Il giocatore medio è una brutta persona

Anno 2017, ecco il ritratto del videogiocatore medio: si stava meglio quando si stava peggio... oppure no? Scopritelo nel nostro speciale!

Il giocatore medio è una brutta persona
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Pur essendo composto al 70% da meme e immagini di gattini, come regola generale evito di aprire i discorsi con sofismi da Tavernello del tipo "non ci sono più le mezze stagioni" o "vedi figliolo, qui una volta era tutta campagna". Questo anche perché, tra la barba da spacciatore di flanella e le occhiaie da cintura nera di tunnel carpale, offro già alla gente motivi a sufficienza per non rivolgermi la parola.
Eppure eccomi qua a dire, con la gracchiante saggezza di un pensionato, che in fondo si stava meglio quando si stava peggio.
Ok, prima di affittare a mio nome una splendida panchina vista cantiere, con annessi ottuagenari pronti a instaurare brillanti conversazioni sullo stato disdicevole dell'odierna gioventude, lasciatemi offrire un po' di contesto all'odierna sparata.
Nel corso dell'ultimo ventennio, i videogiochi sono passati dall'essere un prodotto di nicchia ad assumere le caratteristiche di un fenomeno di massa in grado di trascinare una platea sempre più ampia di appassionati, estimatori e fruitori incidentali. Di conseguenza, seguendo una logica puramente statistica, anche il prototipo del giocatore medio ha via via perso le sue caratteristiche di critico "connoisseur", trasformandosi gradualmente in quello che "minchia zio, facciamo il devasto in Clash Royale".
Ora, mi rendo conto che, nel mio precedente sproloquio sull'intrinseca scelleratezza del videogioco, avevo accolto con speranzoso ottimismo gli ultimi dati di AESVI sulla crescita del mercato videoludico, eppure - perdiana - la massificazione inconsapevole non è proprio l'obiettivo ideale per questo genere di rivoluzioni culturali.
Voglio dire, provate a fare un giro da GameStop il sabato pomeriggio senza venir schiaffeggiati da frasi del tipo "Inside è una fogna, non si capisce una cippa di banano. Molto meglio COD", oppure "Ma che ti sei mantecato il cervello con l'acquaragia? Vuoi prendere il Nintendo? Ma fanno solo giochi per bambini".
Ecco, ogni volta che qualcuno esprime ad alta voce concetti di questa risma, da qualche parte nel mondo uno sviluppatore muore... di stenti, probabilmente.

Il giocatore medio: ritratto di un mostro

Permettetemi ora di dismettere momentaneamente i panni dell'anziano del villaggio, e di mettere in chiaro un paio di punti chiave sulle caratteristiche tipiche del videogiocatore medio. Non si tratta di una categoria che trova una definizione precisa nel tempo o nell'impegno dedicato al gaming, o nella conoscenza di tutto ciò che è, è stato e sarà il videogioco. I casual gamer non sono necessariamente giocatori medi, così come sarebbe sciocco condannare a tale appellativo tutti gli appassionati di titoli spiccatamente mainstream. Dall'altra parte dell'arcobaleno, non è detto che lo status - perlopiù autoconcesso - di hardcore gamer escluda in toto l'appartenenza al club della medietà.
Sì - direte voi - ma allora chi diavolo è il giocatore medio?
Innanzitutto è molto probabile che se state leggendo questo articolo... o meglio, se siete soliti leggere roba più sensata su questo e su altri siti del settore, l'epiteto in questione non si adatti affatto a voi. Informarsi, discutere, confrontarsi rispettosamente e cercare di comprendere gli altrui punti di vista, in un'ottica di mutuo accrescimento, è di base tutto quello che il videogiocatore medio non fa, a meno che non si tratti di argomentazioni il linea con le sue precedenti convinzioni.

