La nascita delle prime associazioni di pro player: i casi Overwatch e CS GO

Si moltiplicano le iniziative per la costituzione delle associazioni in favore di pro player eSport, i primi sono Overwatch e CS:GO.

La nascita delle prime associazioni di pro player: i casi Overwatch e CS GO
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Abbiamo visto che, con l'imponente crescita del movimento videoludico competitivo, sono sorte una serie di problematiche mai considerate sino a questo momento. Prima fra tutte, l'incertezza del concetto di "giustizia". In questo settore, ancora privo di regole chiare e organismi super partes quella parola diventa improvvisamente permeabile, malleabile a mille interpretazioni contrastanti.
Succede sempre così quando ci si addentra in un terreno inesplorato, in cui risulta del tutto assente un principio fondamentale di qualunque civiltà moderna: la "certezza della pena". Con l'ingresso di nuovi stakeholder nel panorama competitivo (e, ovviamente, anche di moltissimi soldi) si moltiplicano sempre più gli episodi di "violenze", scorrettezze, abusi, imbrogli e combine. Per combatterli si adottano metodi semplici e pratici: si banna, si espelle, si multa. Forse noi ci facciamo più caso, rispetto al recente passato; forse l'espansione del movimento porta inevitabilmente a un aumento proporzionale dell'illegalità.

Who watches the Watchmen?

Già, ma chi scrive le regole del gioco? E, soprattutto, chi si arroga il potere di farle applicare?
Nulla poena sine lege, recita un brocardo latino. È ingiusto comminare sanzioni senza che sia ben chiara la cornice sanzionatoria all'interno della quale ci si può e deve muovere. Dall'assenza di una pena certa e definita, quindi, non potrebbe scaturire alcuna punizione. Eppure organizzatori, publisher, e sviluppatori dettano - letteralmente - le regole del gioco. Codici di condotta e altri ameni scritti privati assurgono a nuove Tavole della Legge. Fino a qui, la pratica può anche essere giustificata. "Mio il gioco, mie le regole", si dice di solito. Il problema, però, sorge quando i soggetti colpiti dagli interventi disciplinari devono difendersi dalle accuse o da decisioni prese da altri. Come possono farlo, se non esiste alcuna struttura o organizzazione in grado di sostenerli? Semplice: subiscono senza poter far sentire la propria voce. Ricordiamo, peraltro, che molto spesso sono ragazzi giovanissimi, decisamente poco consapevoli quando ci si approccia a tematiche così importanti.

Un piccolo passo...

Due sforzi molto diversi ma, per certi versi, estremamente simili hanno preso il via per creare le prime, vere associazioni di categoria per i giocatori professionisti del gaming competitivo.
I due titoli coinvolti sono, attualmente, i più popolari e famosi: ovvero Overwatch e Counter-Strike: Global Offensive.
Nel caso in cui queste operazioni vengano coronate da successo, segnerebbero un passo epocale per tutta la categoria di giocatori professionisti. Una forma sindacale organizzata, infatti, entrerebbe nel circuito professionistico per rappresentare gli interessi dei giocatori.
Per ciò che concerne il caso dell'hero shooter Blizzard, le decisioni assunte dalla lega in merito alla recente condotta di alcuni giocatori (come xQc e altri) hanno spinto alcuni a chiedere con fermezza la formazione di un sindacato. In effetti, abbiamo più volte ricordato di come le punizioni vengano inflitte senza che al giocatore sia data la possibilità di far valere le proprie ragioni davanti a un soggetto terzo e imparziale. Le canoniche scuse su Twitter, ovviamente, non possono contare.

Nate Nanzer, commissario della Overwatch League, si è espresso in merito a tale iniziativa con dichiarazioni non esattamente favorevoli. In effetti, visto il controllo capillare che da sempre caratterizza Blizzard, era scontato che i vertici della lega non vedessero di buon occhio un'iniziativa nata al di fuori da qualunque regola codificata e potenzialmente foriera di problemi per la commissione responsabile.
"Abbiamo parlato molto di questo argomento, non pensavamo che avesse senso per il campionato. C'è una sorta di conflitto di interessi. Per noi è stato molto importante progettare la Overwatch League avendo in mente un campionato in cui i giocatori fossero trattati molto bene. Penso che abbiamo fatto molto per poter riuscirci. Comunque, se i giocatori decidono che è nel loro miglior interesse formare un sindacato, naturalmente saremmo di supporto".

Il primo sforzo, in questo senso, è guidato da Thomas "Morte" Kerbusch, ex giocatore e coach attivo in Overwatch e dall'avvocato di diritto dello sport Ellen Zavian. I sindacati, come sappiamo, hanno anche la possibilità di contrattare collettivamente termini e condizioni di impiego, e Zavian ha indicato che la volontà è proprio quella di formare un modello che segua quello di altri principali sindacati sportivi nordamericani, come la NFL Players Association o l'MLB Players Association.
"Non vedo questa PA (Player Association, l'associazione dei giocatori) diversa da qualsiasi altra PA solo perché si tratta di esport", ha detto Zavian. "Quindi, per il mondo esport sarà un grande passo avanti". Kerbusch ha coccolato l'idea di fondare un'associazione che rappresentasse i giocatori attivi su Overwatch addirittura sin dal lancio del gioco, avvenuto nel 2016, ma ha iniziato a lavorarci seriamente solo dopo aver incontrato l'avvocatessa Ellen Zavian. Zavian, attiva da molto tempo nel diritto sportivo, insegna diritto dello sport alla George Washington University, ed è stata consultata per la formazione di diversi sindacati nel framerwork sportivo, tra cui quello che rappresenta la nazionale di calcio femminile degli Stati Uniti.

