La storia di Bluepoint Games, dagli inizi al remake di Demon's Souls

Lo studio di Austin ci ha regalato esperienze videoludiche impareggiabili: partiamo alla scoperta del loro straordinario percorso, iniziato nel 2006.

La storia di Bluepoint Games, dagli inizi al remake di Demon's Souls
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  • Ci sono incontri in grado di cambiare il corso degli eventi, e in questo caso la storia dell'intero medium videoludico. Incontri tra piccole storie che vanno a confluire in un quadro più grande: quella dell'illustre Bluepoint Games, definita dall'autorevole Digital Foundry la Master delle Remaster (e non solo). Abbiamo deciso di ripercorrere la straordinaria avventura di un team inizialmente formato da due colleghi e amici, ma che oggi conta più di novanta talentuosi professionisti.

    Bluepoint Games nasce dalla visione di Marco Thrush e di Andy O'Neil, e ben presto i suoi risultati sorpassano ogni aspettativa dei fondatori. Il loro motto? Fare meglio rispetto al progetto precedente. Andare sempre avanti. Dal 2006 ad oggi, con il clamoroso successo del remake di Demon's Souls, gli sviluppatori di Austin hanno mantenuto questa promessa, lasciandoci ogni volta incantati davanti allo schermo.

    Un bambino davanti a un computer

    Nato a Birmingham nel 1972, Andrew O'Neil ha un papà poco convenzionale. Mentre i bambini del vicinato rimangono per ore attaccati al televisore per guardare il loro programma preferito, Peter O'Neil decide che in casa quella diavoleria non sarebbe mai entrata. Viene però promossa la creatività del piccolo Andy, che manifesta ben presto un forte interesse per i computer: a soli dieci anni il bambino è felice possessore di un Sinclair Zx Spectrum, un regalo di Natale che lo manda davvero su di giri...

    Forse Andrew non lo sa ancora, ma quella storia d'amore con i computer è destinata a durare. Dopo una laurea in Fisica ed Elettronica conseguita nel 1994, comincia a programmare demo che invia qua e là, nella speranza di ottenere presto un lavoro. Dopo alcune esperienze nel settore videoludico, arriva un'occasione d'oro: l'incarico di Lead Programmer di Metroid Prime, in sviluppo presso Retro Studios. La sede operativa della compagnia si trova ad Austin, dove O'Neil farà davvero grandi cose. Innanzitutto conosce Marco Thrush, Software Engineer impegnato anche lui su Metroid. Ben presto, però, i due cominciano a sognare in grande: vogliono diventare degli sviluppatori indipendenti. Vogliono, insomma, aprire uno studio tutto loro. E lo fanno per davvero. È nata Bluepoint Games.

    Gli inizi

    Il 2006 è stato un anno campale per il gaming: nel mese di novembre avvenne l'uscita di PlayStation 3 in terra nipponica e statunitense, con la contemporanea inaugurazione del PlayStation Network. Un momento significativo non soltanto per Sony, ma anche per la neonata Bluepoint Games, che ha pubblicato il suo primo gioco proprio il giorno del lancio di PlayStation 3. Blast Factor poteva essere scaricato proprio dal PlayStation Network, ed è stato un vero e proprio progetto pilota per la piattaforma online di Sony.

    Blast Factor non ottenne recensioni reboanti dalla critica, né tantomeno fu un clamoroso successo di pubblico; tuttavia fu il trampolino di lancio perfetto per uno studio sì alle prime armi, ma con talento e grinta da vendere. Bluepoint Games era al posto giusto nel momento giusto: Sony era intenzionata ad avviare una strategia di lungo termine volta alla release di remaster di giochi illustri appartenenti alle passate generazioni di PlayStation, in modo tale da evitare l'oblio dei titoli hardware-locked - e generare dei brillanti guadagni capitalizzando la nostalgia dei fan con qualche primavera alle spalle.

    Il team di Austin diventa così il pioniere del fenomeno delle remaster con la seminale God of War Collection (2009), che scaldò gli animi dei fan di Kratos in attesa del terzo capitolo della serie, uscito nel 2010. L'operazione permise a tutti gli utenti di PlayStation 3 di godere delle sanguinolente avventure dello spartano più amato della storia dei videogiochi sulla nuova console: tenete a mente che soltanto le primissime PlayStation 3 - quelle distribuite prima dell'agosto 2007 - erano dotate di retrocompatibilità con i dischi per PlayStation 2. Questo nuovo viaggio di Kratos fu un autentico successo, con universale plauso della critica e vendite eccellenti che convinsero Sony a proseguire su questa strada... e non solo, perché anche Bluepoint Games sembrava aver trovato una direzione duratura.

