Speciale Keiji Inafune - Il futuro dei giochi Giapponesi

Il Talk appassionato di Keiji Inafune

Speciale Keiji Inafune - Il futuro dei giochi Giapponesi
Articolo a cura di

La lista dei talk che ogni anno vanno a comporre la GDC di San Francisco è sempre imponente e non può che far intimorire ogni partecipante che voglia organizzare il proprio tempo e le proprie energie per seguire tutti gli eventi di particolare interesse.
Una conferenza di un’ora presieduta da Keiji Inafune, però, è uno di quegli appuntamenti da non perdere, soprattutto alla luce della sua uscita da Capcom quasi sbattendo la porta, avvenimento che ha generato un’infinità di polemiche.
Il talk intitolato “Il futuro dei giochi giapponesi” era quindi un’occasione ghiotta per capire cosa davvero è accaduto, quali sono le motivazioni che hanno portato Inafune ad abbandonare il colosso nipponico fondando un team indipendente e, soprattutto, quale sia il suo reale pensiero sull'attuale industria nipponica, in apparente difficoltà da ormai alcuni anni.

Rabbia

L'argomento non è nuovo e anche sulle pagine di Everyeye ne abbiamo parlato spesso: le produzioni nipponiche non sono più quelle di una volta e i grandi nomi sembrano in difficoltà, almeno rispetto a team occidentali che, in termini di inventiva e tecnologie, sembra siano riusciti a prendere il sopravvento, catalizzando l'attenzione degli appassionati ormai più inclini a seguire i prodotti sviluppato in America ed Europa, rispetto ai titoli provenienti dall'oriente.
Sentir parlare una figura di spicco che ha vissuto sulla sua pelle il declino dell'industria giapponese, però, fornisce un punto di vista del tutto nuovo: Inafune ha ripercorso la sua carriera dagli albori (dando grande spazio al brand Mega Man e non risparmiando frecciate a Capcom, a causa della cancellazione del nuovo episodio), fino ad arrivare ai giorni nostri, passando per il lavoro spalla a spalla con Mikami su numerosi progetti, vero e proprio periodo d'oro.
Ha poi ammesso di aver predetto in tempi non sospetti il declino dell'industria giapponese, confermando la necessità di fermarsi, fare della profonda auto analisi e riflettere, mettendo da parte il proprio orgoglio in modo da inquadrare il vero problema: la mancanza di voglia di vincere, di tornare ad affermarsi, perduta negli ultimi anni probabilmente in virtù della tendenza a lasciarsi andare, beandosi sugli allori dei successi del passato, diventati via via sempre più sporadici, fino a scomparire.
Inafune non usa mezzi termini: la sua visione attuale vede relegati al passato i videogiochi giapponesi. Il game designer fa un paragone con grandi attori hollywoodiani ormai non più sulla cresta dell'onda, che stride e suona un po' rozzo, benché realistico.
Tali pensieri hanno spinto Inafune ad abbandonare Capcom, una delle major per quanto riguarda la produzione di videogiochi in Giappone, per fondare Comcept, un team ridotto, agile, con una visione ben definita e la voglia di riuscire, attualmente impegnato con King of Pirates per 3DS e, come confermato direttamente durante il talk, pronto a dedicare le proprie attenzioni anche a Playstation Vita.
L'abbandono dei brand che hanno fatto grande Capcom, quindi, è visto come una liberazione da Inafune, un ritorno alla libertà creativa e decisionale, senza più la necessità di lunghe riunioni con i vertici dell'azienda per prendere decisioni sì strategiche ma praticamente ovvie, senza le quali non sarà possibile ritornare allo splendore di un tempo.

Riflessione

Come analizzare le parole di Inafune? L'attacco frontale sferrato durante la GDC sarà andato a segno e i grandi nomi del Sol Levante torneranno sui banchi di scuola, per riuscire a risorgere dalle loro ceneri?
In realtà è assolutamente vero che le grandi produzioni giapponesi non stanno più incontrando il successo che ottenevano un tempo. C'è però da dire che su determinati generi la produzione giapponese continua a dettare legge, con alcuni team che si sono fatti notare anche in occidente, trasformandosi da stelle promettenti ad affermate certezze. Basta nominare Platinum Games, ad esempio, per far provare un brivido lungo la schiena a chiunque si diletti con pad e console.
Dal punto di vista tecnologico, invece, il recente passato ha visto l'abbandono dell'uso di molte tecnologie proprietarie in favore dello sfruttamento di motori grafici e tool prodotti in occidente, affermati e leader di mercato; basti citare il proliferare di titoli sviluppati con l'Unreal Engine anche in territorio nipponico.
Proprio Capcom, però, non ha mai ceduto, continuando a sviluppare il proprio MT Framework, utilizzato per quasi tutti i giochi prodotti dalla compagnia, con una versione dedicata alle console portatili che ha mostrato i muscoli proprio di recente, con la pubblicazione di Resident Evil Revelations, vero e proprio showcase grafico per il portatile 3D di Nintendo.
Anche Square-Enix e Konami, poi, non sono state a guardare e proprio negli ultimi mesi hanno presentato alla stampa nuovi e rinnovati motori grafici, con il nuovo engine del team di Kojima che ha destato particolare interesse, grazie ad alcuni screenshot che mettevano a confronto delle fotografie e dei render ottenuti con il tool; una trovata che sa tanto di marketing ma che ha sollevato parecchio buzz in rete.
Rimane da capire come verranno utilizzati tali motori grafici, secondo gli addetti a prova di futuro. Ma quale? Quello delle nuove console, non ancora ufficializzate, WiiU a parte?
In fondo il mercato, come sottolineato a più riprese anche alla recentissima GDC di San Francisco, sembra guardare con sospetto all'hardware dedicato per giocare, con l'affermazione sempre più stabile di piattaforme ibride, quali quelle mobile rappresentate dai dispositivi Apple e Android, oppure l'espansione dei social network e del gioco online su browser, con i servizi di streaming quali OnLive e Gaikai che iniziano ad essere tangibili e non solo semplici speranze avveniristiche.

Game Developers Conference 2012 Inafune è palesemente in collera con Capcom ma quello che realmente è accaduto, probabilmente, non lo sapremo mai. La sua voglia di scuotere l'industria nipponica non convince fino in fondo e sembra piuttosto quello che gli americani chiamano rant: una sfuriata a trecentosessanta gradi, con l'obiettivo sì di far parlare di sé ma anche per togliersi qualche sasso dalla scarpa, senza però voler fare nomi e cognomi: alla domanda di uno dei presenti durante la sessione di questions and answers, nel quale si chiedeva ad Inafune quali sono, secondo il suo parere, le aziende giapponesi ancora sulla cresta dell'onda, ha risposto che l'obiettivo di tutto il discorso era di stimolare l'industria nipponica e non di farsi dei nemici, segno che non tutto è stato detto. Un punto di vista interessante, quindi, sebbene un po' troppo furioso e che, necessariamente, andrà comprovato con i fatti.