Metroid Samus Returns: la sintesi mutante della saga

Metroid Samus Returns è la celebrazione di una storia iniziata nel 1986 su NES e terminata nel 2010 con Metroid Other M per Wii...

Metroid Samus Returns: la sintesi mutante della saga
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  • 3DS
  • Metroid Samus Returns, nella sua piccola dimensione di gioco portatile, è un videogame gigantesco: non si tratta di un remake ma di un'abnorme mutazione. Il lavoro di Mercury Steam, evolvendosi dai tessuti di pixel del secondo episodio originale, raggiunge una grandezza mostruosa che accoglie nel suo corpo elementi assorbiti dalle altre opere della saga, succhiandoli voracemente proprio come il gelatinoso parassita fa con le sue vittime, componendo così il suo nuovo DNA. E' la celebrazione di una storia cominciata nel 1986 sul NES e conclusasi nel 2010 sulla Wii, con l'episodio meno riuscito e ispirato, sebbene non proprio orripilante e a tratti persino suggestivo, ovvero Metroid Other M.
    Mercury Steam non ha considerato Other M e la sua fallita rincorsa di una presunta spettacolarità pseudo-cinematografica, e ha evitato ogni deriva narrativa che non fosse minimale, raccontata in rapidissime, quasi subliminali sequenze non interattive. Team Ninja sbagliò a volerci illustrare il passato di Samus poiché la storia della cacciatrice di taglie deve restare ermetica, solo suggerita, in modo tale che la potenza simbiotica che si sviluppa dall'unione tra il giocatore ed il suo avatar non risulti depotenziata da inutili e prolungate didascalie, spogliandola così di una misteriosa, fantascientifica, e imperscrutabile aura di mito. Adottando il metodo di Other M, insomma, il rischio sarebbe stato quello di incorrere nello stesso errore di Ridley Scott e i suoi sceneggiatori di Prometheus e Alien Covenant, i quali, azzardando un'ecologia e una storiografia troppo particolareggiata sulle origini dello xenomorfo, lo hanno di fatto privato del suo carisma micidiale.
    Samus deve restare un mistero e il substrato sci-fi del suo universo mantenersi quasi astratto per alimentare il sorgere di ipotesi, leggende e interpretazioni nel giocatore, in una maniera assai simile a ciò che succede con le opere di Hidetaka Miyazaki da Demon's Souls in poi.

    La lezione di Prime

    Così, per la sua riuscita operazione di rilancio, oltre che ampliare a dismisura la ritmica ludica e le mappature di Super Metroid e Fusion, Mercury Steam si è affidata alla lezione della trilogia di Prime, dalla quale ha filtrato luci, suoni e colori, adattandoli alla bidimensionalità dell'opera per 3DS. C'è una somiglianza inquietante e magistrale nell'utilizzo di tinte opprimenti, sempre pallide e quasi scolorite, tra Samus Returns e il capolavoro del 2002 di Retro Studios.

    C'è poi anche una vastità del mondo di gioco inedita rispetto agli altri episodi in due dimensioni: un'eccellente profondità di campo, dovuta all'effetto 3D della console, suggerisce inoltre un'analogia visionaria con i Prime nei momenti in cui Samus utilizza la morfosfera e l'inquadratura slitta dalla prima alla terza persona.

    La musica dello spazio (ostile)

    La colonna sonora di Samus Returns è una partitura straordinaria, una creatura musicale che arrangia temi e armonie storiche, rivestendole di nuove suggestioni. Io che gioco rigorosamente con le cuffie sono rimasto ad ascoltare per più di dieci minuti, in loop, l'ouverture della schermata iniziale, nella quale campeggia un tema batteriologico, spaventoso, alieno e infestante. Il compositore è Kenji Yamamoto, già autore delle musiche di Super Metroid, Zero Mission, della trilogia Prime e attualmente al lavoro sul prossimo episodio della saga per Switch.

    Sebbene sia raro che la soundtrack taccia fino quasi a spegnersi del tutto, spesso le note riescono a risultare quasi silenziose , e si dissimulano, si mimetizzano con le ambientazioni in modo sempre coerente, diventando un elemento fondamentale dello scenario, nonché il riflesso emotivo di qualsiasi cosa stia pensando e vivendo Samus mentre vaga tra l'orrore di un mondo ostile.

    Game Over

    Risulta decisiva ai fini della qualità artistica ed estetica di Samus Returns la decisione di mostrare la donna con l'armatura infranta nell'attimo fatale del Game Over. Si tratta di un momento drammatico, che ci rivela l'improvvisa e traumatica fragilità di Samus, introdotto in Super Metroid, conservato in Fusion e da questi mutuato. Nell'episodio originale per Game Boy si assiste invece alla dissoluzione dell'armatura, seguita da un'anonima scritta bianca su campo nero, che ci indica la fine del gioco. E nel primo Metroid venivamo a sapere che Samus era un donna solo completando il gioco con un tempo inferiore alle cinque ore. Funziona di più l'immagine di quel corpo infranto, per restituire l'idea dell'umanità e della femminilità di Samus, che decine di filmati in CGI che tentano di illustrare il suo passato, di fatto assimilandolo ai luoghi comuni più triti delle space-opera.

    Meglio soli...

    Fondamentale è inoltre l'idea di lasciare Samus da sola, senza la possibilità di interagire con i suoi simili come nel primo episodio, in Super e in Prime. Malgrado sia un'opera d'arte nel suo genere, Fusion risulta meno efficace proprio quando Samus dialoga con Adam, sebbene si tratti di un'intelligenza artificiale: il fatto che il nostro compagno indicasse gli obiettivi da compiere, finiva d'altronde per condizionare la sempre relativa libertà d'esplorazione, negando, anche se in minima parte, l'ansia derivata dalla rivelazione progressiva dell'ignoto. Samus deve essere da "sola", e noi dobbiamo giocare da "soli" insieme a lei, garantendo un coinvolgimento empatico molto più percettibile: del resto, uno dei pregi della saga Nintendo consiste nella facoltà di infondere nel giocatore un sentimento di angoscioso isolamento e di disumana, spaziale, solitudine; un'emozione alienante e sconvolgente che in Samus Returns si scopre addirittura amplificata a causa dell'estensione del gioco, inusuale per un Metroid in due dimensioni.

    E a questa longevità, anch'essa mutuata dai Prime, che si devono le intuizioni più innovative e personali degli autori di Mercury Steam, come il contrattacco, la super bomba propellente o il teletrasporto: senza queste aggiunte la loro creatura avrebbe rischiato di naufragare nello stagno dell'omaggio pedissequo, e la lunghezza avrebbe alimentato il sorgere della noia. Ci vuole fantasia, coraggio e rispetto per rimodellare grandi icone della storia videoludica e riportarle in vita, per citare il loro glorioso passato, rinnovarlo e mantenerlo, al contempo, del tutto intatto. Ma questi talenti Mercury Steam li aveva già dimostrati, in maniera più spinta e drastica, nel suo Castlevania Lords of Shadow.

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