Nel nostro recente speciale dedicato alle origini della saga di Baldur's Gate ci eravamo lasciati con la promessa di un ulteriore viaggio dietro le quinte di questo imponente marchio videoludico. E poiché ogni promessa è debito - soprattutto se un uomo integerrimo e il suo criceto alieno ti osservano nell'ombra - rieccoci pronti a ricomporre un intricato mosaico di storia del medium. Dal lancio di Baldur's Gate II all'annuncio del suo successore sono intercorsi quasi vent'anni, durante i quali Baldur' s Gate III ha rappresentato un vero e proprio sacro Graal per tantissimi autori di GDR.
Prima dell'ascesa dei mind flyer su PC, PS5 e - entro la fine dell'anno - Xbox Series X|S, il Faerun non ha popolato solamente i sogni dei videogiocatori, ma anche le menti di un'armata di sviluppatori appassionati, in una rincorsa all'IP che ha visto scendere in campo molteplici software house, inclusa Obsidian Entertainment. Mettetevi dunque comodi, abbracciate il vostro d20 peluche e accompagnateci in una quest volta a ripercorrere la lunga storia di Baldur's Gate III e del passaggio di consegne da BioWare a Larian Studios.
Baldur's Gate III The Black Hound
Nell'estate del 2001, l'espansione Throne of Baal chiudeva l'arco narrativo avviato dal primo Baldur's Gate. In virtù della vastità dell'immaginario di D&D, questo non impediva ovviamente di far proseguire la serie videoludica con ulteriori avventure.

Una volontà che portò a una netta separazione tra le attività di BioWare e quelle di Black Isle Studios. Dopo aver lavorato insieme su entrambi i capitoli, la software house canadese e il team di Interplay si concentravano infatti su due progetti differenti.
Ormai acclamati dagli amanti di GDR di tutto il mondo, gli sceneggiatori di BioWare tornavano nei Reami Dimenticati già nel 2002, con Neverwinter Nights. Nel frattempo, la fama del team gli era valsa la possibilità di lavorare con la licenza di Guerre Stellari: il risultato fu il lancio di Star Wars: Knights of the Old Republic, nel 2003.
Parallelamente, i Black Isle Studios - reduci dalla pubblicazione di Icewind Dale nel 2000 - si concentravano su tre progetti. Da un lato, l'espansione Icewind Dale: Heart of Winter e il sequel Icewind Dale II, dall'altra un videogioco misterioso noto con i nomi in codice di Project Jefferson e FR6.
Dietro le due espressioni si celava The Black Hound, un GDR destinato a ereditare il peso del nome di Baldur's Gate III. Come raccontato da Josh Sawyer - all'epoca lead designer del titolo -, il gioco non avrebbe però avuto alcun collegamento con i personaggi o la trama dei due Baldur's Gate di BioWare. Il progetto era decisamente ambizioso, al punto che Black Isle Studios aveva deciso di plasmare un nuovo engine volto ad accoglierlo. Mentre BioWare passava all'Aurora Engine, dunque, anche il team di Interplay decideva di lasciarsi alle spalle l'Infinity Engine.

Stando a quanto riferito da Sawyer, The Black Hound avrebbe proposto un comparto tecnico all'avanguardia, grazie al nuovo e malleabile motore grafico. "In un livello ambientato in una miniera - rievoca il lead designer - erano presenti oltre sessanta goblin, ciascuno dei quali dotato di un'estetica unica". Baldur's Gate III: The Black Hound avrebbe inoltre potuto contare su alcuni elementi di gameplay alquanto innovativi per l'epoca, come l'introduzione di un sistema di reputazione per il protagonista e aspetti ruolistici molto più avanzati di quanto visto in Baldur's Gate II.
