Le influenze di Blade Runner nel mondo dei videogiochi

L'uscita di Blade Runner 2049 ci dà l'opportunità di riscoprire i videogiochi più influenzati dall'estetica cyberpunk del film di Ridley Scott.

Le influenze di Blade Runner nel mondo dei videogiochi
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Occorre fare due piccole premesse: la prima è che non parleremo dei giochi tratti direttamente da Blade Runner, ovvero il platform del 1985 per Commodore 64 e Spectrum, così come dell'interessante punta-e-clicca della Westwood Studios uscito per PC nel '97.
La seconda è che potreste trovare qua e là qualche spoiler sui videogiochi citati nell'articolo.


Cosa ha reso Blade Runner una visione cinematografica fulminante e indimenticabile? Non è la trama, che richiede più di una visione per essere apprezzata e compresa. È qualcosa che caratterizza l'essenza, l'estetica e la materia del film. Blade Runner rimane nella coscienza, che sia quella del cinefilo di professione, dello spettatore della domenica pomeriggio, o nell'appassionato di fantascienza; si tramuta, insomma, in un'esperienza unica e mistica.
Chi ha conosciuto Blade Runner per la prima volta in età adolescenziale non può non averlo "ritrovato" altrove, con la sensazione che la pellicola viva al di fuori del suo spazio naturale, quello del fotogramma, per essere citata e omaggiata attraverso l'universo della cultura popolare. Un po' come i sogni, e un po' come quello dell'unicorno di Deckard, che vengono rigurgitati nei momenti di coscienza, a volte ci siamo quindi imbattuti in sensazioni "blade runneriane". D'altronde il film fa parte del canone che in quegli anni godeva di una vera e propria esplosione artistica a livello cinematografico: il cyberpunk, nato con la rivoluzione letteraria, prima avanguardistica con scrittori come William Burroughs (Il pasto nudo) e Philip K. Dick (Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, dal quale sarà proprio tratto Blade Runner) e poi divenuta canonica con opere come Neuromante di William Gibson.
Il film di Ridley Scott ha influenzato così tanto l'immaginario collettivo che risulta difficile scrivere se questo o quel videogioco, romanzo, anime o film lo citi direttamente o se sia soltanto sintomatico di una cultura artistico-futuristica imperante. Pensiamo solamente all'animazione giapponese e all'affermazione di Mamoru Oshii (il creatore di Ghost in the Shell):
"C'era un tempo in Giappone in cui tutti gli anime erano ispirati a 2001: Odissea nello spazio, o Blade Runner, o Terminator".
Uno dei primi videogiochi ad omaggiare sfacciatamente Blade Runner è nato proprio in Giappone: Snatcher, ideato nientemeno che da Hideo Kojima.
L'uomo che ha definito il proprio corpo composto del 70% di film piuttosto che di acqua, ha spesso discusso delle sue opere preferite, al punto tale da aver steso anche una propria lista personale. In mezzo a nomi come Nuovo Cinema Paradiso e Taxi Driver c'è spazio per Blade Runner. Snatcher è ambientato a Neo Kobe City e nel futuro 2047 (due anni prima del seguito diretto da Villenueve, che coincidenza!). Kobe City, con le sue ciminiere e il traffico di autoveicoli volanti è un chiaro riferimento alla città di Los Angeles del 2019.

