Quando i burattini infrangono i dettami del Grande Patto, la città teatro degli eventi narrati in Lies of P (qui la recensione di Lies of P) piomba nel caos, coi cadaveri che affollano le strade e gli automi - ormai impazziti - che le pattugliano con fare minaccioso. Di leggi atte a regolare il comportamento dei robot non ci parlano soltanto i ragazzi di Neowiz, ma anche il genio creativo di Isaac Asimov. Per questo motivo, alle nostre riflessioni sul viaggio a tinte fosche di P e sulle peculiarità del protagonista, si sono affiancate quelle sulla produzione letteraria del grande scrittore.
Il Grande Patto di Lies of P
La prima missione assegnata a Pinocchio, all'inizio di Lies of P, è quella di raggiungere l'Hotel Krat, uno dei pochissimi luoghi ancora sicuri in una città devastata e pericolosa, piena di burattini assassini. Al suo interno, il protagonista fa la conoscenza di alcuni personaggi, tra cui un automa chiamato, curiosamente, Polendina. Si tratta del soprannome dispregiativo di Geppetto ne "Le avventure di Pinocchio", storia partorita da Carlo Collodi a cui i creatori di Lies of P si sono dichiaratamente ispirati.
Il vecchio Geppetto, nel racconto dello scrittore, porta in testa una parrucca giallastra, dal colore simile a quello della polenta di granoturco. Per questa ragione i monelli amano schernirlo chiamandolo "Polendina" (forma arcaica di "Polentina"). Il Polendina di Lies of P ha a sua volta dei capelli "color polenta", ma a parte questo non sembra avere particolari legami con Geppetto, che torna comunque nel videogioco in qualità di creatore del burattino combattente Pinocchio.
L'automa Polendina rivela però un dettaglio molto interessante sul mondo di Lies of P, legato alle leggi che determinano l'operato dei burattini e che compongono il Grande Patto: "tutti i burattini devono obbedire agli ordini del proprio Creatore, un burattino non può fare del male agli umani, un burattino protegge e serve gli umani e la città di Krat, un burattino non può mentire". La quarta legge è quella che si rifà maggiormente al Pinocchio di Collodi, universalmente noto per il suo naso che si allunga quando dice le bugie. In Lies of P, Pinocchio viene presentato come un burattino atipico, speciale, proprio per la sua capacità di mentire.
Lo stesso accesso all'Hotel Krat è profondamente legato a questa sua caratteristica. Il sistema di difesa della struttura domanda a chi si presenta alla porta se è un burattino o un umano. Visto che i primi non possono mentire, restano tagliati fuori. Eccetto Pinocchio, che non segue la legge da noi citata poco fa. Gli altri tre dettami, invece, hanno ben poco a che fare con la storia di Collodi e richiamano le opere di un altro famosissimo autore: Isaac Asimov, con le sue storie fantascientifiche sui robot positronici. La formulazione, perlomeno, è molto simile, per quanto l'esito sia differente. Per i robot di Asimov, come si vedrà a breve, è difficilissimo violare queste leggi e devono presentarsi situazioni davvero particolari affinché ciò avvenga. Lies of P trabocca invece di burattini pericolosissimi, che fanno tutto il contrario rispetto al Grande Patto di cui parla Polendina. Questo è uno dei misteri da portare alla luce nel viaggio a tinte fosche di Neowiz. Nel mentre, però, si può scoprire qualcosa di più sulle originarie Tre Leggi (che in realtà sono quattro) di Asimov e sulla loro evoluzione nel tempo, per capire meglio l'impatto che hanno avuto sull'apprezzato soulslike.
L'innovazione di Isaac Asimov
Tra il 1940 e il 1950 circa, Isaac Asimov pubblica una serie di racconti destinati a offrire un'inedita visione sui robot. Tali storie, come Robbie (1940), Runaround (1942) e Little Lost Robot (1947) trovano poi spazio nella raccolta I, Robot, da cui emergono quelli che sono i punti cardine della visione di Asimov. Per cominciare, l'autore vuole segnare un netto elemento di distacco con i temi ricorrenti delle storie che aveva letto fino a quel momento.