Con il lancio di Icewind Dale II nell'agosto 2002, la maggior parte degli sviluppatori di Black Isle Studios fu ricollocata nel team di Project Jefferson, che divenne estremamente ampio. Allo stesso tempo, crescevano anche le ambizioni del GDR, destinato a dare il via a un'epica trilogia ambientata nei Reami Dimenticati. I giocatori non vi avrebbero impersonato un "prescelto", ma una persona comune
ritrovatasi nel proverbiale posto sbagliato nel momento più sbagliato possibile. Questa la descrizione del comparto narrativo di The Black Hound offerta da Damien Foletto, ex Black Isle Studios: "Un comune sempliciotto errante è colto di sorpresa da una violenta tempesta. Cerca rifugio sotto un albero nelle vicinanze, in prossimità di un mulino a vento diroccato. Mentre trema di freddo accanto a un falò, una donna folle e i suoi tirapiedi lo travolgono, presi dall'inseguimento di un mastino nero [da qui il titolo The Black Hound, ndr]. Una freccia uccide l'animale, che si accascia proprio sul grembo del protagonista. La donna, che dall'abbigliamento sembrerebbe una chierica, accusa il vagabondo di essere in combutta col mastino e minaccia di ucciderlo". Salvato dall'intervento di alcuni cavalieri di Archendale, il protagonista viene condotto in città e interrogato sulla vicenda, mentre lo spirito di un mastino nero si tramuta nella sua ombra, condannandolo a percepire i peggiori sensi di colpa delle persone con cui entra in contatto. Ai giocatori, sarebbe toccato l'arduo compito di scoprire l'identità della chierica e plasmare il destino dello sfortunato avventuriero.
Purtroppo, Project Jefferson non si tramutò mai in Baldur's Gate III. Afflitta da diversi problemi finanziari, Interplay - casa madre di Black Isle Studios - decise infatti di cancellare il progetto. Una decisione che peraltro coincise con la perdita della licenza di Dungeons & Dragons da parte del publisher. Si trattò di un punto di non ritorno non solo per The Black Hound, ma per l'intera Black Isle Studios. L'impossibilità di proseguire i lavori su Project Jefferson convinse infatti Feargus Urquhart, Chris Parker, Chris Avellone, Darren Monahan e Chris Jones a lasciare Interplay. Insieme, questo eccezionale gruppo di talenti decise invece di fondare, già nel giugno 2003, una nuova software house: Obsidian Entertainment.
Inseguendo BG3: Obsidian e inXile
Nonostante potesse contare solamente su di una sede collocata nell'attico della casa di famiglia di Feargus Urquhart, la neonata software house era animata da passione e talento. Basti pensare che, a dispetto delle difficoltà organizzative, Obsidian riuscì a farsi assegnare come primo progetto nientemeno che Star Wars: Knights of the Old Republic II - The Sith Lords: un debutto niente male!
Nel frattempo, con Interplay fuori dai giochi, i diritti legati alla realizzazione di videogame di Dungeons & Dragons passarono ad Atari. Sotto l'egida di quest'ultima videro la luce diversi titoli ambientati nel mondo di D&D, incluso Neverwinter Nights 2, affidato dal publisher proprio a Obsidian e lanciato nel 2006.
Fu a questo punto che il nome di Baldur's Gate III tornò ad aleggiare tra i corridoi delle aziende videoludiche. Atari era convinta che fosse il momento giusto per riportare in auge la serie e nel 2007 Obsidian si vide proporre la possibilità di tornare a visitare i Reami Dimenticati. Ne seguì una lunga trattativa tra il publisher e i fondatori della software house, che chiedevano garanzie importanti, soprattutto in termini di fondi. "Se davvero volete farlo, - dichiarava Urquhart all'epoca - dovete stanziare un budget adeguato, quello che BioWare avrebbe a disposizione per fare un gioco di Mass Effect".
Nel frattempo, un altro team inseguiva il sogno di Baldur's Gate III: inXile
Entertainment. Fondato nel 2002 da Brian Fargo, già co-fondatore di Interplay, lo studio aveva debuttato sul mercato del videogioco nel 2004, con The Bard's Tale. Sin dall'avvio della sua attività, la software house californiana aveva cercato di convincere i detentori dei diritti di D&D ad affidarle il terzo capitolo della serie BioWare, ma senza fortuna. Nel 2008, arrivava invece il via libera ufficiale dalla dirigenza di Atari per l'avvio di negoziati concreti per un Baldur's Gate III sviluppato da Obsidian. Prima della fine dell'anno, il contratto era pronto per essere firmato. Fu a questo punto che le cose iniziarono improvvisamente a rallentare, sino alla batosta finale: l'improvvisa vendita di Atari Europe a Bandai Namco, a conferma di una situazione economica particolarmente complessa per l'azienda. Nonostante gli anni di lavoro spesi a discutere del progetto e la negoziazione completa di un contratto, la Costa della Spada sfuggiva ancora una volta a Urquhart e soci.