    La God of War Collection stupì il mondo per pulizia tecnica, fedeltà all'originale e stabilità del frame rate. In questo caso, il lavoro del team fu prevalentemente incentrato sul miglioramento e revisione delle texture degli originali, che poterono così brillare sul nuovo hardware di casa Sony. Come dichiarato da Peter Dalton, Technical Director di Bluepoint Games, nel corso della Game Developers Conference del 2019, "ci sentiamo onorati a poter lavorare su titoli che amiamo profondamente, e trovo meravigliosa l'opportunità di poter scoprire in che modo questi giochi sono stati prodotti".

    Il lavoro negli studi di Austin inizia sempre allo stesso modo: con un'analisi approfondita per almeno due mesi. Come? Giocando e rigiocando l'originale su cui si andrà a innestare il talento del team. Questo passo è fondamentale per assorbire la magia del titolo e rispettarla durante lo sviluppo della remaster o del remake: sempre secondo le parole di Dalton, "dobbiamo rispettare le scelte degli sviluppatori originari. E non deve andare perso l'incanto del gioco originale".

    L'hands on del titolo in questione viene affiancato da un approccio che non sarebbe sbagliato definire filologico: come dichiarato da Marco Thrush, "la ragione per cui siamo considerati la destinazione ideale per remaster e remake è che ci importa davvero dei nostri progetti. I giochi su cui lavoriamo... ci lavoriamo perché li abbiamo scelti". Ogni piccola variazione rispetto agli originali è motivata dalla volontà di realizzare la visione degli sviluppatori, spesso costretta a compromessi da console datate; per questo il team si dedica all'analisi di schizzi, lavori preparatori, appunti di direzione. Perché il diavolo sta nei dettagli.

    Il successo

    In seguito al felice lancio della God of War Collection, Bluepoint Games decise di mettersi al lavoro su due titoli dal fascino unico, che avrebbero avuto grande importanza per la storia della compagnia. Parliamo di Ico (2001) e Shadow of the Colossus (2005), due capolavori che di certo non hanno bisogno di presentazioni, e che furono tirati fuori dalla prigione dell'hardware lock con The Ico & Shadow of the Colossus Collection (2011).

    I giocatori dell'epoca poterono gioire di considerevoli miglioramenti a livello grafico, e finalmente Wander e Agro poterono muoversi in tutta libertà, sempre a trenta fotogrammi al secondo, sulla più performante PlayStation 3 (la sofferenza della precedente console Sony per le prodezze tecniche del Team Ico era spesso palpabile...). Gli sviluppatori dei titoli originali prestarono la loro assistenza a Bluepoint Games per la migliore riuscita possibile del progetto, e lo stesso Fumito Ueda riservò parole generose ai talenti di Austin, definendoli dei "veri maestri" nella difficile arte del restauro videoludico. Come vedremo a breve, la storia d'amore fra le creazioni di Ueda e Bluepoint Games era ben lontana dall'essere finita.

    The Ico & Shadow of the Colossus Collection arrivò sugli scaffali nel settembre 2011. Nemmeno due mesi dopo il team era di nuovo sulla cresta dell'onda con l'eccellente Metal Gear Solid HD Collection, uscita nel novembre dello stesso anno. Bluepoint Games ribadiva di non avere timori a confrontarsi con veri e propri giganti della storia del videogioco, in questo caso Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty (2001), Metal Gear Solid 3: Snake Eater (2004) e Metal Gear Solid: Peace Walker (2010).

    Per amor di precisione, ricordiamo che il lavoro su quest'ultimo titolo fu curato dallo studio giapponese Genki, mentre Bluepoint Games si occupò del secondo e del terzo capitolo della saga dell'iconico (anzi, degli iconici) Snake. Dopo la parentesi forse non memorabile di PlayStation All-Stars Battle Royale (2012), sviluppato con l'ausilio del Bluepoint Engine nella versione PlayStation 3 da SuperBot Entertainment e curato da Bluepoint Games nell'edizione per PlayStation Vita, lo studio si è dedicato al revamp di titoli di natura molto variegata: dall'etereo Flower (2013) allo shooter Titanfall (2014) passando per la validissima Uncharted: The Nathan Drake Collection (2015) fino ad arrivare al particolarissimo Gravity Rush Remastered (2015), Bluepoint Games ha inanellato un successo dopo l'altro, fino ad arrivare al climax rappresentato dai suoi due lavori più recenti.

