontà acclarata del servizio, Stadia nel corso del tempo ha dovuto fare i conti con una concorrenza già dotata di una discreta "fanbase".
Da una parte, il servizio offerto da NVIDIA consentiva di utilizzare la propria libreria, già acquistata su altre piattaforme, per giocarci in streaming gratuitamente con limitazioni o a pagamento con più livelli di sottoscrizione.
Microsoft, dal canto suo, ha giocato le sue carte in maniera eccezionale soprattutto con l'integrazione del servizio all'interno del costo mensile del Game Pass, ulteriormente avvalorato dall'upgrade dei suoi datacenter alle nuove Xbox Series X. Infine, Sony ha da poco lanciato il suo nuovo abbonamento PlayStation Plus, che ora racchiude al suo interno anche il cloud gaming di PlayStation Now. In questo scenario, era quasi inevitabile che una proposta come quella di Google divenisse, in un certo senso, accessoria. Allo stesso modo, però, Stadia ha probabilmente il merito di aver sdoganato il concetto di cloud gaming una volta per tutte, sia per semplicità di fruizione che per numerose straordinarie prove di forza messe in atto nel corso degli anni.
Indimenticabili, per esempio, le prestazioni di Cyberpunk 2077 su Stadia, che proprio in quell'occasione si impose praticamente come unica alternativa per gli utenti dotati di console old-gen o di PC non supportati. Del resto, con una fluidità più che accettabile, tempi di caricamento rapidissimi e dettagli grafici elevati al solo costo del gioco, permise a tantissimi giocatori in tutto il mondo di bypassare il collo di bottiglia di un hardware non ottimizzato a dovere.
Purtroppo, però, il servizio non è mai riuscito a entrare realmente nel cuore degli appassionati, relegato appunto a quel ruolo di perenne outsider; ottimo, ma non abbastanza, suo malgrado.
In tutto ciò, quindi, occorre dare a Stadia il merito di aver messo quel giusto pizzico di pepe in un mercato in timida evoluzione, che grazie alla sua presenza ha sicuramente spinto anche gli altri a perfezionare sistemi e librerie. Finisce così l'avventura di uno dei migliori servizi di cloud gaming mai arrivati sul mercato... "sotto scroscianti applausi".
Google Stadia è morto dopo tre anni: lunga vita a Stadia
Il servizio Cloud Gaming di Google si appresta a chiudere: un commiato amaro, per un servizio che, a suo modo, ha segnato il mondo dei videogiochi.
Inutile girarci attorno: la notizia era nell'aria già da mesi, particolarmente avvalorata dalla chiusura degli studi Stadia Games dopo appena una manciata di mesi dalla loro inaugurazione. La motivazione, piuttosto condivisibile, era quella di consentire un maggior focus sulla piattaforma e sul suo funzionamento, piuttosto che su contenuti esclusivi first party. Tuttavia, questo sacrificio non è bastato e il servizio ha inevitabilmente imboccato il viale del tramonto. Google Stadia chiude battenti, ma solo fra qualche mese e dopo aver rimborsato completamente i suoi abbonati. Ripercorriamo ascesa e declino di una meteora del Cloud Gaming e del gaming più in generale, che anche solo grazie alla sua presenza ha dato una spinta importante a questo segmento dell'industria.
Google Stadia: rivoluzione mancata
Tre anni orsono, Google presentava ufficialmente Stadia alla stampa e al pubblico. La piattaforma di Cloud Gaming di BigG è stata accolta con un palpabile entusiasmo per via della visione proposta dall'azienda sulla sua integrazione e versatilità.
Giocare direttamente dai risultati di ricerca, senza necessità di abbonamenti e semplicemente acquistando il proprio titolo preferito come su una tradizionale console, il tutto praticamente da ogni dispositivo dotato di uno schermo: smartphone, tablet, PC e Mac, ma anche sulle smart TV dotate di sistema Android TV o attraverso dongle Chromecast Ultra o Chromecast con Google TV. Per l'occasione, Sundar Pichai presentò anche il controller proprietario, dotato dell'iconico look della grande G di Mountain View. Solido, minimale ed eccezionalmente economico, poiché al netto del prezzo di listino, questo dispositivo è stato più volte proposto in bundle con Chromecast Ultra nella sua Premiere Edition in omaggio con l'acquisto di giochi AAA come Cyberpunk 2077 e Resident Evil: Village.
