Intel Extreme Masters Katowice 2019: viaggio nel gotha dell'eSport

IEM 2019: la Spodek Arena è la cattedrale consacrata all'eSport, siamo volati a Katowice per unirci alle celebrazioni dedicate al gaming competitivo.

Intel Extreme Masters Katowice 2019: viaggio nel gotha dell'eSport
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"Qui si fa l'esport, qui si fa la storia".

Sembra volerci dire proprio questo la Spodek Arena mentre, austera, si staglia con tutta la sua imponente mole sull'orizzonte cinereo che avvolge come un sudario la città di Katowice. Fa ancora freddo, in Polonia, nulla a che vedere col clima primaverile che ha colpito il nostro Paese quando lo lasciammo, ormai qualche giorno fa. Per questo, non senza un po' di timore reverenziale, accogliamo volentieri l'invito a immergerci nel caldo abbraccio della cattedrale consacrata alla fede esportiva, desiderosi di entrare in comunione con il popolo che anima le sue sale.
La passione per il videogioco, prima ancora che per il "gaming competitivo", si respira in ogni angolo della cittadella. Gli appassionati si affollano davanti ai rivenditori di magliette e gadget; in molti indossano fieri le casacche delle più disparate squadre, sono avvolti nel loro stendardo, trasportano striscioni inneggianti a uno o all'altro giocatore.

In questo, per chi ancora non ci credesse, i tifosi "esport" non sono poi tanto diversi rispetto a quelli di qualunque altra disciplina. Basta un semplice sguardo per accorgersene, mettere da parte ogni pregiudizio...e godersi la festa. Già, perché come accade in qualsiasi altro evento, l'obbiettivo primario per il pubblico deve essere quello di divertirsi e godersi lo spettacolo offerto dai professionisti. Di più: stupirsi delle loro giocate ai limiti dell'impossibile, emozionarsi assieme a loro, provare empatia per la loro delusione, urlare a squarciagola il loro nome dopo un'azione al cardiopalma. Bene. Ora immaginate tutto questo moltiplicato per diecimila. Tanti sono stati gli spettatori che si sono accomodati nel caldo abbraccio dell'emiciclo principale.
Tutto questo si sublima in un solo nome: Intel Extreme Masters.

The Danish Decimators

Mentre ci stiamo avvicinando alle porte dell'Arena iniziamo a sentirlo. Sembra il rumore grave e cavernoso prodotto dal respiro di una mastodontica bestia in attesa di esplodere in un ruggito liberatorio. Lo stadio è gremito, non c'è un solo sedile libero. L'attenzione di migliaia di persone è tutta rivolta in una direzione, verso il palco e i maxischermi. La tensione della competizione è palpabile. Poi, improvvisamente, il boato. Un fragore assordante accompagna la spettacolare chiusura del round di uno dei giocatori sullo stage.
Chi è, per ora, non ha importanza, perché a interessarci è un altro fatto: non è la finale. E neppure stiamo parlando di Fortnite, Apex Legends o della Overwatch League. No, questo è Counter-Strike: Global Offensive, un titolo che nel mondo riesce (da solo) a riempire interi stadi. E, in questi giorni, abbiamo avuto l'ennesima dimostrazione: è proprio davanti ai nostri occhi.

Una folla incredibile (arena sold out e su Twitch il picco è stato di oltre 400.000 persone solo per il canale principale, sforando il milione di cuncurrent) ha accompagnato tutte le fasi finali del Major. Il quattordicesimo della storia per la precisione, nonché il primo evento della nuova serie Intel Grand Slam.
Il torneo che ha segnato l'esordio della stagione 2019, ha messo in palio un prize pool di un milione di Dollari tondo tondo ed è iniziato lo scorso tredici febbraio ben prima di questi ultimi tre giorni.

Il formato del torneo, infatti, è abbastanza particolare e si suddivide in tre categorie: "New Challengers", "New Legends" e "New Champions". Vedetela come una specie di percorso di sopravvivenza attraverso cui i team che partono dal seed minore possono giungere a sfidare le "Current Legends", ovvero le organizzazioni più vincenti al mondo.

