Grand Theft Auto: Le Storie dell'Apocalisse

Dopo aver provato Il Colpo dell'Apocalisse di GTA Online abbiamo dato vita a una serie di ricordi criminosi e storie criminali...

Grand Theft Auto: Le Storie dell'Apocalisse
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • PS5
  • Xbox Series X
  • Tra i punti di forza di quel meraviglioso parco a tema massacro che è GTA Online, c'è sicuramente la dimensione aneddotica insita nella natura stessa dell'esperienza multigiocatore offerta da Rockstar. Se siete assidui frequentatori delle strade digitali di Los Santos saprete bene di cosa stiamo parlando, e avrete ormai accumulato un bagaglio titanico di storielle inenarrabili fatte di exploit criminali, atti di totale idiozia e meravigliose bromance.
    D'altronde il team di sviluppo, negli anni, si è dimostrato più che disposto a supportare le prodezze malavitose dei giocatori con una lunghissima serie di contenuti fatti apposta per garantire ai malfattori digitali un contesto sempre fresco per le proprie memorie delinquenziali. Di recente abbiamo avuto la possibilità di visitare gli studi londinesi di Rockstar Games per provare in anteprima l'ultima grande espansione di GTA Online, Il Colpo dell'Apocalisse, e ne abbiamo approfittato per costruirci - tra una birra e l'altra - una serie di ricordi criminosi di altissimo profilo.
    Eccone un piccolo estratto.
    Attenzione: le storie qui riportate potrebbero essere state filtrate dalla mente annebbiata di un redattore cerebralmente difettato.

    Cani da serbatoio

    "Aaah, vi divertire a ridere e scherzare, a folleggiare come un gruppo di scolarette alla ricreazione. Vi dico io una barzelletta".
    Malgrado il suo aspetto pingue e malaticcio, Lester Crest sapeva bene come rimettere in riga un drappello di scagnozzi troppo allegri.
    "Ci sono tre ragazzi chiusi al fresco a Bolingbroke, che si chiedono come diamine ci sono finiti..." .
    "Ahem".
    Lester non amava essere interrotto, specialmente quando era immerso fino alle occhiaie nel personaggio del duro capobanda. Sapeva bene che si trattava di una sceneggiata, e sarebbe bastato uno sguardo torvo per farla traballare peggio delle sue gambe malmesse.

    "Cosa?! Chi ha parlato?".
    "Beh, sono la gran dama della baracca, quella che anticipa i soldi. In tre parole: sono il capo".
    La donna seduta in fondo stanza non era certo stata baciata dalla bellezza. I lineamenti grossolani, quasi maschili, erano incorniciati da una zazzera biondiccia, arruffata sopra due occhi insolitamente penetranti.
    "Quindi la tua storiella dovrebbe recitare ‘due ragazzi e una ragazza', caro Lester".
    "Sul serio? Giuro, ero convinto che sotto il cofano avessi un pistone da corsa. Voglio dire, sei più alta di me di almeno 15 centimetri, e sono pronto a scommettere che con un po' d'impegno potresti farti crescere una barba più folta della mia".
    Il simpaticone barbuto era vestito di tutto punto, con un completo che sembrava strappato a un pappone morto sul calare degli anni ‘70. Uno col senso degli accostamenti di un setter daltonico.
    "Idiota di un irlandese, faresti meglio a tapparti quella boccaccia da ubriacone. In questo business ci sono solo due regole: mai mordere la mano che ti sfama e mai svuotare le interiora nel bagno di uno che devi fare secco".

    Il buon senso del terzo uomo in qualche modo cozzava col suo accento di Alderney, triviale quanto la tuta da grandi magazzini che portava addosso.
    Lester stava per perdere il controllo del suo pubblico e, considerando quanti soldi c'erano in ballo, proprio non poteva permetterselo.
    "Insomma! - disse l'ometto battendo a terra il bastone - Con l'eccezione del signor Hertz, il nostro committente, e del sottoscritto, che voi già conoscete, useremo nomi fittizi per questo lavoro. In nessun caso dovrete rivelarvi i vostri veri nomi, per nessun motivo al mondo. Tu, capo, sarai Jabba, l'irlandese sarà Barbman e l'uomo saggio sarà Kismeth, e insieme salveremo questo dannato paese".