Il cuore pulsante dell'esperienza era la piattaforma: "il datacenter è la tua console", questo il mantra dell'intero progetto, all'epoca avanguardia purissima in termini di tecnologia, integrazione e potenza bruta.
La spina dorsale erano naturalmente i singoli "slot" console, dotati di un sistema custom progettato da AMD per offrire fino a 10,7 teraFLOP di potenza attraverso una CPU a 2,7 GHz e una GPU Vega da 56 Compute Unit con memoria ultraveloce HBM2, in aggiunta alla possibilità di utilizzare un meccanismo fluido multi-GPU in caso di necessità. Con queste premesse, Google ha garantito streaming di giochi di ultima generazione in 4K a 60 FPS sin dal suo lancio, a patto che il consumatore finale avesse una connessione in grado di reggere tale flusso di dati, con oltre 200 nazioni coperte al day one e un sistema di sottoscrizione a pagamento soltanto opzionale.
Insomma, una piattaforma ambiziosa, dai costi basali e di mantenimento mostruosi, ma con un potenziale rivoluzionario in un mercato popolato dalle allora ancora timide proposte di PlayStation Now e Project xCloud di Microsoft, con la punta di diamante costituita da NVIDIA GeForce Now, con i suoi pregi ma anche limitazioni.
Inserirsi in questo tipo di mercato, con una proposta fresca e avanzatissima, non è stato certamente uno scherzo, e siamo certi che Google abbia provato in tutti i modi a tener viva la sua creatura. Tuttavia, nonostante la bontà acclarata del servizio, Stadia nel corso del tempo ha dovuto fare i conti con una concorrenza già dotata di una discreta "fanbase".
Da una parte, il servizio offerto da NVIDIA consentiva di utilizzare la propria libreria, già acquistata su altre piattaforme, per giocarci in streaming gratuitamente con limitazioni o a pagamento con più livelli di sottoscrizione.
Microsoft, dal canto suo, ha giocato le sue carte in maniera eccezionale soprattutto con l'integrazione del servizio all'interno del costo mensile del Game Pass, ulteriormente avvalorato dall'upgrade dei suoi datacenter alle nuove Xbox Series X. Infine, Sony ha da poco lanciato il suo nuovo abbonamento PlayStation Plus, che ora racchiude al suo interno anche il cloud gaming di PlayStation Now. In questo scenario, era quasi inevitabile che una proposta come quella di Google divenisse, in un certo senso, accessoria. Allo stesso modo, però, Stadia ha probabilmente il merito di aver sdoganato il concetto di cloud gaming una volta per tutte, sia per semplicità di fruizione che per numerose straordinarie prove di forza messe in atto nel corso degli anni.
Indimenticabili, per esempio, le prestazioni di Cyberpunk 2077 su Stadia, che proprio in quell'occasione si impose praticamente come unica alternativa per gli utenti dotati di console old-gen o di PC non supportati. Del resto, con una fluidità più che accettabile, tempi di caricamento rapidissimi e dettagli grafici elevati al solo costo del gioco, permise a tantissimi giocatori in tutto il mondo di bypassare il collo di bottiglia di un hardware non ottimizzato a dovere.
Purtroppo, però, il servizio non è mai riuscito a entrare realmente nel cuore degli appassionati, relegato appunto a quel ruolo di perenne outsider; ottimo, ma non abbastanza, suo malgrado.
In tutto ciò, quindi, occorre dare a Stadia il merito di aver messo quel giusto pizzico di pepe in un mercato in timida evoluzione, che grazie alla sua presenza ha sicuramente spinto anche gli altri a perfezionare sistemi e librerie. Finisce così l'avventura di uno dei migliori servizi di cloud gaming mai arrivati sul mercato... "sotto scroscianti applausi".
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