Vale la pena riportare le parole con cui egli stesso, qualche anno più tardi (nel 1982), descriverà la situazione:
"A sedici-diciassette anni ero ormai un lettore incallito di fantascienza, e avendo letto molte storie di robot le avevo divise in due categorie. La prima era quella del "robot come minaccia", e già il nome dice tutto. Questi racconti erano un miscuglio di sferraglianti "clank clank", di "aarghh!" e di morali del genere "Ci sono cose nelle quali è meglio che l'uomo non metta il naso". Dopo un po' che avevo in mano storie di tale tipo, mi annoiavo mortalmente e non arrivavo a finirle. La seconda categoria (assai più ristretta) era quella del "robot stile patetico", e comprendeva racconti nei quali i robot erano simpatici e venivano regolarmente turlupinati da esseri umani crudeli. Questo tipo di storie mi affascinava" (da Tutti i miei robot, Mondadori 2012, p. 3, edizione originale The Complete Robot, 1982).
La categoria dei "robot come minaccia", quella che rappresentava la maggior parte della produzione letteraria, non interessava affatto al giovane Asimov. Secondo lo scrittore, infatti, nessuno produrrebbe qualcosa di potenzialmente pericoloso senza pensare a un sistema di sicurezza, per cui trovava sciocco e puerile trovarsi davanti ondate di robot ribelli e assassini.
Da queste sue riflessioni nascono le sue famose Tre Leggi della Robotica, il "sistema di sicurezza" che impedisce ai suoi robot positronici di arrecare un danno agli esseri umani. Detto così, potrebbe sembrare che non ci sia niente di interessante da raccontare, se i robot non possono fare nulla di male, ma in realtà rimangono molti conflitti da poter esplorare, in due direzioni differenti. La prima è il conflitto tra le differenti leggi o all'interno di una di esse. La seconda e probabilmente più stimolante è la prospettiva "sociologia" del conflitto: gli esseri umani non si fidano dei robot positronici, perché temono di essere sostituiti da questi ultimi, mentre i robotici chiedono il riconoscimento degli stessi diritti che possiedono gli umani. Per Asimov è finito il tempo della "sindrome di Frankenstein". Non ci sono più scienziati pazzi, geni del male e inventori che, spinti da una hybris degna di Faust, oltrepassano i confini della natura, venendo per questo puniti. D'altra parte, Isaac non è nemmeno interessato all'eccessiva divulgazione tecnologica che portavano avanti altri racconti di fantascienza, che erano in larga parte noiose trame che cercavano di narrativizzare una qualche invenzione scientifica. Il successo dello scrittore deriva anche dall'equilibrio presente nelle sue storie, in cui evita tanto la trappola del pamphlet scientifico e "freddo" quanto le oscure passioni di una fantascienza goticheggiante piena di novelli dottor Frankenstein.
Le Tre Leggi della Robotica... o meglio, le Quattro Leggi
"Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima e con la Seconda Legge".
Queste sono le Tre Leggi della Robotica che governano il comportamento della maggior parte dei robot inventati da Asimov, con solo alcune eccezioni come Sally (1953), in cui sono presenti delle automobili dotate di cervelli positronici e che si dimostrano capaci di uccidere gli umani, in determinate circostanze. La prima, esplicita, formulazione delle Tre Leggi risale al 1942, con il racconto Circolo vizioso (Runaround), in cui l'autore mostra il suo interesse per le situazioni di conflitto tra le leggi.
In questa storia il robot Speedy resta bloccato in una sorta di girotondo intorno a un pozzo di selenio. Per la Seconda Legge, il robot dovrebbe obbedire agli umani che gli hanno chiesto di raccogliere il selenio. Ma nel pozzo c'è una forte attività vulcanica che lo danneggerebbe: Speedy è un robot molto costoso e in lui la Terza Legge sull'autopreservazione è piuttosto forte. Per cui, con il conflitto tra Seconda e Terza Legge, non può né avvicinarsi né allontanarsi dal pozzo. La soluzione trovata dal protagonista è quella di mettersi in pericolo, facendo così appello alla Prima Legge - che rimane più forte delle altre due - per portare Speedy a salvarlo.