Il problema della legge applicabile

L'altro sforzo, invece, vede attualmente protagonista Counter-Strike e raccoglie i giocatori sia della ESL Pro League che della lega FACEIT ECS. L'iniziativa è guidata da Scott "SirScoots" Smith, un pioniere nel mondo esport e da Michael Doi, un avvocato che rappresenta i giocatori di sport e fornisce a Smith consulenza legale. La Counter-Strike Professional Players Association, o CSPPA, sta cercando di raccogliere le firme dagli oltre 225 giocatori che giocano professionalmente in tutto il mondo.
"Ogni giorno firma un ragazzo", ha detto. "Direi che circa 70 hanno firmato un documento ufficiale di adesione e che sono favorevoli all'associazione dei giocatori e vogliono farne parte". Smith ha dichiarato che il CSPPA non sta cercando di formare per forza un'associazione assoggettata alla legge degli Stati Uniti, perché Counter-Strike è un gioco globale. La maggior parte dei giocatori professionisti di Counter-Strike, inoltre, risiede in Europa e solo meno di un quarto ha residenza negli Stati Uniti. I giocatori che vogliono aderire alla CSPPA stanno firmando, per il momento, solo semplici "impegni ad aderire" e non "autorizzazioni formali". Queste ultime sono infatti necessarie per dare valore legale all'associazione solo nel caso in cui essa venga formata seguendo le leggi federali statunitensi. Ed è per questo motivo che il CSPPA non ha ancora fissato alcun punto fermo riguardo alla formazione dello statuto.
Ad ogni modo, nonostante il CSPPA sia ancora pienamente in fase di formazione, gli organizzatori dei tornei hanno già recepito l'epocale importanza di tale iniziativa e hanno già iniziato a muoversi, prendendo contatto con Smith per capire come muoversi.

Per ciò che riguarda Overwatch, invece, il discorso si fa diverso. È, anch'esso, un gioco "globale"; il problema è che la Overwatch League, però, non lo è: nove delle dodici franchigie hanno la propria sede negli Stati Uniti (e il campionato è interamente organizzato in California), mentre solo tre sono stabilite fuori dai confini statunitensi, rispettivamente in Cina, Corea del Sud e Inghilterra (nonostante i Cloud9 siano comunque un'organizzazione americana).

Dunque, per ciò che concerne il framework relativo al campionato targato Blizzard, sia Zavian che Kerbusch hanno in programma di concludere la formazione dell'associazione tra pochissimi mesi: "In quattro mesi vogliamo pubblicare un comunicato stampa con tutte le informazioni essenziali per partire, come il numero preciso di giocatori rappresentati e la costituzione legale dell'associazione", ha detto Kerbusch. Zavian ha invece affermato che la nuova associazione di esport si occuperà degli stessi problemi affrontati da altre importanti associazioni di giocatori professionisti attive in sport tradizionali tra cui la retribuzione, l'assicurazione, la formazione continua e la fondamentale istituzione di un arbitrato per gestire le controversie. L'avvocatessa ha anche anticipato che, oltre ai giocatori attivi nella Overwatch League, ha preso contatto con altri professionisti attivi su diversi altri titoli.
Al momento non è chiaro a quale legge i promotori dell'iniziativa vogliano conformarsi, ma sembrano orientati per mantenere ferma la normativa federale statunitense.

Un diverso tipo di sindacato, oltre a quello dei "padroni"

Zavian e Kerbusch non erano a conoscenza dell'iniziativa proposta da Smith per Counter Strike e lui non era a conoscenza della loro. Negli esport, ogni gioco è un universo a sé stante con la propria comunità e proprie regole, proprio come accade negli sport tradizionali. Quindi è più che comprensibile che permangano molti problemi di "comunicazione", anche tra soggetti che operano in una direzione comune e precisa.

Se le associazioni di Overwatch o Counter-Strike vedranno ufficialmente la luce, nessuna di queste sarebbe la prima associazione di giocatori di sport, ma è più che probabile che siano le prime create "dal basso", ovvero da soggetti esterni al potere dei publisher. Lo scorso anno, ad esempio, Riot Games, proprietario e sviluppatore di League of Legends, ha creato la prima associazione invitando tre candidati alla leadership dell'associazione e chiedendo ai giocatori di selezionarne uno per assumerne il controllo. I giocatori hanno selezionato Hal Biagas, un avvocato specializzato nel diritto sportivo che, in passato, aveva lavorato per la National Basketball Players Association. Inutile dire che si è scatenata la polemica, per il rischio di eccessiva ingerenza da parte della stessa Riot nella gestione dell'associazione.
Biagas, nel corso di un'intervista ha dichiarato: "Le nostre priorità sono di standardizzare i contratti delle squadre e apportare le dovute modifiche per renderli più favorevoli ai giocatori". Vedremo se questo corrisponderà a verità.

L'idea di formare il CSPPA, invece, è nata in modo del tutto naturale senza imposizioni dall'alto. Il seme di quell'idea è stato piantato a causa di una controversia che, nel 2017 vide i giocatori di Counter-Strike contrapporsi ai proprietari della Professional eSports Association che volevano far confluire i giocatori in una lega apposita sul suolo americano, mentre gli atleti premevano per entrare nella Pro League europea. Come abbiamo ricordato poco fa, ci sono molti professionisti europei attivi in CS:GO. In quel caso, furono gli stessi giocatori a chiedere l'intervento di Smith, affinché li aiutasse a dirimere la controversia. Insomma, i giocatori professionisti hanno iniziato - giustamente - a prendere coscienza che il loro non è solo un divertimento ma bensì un vero e proprio lavoro, attualmente ancora sfornito di tutele giuridiche atte a proteggere la parte debole. Se le due iniziative avranno successo, di sicuro questo sarà un passo epocale (solo il primo) per tutta la categoria.