Per Aspera...ad Astralis

Così è stato per una delle formazioni più sorprendenti del torneo: i finlandesi ENCE. Partendo dallo stage più lontano i cinque ragazzotti finlandesi hanno scalato i ranghi con intraprendenza e grande carattere sino a compiere delle imprese prima impensabili: arrivare all'ultima tornata dopo aver messo in fila proprio alcune tra le "Current Legends" più forti al mondo. Tranne una. Per la Cenerentola del torneo, infatti, dopo aver insegnato un po' di umiltà ai Liquid e ai Natus Vincere, la mezzanotte è scoccata prima del previsto. Il setup dei professionistiSu quale setup potevano contare i giocatori professionisti sul main stage? Eccovi un assaggio:
CPU: 8th Gen Intel® Core™ i7 K Series;
Storage: SSD + HDD+ Intel Optane Accelerator;
Ram: 16 GB DDR3L/DDR4;
VGA: GTX 1070 or RX 480/580;
OS: Win 10.
Per Fortnite, invece, Epic Games ha espressamente richiesto processori Intel i9-9900K.

Ad attenderla, purtroppo, c'era una macchina perfetta creata con l'unico scopo di dominare l'avversario: gli Astralis.
Non c'è nulla da fare. Quando si è predestinati, non esiste ostacolo o avversità che tenga. Soprattutto, non ci sarà tifo ostile che possa incrinare la sicurezza acquisita. L'obbiettivo è sempre e solo uno: il successo. Così è stato per la leggendaria organizzazione danese, la prima a essere gestita dai giocatori stessi. Diversi di loro infatti si sono comprati quote della società per garantire una gestione più trasparente possibile. E, visti i risultati, la gestione virtuosa sembra ripagare più che bene, dato che sono il team più vincente della storia di CS:GO.
Gli ENCE, dal canto loro, si sono guadagnati il rispetto di tutti partendo da lontano sino a giungere di fronte al "Golia" di turno. Sfiorare l'impresa, per un team formato meno di un anno fa, di per sé ha già dell'incredibile. La finale, purtroppo, ha messo sin da subito in mostra i reali equilibri della competizione. Errori banali e cinica superiorità degli avversari, poi, hanno fatto il resto.

Gli Astralis sono parsi intelligenze artificiali governate da un'unica mente, programmate per annichilire chiunque sin dal primo input. Macchine che sono tornate umane poco dopo il punto decisivo che ha messo fine alla contesa. Un'esplosione incontenibile di gioia e lacrime, a cui ha fatto eco quella del pubblico che (nonostante fosse palesemente per gli underdog del torneo) non ha mancato di tributare ai vincitori il rispetto che meritano. Grande tenerezza per Dupreeh che, durante l'intervista post partita, si è commosso. Segno che anche loro sono ragazzi, umani capaci di sciogliersi ancora nonostante una sfilza di vittorie che darebbe la pace dei sensi a chiunque.
Una statistica interessante - giusto per farvi capire quando ci riferiamo all'esport che conta, su che ordine di grandezza ci muoviamo - è quella dei "cuncurrent viewers" della finalissima: quasi un milione e duecentomila persone erano sintonizzate sui vari canali streaming per seguire le gesta di Astralis ed ENCE.

SoO, l'Enigmista

Non c'è solo CS:GO, alla Spodek. L'élite della strategia in tempo reale, infatti, è volata in Polonia per contendersi il titolo di campioni del mondo di StarCraft II. Tra questi, c'è stato anche il nostro Riccardo "Reynor" Romiti che, purtroppo, ha dovuto lasciare troppo presto il torneo. Senza rimpianti, però, perché il talentuoso giocatore - tra i migliori occidentali - recentemente approdato ai transalpini di GamerOrigin di strada ne farà ancora tanta. Il percorso che domenica ha condotto gli ultimi due sopravvissuti sull'ambito main stage è stato lungo, non privo di avversità e grandi sorprese.