Neo Kobe City - Snatcher

Los Angeles - Blade Runner

Interpretiamo il dipendente di una società che dà la caccia a dei cyborg accusati di omicidio nei confronti degli esseri umani. L'organizzazione si chiam J.U.N.K.E.R., e il quartier generale che svetta su Neo Kobe è identico a quello del dipartimento dei blade runners. E poi c'è una linea rossa che lega gli snatchers ai replicanti: entrambi hanno la necessità di creare un passato che non esiste, e lo fanno legandosi ad artefatti, oggetti della quotidianità che per loro divengono preziosissimi. Nel caso dell'avventura grafica di Kojima sono delle fotografie. Come se non bastasse, uno dei personaggi si chiama Ridley Scott e il protagonista, Gilliant, è praticamente vestito e disegnato in modo tale da ricordare il Deckard interpretato da Harrison Ford.
Un anno dopo Snatcher gli americani della Access Software distribuirono Mean Streets. A dispetto del titolo, il videogioco non ha nulla a che vedere con il primo film di Martin Scorsese. In un certo senso si può pensare a Blade Runner come ad un noir, del cui genere contiene alcuni archetipi: il detective, la femme fatale e una storia grigia e misteriosa. Gli elementi del noir sono stati impiantati in un mondo futuristico, che è un po' quello che succede in Mean Streets: Tex Murphy è un investigatore che indaga sulla morte di uno scienziato nella San Francisco del 2033, una città dove passato e futuro convivono e nella quale si viaggia su auto volanti.
Uno degli sviluppatori più importanti dell'inizio del decennio è il francese Paul Cuisset, un tempo lead designer della leggendaria Delphine Software. Flashback è stato il primo gioco da regista di Paul Cuisset. Sviluppato inizialmente per Amiga, si apre con una sequenza nella quale dei personaggi fuggono nella notte inseguiti da un veicolo volante della polizia, molto simile a quelli visti nella Los Angeles di Ridley Scott. I 16-bit dell'opera di Cuisset ancora oggi stupiscono per la quantità di appeal che trasudano, tutto grazie alle forti atmosfere ereditate da alcuni film cult del periodo, come ad esempio Akira e Atto di Forza: il mondo di gioco è dominato da tonalità blu e i personaggi parlano di memorie cancellate e i bar sono tuguri di luce fioca. Essendo un platform a schermate statiche - il quadro avanza ogni volta che il personaggio tocca l'estremità destra o sinistra - c'è una cura considerevole e le immagini sporche e alienanti della metropoli del futuro sono ben rappresentate. Da Blade Runner il gioco estrae l'idea distopica di un mondo segreto, di agenti nascosti e incomprensibili. In questo caso, però, non si tratta di replicanti ma di alieni.

Dopo Flashback è il momento di Syndicate, probabilmente il prodotto che più ha tratto ispirazione dal mondo creato da Philip K. Dick.
La Bullfrog, fondata da Les Edgar e da un certo Peter Molyneux (Black & White, Fable) godeva del successo di Popolus, il primo "God Game" mai scritto. Anche Syndicate era dotato di un lato gestionale, ma era soprattutto un RTS con visuale isometrica. Nel titolo controlliamo un gruppo di cyborg chiamato ad eseguire ordini di vario tipo, come assassinare, rapire, minacciare e via così. La città, come per Flashback, è quella del futuro. I sindacati che combattono tra loro hanno più potere di uno nazione (come d'altronde fa intuire Blade Runner con la Tyrell Corp.). "Corporate persuasion through urban violence", la violenza urbana di una città attraversata da auto volanti e cartelloni pubblicitari. Nel gioco cyberpunk di Bullfrog ci spostiamo da una zona all'altra del pianeta, ma l'impressione è che tutti gli stili cittadini si siano atrofizzati in ammassi di metallo e fumo. Non solo brutalità e inquinamento, quindi: in Syndicate le masse sono dominate da impianti cibernetici che li fanno vivere come droni anestetizzati. Al pari di Blade Runner pare che nel videogioco non ci sia una morale di Stato, un'etica che fermi l'anarchia delle azioni: siamo liberi di fare quello che ci pare, a patto di completare la missione.
Il 1997 è l'anno di Final Fantasy VII, il quale, a piccole dosi, potrebbe anche essere ispirato al mondo dei replicanti. Blade Runner si apre, dopo un breve resoconto testuale, con un'inquadratura dell'immensa e distopica Los Angeles. È una città-industria, e il settimo capitolo della saga di Final Fantasy inizia proprio con una visuale simile, con la metropoli di Midgar che, proprio come in Blade Runner, ha delle caratteristiche particolari. Un insieme di fumi, tubature e insegne elettroniche che saturano lo spazio vitale, un mondo nel quale dominano i colori spenti e monolitici. In entrambi gli agglomerati urbani la ricchezza sociale non è un movimento orizzontale ma verticale. I potenti stanno nei grattacieli che svettano verso l'alto, come quello della Tyrell Corporation (l'azienda che ha creato i replicanti) e della Shinra (il potere burocratico di Midgard).
Le affinità non si fermano qui, ma vanno a toccare il cuore della narrazione. Sephiroth e Roy (Rutger Hauer) si assomigliano: se analizziamo la loro storia troviamo altre similitudini, come l'essere entrambi surrogati di umanità che odiano i propri padroni.

