In seguito all'annuncio di un nuovo Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi da parte di Bandai Namco, la ciurma di Everyeye ha coinvolto la propria community in un esperimento volto a stabilire quali fossero i tie-in di Dragon Ball più amati e odiati dai lettori. Basandoci sui risultati del sondaggio ed escludendo soltanto i titoli lanciati su console portatili e dispositivi mobile, abbiamo quindi stilato una classifica basata sulle preferenze dei fan e della Redazione. Siete dunque pronti a scoprire quali siano - almeno secondo la nostra community - i migliori e peggiori giochi ispirati alla licenza di Akira Toriyama?
Preferito dei lettori: Saga di Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi
Negli ultimi vent'anni abbiamo assistito al lancio di innumerevoli picchiaduro tratti da Dragon Ball (seppur non sempre riuscitissimi), ma vi è un motivo ben preciso se, a distanza di quasi due decenni dall'uscita del suo terzo episodio, la saga di Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi continua a conservare un posto speciale nel cuore degli affezionati.
Tra l'altro, rispetto alla serie Budokai pubblicata sempre su PS2, lo sviluppatore nipponico Spike decise di piazzare la telecamera alle spalle dei lottatori e consentire ai giocatori di muoversi liberamente nello spazio tridimensionale, affinché potessero volare in ogni direzione e riprodurre le micidiali tecniche speciali ammirate nel fumetto di Toriyama.
Ad ogni modo, la caratteristica più importante dei tre Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi va individuata in roster mastodontici e invidiabili: laddove i picchiaduro moderni tendono ad accogliere nuovi lottatori attraverso DLC a pagamento e Season Pass, Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 2 e 3 vantavano rispettivamente più di 120 e 150 personaggi (trasformazioni incluse!) tratti dalle varie serie animate, gli special televisivi e persino dai lungometraggi cinematografici.
Il tie-in più amato dal team di Everyeye.it, nonché seconda scelta dei lettori, non poteva che essere Dragon Ball FighterZ, picchiaduro in 2.5D sviluppato dai ragazzi di Arc System Works (non vi occorrono le Sfere del Drago per trovare la nostra recensione di Dragon Ball FighterZ). Mescolando uno stile grafico impeccabile, che riproduce magistralmente gli intensi combattimenti della serie animata, al profondo tecnicismo che contraddistingue i loro fighting game, i creatori di Guilty Gear e BlazBlue: Calamity Trigger hanno realizzato un'autentica lettera d'amore nei confronti dell'opera di Toriyama.
Frenetico, votato alla spettacolarità (ma sempre rispettoso del materiale originale), e talvolta persino un tantino brutale, Dragon Ball FighterZ propone pure un combat system accessibile e adatto a ogni tipo di giocatore, che gli è valso un posto d'eccellenza nell'olimpo dei picchiaduro competitivi.
L'unica vera "colpa" imputabile a Dragon Ball FighterZ è costituita dall'assenza del rollback netcode nelle versioni lanciate del 2018, che per la gioia dei fan verrà invece implementato nelle edizioni per PlayStation 5 e Xbox Series X/S - oltre che su PC - in uscita entro la fine dell'anno corrente. Complice un supporto post-lancio ricco e variegato, che ha infatti goduto di ben tre character pass, quello confezionato dagli assoluti maestri del fighting game è insomma un tie-in che si migliora con assiduità, proprio come gli irriducibili Super Saiyan protagonisti del franchise.
La crème de la crème: Kakarot, Budokai e Xenoverse
Se le prime due posizioni della nostra top five sono state occupate - come prevedibile - da pregevoli picchiaduro, non bisogna dimenticare che il fumetto dedicato ai Guerrieri Z ha ispirato negli anni numerosi action adventure, giochi di ruolo, MMO, e così via.
