Nintendo Switch Online: OK il prezzo è giusto?

L'online a pagamento su Switch arriverà in autunno. Ma Nintendo può permettersi di chiedere dei soldi, offrendo in cambio ciò che ha da offrire?

Nintendo Switch Online: OK il prezzo è giusto?
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Con una stringata nota a margine dei risultati finanziari conseguiti negli ultimi tre trimestri ed un laconico Tweet diffuso dai vari account ufficiali, la scorsa settimana Nintendo ha finalmente fissato una (seppur generica) data di lancio per Nintendo Switch Online, ovvero il servizio a pagamento per giocare in Rete con la sua ultima, fortunatissima console. Il servizio, che in origine avrebbe dovuto debuttare già a partire dallo scorso autunno, vedrà insomma ufficialmente la luce diciotto mesi dopo l'arrivo sugli scaffali di Nintendo Switch, in quello che è per tradizione il mese che sancisce l'inizio della stagione più calda dell'anno per i videogiochi.

Pagare moneta, giocare multiplayer?

Nonostante restino ancora diversi dettagli da svelare, da Kyoto hanno inoltre nuovamente ribadito alcune delle informazioni già emerse in passato: il prezzo innanzitutto, con tre tipologie di abbonamento che vanno dai 3.99€ per il mensile ai 7.99€ per il trimestrale, arrivando fino ai 19.99€ richiesti per una sottoscrizione annuale. In seconda battuta - e sulla scia della formula vincente introdotta per la prima volta dal PlayStation Plus - è stato riconfermato l'inserimento di una selezione di titoli classici a disposizione degli iscritti e presumibilmente variabili di mese in mese, oltre ad una serie di non ben chiare "promozioni esclusive" per gli abbonati.
Insomma, a partire dal prossimo autunno la Casa di Super Mario andrà ad adeguarsi agli standard di Microsoft e Sony, e per giocare online con Nintendo Switch sarà necessario pagare una somma di denaro (invero comunque nettamente più contenuta rispetto ai 59.99€ richiesti dai competitor per dodici mesi di divertimento multiplayer su PS4 e Xbox One).

Sembra fantascienza a guardare il contesto odierno, invece è storia: nel 2006, su Nintendo DS, si giocava gratis (e con tanto di chat vocale!) su una console portatile Nintendo.

Qui però, molto francamente, credo si ponga un problema. Un problema tanto di natura filosofica, quanto soprattutto di natura pratica. Senza inutili giri di parole, la questione è piuttosto semplice: siamo sicuri che, alla luce del servizio offerto, Kimishima & Company possano davvero permettersi di chiedere dei soldi per permettere agli utenti Switch di giocare in Rete? Certo, ragionando su una logica annuale, è comunque corretto e doveroso ribadire che la cifra equivarrà ad un terzo di quella richiesta dai diretti concorrenti... anche se il punto delicato a mio avviso non riguarda la somma di denaro in sé, bensì il concetto stesso di pagare per avere in cambio un servizio che, ad oggi, si è dimostrato come minimo ampiamente discutibile.

Una storia complicata

L'interrogativo è senza dubbio spinoso, e prima di provare a rispondere penso sia impossibile non fare qualche considerazione in merito al delicato rapporto che innegabilmente intercorre tra Nintendo e l'online in senso lato. Ritengo infatti esista un duplice peccato originale che ci ha portati a questa scomoda situazione di mezza impasse: da una parte abbiamo la storica reticenza di Nintendo nei confronti di un tipo di interazione sì godibilissima, ma anche potenzialmente pericolosa (a maggior ragione considerando l'immagine rassicurante del colosso di Kyoto, una compagnia che il pubblico associa a prodotti per famiglie senza particolari "spigoli" o rischi). Negli anni siamo arrivati addirittura a scherzare riguardo all'attitudine un po' fuori dal tempo della Grande N quando si parla di attività in Rete, a concederci qualche battuta sulle paranoie più o meno esasperate dell'indimenticabile Satoru Iwata circa le insidie di potenziali pedofili nascosti tra una gara di Mario Kart o una visita ad un villaggio di Animal Crossing, eppure l'argomento è evidentemente scottante e delicato per Nintendo.
L'altra faccia del peccato originale riguarda invece nello specifico l'interfaccia hardware di Switch: una macchina per certi versi davvero di nuova generazione - pensiamo a quanto ci sembri ordinariamente irrinunciabile oggi la geniale trovata della console ibrida col multiplayer sempre a portata di Joy-Con! - che per scelta è stata però concepita senza una (voice) chat di sistema, limitando così in maniera a dir poco drastica le interazioni che si possono avere con chi è presente nella lista amici. Già, la lista amici: qui si potrebbe e magari persino dovrebbe aprire una breve digressione sul fatto che nel 2018 sia ancora richiesto un codice di dodici cifre per aggiungere qualcuno alla lista stessa, ma in effetti sarebbe un po' come sparare sulla Croce Rossa... e quindi forse è meglio soprassedere, con l'eleganza del non-detto.