Questo è solo un esempio dei tanti casi particolari in cui le Tre Leggi possono entrare in conflitto, ma va ricordato che esse non possono mai venire totalmente aggirate. Al massimo, come si vede nel Ciclo dei Robot, è possibile spingere un robot a danneggiare indirettamente un essere umano fornendogli delle indicazioni specifiche, per esempio dicendogli di posizionare una bevanda avvelenata in un certo posto e poi andarsene, invece di fargliela servire direttamente a un uomo o donna. Con il tempo le leggi si evolvono e ne viene aggiunta una quarta, nota come Legge Zero, perché ha la priorità persino sulla Prima Legge. Cambia la prospettiva, che non riguarda più i singoli individui ma l'umanità nel suo insieme: "Un robot non può recare danno all'umanità, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, l'umanità riceva danno".
Per quanto formulata diversamente, l'idea alla base della Legge Zero viene già inserita nel racconto Conflitto evitabile (The Evitable Conflict) del 1950, in cui dei supercomputer si ribellano agli umani e assumono il controllo, per impedire la nascita di una nuova guerra mondiale che avrebbe annientato l'umanità. L'effettiva Legge Zero arriva invece anni dopo, nel romanzo I robot e l'Impero (Robots and Empire) del 1985, in cui la possibilità di sopravvivenza dell'umanità appare legata al lasciarsi definitivamente il pianeta Terra alle spalle per colonizzare sempre di più lo spazio.
È anche il romanzo che fa da tramite tra il Ciclo dei Robot - ambientato sulla Terra e sulle prime colonie spaziali - e i Cicli dell'Impero e delle Fondazioni. Il personaggio che lega i due differenti cicli è il robot R. Daneel Olivaw, che nel finale di Fondazione e Terra (Foundation and Earth, 1986) parla a sua volta della Legge Zero. Quello dai noi appena citato è l'ultimo romanzo del Ciclo delle Fondazioni.
Si svolge in un futuro lontanissimo, in cui la Terra è diventata radioattiva da migliaia di anni e gli umani hanno creato un immenso impero galattico, che è poi andato incontro a un lento declino. In questo periodo di decadenza, lo scienziato Hari Seldon ha previsto gli sviluppi futuri grazie alla psicostoriografia (o psicostoria), istituendo due Fondazioni che avrebbero dovuto mantenere le conoscenze del passato e ridurre il periodo di barbarie successivo al crollo dell'impero. Come però si scopre in Fondazione e Terra, dietro a tutto ciò c'è un progetto ancora più grande, avviato da R. Daneel Olivaw. Nel corso dei millenni, questo robot è riuscito ad adattare il suo cervello positronico alla Legge Zero, che aveva invece annientato l'altro robot (R. Giskard Reventlov), colui che aveva acconsentito a rendere progressivamente radioattiva la Terra per spingere ancor più l'umanità verso lo spazio. R. Daneel Olivaw, invece, ha modo di assimilare appieno la Legge Zero e le modifiche che essa apporta alle altre due: "Un robot non può danneggiare l'umanità né, attraverso l'ìnazione, permettere che l'umanità venga danneggiata". Il che comporta automaticamente un cambiamento della Prima Legge in: "Un robot non può danneggiare un essere umano, né, attraverso l'inazione, permettere che un essere umano sia danneggiato, purché questo non sia in contrasto con la Legge Zero". E allo steso modo vanno modificate anche la Seconda e la Terza legge" (Fondazione e Terra, Mondadori 1987, p. 390. Edizione originale Foundation and Earth, 1986).
Riunire la galassia
In una prospettiva di preservazione della specie a livello cosmico, un robot deve agire con maggior libertà rispetto a quella fornita dalla Prima Legge, perché qualsiasi azione portata avanti avrebbe inevitabilmente danneggiato alcuni esseri umani. Grazie alla Legge Zero, invece, R. Daneel Olivaw è stato in grado di operare nell'ombra per il bene dell'umanità. È stato lui ad aiutare Hari Seldon nello sviluppo della psicostoria, che riesce a prevedere il futuro osservando l'umanità come insieme di centinaia di miliardi di persone (ovvero gli abitanti dell'intera galassia al tempo dell'impero galattico). Per poter funzionare, la psicostoria ha bisogno di tre requisiti.