In tempi recenti la saga di Fallout omaggia il film di Scott con alcuni easter eggs: come la pistola di Deckard in New Vegas o nel quarto capitolo, in cui troviamo una citazione alle posizioni di Deckard e Batty nel finale del film.
Ne il saggio Le Ditatture del Futuro, Blade Runner viene citato da Warren Spector, che lo pone come fonte d'ispirazione per la saga di Deus Ex, una creatura videoludica che entra di diritto a far parte del canone del cyberpunk. Potreste trovarvi in situazioni alla Robocop o Johnny Mnemonic, ma nell'estetica del neon urbanistico e dei corpi qualcosa richiama anche il film di Scott, come nella capigliatura di alcuni personaggi femminili che ricordano quelli dell'androide Rachel. Tra un capitolo e l'altro gli omaggi e le citazioni al film di Scott non mancano. In Human Revolution uno dei computer presenti nel dipartimento di Polizia di Detroit ha come username Rdeckard. La password per accedere alla sessione è unicorn, riferimento al sogno che il protagonista fa nel film. È possibile trovare anche il terminale con username pdick, password lectrolamb (Do Androids Dream of Electric Sheep?).

Avete mai sentito parlare della città murata di Kowloon? A pochi chilometri da Hong Kong, c'era l'area più densamente popolata del pianeta. Se andaste a cercare le foto rimarreste stupiti dalla poesia e dal fascino che emanava quella fortezza cresciuta in altezza. Un ammasso di cemento scavato, labirinti di appartamenti proletari, bazar, piccoli supermarket e così via. Una vera e propria città murata. Shadowrun è una saga videoludica tratta dall'omonimo gioco da tavolo ideato alla fine degli anni '80. Il mondo suggestivo di Shadowrun è quello dove magia e tecnologia convivono, in un ideale cyberpunk/fantasy influenzato dai racconti di Gibson. Negli ultimi anni la Harebrained Schemes, spinta anche da un soddisfacente kickstarter, ha dato nuova linfa alla versione digitale, a partire dal capitolo Returns e che attualmente si è conclusa con Hong Kong. Quest'ultimo è ambientato in una Kowloon smantellata, in un futuro dove la città murata si è fusa con gli elementi al neon e intermittenti del cyberpunk. Ne nasce un'atmosfera di sincretismi tra le scenografie del passato e del futuro, e una mescolanza di colori e culture che ricorda quelle dei mercati affollati di Blade Runner.
Tra le ultime uscite nelle quali possiamo rivedere atmosfere blade runnieriane c'è sia Ruiner, pazzia frenetica ed ipnotica dei Devolver Digital, sia Observer, un horror con il protagonista costruito su immagine (e voce!) di Rutger Hauer.
Per il futuro gli occhi sono ovviamente puntati sull'opera in lavorazione dei CD Projekt RED, Cyberpunk 2077. Il titolo stesso del gioco dichiara gli intenti: tuttavia, ci dicono gli sviluppatori, non ci sono poi così tante affinità con le opere che abbiamo citato. Intervistati da Destructoid infatti, affermano: "Non vogliamo creare un mondo oscuro e senza speranza. Non stiamo facendo Blade Runner. Sarà pieno di rock and roll. Più simile all'approccio di Tarantino".

Grande attenzione anche per The Last Night, un'avventura in pixel art in fase di sviluppo da parte dei ragazzi di Odd Tales. Esemplificativo, a tal proposito, un trailer mostrato all'ultimo E3: ebbene, tra scenografie urbane ricolme di cianfrusaglie asiatiche, strade invase dai mercatini di pesce fritto e sushi, autovolanti che sfrecciano tra i grattacieli inondati da una pioggia senza fine, sappiamo già che la stagione dei blade runners e del suo immaginario è dura a morire. Anzi, è più viva che mai.