A dimostrazione di ciò, tanto l'utenza quanto la Redazione hanno assegnato la medaglia di bronzo a Dragon Ball Z: Kakarot, JRPG semi open-world sviluppato da CyberConnect2 e pubblicato da Bandai Namco nel mese di gennaio 2020 (se non l'avete già fatto, fiondatevi sulla recensione del nuovo di DLC di Dragon Ball Z: Kakarot incentrato su Bardock). Ma cosa rende tanto particolare il prodotto di CC2? Come suggerito anche dal nome, la trama del titolo ripercorre passo passo le avventure di Kakaroth, partendo però dall'inizio di Dragon Ball Z e quindi dall'arrivo del fratello Raditz sulla Terra, per poi proseguire fino all'epica conclusione della Saga di Majin Bu. Una delle caratteristiche più apprezzate di Dragon Ball Z: Kakarot è la propensione del tie-in a fornire nuovi retroscena sulla storia e sui personaggi coinvolti, attraverso i quali è appunto possibile scoprire dei dettagli che tanto il manga di Toriyama quanto il suo omonimo anime non hanno mai fornito. Mentre il pacchetto base di Kakarot esplora unicamente la trama di DBZ, i quattro DLC finora pubblicati hanno invece attinto alle storie raccontate dai lungometraggi intitolati "La battaglia degli Dei" e "La resurrezione di F" e ai due meravigliosi speciali televisivi di Dragon Ball Z, "Le origini del mito" e "La storia di Trunks", introducendo nuovi antagonisti e trasformazioni.
Benché il già menzionato Dragon Ball FighterZ sia con tutta probabilità il miglior picchiaduro finora tratto dall'imbattuto re degli shonen, esattamente diciotto anni fa questo titolo apparteneva all'indimenticabile Dragon Ball Z: Budokai 3. Il fighting game sviluppato da Dimps è quello che, sotto molti aspetti, ha dettato la strada che più o meno tutti i successivi picchiaduro di Dragon Ball avrebbero seguito.
Mescolando fanservice e tecnicismo, Budokai 3 proponeva anzitutto un roster di oltre 40 lottatori giocabili, con la possibilità - per Vegeta, Freezer e gli altri personaggi dotati di trasformazioni - di accedere ai rispettivi power-up durante lo scontro, e non prima ancora che questo avesse inizio.
Oltre alla deliziosa grafica in cel shading, che ben si adattava alla licenza nipponica, Dragon Ball Z: Budokai 3 vantava al proprio varco di frecce una nutrita selezione di modalità extra, come il torneo o la campagna, che tanto ricordava i fasti di un vero e proprio RPG. Fra trasformazioni, teletrasporti, parate e schiave eseguite all'ultimo secondo, il gioco di Dimps è stato forse il primo tie-in di Dragon Ball a rispecchiare davvero le frenetiche dinamiche della serie televisiva.
Al quinto gradino della top five dettata dalla nostra community si è posizionata infine la saga di Dragon Ball Xenoverse, il cui secondo episodio continua imperterrito a ricevere aggiornamenti gratuiti e DLC a pagamento che ne stanno espandendo il roster a dismisura.
Sviluppata anch'essa dai ragazzi di Dimps, la serie di Xenoverse si distingue dalle altre produzioni legate al brand per merito di una spiccata componente ruolistica: sia nel primo che nel secondo capitolo, il giocatore è infatti chiamato a creare un proprio alter-ego e a unirsi alla Pattuglia Temporale capitanata dalla Kaioshin del Tempo e Future Trunks (o Mirai Trunks, se preferite), allo scopo di ristabilire il naturale scorrere degli eventi ed evitare le conseguenze potenzialmente catastrofiche provocate dalle alterazioni temporali generate dai malvagi Demigra, Towa e Mira. Tra sfide multiplayer e incarichi secondari completabili in co-op, la struttura social gioca un ruolo importante nell'economica del gameplay, dando forma a un'esperienza molto vicina a quella tipica degli MMO.
I peggiori tie-in secondo i lettori
Sul podio inverso i nostri lettori hanno puntualmente posizionato quattro titoli ugualmente mediocri, per cui sarebbe piuttosto complicato selezionare il peggiore in assoluto. Apriamo le danze con Dragon Ball Z: Sagas, un beat'em up che, a dispetto di quanto imposto dalle ferree regole del genere ludico di appartenenza, non possedeva affatto un sistema di combo vario e appagante, bensì l'esatto contrario.