I coreani, come di consueto mostruosi, hanno fatto il loro gioco riuscendo a eliminare uno a uno tutti i pretendenti occidentali: SpeCial, uThermal, Scarlett e Lambo nei group stage e Neeb e l'alieno Serral nella fase a eliminazione. Dobbiamo dire che il finlandese non si è arreso molto facilmente ed è riuscito a dare del filo da torcere al giocatore che, poco dopo, avrebbe alzato il trofeo. SoO, finito in finale Stats (un'altra leggenda del circuito competitivo), non ha iniziato bene la BO7. I suoi Zerg hanno faticato parecchio a entrare in partita, facendosi soffiare i primi due round dai potenti Protoss di Stats. Un 2-0 che avrebbe spezzato il morale di chiunque. Invece, SoO non si è dato per vinto, rendendosi protagonista di una rimonta pazzesca: quattro round consecutivi e tutti a casa.

A bug's...nite

A latere dei due maxi eventi e alla marginale VR League quest'anno ha fatto il proprio ingresso, passando da un'entrata secondaria, anche Fortnite. Dell'evento, denominato Fortnite Katowice Royale, abbiamo parlato regolarmente dicendo anche che, nonostante non abbia guadagnato il main stage (fortunatamente ancora terra consacrata), era comunque chiamato a gettare una base importante per il futuro competitivo del titolo. Un anno questo, lo ricordiamo, ricchissimo di eventi dal prize pool milionario che culminerà nella Coppa del Mondo di luglio, in cui saranno ben trenta i milioni buttati sul piatto in un colpo solo.

Fortnite, però, difetta ancora delle caratteristiche minime che dovrebbero contraddistinguere un titolo realmente competitivo da uno, invece, "just for fun".
Le abbiamo elencate più volte, nel corso dei mesi e non staremo qui a ripeterle. Ciò che, invece, ha stupito un po' tutti a Katowice è stata la politica di Epic Games, portata avanti in maniera del tutto insensata. In barba a qualunque regola aurea che imporrebbe quantomeno la stabilità della scena competitiva, il colosso statunitense ha fatto di testa sua arrivando a far debuttare i contenuti della nuova stagione a poco più di quarantotto ore dall'inizio di un torneo offline di prima fascia. Dunque, i giocatori si sono improvvisamente trovati a fare i conti con novità che non conoscevano, come ad esempio importanti modifiche alla mappa, con tutte le conseguenze del caso.

C'è chi dirà: "si devono adattare, son problemi loro", oppure "se si lamentano e non sanno imparare nuovi pattern, non sono così tanto pro; le regole si possono cambiare, così si mantiene vivo lo spettacolo". Dichiarazioni del genere lasciano tutto il tempo che trovano, perché probabilmente non si sa quanta meticolosa preparazione c'è dietro a un torneo così importante. Inoltre, avete mai sentito la federazione di una qualsiasi disciplina sportiva che, due giorni prima di un campionato o di una coppa, stravolge arbitrariamente le regole del gioco?

Senza contare che, con l'update, Fortnite si è presentato all'appuntamento con una discreta congerie di bug e glitch. Una situazione, francamente, imbarazzante. Nate Hill dei FaZe Clan, ad esempio, ha dichiarato che sia lui che il suo compagno hanno avuto i personaggi in "freeze" di fronte a un'altra coppia, che li ha eliminati. Infine un altro pro player ha provato a catapultarsi col Cannone pirata con un risultato da dimenticare, visto che un glitch l'ha bloccato su un albero in un loop infinito. Infine, per l'ennesimo bug, il giocatore Marki pur con zero punti vita non poteva essere eliminato dal match.

Per la cronaca, il torneo Solo è stato vinto da "Vinny1x" mentre, il Duo, se lo sono aggiudicati "Saf" dei Ghost Gaming e "Zayt" degli NRG. L'unico italiano in corsa, Pow3r, che non è riuscito a performare come avrebbe voluto, chiudendo al penultimo posto in Solo e al ventinovesimo in Duo.

Fortnite, insomma, nonostante il grande successo (inter)nazional-popolare, ha bisogno di una ristrutturazione dalle fondamenta, se vuole sopravvivere nel mondo competitivo del futuro. Sempre che Epic si decida di prendere sul serio la parola "esport".

Ora che è calato il silenzio, i coriandoli si sono posati e i riflettori della Spodek si sono spenti dissipando tutto il calore accumulato, scende un senso di malinconia per la fine di uno spettacolo come ne esistono pochi al mondo. La speranza, però, è quella di ritrovarsi nuovamente l'anno venturo, per celebrare ancora una volta una stagione di grande esport.