Siege of Dragonspear e gli eredi spirituali di BG
Dopo questo ennesimo fallimento, il destino della serie si fece sempre più incerto e l'IP restò dormiente per diversi anni. Rassegnata all'impossibilità di tornare a mettere mano sulla licenza di D&D, BioWare inaugurò l'era degli "eredi spirituali" di Baldur's Gate. Nelle ultime fasi di sviluppo di Dragon Age: Origins, Greg Zeschuk - dirigente del team canadese - dichiarava: "Non eravamo nella posizione per fare un nuovo Baldur's Gate...e quindi ne abbiamo creato uno nostro!".

Zeschuk ammetteva che gli autori della serie avrebbero desiderato continuare a esplorare il Faerun, ma che se non altro erano contenti di essere riusciti a completare l'intero arco narrativo dedicato alla progenie di Bhaal. "Quello che ci manca più di ogni cosa - proseguiva - sono alcuni dei personaggi che abbiamo creato. Misc e altri protagonisti a cui abbiamo dato forma negli anni...è frustrante non poter continuare a svilupparli".
Parallelamente, sfumata l'intenzione di realizzare Baldur's Gate III, Atari decise di autorizzare una riedizione dei primi due capitoli. Il progetto fu affidato a Beamdog, software house canadese nata nel 2009 e che tra i fondatori contava anche Trent Oster, già co-fondatore di BioWare. Come vi abbiamo raccontato nel nostro speciale sulla storia dei primi due Baldur's Gate, le riedizioni avevano l'obiettivo di aggiornare il comparto tecnico dei due GDR.

Contestualmente, però, Beamdog colse l'occasione per introdurre anche dei contenuti inediti, come alcuni personaggi aggiuntivi. Pubblicate tra 2012 e 2013, Baldur's Gate: Enhanced Edition e Baldur's Gate II: Enhanced Edition furono un primo passo volto a testare l'interesse del pubblico per la storica saga.
Una svolta ulteriore si ebbe nel 2016, quando la stessa Beamdog arrivò a portare sul mercato Baldur's Gate: Siege of Dragonspear,
un'espansione di Baldur's Gate: Enhanced Edition ambientata tra le due avventure BioWare. L'accoglienza del contenuto, tuttavia, non fu troppo calorosa, con la critica videoludica internazionale che valutò il lavoro come non all'altezza dei suoi illustri predecessori. In quegli stessi anni, si conquistavano invece un grande plauso di pubblico e critica alcuni ulteriori "eredi spirituali" di Baldur's Gate, realizzati - paradossalmente - dai team ai quali erano stati negati i lavori su Baldur's Gate III. In particolare, ci riferiamo a Pillars of Eternity e a Torment: Tides of Numenera, pubblicati rispettivamente nel 2015 da Obsidian e nel 2017 da inXile. Nonostante le più volte dichiarate intenzioni di voler proseguire la serie BioWare, Beamdog non riuscì mai ad avviare i lavori su un vero e proprio sequel.
La vera essenza di D&D
In questo complicato contesto, c'era però chi ancora non aveva rinunciato all'idea di realizzare un vero Baldur's Gate III. Una software house indipendente con sede in Belgio, in particolare, bussava alla porta di Wizards of the Coast - che aveva da poco lanciato la Quinta Edizione di D&D - per chiedere di poter sviluppare il gioco. Fondato nel 1996, il team europeo giustificava la propria proposta con il successo riscosso dal suo ultimo titolo. Stiamo ovviamente parlando di Larian Studios, che nel 2014, sotto la guida del suo fondatore Swen Vincke, aveva regalato agli amanti dei GDR l'acclamato Divinity: Original Sin. Il tutto grazie agli sforzi di esattamente quarantasei sviluppatori.