Se le combo concatenabili dal giocatore si potevano contare sulle dita di una mano, i nemici e persino i boss di fine livello disponevano al massimo di due combinazioni di mosse diverse, risultando dannatamente banali, noiosi e ripetitivi. Non certo meglio si comportavano le fasi esplorative, poiché nonostante le varie location traessero ispirazione dalla serie televisiva, la loro resa lasciava molto a desiderare, anche a causa delle dimensioni spesso ridicole degli scenari e di una pessima gestione della telecamera.
Nato sui cabinati delle sale giochi e successivamente convertito per girare su PlayStation 2, Super Dragon Ball Z è un picchiaduro in 3D che a modo suo cercò di scimmiottare il sensazionale Budokai 3, con risultati a dir poco imbarazzanti. L'interazione con gli stage, la frenesia degli scontri e non per ultima la spettacolarità dei colpi energetici non compensavano minimamente la mancanza di profondità del sistema di combattimento e lo scarsissimo roster, che includeva appena 18 personaggi giocabili. Un totale ridicolo, specie se paragonato all'enorme mole contenutistica offerta dagli ultimi due capitoli della serie Budokai, e che appunto poteva trovare un senso soltanto in sala giochi.
Pubblicato in Giappone come Dragon Ball: World's Greatest Adventure e noto nel resto del mondo col titolo di Dragon Ball: Revenge of King Piccolo, l'action sviluppato da Media.Vision (compagnia nipponica nota principalmente per la serie di Wild Hearts e i due Digimon Story: Cyber Sleuth) vedeva il giocatore calarsi nei panni di un Goku ancora bambino e impegnato a ritrovare le ambitissime Sfere del Drago.
Il titolo spingeva quindi il piccolo Saiyan a scontrarsi prima con l'esercito del Red Ribbon (o Fiocco Rosso, se preferite) e poi col Grande Demone Piccolo, ma disgraziatamente la narrazione scorreva in maniera troppo veloce e i dialoghi facevano largo abuso di fastidiose immagini statiche. A metà tra platform e beat'em up, Dragon Ball: Revenge of King Piccolo era per giunta afflitto da una scarsa quantità di combo eseguibili, ragion per cui bastava qualche scontro appena per prendere a noia il combat system e le non troppo brillanti mosse speciali a disposizione.
Se tuttora tendiamo a ricordare Dimps per l'ottimo lavoro svolto con Dragon Ball: Budokai 3, va comunque specificato che negli anni lo sviluppatore giapponese è inciampato in più occasioni, dando forma al catastrofico Dragonball Evolution per PSP (di cui probabilmente avreste preferito continuare a non ricordarne l'esistenza), al recente Dragon Ball: The Breakers e non per ultimo Dragon Ball Z: Burst Limit.
Un picchiaduro tridimensionale, quello appena menzionato, che sotto diverso aspetti rappresentava un'assurda e inspiegabile involuzione rispetto ai precedenti tie-in plasmati da Dimps, non a caso il pacchetto includeva solo 21 lottatori, cinque scenari privi della benché minima interazione e giusto una manciata di modalità. Nel complesso, però, il titolo si difendeva con un sistema di combattimento rodato e facilmente padroneggiabile, e un impianto grafico più che soddisfacente, almeno per l'epoca.
I peggiori tie-in secondo la Redazione
Senza nulla togliere alle insindacabili scelte dei lettori, che a eccezione del solo Dragon Ball Z: Burst Limit condividiamo pienamente, i "nominati" dalla Redazione di Everyeye.it sono però l'orribile Dragon Ball Z: Battle of Z e l'ancor più terrificante Dragon Ball Z for Kinect.
Sviluppato dalla software house nipponica Artdink, che in tempi recenti ha posto la propria firma su una coppia di tie-in di Sword Art Online e sul nostalgico Triangle Strategy (qui trovate la nostra recensione di Triangle Strategy), Dragon Ball Z: Battle of Z era fondamentalmente un picchiaduro a squadre, tant'è che le principali novità poste sul piatto da questo dimenticabilissimo esperimento erano le gigantesche battaglie quattro contro quattro e la modalità battle royale per un massimo di otto giocatori.
