La logica di genere: un limite o uno strumento?

Può l'appartenenza a un genere specifico diventare uno strumento per valutare le reali qualità di un videogioco?

La logica di genere: un limite o uno strumento?
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Quando nei primi mesi del 2015 Ready at Dawn pubblicò The Order 1886, sui forum e nei social era possibile leggere ogni tipo di critica alla nuova proprietà intellettuale esclusiva per PS4. Dalla durata al gameplay, passando per la storia, i giocatori si lamentarono a lungo di un titolo che aveva suscitato molto interesse nei mesi precedenti. Una critica, però, mi colpì particolarmente: a detta di molti, non c'erano abbastanza sessioni sparatutto perché il gioco potesse essere considerato un TPS. Il motivo per cui rimasi stupito fu che questa specifica critica non riguardava la qualità del gioco in sé, ma quanto questo si adeguasse agli stilemi del genere a cui faceva teoricamente riferimento. Può dunque l'appartenenza a un genere diventare uno strumento di valutazione di un'opera videoludica? Ovviamente, no. Vediamo perché.

Uscire dagli schemi

Innanzitutto bisogna distinguere tra il valore del genere in ambito creativo rispetto al suo peso in termini valutativi, critici. Chiaramente, per chi crea, il genere potrebbe apparentemente sembrare un limite: le atmosfere imposte da un noir, i toni richiesti dalla tragedia, il colpo di scena necessario in un giallo, tutti elementi che chiedono all'autore di lavorare su dei canoni precostituiti e che formano una gabbia per la struttura dell'opera. Eppure, avere un percorso da seguire non sembra aver limitato chi nella sua vita ha creato seguendo gli schemi del genere: da Shakespeare a Monicelli, da Miles Davis a Vermeer, le loro opere sembrano tutto tranne che limitate per chi crea, o limitanti per chi le vive. Anzi, spesso un genere rappresenta dei temi specifici e immediatamente distinguibili, come la commedia o l'horror, e permette all'autore di affrontarli in maniera diretta. Non solo: spesso il creativo più completo è chi riesce a rivoluzionare un genere, modificandone gli schemi o le strutture quel tanto che basta dal rimanere al suo interno, ma creando un modo nuovo di utilizzarli.

Se per chi crea la logica di genere sembra dunque essere a volte un ottimo strumento, troppo spesso si trasforma in un limite per chi critica o valuta un'opera, soprattutto nel caso specifico del videogioco. L'approccio prettamente tecnico, quasi clinico, all'analisi del medium videoludico ha spesso portato a considerare i vari titoli come un elenco di elementi necessari, vitali affinché il prodotto possa essere definito come esponente di un genere specifico, e quindi vendibile come tale.
Al di là del sopracitato The Order 1886, basti pensare alle reazioni suscitate dalle avventure Telltale, bollate come "non giochi" poiché prive di una quantità accettabile di enigmi secondo i canoni delle cosiddette avventure grafiche; o ancora a Portal, dove nonostante si sparino proiettili in prima persona, l'assenza di persone da uccidere ha portato molti a collocare il titolo in un genere a sé stante.
Eppure i giochi Telltale e l'avventura Valve confermano quanto detto prima: la capacità di rielaborare un genere e lavorare sui suoi stilemi è forse l'elemento più interessante e distintivo di queste produzioni. Dimenticarne le qualità solo perché il prodotto finale è troppo distante da uno specifico genere di riferimento, è sbagliato sotto ogni punto di vista.

Temi e Meccaniche

Oltre al thriller, al noir o al fantasy, il medium videoludico sfrutta altri generi: sparatutto in terza e prima persona, gioco di ruolo, di piattaforme o di sopravvivenza.
Mentre i primi si riferiscono prevalentemente alle atmosfere, ai toni e ai temi del videogioco in esame (genere tematico), i secondi indicano quasi esclusivamente che tipo di meccaniche verranno utilizzate dal giocatore (genere meccanico). Rispetto agli altri media, quindi, il videogioco vive un dualismo di categorie che spesso sembra mandare in confusione la ritica.Esemplificando, pensate a Sleeping Dogs: un thriller che sfrutta meccaniche open world, negando -a causa della libera esplorazione- i ritmi che solitamente rendono un'opera degna di appartenere a quel genere. Al contrario, si prenda L.A. Noire: in quel caso l'open world restava volutamente in disparte, privo di missioni secondarie o di collezionabili, ma funzionale solo a ricostruire nella mente del giocatore un mondo più aperto, privo di barriere. Una scelta operata per migliorare la creazione di un contesto, senza entrare in conflitto con un ritmo narrativo sicuramente più adatto a quel particolare genere di racconto.

Da un punto di vista creativo, dunque, questo esempio dimostra che i team di sviluppo decidono spesso di superare i "confini" imposti dalle categorie vengono, sfruttando solo specifiche caratteristiche del genere (meccanico) di riferimento: quelle necessarie all'obiettivo dell'autore.
Dal punto di vista critico, tuttavia, siamo ben lontani da un'analisi che tenga conto appunto di questa volontà. Volendo proprio riprendere i casi precedenti, spesso le critiche dei giocatori sul lavoro del Team Bondi riguardano la pochezza e l'inutilità contenutistica di L.A. Noire, nonostante quest'ultima sia funzionale al genere tematico prescelto. D'altro canto, le missioni secondarie e i collezionabili di Sleeping Dogs vengono considerati un elemento positivo nella valutazione complessiva dell'opera United Front Games, anche se di fatto finiscono inevitabilmente spezzettare il ritmo del racconto.

In generale, spesso il giocatore preferisce una maggiore coerenza col genere meccanico di riferimento che non con quello tematico, rischiando però di giustificare un'industria che predilige mettere insieme categorie tra di loro molto diverse e poco funzionali, ma appetibili per la massa. Ogni volta che ci troviamo di fronte a un'opera palesemente inserita all'interno di un genere bisogna sempre tenere a mente che questo non deve tradursi in una totale aderenza alle sue meccaniche, ai suoi toni ed ai suoi temi. Lo schema di riferimento deve essere, per l'autore, un punto di partenza e un'opportunità, non una costrizione. La vicinanza ad un genere specifico può insomma essere un "suggerimento" iniziale per il giocatore, che avrà poi il "compito", soppesando anche le deviazioni dalla norma, di vivere l'esperienza per come è stata pensata da chi l'ha creata, e non in base alle regole imposte dal genere di riferimento.