Nessuno (eccetto pochissimi individui) deve conoscere le previsioni della psicostoria, altrimenti il loro comportamento ne verrebbe irrimediabilmente influenzato. In secondo luogo non devono verificarsi cambiamenti tecnologici troppo radicali e inaspettati. In terzo luogo, non devono comparire intelligenze avanzate non umane. Neanche le due Fondazioni e la Legge Zero sono però sufficienti, per cui R. Daneel Olivaw ha anche creato Gaia, un superorganismo planetario in cui ogni componente del pianeta ha una propria consapevolezza e comunica telepaticamente con tutte le altre parti.
L'idea è quella di espandere Gaia in tutta la Via Lattea, realizzando così Galaxia: un'intera galassia consapevole e capace di comunicare telepaticamente. In questo modo, l'umanità inserita al suo interno non sarà più un'astrazione composta dal comportamento di miliardi di individui, ma una parte di un singolo organismo. Solo in questo modo l'umanità potrebbe efficacemente difendersi da possibili minacce esterne, di natura non umana, che provengono da altre parti dell'universo (o che si sviluppano nella stessa Via Lattea). Con Fondazione e Terra, insomma, si è andati oltre Lies of P.
Quest'opera di Asimov ha riscontri ben maggiori in altri videogiochi, Mass Effect tra tutti. Basti ricordare che, in entrambe le opere, c'è un protagonista chiamato a scegliere a nome dell'intera galassia, avendo davanti a lui tre opzioni differenti. Nel finale di Mass Effect 3 è la scelta del comandante Shepard tra "Distruzione", "Controllo" e "Sintesi". Nel Ciclo di Asimov c'è Golan Trevize, che deve decidere se seguire la proposta di Gaia (e realizzare Galaxia), se lasciare la guida ai telepati della Seconda Fondazione o se puntare sul progresso tecnologico seguendo la Prima Fondazione. Al termine del romanzo L'orlo della Fondazione (Foundation's Edge, 1982), Trevize sceglie Galaxia, ma non è affatto convinto della sua scelta. Il successivo Fondazione e Terra è un lungo viaggio di convincimento, in cui - soprattutto dopo l'incontro finale con R. Daneel - comprende l'effettiva necessità di realizzare Galaxia.
Lies of P: il patto dei Burattini e le leggi di Asimov! Tradimenti e bugie
I burattini di Krat obbediscono a leggi che sembrano molto simili a quelle proposte dalla letteratura di Isaac Asimov.
Quando i burattini infrangono i dettami del Grande Patto, la città teatro degli eventi narrati in Lies of P (qui la recensione di Lies of P) piomba nel caos, coi cadaveri che affollano le strade e gli automi - ormai impazziti - che le pattugliano con fare minaccioso. Di leggi atte a regolare il comportamento dei robot non ci parlano soltanto i ragazzi di Neowiz, ma anche il genio creativo di Isaac Asimov. Per questo motivo, alle nostre riflessioni sul viaggio a tinte fosche di P e sulle peculiarità del protagonista, si sono affiancate quelle sulla produzione letteraria del grande scrittore.
Il Grande Patto di Lies of P
La prima missione assegnata a Pinocchio, all'inizio di Lies of P, è quella di raggiungere l'Hotel Krat, uno dei pochissimi luoghi ancora sicuri in una città devastata e pericolosa, piena di burattini assassini. Al suo interno, il protagonista fa la conoscenza di alcuni personaggi, tra cui un automa chiamato, curiosamente, Polendina. Si tratta del soprannome dispregiativo di Geppetto ne "Le avventure di Pinocchio", storia partorita da Carlo Collodi a cui i creatori di Lies of P si sono dichiaratamente ispirati.
Il vecchio Geppetto, nel racconto dello scrittore, porta in testa una parrucca giallastra, dal colore simile a quello della polenta di granoturco. Per questa ragione i monelli amano schernirlo chiamandolo "Polendina" (forma arcaica di "Polentina"). Il Polendina di Lies of P ha a sua volta dei capelli "color polenta", ma a parte questo non sembra avere particolari legami con Geppetto, che torna comunque nel videogioco in qualità di creatore del burattino combattente Pinocchio.