Anche volendo sorvolare sui gravi problemi legati a matchmaking e netcode, non vi era assolutamente nulla che funzionasse: il sistema di combattimento era banale, gli scontri sembravano quindi tutti uguali, per non parlare della ripetitiva e noiosa struttura delle missioni. Insomma, un disastro su tutta la linea.
Lo stesso si può dire di Dragon Ball Z for Kinect, picchiaduro a incontri prodotto da Spike (già creatore dei tre Budokai Tenkaichi) per Xbox 360 e che come suggerito dal nome si serviva della sfortunata periferica di Microsoft per rilevare i movimenti dell'utente.
Non prendiamoci in giro: ogni fan di Dragon Ball ha cercato di riprodurre almeno un centinaio (per non dire migliaio) di volte le iconiche pose della Kamehameha e di tutte altre fantastiche mosse speciali partorite dal genio di Akira Toriyama, senza però ottenere - ovviamente - i medesimi risultati di Goku e compagni.
Dragon Ball Z for Kinect nasceva proprio dal radicato desiderio dei più giovani di usare il proprio corpo per lanciare il Final Flash di Vegeta, il Makankosappo di Piccolo e così via. Peccato però che un sistema di controllo concettualmente interessante limitasse non poco il combat system, che sin dalle prime battute risultava ripetitivo e disfunzionale. Risultato? Gli scontri apparivano tutti uguali e il divertimento iniziale, rappresentato dalla possibilità di lanciare una Kamehameha avvicinando i palmi delle mani e non attraverso la pressione di qualche tasto, cedeva ben presto il posto a una noia senza eguali.
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I migliori e i peggiori giochi di Dragon Ball scelti da voi!
La community di Everyeye.it ha eletto i migliori e i peggiori videogiochi di Dragon Ball: ecco quali sono i giochi più belli e quelli da evitare!
In seguito all'annuncio di un nuovo Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi da parte di Bandai Namco, la ciurma di Everyeye ha coinvolto la propria community in un esperimento volto a stabilire quali fossero i tie-in di Dragon Ball più amati e odiati dai lettori. Basandoci sui risultati del sondaggio ed escludendo soltanto i titoli lanciati su console portatili e dispositivi mobile, abbiamo quindi stilato una classifica basata sulle preferenze dei fan e della Redazione. Siete dunque pronti a scoprire quali siano - almeno secondo la nostra community - i migliori e peggiori giochi ispirati alla licenza di Akira Toriyama?
Preferito dei lettori: Saga di Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi
Negli ultimi vent'anni abbiamo assistito al lancio di innumerevoli picchiaduro tratti da Dragon Ball (seppur non sempre riuscitissimi), ma vi è un motivo ben preciso se, a distanza di quasi due decenni dall'uscita del suo terzo episodio, la saga di Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi continua a conservare un posto speciale nel cuore degli affezionati.
Come accennato anche nel nostro recente approfondimento sulla serie di Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi, questa compensava la scarsa tecnicità con un sistema di combo estremamente semplice e intuitivo.
Tra l'altro, rispetto alla serie Budokai pubblicata sempre su PS2, lo sviluppatore nipponico Spike decise di piazzare la telecamera alle spalle dei lottatori e consentire ai giocatori di muoversi liberamente nello spazio tridimensionale, affinché potessero volare in ogni direzione e riprodurre le micidiali tecniche speciali ammirate nel fumetto di Toriyama.
Ad ogni modo, la caratteristica più importante dei tre Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi va individuata in roster mastodontici e invidiabili: laddove i picchiaduro moderni tendono ad accogliere nuovi lottatori attraverso DLC a pagamento e Season Pass, Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 2 e 3 vantavano rispettivamente più di 120 e 150 personaggi (trasformazioni incluse!) tratti dalle varie serie animate, gli special televisivi e persino dai lungometraggi cinematografici.
Un cast davvero titanico, che ci auguriamo di ritrovare nella quarta iterazione del brand di Bandai Namco Entertainment (a questo proposito, avete già consultato lo speciale sul gameplay di Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 4?).