    1,21 Gigowatt??

    Kismeth era piuttosto sicuro che nessuno dei suoi amici di Acter fosse mai arrivato così in alto. In senso letterale, dato che già da qualche minuto stava sfrecciando nei cieli di Los Santos a bordo di una macchina volante. Una gran bella macchina. D'altronde, dovendo trasformare un'automobile in una macchina volante, perché non usare una bella automobile?

    "Oddio, oddio... sto per vomitare", gracchiò la radio con la voce di quell'irritante irlandese.
    "Se finisci a mollo mi prendo la tua parte, sappilo".
    "Sono io che decido chi prende cosa, bambini".
    Non l'avrebbe mai detto ad alta voce, ma quella donna aveva il timbro di un boscaiolo con lo stemma olimpico al posto dei cosiddetti. Cavolo, al confronto il suo sergente istruttore a Fort Baxter aveva la voce di un chierichetto prepuberale.
    "Noi pensiamo agli elicotteri, dolcezza, tu vai a fare due coccole a quel bestione".
    Soave come il canto di un bue muschiato.
    "Ho pronto un bel razzo per quel culone d'acciaio, capo, giusto il tempo di alzargli la coda".
    Kismeth stava seriamente considerando di sfruttare i talenti accumulati in gioventù per "far sparire" quella macchina alla fine del colpo. Non aveva mai guidato niente di simile: quell'auto scivolava tra le nuvole come una canoa sulle acque dell'Alamo Sea. L'uomo spinse fino in fondo l'acceleratore, tirando leggermente la cloche per allineare la traiettoria di salita con quella del colossale aereo militare.

    Tempo 5 minuti e Kismeth aveva raggiunto la fusoliera del velivolo, quasi a portata del segnale criptato che la tecnologia di Hertz avrebbe trasformato nella via d'accesso alle informazioni riservate custodite a bordo.
    "Inizio l'hacking, dovrei finire in un paio di...".
    Uno scossone improvviso: qualcosa non andava col suo prode pegaso d'acciaio. Un rapido sguardo ai sistemi di bordo lo convinse del fatto che il problema, qualunque esso fosse, era drammaticamente lontano dalla portata delle sue conoscenze in materia di motori.
    Un altro scossone.
    "Ahem, ragazzi? Ho qualche problema - la voce di Kismeth tradiva un certo nervosismo - Questo gioiellino è stabile come l'umore di un collezionista di metanfetamine".
    Nessuna risposta alla radio.
    "Ok, calma, non è il momento di glassarsi le mutande", pensò l'uomo cercando di correggere manualmente l'andatura ballerina dell'auto volante. Con l'incantevole grazia di un barbone alla terza bottiglia di whisky, Kismeth si portò sul fianco dell'aereo, poco sopra l'ala sinistra.
    "Bene, ora stai tranquillo Francis, è come parcheggiare... come parcheggiare... non ci credo che sto parcheggiando sull'ala di un aereo in volo!".

    Kismeth sudava come una fontana con la dissenteria. Era in posizione, c'era un ultima cosa da fare.
    Tremando, il ragazzo di Alderney tirò la leva del cambio d'assetto e subito dopo quella del freno a mano.
    Lo stridio delle gomme dell'auto risuonò nella mente dell'uomo come un concerto di imprecazioni non dette. La macchina si fermò, ancorata stabilmente all'ala dall'azione congiunta di freno a mano e pressione dell'aria.
    "Grande Giove!", sbuffò Kismeth, esausto.
    Sarebbe tornato a terra a braccetto col boscaiolo leopardato, le avrebbe tenuto a mano fissandola teneramente negli occhi, qualunque cosa pur di non subire le battutacce di quel maledetto irlandese.

    Duro a morire

    Barbman non aveva capito molto dell'incarico assegnatogli dal danaroso benefattore di quel mal assortito gruppo criminale, ma in fondo non gli interessava. Non sapeva esattamente perché, nei panni del più improbabile dei paramedici, aveva passato la mattinata a frugare tra le paffute grazie di un discreto numero di corpi freschi di trapasso, ma aveva sinceramente gradito la parte della fuga rocambolesca sotto una pioggia di piombo incandescente. Ok, ci aveva rimesso un dito, ma in fondo non era neanche una delle sue appendici preferite.