L'automa Polendina rivela però un dettaglio molto interessante sul mondo di Lies of P, legato alle leggi che determinano l'operato dei burattini e che compongono il Grande Patto: "tutti i burattini devono obbedire agli ordini del proprio Creatore, un burattino non può fare del male agli umani, un burattino protegge e serve gli umani e la città di Krat, un burattino non può mentire". La quarta legge è quella che si rifà maggiormente al Pinocchio di Collodi, universalmente noto per il suo naso che si allunga quando dice le bugie. In Lies of P, Pinocchio viene presentato come un burattino atipico, speciale, proprio per la sua capacità di mentire.
Lo stesso accesso all'Hotel Krat è profondamente legato a questa sua caratteristica. Il sistema di difesa della struttura domanda a chi si presenta alla porta se è un burattino o un umano. Visto che i primi non possono mentire, restano tagliati fuori. Eccetto Pinocchio, che non segue la legge da noi citata poco fa. Gli altri tre dettami, invece, hanno ben poco a che fare con la storia di Collodi e richiamano le opere di un altro famosissimo autore: Isaac Asimov, con le sue storie fantascientifiche sui robot positronici. La formulazione, perlomeno, è molto simile, per quanto l'esito sia differente. Per i robot di Asimov, come si vedrà a breve, è difficilissimo violare queste leggi e devono presentarsi situazioni davvero particolari affinché ciò avvenga. Lies of P trabocca invece di burattini pericolosissimi, che fanno tutto il contrario rispetto al Grande Patto di cui parla Polendina. Questo è uno dei misteri da portare alla luce nel viaggio a tinte fosche di Neowiz. Nel mentre, però, si può scoprire qualcosa di più sulle originarie Tre Leggi (che in realtà sono quattro) di Asimov e sulla loro evoluzione nel tempo, per capire meglio l'impatto che hanno avuto sull'apprezzato soulslike.
L'innovazione di Isaac Asimov
Tra il 1940 e il 1950 circa, Isaac Asimov pubblica una serie di racconti destinati a offrire un'inedita visione sui robot. Tali storie, come Robbie (1940), Runaround (1942) e Little Lost Robot (1947) trovano poi spazio nella raccolta I, Robot, da cui emergono quelli che sono i punti cardine della visione di Asimov. Per cominciare, l'autore vuole segnare un netto elemento di distacco con i temi ricorrenti delle storie che aveva letto fino a quel momento.
Vale la pena riportare le parole con cui egli stesso, qualche anno più tardi (nel 1982), descriverà la situazione:
"A sedici-diciassette anni ero ormai un lettore incallito di fantascienza, e avendo letto molte storie di robot le avevo divise in due categorie. La prima era quella del "robot come minaccia", e già il nome dice tutto. Questi racconti erano un miscuglio di sferraglianti "clank clank", di "aarghh!" e di morali del genere "Ci sono cose nelle quali è meglio che l'uomo non metta il naso". Dopo un po' che avevo in mano storie di tale tipo, mi annoiavo mortalmente e non arrivavo a finirle. La seconda categoria (assai più ristretta) era quella del "robot stile patetico", e comprendeva racconti nei quali i robot erano simpatici e venivano regolarmente turlupinati da esseri umani crudeli. Questo tipo di storie mi affascinava" (da Tutti i miei robot, Mondadori 2012, p. 3, edizione originale The Complete Robot, 1982).
La categoria dei "robot come minaccia", quella che rappresentava la maggior parte della produzione letteraria, non interessava affatto al giovane Asimov. Secondo lo scrittore, infatti, nessuno produrrebbe qualcosa di potenzialmente pericoloso senza pensare a un sistema di sicurezza, per cui trovava sciocco e puerile trovarsi davanti ondate di robot ribelli e assassini.
Da queste sue riflessioni nascono le sue famose Tre Leggi della Robotica, il "sistema di sicurezza" che impedisce ai suoi robot positronici di arrecare un danno agli esseri umani. Detto così, potrebbe sembrare che non ci sia niente di interessante da raccontare, se i robot non possono fare nulla di male, ma in realtà rimangono molti conflitti da poter esplorare, in due direzioni differenti. La prima è il conflitto tra le differenti leggi o all'interno di una di esse. La seconda e probabilmente più stimolante è la prospettiva "sociologia" del conflitto: gli esseri umani non si fidano dei robot positronici, perché temono di essere sostituiti da questi ultimi, mentre i robotici chiedono il riconoscimento degli stessi diritti che possiedono gli umani. Per Asimov è finito il tempo della "sindrome di Frankenstein". Non ci sono più scienziati pazzi, geni del male e inventori che, spinti da una hybris degna di Faust, oltrepassano i confini della natura, venendo per questo puniti. D'altra parte, Isaac non è nemmeno interessato all'eccessiva divulgazione tecnologica che portavano avanti altri racconti di fantascienza, che erano in larga parte noiose trame che cercavano di narrativizzare una qualche invenzione scientifica. Il successo dello scrittore deriva anche dall'equilibrio presente nelle sue storie, in cui evita tanto la trappola del pamphlet scientifico e "freddo" quanto le oscure passioni di una fantascienza goticheggiante piena di novelli dottor Frankenstein.