Preferito della Redazione: Dragon Ball FighterZ
Il tie-in più amato dal team di Everyeye.it, nonché seconda scelta dei lettori, non poteva che essere Dragon Ball FighterZ, picchiaduro in 2.5D sviluppato dai ragazzi di Arc System Works (non vi occorrono le Sfere del Drago per trovare la nostra recensione di Dragon Ball FighterZ). Mescolando uno stile grafico impeccabile, che riproduce magistralmente gli intensi combattimenti della serie animata, al profondo tecnicismo che contraddistingue i loro fighting game, i creatori di Guilty Gear e BlazBlue: Calamity Trigger hanno realizzato un'autentica lettera d'amore nei confronti dell'opera di Toriyama.
Frenetico, votato alla spettacolarità (ma sempre rispettoso del materiale originale), e talvolta persino un tantino brutale, Dragon Ball FighterZ propone pure un combat system accessibile e adatto a ogni tipo di giocatore, che gli è valso un posto d'eccellenza nell'olimpo dei picchiaduro competitivi.
L'unica vera "colpa" imputabile a Dragon Ball FighterZ è costituita dall'assenza del rollback netcode nelle versioni lanciate del 2018, che per la gioia dei fan verrà invece implementato nelle edizioni per PlayStation 5 e Xbox Series X/S - oltre che su PC - in uscita entro la fine dell'anno corrente. Complice un supporto post-lancio ricco e variegato, che ha infatti goduto di ben tre character pass, quello confezionato dagli assoluti maestri del fighting game è insomma un tie-in che si migliora con assiduità, proprio come gli irriducibili Super Saiyan protagonisti del franchise.
La crème de la crème: Kakarot, Budokai e Xenoverse
Se le prime due posizioni della nostra top five sono state occupate - come prevedibile - da pregevoli picchiaduro, non bisogna dimenticare che il fumetto dedicato ai Guerrieri Z ha ispirato negli anni numerosi action adventure, giochi di ruolo, MMO, e così via.
A dimostrazione di ciò, tanto l'utenza quanto la Redazione hanno assegnato la medaglia di bronzo a Dragon Ball Z: Kakarot, JRPG semi open-world sviluppato da CyberConnect2 e pubblicato da Bandai Namco nel mese di gennaio 2020 (se non l'avete già fatto, fiondatevi sulla recensione del nuovo di DLC di Dragon Ball Z: Kakarot incentrato su Bardock). Ma cosa rende tanto particolare il prodotto di CC2? Come suggerito anche dal nome, la trama del titolo ripercorre passo passo le avventure di Kakaroth, partendo però dall'inizio di Dragon Ball Z e quindi dall'arrivo del fratello Raditz sulla Terra, per poi proseguire fino all'epica conclusione della Saga di Majin Bu. Una delle caratteristiche più apprezzate di Dragon Ball Z: Kakarot è la propensione del tie-in a fornire nuovi retroscena sulla storia e sui personaggi coinvolti, attraverso i quali è appunto possibile scoprire dei dettagli che tanto il manga di Toriyama quanto il suo omonimo anime non hanno mai fornito. Mentre il pacchetto base di Kakarot esplora unicamente la trama di DBZ, i quattro DLC finora pubblicati hanno invece attinto alle storie raccontate dai lungometraggi intitolati "La battaglia degli Dei" e "La resurrezione di F" e ai due meravigliosi speciali televisivi di Dragon Ball Z, "Le origini del mito" e "La storia di Trunks", introducendo nuovi antagonisti e trasformazioni.
Benché il già menzionato Dragon Ball FighterZ sia con tutta probabilità il miglior picchiaduro finora tratto dall'imbattuto re degli shonen, esattamente diciotto anni fa questo titolo apparteneva all'indimenticabile Dragon Ball Z: Budokai 3. Il fighting game sviluppato da Dimps è quello che, sotto molti aspetti, ha dettato la strada che più o meno tutti i successivi picchiaduro di Dragon Ball avrebbero seguito.
