Speciale Il videogioco secondo Lionhead Studios

Life, Love and Death: Drama in Videogames

Speciale Il videogioco secondo Lionhead Studios
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Un appuntamento imperdibile

L’occasione era da non perdere. Peter Molyneux, presidente dei Lionhead Studios e (da sempre) considerato come uno degli uomini più importanti al mondo nel settore videoludico, doveva tenere oggi una conferenza dal titolo “Life, Love and Death: Drama & Story Experience in Videogames” nella Raum 1 della Leipziger Messe alle 16 pm. Sfortunatamente, sin dalle prime ore della mattinata, un comunicato affisso agli albi della Game Convention annunciava la sua assenza; in sostituzione sarebbe arivato George Backer, collega di Molyneux nonché Stage Designer di Lionhead Studios, team artefice (tra gli altri) di Fable e Fable 2. Lo staff di Everyeye ha comunque atteso con una certa impazienza la conferenza, nonostante l’assenza di un nome così importante. Eccone i contenuti.

La narrazione nel videogioco, la differenza con i film

L’importanza della storia e del sistema narrativo nella produzione videoludica odierna è stata la tematica centrale dell’interessante presentazione di Backer. Prologo indispensabile: definire la struttura narrativa di un videogioco. Backer ha così mostrato alla platea presente un semplice schema, con illustrati i vari inneschi indispensabili a qualunque storyline: innanzitutto i personaggi (elemento 1), che in base alle loro emozioni (2) nutrono delle motivazioni e delle aspettative (3) in grado di guidarli attraverso numerosi conflitti (4). I conflitti scandiscono la trama (5) e le tappe del tragitto fisico o spirituale dei personaggi (6), che in base alle loro esperienze confermano o modificano le proprie emozioni ridando il via all’intera macchina narrativa, in un continuo circolo vizioso.
Sino a qui, nulla di nuovo: si tratta di elementi narratologici esaminati già nel XX secolo da illustri studiosi, e applicati nel mondo letterario e cinematografico. Backer ha poi illustrato le maggiori difficoltà date dall’applicazione di questi processi al sistema videoludico: la storyline è qualcosa di non interattivo, mentre la giocabilità di un qualsiasi titolo è interattiva. Se quindi in un film abbiamo a che fare con linguaggi espressivi “fissi”, quali la luce, la regia e il tipo di visuale, in un videogioco questi elementi sono “semi-fissi”, in quanto il videogiocatore può continuamente modificare la telecamera e la posizione dell’alter-ego digitale. Ogni videogioco, secondo Backer, necessita pertanto un “emotional, motivational, dramatic & immersive gameplay” (una giocabilità emotiva, motivata, drammatica e immersiva), per coinvolgere completamente l’utente. La prima parte della presentazione è terminata con un’affermazione circa la differenza tra un film e un videogioco: “In film you can control everything... In videogames you can not: that’s the big challenge!” (producendo un film puoi controllare ogni cosa, nei videogames no: questa è la grande sfida!).