Il titolo non fu solamente un trionfo di critica, ma anche un successo commerciale, con un volume di vendite tale da mutare drasticamente le sorti di Larian Studios. Un traguardo che motivò Swen Vincke a tentare l'impossibile: convincere i detentori dei diritti di D&D ad assegnare a Larian Studios lo sviluppo di Baldur's Gate III. "Potremmo dire che fui davvero molto arrogante. - ha ricordato di recente Swen Vincke - Dissi loro 'Ecco siamo quelli che hanno fatto [Divinity: Original Sin]. Dovreste darlo a noi!'. Mi guardarono come se fossi un alieno...e avevano ragione!". Ai tempi, il fondatore di Larian non aveva peraltro alcun contatto diretto in Wizards of the Coast ed era riuscito a raggiungere i vertici dell'azienda solamente grazie all'intermediazione di CD Projekt RED, in particolare la divisione responsabile della gestione di GOG.
Questo primo - bizzarro - incontro tra Swen Vincke e i detentori dei diritti di D&D non diede dunque alcun frutto apparente. Quell'appassionato sviluppatore belga doveva però essere rimasto impresso in quel degli USA. Solo pochi anni dopo, infatti, mentre Larian stava ancora lavorando a Divinity: Original Sin II (poi esordito nel 2017), Wizards of the Coast decise di ricontattare il team.

"Ci chiesero se eravamo ancora interessati e mi invitarono a Seattle", ricorda Swen Vincke, il cui piano complessivo era "Usare il Divinity Engine e metterci sopra Baldur's Gate - l'intero mondo dei Reami Dimenticati - e inserirvi il Manuale del Giocatore [di D&D], creare una storia straordinaria e renderla cinematografica: quanto poteva essere difficile?". Dopo un intero anno di negoziazioni, Larian Studios e Wizards of the Coast firmarono il contratto per la realizzazione del GDR.
L'annuncio in pompa magna del ritorno della serie avvenne con un teaser trailer di Baldur's Gate III diffuso durante l'evento di presentazione di Google Stadia.
A quel punto, ricorda il team belga, "Divinity: Original Sin II aveva venduto tre volte tanto il primo capitolo. Molte milioni di copie, abbastanza da permetterci di sviluppare qualcosa come Baldur's Gate III". Sopravvissuto all'annuncio della chiusura di Google Stadia, il GDR trovò una prima casa su PC, tramite il lancio di un ambizioso Early Access su Steam.
L'Accesso Anticipato di Baldur's Gate III debuttava nell'ottobre del 2020, dando il via a un periodo di intensa e costante collaborazione tra Larian Studios e la community. Per circa tre anni, la software house belga - che oggi conta sei divisioni operative in tutto il mondo - ha messo alla prova la propria visione creativa, esponendola senza veli alle critiche, agli apprezzamenti e ai suggerimenti degli appassionati di GDR. Un dialogo a distanza condotto con uno stile comunicativo coinvolgente e permeato di umorismo e sincero entusiasmo, in grado di includere game director in armatura medievale e progetti di apertura di canali OnlyFans - ehm, OnlyFangs - per i personaggi più popolari dell'Early Access.
Alla vigilia del lancio di Baldur's Gate III, Swen Vincke rifletteva sul possibile successo commerciale del titolo e sul futuro di Larian Studios con le seguenti parole: "Questo gioco non dovrebbe esistere, no? È quello che le persone definiscono un 'GDR classico' - anche se non sono molto d'accordo -, realizzato con una produzione all'altezza di un tripla A. Nessuno lo ha mai fatto davvero, quindi non sappiamo quanto sia grande il nostro mercato, e non sappiamo come andrà il lancio. Ma sarà questo a determinare ciò che potremo fare d'ora in avanti. Noi sappiamo ciò che desideriamo realizzare - abbiamo avuto sei anni per pensarci - ma abbiamo bisogno di capire se c'è un mercato sufficientemente grande per questo tipo di giochi. Se esiste, allora potremo continuare a innovarlo, e se non esiste, allora dovremo cambiare rotta."