Mescolando fanservice e tecnicismo, Budokai 3 proponeva anzitutto un roster di oltre 40 lottatori giocabili, con la possibilità - per Vegeta, Freezer e gli altri personaggi dotati di trasformazioni - di accedere ai rispettivi power-up durante lo scontro, e non prima ancora che questo avesse inizio.
Oltre alla deliziosa grafica in cel shading, che ben si adattava alla licenza nipponica, Dragon Ball Z: Budokai 3 vantava al proprio varco di frecce una nutrita selezione di modalità extra, come il torneo o la campagna, che tanto ricordava i fasti di un vero e proprio RPG. Fra trasformazioni, teletrasporti, parate e schiave eseguite all'ultimo secondo, il gioco di Dimps è stato forse il primo tie-in di Dragon Ball a rispecchiare davvero le frenetiche dinamiche della serie televisiva.
Al quinto gradino della top five dettata dalla nostra community si è posizionata infine la saga di Dragon Ball Xenoverse, il cui secondo episodio continua imperterrito a ricevere aggiornamenti gratuiti e DLC a pagamento che ne stanno espandendo il roster a dismisura.
Sviluppata anch'essa dai ragazzi di Dimps, la serie di Xenoverse si distingue dalle altre produzioni legate al brand per merito di una spiccata componente ruolistica: sia nel primo che nel secondo capitolo, il giocatore è infatti chiamato a creare un proprio alter-ego e a unirsi alla Pattuglia Temporale capitanata dalla Kaioshin del Tempo e Future Trunks (o Mirai Trunks, se preferite), allo scopo di ristabilire il naturale scorrere degli eventi ed evitare le conseguenze potenzialmente catastrofiche provocate dalle alterazioni temporali generate dai malvagi Demigra, Towa e Mira. Tra sfide multiplayer e incarichi secondari completabili in co-op, la struttura social gioca un ruolo importante nell'economica del gameplay, dando forma a un'esperienza molto vicina a quella tipica degli MMO.
I peggiori tie-in secondo i lettori
Sul podio inverso i nostri lettori hanno puntualmente posizionato quattro titoli ugualmente mediocri, per cui sarebbe piuttosto complicato selezionare il peggiore in assoluto. Apriamo le danze con Dragon Ball Z: Sagas, un beat'em up che, a dispetto di quanto imposto dalle ferree regole del genere ludico di appartenenza, non possedeva affatto un sistema di combo vario e appagante, bensì l'esatto contrario.
Se le combo concatenabili dal giocatore si potevano contare sulle dita di una mano, i nemici e persino i boss di fine livello disponevano al massimo di due combinazioni di mosse diverse, risultando dannatamente banali, noiosi e ripetitivi. Non certo meglio si comportavano le fasi esplorative, poiché nonostante le varie location traessero ispirazione dalla serie televisiva, la loro resa lasciava molto a desiderare, anche a causa delle dimensioni spesso ridicole degli scenari e di una pessima gestione della telecamera.
Nato sui cabinati delle sale giochi e successivamente convertito per girare su PlayStation 2, Super Dragon Ball Z è un picchiaduro in 3D che a modo suo cercò di scimmiottare il sensazionale Budokai 3, con risultati a dir poco imbarazzanti. L'interazione con gli stage, la frenesia degli scontri e non per ultima la spettacolarità dei colpi energetici non compensavano minimamente la mancanza di profondità del sistema di combattimento e lo scarsissimo roster, che includeva appena 18 personaggi giocabili. Un totale ridicolo, specie se paragonato all'enorme mole contenutistica offerta dagli ultimi due capitoli della serie Budokai, e che appunto poteva trovare un senso soltanto in sala giochi.
Pubblicato in Giappone come Dragon Ball: World's Greatest Adventure e noto nel resto del mondo col titolo di Dragon Ball: Revenge of King Piccolo, l'action sviluppato da Media.Vision (compagnia nipponica nota principalmente per la serie di Wild Hearts e i due Digimon Story: Cyber Sleuth) vedeva il giocatore calarsi nei panni di un Goku ancora bambino e impegnato a ritrovare le ambitissime Sfere del Drago.