Il giocatore medio è un po' l'equivalente settoriale dell'opinionista da Facebook che ogni mattina, prima di uscire e arricchire il mondo, fa la rassegna stampa con la combo LercioCorriere del CorsaroFatto Quotidaino, prendendo ovviamente per vere tutte le "notizie" riportate. Quello che condivide qualsiasi cosa, a patto che il post incorpori le giuste parole magiche: "Massima Diffusione: Tonio Cartonio e Lupo Lucio scoprono un vaccino per l'Isis e nessuno ne parla".
Gente completamente priva di senso critico, che comunque, grazie al miracolo dell'Internet, si ritrova investita del potere di condividere con il mondo le proprie illuminate opinioni. Grandi classici del disagio, come "Yakuza 0 è il GTA dei poveri, 13 milioni di parole e neanche l'hanno tradotto in italiano" o "Resident Evil 7 fa schifo al batacchio. Non è Resident Evil, è la brutta copia di Outlast. Non ci sono neanche gli zombi".
Da sciacquargli la bocca col plutonio.
Per un bizzarro disegno karmico, molti di questi simpatici personaggi sono gli stessi che, quando a scuola vi sentivano parlare di videogiochi, vi perculavano allegramente con frasi del tipo "Ma ancora con ‘sti giochi? Ma trombare no?". Come se una cosa escludesse l'altra. Avatar del fastidio che ora, nel mezzo di uno sfortunato incontro casuale, sfoggiando una faccia da cavallo goloso vi dicono "Oh, ma hai visto che figata il nuovo FIFA? Molto meglio su Xbox One".
Così, a caso, senza cognizione di causa, tanto per farvi salire il 41-bis.

Regole d'ingaggio

Pur trattandosi di un clan variopinto, mutevole e malevolmente sfaccettato, è possibile riconoscere il giocatore medio grazie ad alcuni segnali ben precisi.

Tutto il resto è mota
Il giocatore medio, in genere dotato dell'elasticità mentale di una frittura di paranza, venera incondizionatamente giusto una manciata di brand. Tutto il resto della produzione videoludica, a prescindere dal valore intrinseco dei singoli titoli, sarà quindi considerato alla stregua del ricco parto digestivo della mucca Milka. Inutile discutere su questo punto, sarebbe come cercare di insegnare l'algebra a un piatto di lumache.

Il graficozzo
Non importa se un gioco ha la profondità narrativa di un grande romanzo o un gameplay positivamente unico e sorprendente. Chissene. Per il giocatore medio la chiave di volta di ogni esperienza ludica è la grafica, che deve essere rigorosamente fotorealistica e iper-dettagliata. Indie? "Mondezza". Direzione artistica da urlo? "Giocaci tu". Una perversione, tra l'altro, strettamente legata al prossimo disagevole punto.

Medietà fondamentalista
Se il giocatore medio è in possesso di una particolare piattaforma, allora quella specifica macchina da gioco è, indiscutibilmente, la migliore di tutte. Punto. Migliore la grafica, migliore l'online, migliore il design, migliore il controller, non si rompe mai, fa bene il caffè, stampa i talleri e, durante le fredde notti invernali, vi solletica i gingilli con focoso trasporto. La cosa bella - si fa per dire - è che se solo provate a mettere in discussione questo assioma, con la pazienza di un monaco zen, rischiate di ricevere una risposta del tipo "ma stai zitto, sei solo un fanboy". Segue ictus secco e ricovero d'urgenza.

Mi hanno detto che...
Al videogiocatore medio non frega una staffa di andarsi a leggere gli articoli, le recensioni o le interviste di questa o quella testata, no, a lui "gli dicono le cose". Trattandosi di un club esclusivo, questo passaparola corre generalmente tra giocatore medio e giocatore medio. Il problema è che, indipendentemente dalla bontà della fonte primaria, la trasmissione soffre della fallacia del classico gioco del "telefono senza fili". Ed ecco quindi che il rumor "In The Last of Us: Parte 2 Joel è morto ed Ellie cova un implacabile desiderio di vendetta" diventa, dopo una quindicina di passaggi, la certezza "In The Last of Us: Parte 2 Joel è nell'orto e Ellie trova un disabile durante la vendemmia". La trama del secolo.

Siete tutti invidiosi
Questo punto interessa, con maggiore frequenza, i giocatori medi di nuova generazione. Il modello 2.0, per intenderci, quelli che sanno a malapena leggere ma si comprano comunque tutte le biografie dei loro youtuber preferiti. Che poi, tra parentesi, che vite sorprendenti possono mai aver avuto ragazzotti poco lontani dal quarto di secolo? Chi se ne frega, se critichi in qualunque modo la web star preferita del giocatore medio 2.0 è solo perché sei invidioso. Assoluta povertà contenutistica accompagnata da urletti e titoli clickbait rigorosamente in maiuscolo? Tutta invidia. Plurale maiestatis ad minchiam e un costante abuso della formula "io questo video non volevo farlo". Solo invidia. Sul serio, siete delle brutte persone. Come i cavalli.

Impossibilitato a chiudere questo articolo con messaggi di speranza, profezie positive, ricchi premi e cotillons, vi invito a condividere nei commenti i vostri aneddoti sul giocatore medio e su quelle che sono, secondo voi, le sue caratteristiche più detestabili.