    "I mignoli sono dita decisamente sopravvalutate", pensò poco prima di scendere dalla macchina diretta alla terza destinazione della giornata.
    "Bene tesorucci, dobbiamo assaltare una server farm sotterranea. Un'installazione fortificata e difesa da un piccolo esercito di personcine poco raccomandabili, quindi la parola d'ordine è fur-ti-vi-tà".
    Mentre la donna scandiva l'ultima parola a chiare lettere, l'irlandese non poté fare a meno di cercare le tracce di un virile pomo d'adamo sul suo collo taurino.
    "Fortuna che è ricca", pensò Barbman prima di proporsi come avanguardia della loro incursione notturna.
    "Furtività è il mio secondo nome - disse l'uomo con un tono di voce in netto contrasto con l'affermazione appena fatta - Sarò silenzioso e letale".
    "Sì, come un peto in ascensore", ribatté Kismeth.
    I due si fissarono per qualche secondo, intensamente.
    "Ok, questa faceva ridere - rispose Barbman sogghignando - e mi ha fatto venire in mente quella volta che ...".
    "Una volta chiusa questa storia - sentenziò la voce baritonale di Jabba - sono sicura che passerete splendide serate a base di confessioni intestinali e pedicure, ma ora abbiamo un lavoro da fare".
    "Bene, vado avanti io".

    L'irlandese imbracciò il fucile e prese ad avanzare speditamente verso il complesso, fino a quando la sua figura si perse completamente nelle tenebre della notte.
    Dopo poche decine di metri, Barbman arrivò ad uno dei punti d'accesso secondari della struttura, illuminato dai fari di una torre di guarda apparentemente sguarnita.
    "Dev'essere il mio giorno fortunato".
    L'uomo si accovacciò dietro una piccola formazione rocciosa a una ventina di passi dalla recinzione, pronto a varcare l'ingresso. Barbman stava per fare la sua mossa, quando un piccolo concerto di voci in avvicinamento lo fece desistere.
    "No, tu non capisci amico. Io ho fatto di tutto per lei. Di tutto".
    "Lo so, bello. Non è colpa tua. Le donne sono fatte così. Sono progettate per farci soffrire".
    Due soldati pesantemente armati si piazzarono proprio sotto il riflettore, a pochi metri da lui.
    "Voglio dire, mi sono tatuato il suo nome sul petto, e lei ancora mi dice 'tu non mi fai sentire sicura del nostro rapporto'. Capisci? Cos'altro dovrei fare? Regalarle un orecchio come Van Dyke?".
    "Van Gogh".
    "Eh?".
    "È stato Van Gogh a tagliarsi un orecchio per regalarlo alla sua donna".
    "Ah, e Van Dyke che si era tagliato?".
    L'irlandese soppesò le opzioni a sua disposizione: poteva proseguire lungo il perimetro alla ricerca di un altro punto d'accesso, o poteva provare ad abbattere entrambi i bersagli. Magari ad accettate.
    "No, Van Dyke è lo spazzacamino di Mary Poppins. Un gran bel film, a mio parere".
    "A proposito di bei film, hai visto l'ultimo Star Wars?".
    "Sì! Porca miseria che film, io proprio non me l'aspettavo che... ".
    Una clamorosa esplosione quasi scagliò a terra Kismeth e Jabba, mentre in lontananza l'oscurità si accendeva dei bagliori sinistri di un incendio di proporzioni apocalittiche.

    "Furtività è il mio secondo nome, eh?", urlò Jabba per sovrastare la baraonda che ormai riempiva l'aria della sera, tra sirene e spari.
    "Sì, il primo dev'essere McClane", rispose gridando Kismeth.
    "E allora Yippie Ki Yay figli di... ".
    Le ultime parole di Jabba si persero tra le note fragorose di quella notte fiammeggiante.

    Riusciranno i nostri "eroi" a portare a casa pellaccia e malloppo? Il Paese sopravviverà all'apocalisse? Ma soprattutto, Jabba era veramente un uomo (pazzo biondo)?
    Per saperlo non vi resta che indossare il vostro miglior completo da rapina e collegarvi a GTA Online.

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