Per la serie "indietro tutta", ecco a voi Wii Speak (2008): una periferica per comunicare a voce tramite internet su Wii, studiata senza il benché minimo concetto di privacy.

Eppure, nella scelta così profondamente scollegata dal presente di non inserire una voice chat legata al sistema operativo, nella soluzione di basarsi ancora una volta sugli odiosi Codici Amico e in tante altre inspiegabili contraddizioni, tipo l'idea di dover ricorrere obbligatoriamente ad un'app per smartphone per comunicare con gli altri (app per inciso ad oggi compatibile solo e soltanto con Splatoon 2, a sottolineare comunque un servizio non solamente alquanto criticabile ma anche tutt'altro che uniforme...), c'è tutta la controversa essenza della stessa Nintendo. Un'azienda radicalmente diversa da qualunque altra - basti pensare a Nintendo Labo, tanto per citare l'ultimo colpo di testa degli adorabili mattacchioni che ci hanno regalato Zelda, F-Zero o Metroid - che tuttavia nella sua inimitabile unicità alle volte sembra cocciutamente isolarsi dal mondo, arrovellandosi su posizioni difficili da comprendere e giustificare. In primis per noi occidentali.

Questione di standard

A mancare, di fondo, è per forza di cose anche se non forse soprattutto l'esperienza: lasciando volutamente da parte le avveniristiche sperimentazioni d'epoca (leggasi il Satellaview, modem satellitare per Super Famicom uscito nel 1995 in Giappone), a Nintendo è sfuggito il momento di passaggio e di consacrazione dell'infrastruttura online che Microsoft e Sony hanno vissuto durante la generazione di Xbox 360 e PlayStation 3. La stessa generazione in cui invece Miyamoto & Co. facevano faville con il fenomeno Wii, guadagnando valanghe di consensi e inaspettati milioni di Yen da una parte ma perdendosi appunto qualcosa dall'altra. Ciò che altrove è insomma da ormai qualche anno ordinaria amministrazione, per una Nintendo rimasta indietro diventa così un traguardo da raggiungere con ulteriore impegno e fatica. Eppure la storia pregressa non deve diventare a mio avviso una giustificazione: poteva - comunque non in toto - esserlo di fronte ad un online completamente gratuito, ma nel momento in cui si decide di seguire il cammino degli altri, arrivando a chiedere degli Euro in cambio di un'infrastruttura multiplayer... ecco, lì ritengo debbano finire i compromessi, le scuse, i vorrei ma non posso.Perché se decidi di iniziare a far pagare un servizio (non importa se tanto o poco, visto che addirittura 99cent potrebbero essere già per assurdo simbolicamente troppi...) allora devi offrire in cambio un'esperienza adeguata agli standard. Gli standard del mercato però, quelli in voga nel 2018, non i tuoi all'insegna dell'arretratezza e delle decisioni cervellotiche che si ripercorrono con logica tutt'altro che inattaccabile da generazioni. Del resto, da che mondo è mondo, se tu-azienda vuoi qualcosa da me-cliente, io poi devo avere il sacrosanto diritto di pretendere qualcos'altro in cambio: è la legge del mercato, la regola base di qualsiasi scambio, il fulcro su cui si regge ogni affare. E, in quest'ottica, poco importa che la cifra in questione sia nettamente più contenuta che altrove: è Nintendo a dover recuperare terreno, a dover convincere l'utenza che a parità di condizioni possa aver senso optare per Switch anche in virtù di un online più accessibile per il portafoglio.

Giocare online su Nintendo Switch, 2018: il paradigma della comodità, dell'immediatezza e di un servizio che merita proprio i nostri soldi, no?

Insomma, cara Mamma N, basta scuse e basta equivoci: se da settembre saremo veramente costretti a pagare, l'antipasto avuto con Splatoon 2 non soltanto non basta, ma non è da considerarsi neppure un'adeguata base di partenza per un servizio online degno di questo nome. Serve uno sforzo diverso, un'accessibilità tutta nuova e un supporto finalmente all'altezza, fatto di inviti in un click, di party chat cross-game e di possibilità che oggi neppure si intravedono. Nella speranza che i mesi che ci separano dal lancio a pagamento di Nintendo Switch Online portino con sé una profonda rivoluzione del servizio - ma davvero esiste qualcuno che ancora ci crede? - io nel mio piccolo non posso far altro che incrociare le dita ed esprimere tutte le mie perplessità rispetto ad una situazione che ha l'aria di essere un gran bel problema intrappolato tra passato, presente e futuro.