Le Tre Leggi della Robotica... o meglio, le Quattro Leggi
"Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima e con la Seconda Legge".
Queste sono le Tre Leggi della Robotica che governano il comportamento della maggior parte dei robot inventati da Asimov, con solo alcune eccezioni come Sally (1953), in cui sono presenti delle automobili dotate di cervelli positronici e che si dimostrano capaci di uccidere gli umani, in determinate circostanze. La prima, esplicita, formulazione delle Tre Leggi risale al 1942, con il racconto Circolo vizioso (Runaround), in cui l'autore mostra il suo interesse per le situazioni di conflitto tra le leggi.
In questa storia il robot Speedy resta bloccato in una sorta di girotondo intorno a un pozzo di selenio. Per la Seconda Legge, il robot dovrebbe obbedire agli umani che gli hanno chiesto di raccogliere il selenio. Ma nel pozzo c'è una forte attività vulcanica che lo danneggerebbe: Speedy è un robot molto costoso e in lui la Terza Legge sull'autopreservazione è piuttosto forte. Per cui, con il conflitto tra Seconda e Terza Legge, non può né avvicinarsi né allontanarsi dal pozzo. La soluzione trovata dal protagonista è quella di mettersi in pericolo, facendo così appello alla Prima Legge - che rimane più forte delle altre due - per portare Speedy a salvarlo.
Questo è solo un esempio dei tanti casi particolari in cui le Tre Leggi possono entrare in conflitto, ma va ricordato che esse non possono mai venire totalmente aggirate. Al massimo, come si vede nel Ciclo dei Robot, è possibile spingere un robot a danneggiare indirettamente un essere umano fornendogli delle indicazioni specifiche, per esempio dicendogli di posizionare una bevanda avvelenata in un certo posto e poi andarsene, invece di fargliela servire direttamente a un uomo o donna. Con il tempo le leggi si evolvono e ne viene aggiunta una quarta, nota come Legge Zero, perché ha la priorità persino sulla Prima Legge. Cambia la prospettiva, che non riguarda più i singoli individui ma l'umanità nel suo insieme: "Un robot non può recare danno all'umanità, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, l'umanità riceva danno".
Per quanto formulata diversamente, l'idea alla base della Legge Zero viene già inserita nel racconto Conflitto evitabile (The Evitable Conflict) del 1950, in cui dei supercomputer si ribellano agli umani e assumono il controllo, per impedire la nascita di una nuova guerra mondiale che avrebbe annientato l'umanità. L'effettiva Legge Zero arriva invece anni dopo, nel romanzo I robot e l'Impero (Robots and Empire) del 1985, in cui la possibilità di sopravvivenza dell'umanità appare legata al lasciarsi definitivamente il pianeta Terra alle spalle per colonizzare sempre di più lo spazio.
È anche il romanzo che fa da tramite tra il Ciclo dei Robot - ambientato sulla Terra e sulle prime colonie spaziali - e i Cicli dell'Impero e delle Fondazioni. Il personaggio che lega i due differenti cicli è il robot R. Daneel Olivaw, che nel finale di Fondazione e Terra (Foundation and Earth, 1986) parla a sua volta della Legge Zero. Quello dai noi appena citato è l'ultimo romanzo del Ciclo delle Fondazioni.