Immedesimazione e sistema di combattimento

Successivamente George Backer ha descritto il proprio ruolo all’intero di Lionhead Studios, ovvero quello di stage designer. Egli è incaricato di assicurarsi che ogni elemento del gioco contribuisca all’esperienza narrativa e alla crescita dello stato emozionale del giocatore (virtuale e reale); egli è inoltre responsabile dei contatti con esperti del mondo cinematografico e televisivo, in modo da non trascurare nessun particolare. A tal proposito Backer ha mostrato alcuni divertenti filmati dove si vedevano gli sviluppatori di Fable 2 alle prese con addestramenti fisici, lezioni condotte da maestri di spada e corsi di recitazione: “È fondamentale - ha affermato - provare sulla propria pelle quello che capiterà ai nostri personaggi virtuali; ci aiuta ad immedesimarci in loro, a rendere una storia più realistica e coerente. È molto più facile realizzare e programmare qualcosa, se si sa e si è visto di persona ciò che si vuole”.
Ogni livello, infatti, viene creato in linea allo stato emozionale che si vuole dare all’utente. “Il giocatore - ha sottolineato lo stage designer di Lionhead Studios - ha bisogno di sentire che ciò che fa ha un senso compiuto, un atto dettato dalla sua volontà, non un semplice obbligo imposto dalla CPU. Un boss verrà quindi rappresentato con dimensioni mostruose e una voce grottesca, in modo da spingere l’utente a temerlo e a sviluppare il proprio character per sconfiggerlo”.
Analogamente, i combattimenti sono di un’importanza fondamentale: Backer ha snocciolato inizialmente i cinque elementi necessari alla resa su schermo di un combattimento, per poi elencare una dopo l’altra le cinque caratteristiche che fanno del sistema di combattimento un’arma vincente nel plot narrativo del videogioco. Avremo quindi bisogno di abilità specifiche per ogni personaggio (1), di alcuni nemici (2) e di locations (3) dove combattere; l’utente (4) può così usufruire soddisfacentemente della rappresentazione audio-visiva (5) fornitagli dagli sviluppatori. Per favorire l’immedesimazione emotiva del videogiocatore, il sistema di combattimento dovrà invece essere di facile interpretazione (1), flessibile alle esigenze dell’utente (2) ed emotivamente gratificante (3); la drammaticità (4) e lo sviluppo del personaggio in stile GDR (5) contribuiscono all’immedesimazione del videogiocatore con il proprio alter ego digitale.
George Backer ha infine concluso la sua relazione indicando che una maggiore attenzione alla narrazione videoludica porta alla creazione di videogiochi maggiormente immersivi, aumentando pertanto le possibilità del mercato videoludico di coinvolgere il mercato di massa. Attualmente, ha sottolineato il relatore di Lionhead Studios, “we are just scratching the surface” (“stiamo solamente grattando la superficie”). Speriamo che sotto la patina si nasconda un roseo avvenire per l’intero settore legato all’intrattenimento videoludico e alla sua valenza nella società del domani.

L'intervista di Everyeye

Al termine della conferenza, Everyeye ha avuto l’opportunità di porgere qualche ulteriore domanda al relatore George Backer.
Everyeye: Signor Backer, lei pensa che una maggior attenzione nei confronti del plot narrativo possa conferire al mondo dei videogiochi una sorta di “dimensione culturale” più profonda?
Backer: Certo, penso che in futuro la società potrebbe concentrare sul mercato videoludico il medesimo interesse riposto oggigiorno in campi culturali quali il cinema o la letteratura.

E: Nella sua presentazione lei ha parlato di storyline come elemento fisso e di giocabilità come elemento non fisso. Non c’è il rischio che in futuro le produzioni milionarie legate al settore possano dare maggiore o troppa importanza alla narrazione, a spese del gameplay?
B: Non lo credo possibile, poiché nello sviluppo di un videogioco la narrazione è strettamente collegata alla giocabilità e a quello che si muove su schermo. Una non può nulla senza l’altra: è un’interazione impossibile da sciogliere.

E: Lei ha parlato di mercato di massa. La ricerca di un target sempre più ampio non potrebbe portare il mercato videoludico a concentrarsi su elementi di grande impatto come il sesso, la droga o la violenza e l’azione sanguinaria? In questo caso la crescita culturale del videogioco non verrebbe compromessa?
B: Ovviamente la ricerca di nuovi videogiocatori non deve porre come unico ed esclusivo obiettivo quello di vendere il più possibile. Un titolo videoludico, come illustrato nella presentazione, deve comunque essere un prodotto attento e curato sin nei minimi dettagli. Ciò non significa però che non ci possano essere elementi di violenza, o immagini di sangue in alcune produzioni; sono comunque convinto che l’utente non venga attirato dalla violenza pura e semplice, ma da una storyline che integra elementi piuttosto “forti” senza però sacrificare tutto il resto.

E: Grazie mille delle sue risposte.
B: Non c’è di che.