Il titolo spingeva quindi il piccolo Saiyan a scontrarsi prima con l'esercito del Red Ribbon (o Fiocco Rosso, se preferite) e poi col Grande Demone Piccolo, ma disgraziatamente la narrazione scorreva in maniera troppo veloce e i dialoghi facevano largo abuso di fastidiose immagini statiche. A metà tra platform e beat'em up, Dragon Ball: Revenge of King Piccolo era per giunta afflitto da una scarsa quantità di combo eseguibili, ragion per cui bastava qualche scontro appena per prendere a noia il combat system e le non troppo brillanti mosse speciali a disposizione.
Se tuttora tendiamo a ricordare Dimps per l'ottimo lavoro svolto con Dragon Ball: Budokai 3, va comunque specificato che negli anni lo sviluppatore giapponese è inciampato in più occasioni, dando forma al catastrofico Dragonball Evolution per PSP (di cui probabilmente avreste preferito continuare a non ricordarne l'esistenza), al recente Dragon Ball: The Breakers e non per ultimo Dragon Ball Z: Burst Limit.
Un picchiaduro tridimensionale, quello appena menzionato, che sotto diverso aspetti rappresentava un'assurda e inspiegabile involuzione rispetto ai precedenti tie-in plasmati da Dimps, non a caso il pacchetto includeva solo 21 lottatori, cinque scenari privi della benché minima interazione e giusto una manciata di modalità. Nel complesso, però, il titolo si difendeva con un sistema di combattimento rodato e facilmente padroneggiabile, e un impianto grafico più che soddisfacente, almeno per l'epoca.
I peggiori tie-in secondo la Redazione
Senza nulla togliere alle insindacabili scelte dei lettori, che a eccezione del solo Dragon Ball Z: Burst Limit condividiamo pienamente, i "nominati" dalla Redazione di Everyeye.it sono però l'orribile Dragon Ball Z: Battle of Z e l'ancor più terrificante Dragon Ball Z for Kinect.
Sviluppato dalla software house nipponica Artdink, che in tempi recenti ha posto la propria firma su una coppia di tie-in di Sword Art Online e sul nostalgico Triangle Strategy (qui trovate la nostra recensione di Triangle Strategy), Dragon Ball Z: Battle of Z era fondamentalmente un picchiaduro a squadre, tant'è che le principali novità poste sul piatto da questo dimenticabilissimo esperimento erano le gigantesche battaglie quattro contro quattro e la modalità battle royale per un massimo di otto giocatori.
Anche volendo sorvolare sui gravi problemi legati a matchmaking e netcode, non vi era assolutamente nulla che funzionasse: il sistema di combattimento era banale, gli scontri sembravano quindi tutti uguali, per non parlare della ripetitiva e noiosa struttura delle missioni. Insomma, un disastro su tutta la linea.
Lo stesso si può dire di Dragon Ball Z for Kinect, picchiaduro a incontri prodotto da Spike (già creatore dei tre Budokai Tenkaichi) per Xbox 360 e che come suggerito dal nome si serviva della sfortunata periferica di Microsoft per rilevare i movimenti dell'utente.
Non prendiamoci in giro: ogni fan di Dragon Ball ha cercato di riprodurre almeno un centinaio (per non dire migliaio) di volte le iconiche pose della Kamehameha e di tutte altre fantastiche mosse speciali partorite dal genio di Akira Toriyama, senza però ottenere - ovviamente - i medesimi risultati di Goku e compagni.
Dragon Ball Z for Kinect nasceva proprio dal radicato desiderio dei più giovani di usare il proprio corpo per lanciare il Final Flash di Vegeta, il Makankosappo di Piccolo e così via. Peccato però che un sistema di controllo concettualmente interessante limitasse non poco il combat system, che sin dalle prime battute risultava ripetitivo e disfunzionale. Risultato? Gli scontri apparivano tutti uguali e il divertimento iniziale, rappresentato dalla possibilità di lanciare una Kamehameha avvicinando i palmi delle mani e non attraverso la pressione di qualche tasto, cedeva ben presto il posto a una noia senza eguali.
Quanto attendi: Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 4
Hype totali: 41
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