Si svolge in un futuro lontanissimo, in cui la Terra è diventata radioattiva da migliaia di anni e gli umani hanno creato un immenso impero galattico, che è poi andato incontro a un lento declino. In questo periodo di decadenza, lo scienziato Hari Seldon ha previsto gli sviluppi futuri grazie alla psicostoriografia (o psicostoria), istituendo due Fondazioni che avrebbero dovuto mantenere le conoscenze del passato e ridurre il periodo di barbarie successivo al crollo dell'impero. Come però si scopre in Fondazione e Terra, dietro a tutto ciò c'è un progetto ancora più grande, avviato da R. Daneel Olivaw. Nel corso dei millenni, questo robot è riuscito ad adattare il suo cervello positronico alla Legge Zero, che aveva invece annientato l'altro robot (R. Giskard Reventlov), colui che aveva acconsentito a rendere progressivamente radioattiva la Terra per spingere ancor più l'umanità verso lo spazio. R. Daneel Olivaw, invece, ha modo di assimilare appieno la Legge Zero e le modifiche che essa apporta alle altre due: "Un robot non può danneggiare l'umanità né, attraverso l'ìnazione, permettere che l'umanità venga danneggiata". Il che comporta automaticamente un cambiamento della Prima Legge in: "Un robot non può danneggiare un essere umano, né, attraverso l'inazione, permettere che un essere umano sia danneggiato, purché questo non sia in contrasto con la Legge Zero". E allo steso modo vanno modificate anche la Seconda e la Terza legge" (Fondazione e Terra, Mondadori 1987, p. 390. Edizione originale Foundation and Earth, 1986).
Riunire la galassia
In una prospettiva di preservazione della specie a livello cosmico, un robot deve agire con maggior libertà rispetto a quella fornita dalla Prima Legge, perché qualsiasi azione portata avanti avrebbe inevitabilmente danneggiato alcuni esseri umani. Grazie alla Legge Zero, invece, R. Daneel Olivaw è stato in grado di operare nell'ombra per il bene dell'umanità. È stato lui ad aiutare Hari Seldon nello sviluppo della psicostoria, che riesce a prevedere il futuro osservando l'umanità come insieme di centinaia di miliardi di persone (ovvero gli abitanti dell'intera galassia al tempo dell'impero galattico). Per poter funzionare, la psicostoria ha bisogno di tre requisiti.
Nessuno (eccetto pochissimi individui) deve conoscere le previsioni della psicostoria, altrimenti il loro comportamento ne verrebbe irrimediabilmente influenzato. In secondo luogo non devono verificarsi cambiamenti tecnologici troppo radicali e inaspettati. In terzo luogo, non devono comparire intelligenze avanzate non umane. Neanche le due Fondazioni e la Legge Zero sono però sufficienti, per cui R. Daneel Olivaw ha anche creato Gaia, un superorganismo planetario in cui ogni componente del pianeta ha una propria consapevolezza e comunica telepaticamente con tutte le altre parti.
L'idea è quella di espandere Gaia in tutta la Via Lattea, realizzando così Galaxia: un'intera galassia consapevole e capace di comunicare telepaticamente. In questo modo, l'umanità inserita al suo interno non sarà più un'astrazione composta dal comportamento di miliardi di individui, ma una parte di un singolo organismo. Solo in questo modo l'umanità potrebbe efficacemente difendersi da possibili minacce esterne, di natura non umana, che provengono da altre parti dell'universo (o che si sviluppano nella stessa Via Lattea). Con Fondazione e Terra, insomma, si è andati oltre Lies of P.
Quest'opera di Asimov ha riscontri ben maggiori in altri videogiochi, Mass Effect tra tutti. Basti ricordare che, in entrambe le opere, c'è un protagonista chiamato a scegliere a nome dell'intera galassia, avendo davanti a lui tre opzioni differenti. Nel finale di Mass Effect 3 è la scelta del comandante Shepard tra "Distruzione", "Controllo" e "Sintesi". Nel Ciclo di Asimov c'è Golan Trevize, che deve decidere se seguire la proposta di Gaia (e realizzare Galaxia), se lasciare la guida ai telepati della Seconda Fondazione o se puntare sul progresso tecnologico seguendo la Prima Fondazione. Al termine del romanzo L'orlo della Fondazione (Foundation's Edge, 1982), Trevize sceglie Galaxia, ma non è affatto convinto della sua scelta. Il successivo Fondazione e Terra è un lungo viaggio di convincimento, in cui - soprattutto dopo l'incontro finale con R. Daneel - comprende l'effettiva necessità di realizzare Galaxia.
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