    Wander e i demoni

    Abbiamo visto come il team di Austin si fosse già cimentato nell'impresa di traghettare le opere del Team Ico da PlayStation 2 alla successiva generazione di hardware Sony. Un'impresa che si poteva dire riuscita con grazia, ma che non si fermò lì. L'agognata retrocompatibilità tra PlayStation 4 e PlayStation 3 rimase uno dei tanti sogni infranti dei videogiocatori, e così Sony decise di affidare a Bluepoint Games l'arduo compito di rimodernare lo splendido Shadow of the Colossus, il cui remake uscì nel 2018 (potete leggere qui la nostra recensione di Shadow of the Colossus).

    È annosa e altrove approfonditamente più discussa la discussione sulla distinzione tra remaster e remake. Bluepoint Games non ha mai avuto dubbi: quello di Shadow of the Colossus su PlayStation 4 è un remake. E non è difficile capire il perché, vista anche la mole di polemiche da parte di numerosi utenti, rimasti scandalizzati dalla differente allure complessiva delle Terre Proibite.

    Randall Lowe, Producer di Bluepoint Games, non è rimasto indifferente a queste osservazioni: "il nostro lavoro consiste nell'incidere su un qualcosa che abbiamo soltanto giocato in quanto utenti. Non possiamo avere una conoscenza totale delle decisioni di design che si celano dietro ogni scelta fatta durante lo sviluppo, ma è proprio per questo che dedichiamo moltissimo tempo allo studio di note di design e di direzione artistica. In questo modo, quando cambiamo qualcosa all'interno del gioco o aggiorniamo qualche aspetto dell'esperienza, lo facciamo nello stile che meglio rappresenta lo spirito del titolo". In numerose dichiarazioni, il team è stato adamantino nel ribadire la propria volontà di non appropriarsi delle meravigliose proprietà intellettuali su cui ha l'opportunità di agire da restauratore, bensì di esaltare le qualità del gioco originale, regalandogli nuova vita e respiro su hardware più performanti.

    Nel giugno 2019, però, una tragedia colpisce Bluepoint Games: muore il co-fondatore Andrew O'Neil, a soli quarantasette anni. Il bambino con il computer non c'è più. "In fin dei conti" amava dire, "bisogna soltanto lavorare a testa bassa, evitare le distrazioni, e fare del proprio meglio". Ogni volta il suo team si è spinto più lontano; ogni volta ce l'ha fatta, regalando magia a milioni di persone. "Sono davvero grato per l'impegno e l'amore che metteva nei suoi progetti" recita un necrologio scritto da un fan, "mi ha permesso di viaggiare in un altro mondo, di evadere dai miei problemi". "Andy è stato una parte della storia dei videogiochi" per un appassionato ammiratore, "e la sua famiglia merita di sapere che la sua eredità vivrà in eterno attraverso le opere d'arte che lui ha diretto con creatività".

    Bluepoint Games non si è fermata, e ha proseguito nello sviluppo del grande progetto a cui il team lavorava da tempo. Dopo il clamoroso reveal avvenuto nel giugno 2020, Demon's Souls fa il suo ingresso trionfale, degno delle più grandi regine, nella line-up di lancio di PlayStation 5, nuovo gioiello di casa Sony (qui potete recuperare la nostra recensione di Demon's Souls).

    Il team continua quindi ad accompagnare i primi giorni dei giocatori sui nuovi hardware della compagnia, proprio come era avvenuto quattordici anni prima con Blast Factor: cambia solo la dimensione dei progetti, che con Demon's Souls diviene davvero titanica. Il colossale remake del capolavoro di From Software guadagna un unanime plauso da parte della critica, totalizzando un meritatissimo 92 su Metacritic. Con un salto di due generazioni - l'originale Demon's Souls debuttò su PlayStation 3 nel lontano 2009 - Bluepoint Games si è trovata a dover rivedere tutta l'estetica del mondo di Boletaria, mantenendo però intatto il gameplay del gioco originale, riuscendo a preservare e addirittura esaltare la magia di Miyazaki e soci: vi sfidiamo a non emozionarvi con il maestoso sound design della boss fight che vi attende alla fine del quarto mondo, reso possibile anche dalle caratteristiche innovative del Dualsense.

    Bluepoint Games è sempre al centro di rumour e speculazioni: la curiosità del pubblico per conoscere quale sarà il suo prossimo progetto è incontenibile. Parliamo di uno studio che ha proposto lavori di straordinaria qualità e che sa curare con amore progetti di ampio respiro, volti a preservare e mettere in risalto i capolavori della storia del videogioco. Non vediamo l'ora di scoprire cosa ci riserva il team di Austin per il futuro: di certo, anche mentre scriviamo, stanno pensando a come avvicinarsi ulteriormente alla perfezione nella loro arte. Che non è cosa di questo mondo - ma a volte Bluepoint Games riesce a farci credere che l'impossibile possa diventare possibile.

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