Overwatch: le ambizioni eSports di Blizzard e i problemi organizzativi

L'ambizione di Blizzard di creare un ambiente competitivo di portata globale per Overwatch pone molte questioni organizzative e burocratiche.

Overwatch: le ambizioni eSports di Blizzard e i problemi organizzativi
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  • Conosciamo le difficoltà tecniche in cui è più volte incorsa la neonata Overwatch League. Dall'ambizioso progetto iniziale di una competizione di livello globale che potesse abbracciarne tutti i giocatori attraverso tappe sparse in diverse nazioni delle cinque macro regioni (Americhe, Cina, Corea, Europa e Asia Pacifica), Blizzard ha dovuto fare un passo indietro, rivedere i propri piani e puntare a qualcosa di molto più contenuto. Almeno per la prima stagione. La maggior parte delle competizioni, infatti, avverranno sul suolo statunitense, mentre gli unici tre franchise al di fuori dei confini a stelle e strisce saranno Londra, Seoul e Shanghai che dovranno rappresentare, in buona sostanza, gli altri 194 paesi. Questo, di sicuro, contrasta con il concetto di "globalità" che aveva in mente il CEO di Activision Blizzard Bobby Kotick. In più, i tre franchise extra-americani (ovvero Cloud9 per Londra, KSV a Seoul e NetEase per Shanghai) non rappresentano al cento per cento i paesi per cui hanno acquistato lo slot.

    The american connection

    L'owner che si è aggiudicato il franchise di Seoul è, per fare un esempio, guidato da una società con base nella Silicon Valley, in California. Il proprietario e il fondatore del KSV, Kevin Chou, ha attinto molteplici risorse dalla sua società specializzata nello sviluppo di giochi mobile (la cui sede si trova sempre nella Silicon Valley) per formare il team esecutivo di KSV . KSV, infatti, significa letteralmente "Corea + Silicon Valley". Ora, notizia delle ultime ore, il team ha cambiato nome in Seoul Dynasty.

    Ci sono, poi, i Cloud9, per lo slot di Londra. Questa organizzazione professionistica non è europea bensì nordamericana, fondata a San Francisco e attualmente con base operativa a Los Angeles. In marzo, l'investitore principale Dan Fiden ha addirittura affermato che la sua organizzazione "è il più importante gruppo eSports in Nord America". In teoria, per Londra, sarebbe stato più ovvio ci fosse il Team Dignitas, ovvero una squadra storica presente a oltre una decade sulla scena competitiva internazionale. La fondazione della squadra, infatti, risale al lontano 2003 quindi quasi dieci anni prima dei Cloud9 (fondati nel 2012).
    NetEase, invece, pone un altro tipo di problema per lo slot di Shanghai: il potenziale conflitto di interessi. La società, infatti, pare avere un accordo con Blizzard proprio per la pubblicazione e distribuzione di Overwatch sul suolo cinese. Non è, dunque, una compagnia privata che, per merito (o ingenti investimenti), si è guadagnata un posto nella Overwatch League. La sua presenza, in potenza, può dar luogo a un grande ritorno economico per la società, in termini di revenues derivanti dal marketing e dalla pubblicità gratuita che solo la visibilità della Overwatch League può offrire.

    Insomma, dei dodici team che concorreranno per il titolo nella prima stagione della Overwatch League, ben nove sono nord americani e gli altri tre...quasi. La speranza è che l'ambizioso progetto iniziale di Blizzard - ovvero far sì che la Overwatch League diventi la casa di tutti i giocatori e i fan del globo - si concretizzi in un prossimo futuro. La strada da fare, però, sembra ancora molto lunga, perché emergono altre questioni che il volatile concetto di "globalità" solleva. Come quello relativo alla difficoltà, da parte della stessa Blizzard, di trovare investitori interessati al progetto in Europa e Asia e, in seconda battuta ma non meno importante, le difficoltà tecniche per le stesse squadre e i giocatori partecipanti. Ci riferiamo soprattutto alle questioni relative alle trasferte e alla richieste burocratiche legate al visto per entrare nel paese in cui l'evento si svolgerà. A tal riguardo, tutte le competizioni organizzate questo periodo ne sono la prova lampante.

    Visa denied

    Abbiamo già affrontato l'argomento qualche tempo fa quando, in occasione della finalissima degli Overwatch Contenders, tenutasi alla Blizzard Arena in California, a un giocatore russo (Denis "Tonic" Rulyov, main tank del team "123"), è stato negato il visto d'entrata negli States. Il ragazzo, alla fine, si è accontentato di tifare per i propri compagni da casa. All'epoca, la colpa è stata scaricata, in parte, anche sul giocatore stesso, reo di non essersi mosso per tempo e di essersi recato all'ambasciata americana in un periodo in cui gli uffici amministrativi risultavano chiusi e la stessa amministrazione Trump aveva operato decisi tagli al personale diplomatico. Le tempistiche erano comunque molto strette e, probabilmente, il visto non sarebbe mai arrivato prima della data di partenza. La stessa cosa, però, questa volta è accaduta a ben quattro dei sei componenti della squadra cinese relativamente alla fase finale del campionato del mondo della prossima settimana.

    Il forte team asiatico - il primo a ottenere la qualificazione alla fase finale della coppa del mondo - si è trovato improvvisamente azzoppato per i suoi due terzi. La squadra ha già provveduto in extremis a chiamare dei sostituti, ma il problema appare alquanto serio.
    I cinesi, ora, saranno in grado di scendere in campo con la stessa sinergia e competitività che hanno caratterizzato il loro dominio nel girone? Oppure dovranno cedere il passo a causa della mancanza di coesione e di allenamento con i quattro nuovi membri? I fan si sono infuriati, accusando Blizzard di non fare il possibile per assicurare il visto d'ingresso ai giocatori che devono volare negli Stati Uniti per le competizioni. A tal proposito, sulla piattaforma Reddit è comparsa una lettera aperta scritta da un fan e indirizzata a Blizzard e a Jeff Kaplan. Il ragazzo si lamenta della "barriera all'ingresso" rappresentata proprio da quel visto che impedisce a molti team di partecipare alle manifestazioni sportive ed e-sportive. L'utente, poi, produce molteplici prove di eventi di questo tipo avvenuti nel corso degli anni e sottolinea che solamente con partner commerciali forti (come Intel, Samsung, Microsoft) la squadra cinese ha, in passato, potuto ricevere un visto d'ingresso in tempi ragionevoli.

    La questione, effettivamente, non è di poco momento, soprattutto se consideriamo che la stessa Overwatch League (la quale partirà il prossimo dicembre) si terrà nuovamente sul suolo americano. Stiamo dunque parlando di un problema più profondo e complesso rispetto alla una semplice svista burocratica; cosa che potrebbe severamente influenzare i piani per la visione globale del framework eSports di Blizzard.
    Nel caso di specie, comunque, appare difficile dire chi abbia torto nella vicenda che ha coinvolto il team asiatico. Forse, è proprio la squadra cinese ad aver sbagliato le tempistiche. In effetti, i giocatori del Team China hanno avuto ben tre mesi per prepararsi al loro viaggio negli Stati Uniti e, in potenza, avrebbero addirittura avuto ancor più tempo per richiedere i visti d'ingresso, visto che la qualificazione non è mai stata in serio dubbio. La questione, semmai, dovrebbe esser ricondotta alle lungaggini burocratiche che l'utente di Reddit ha sottolineato nella propria lettera.

    La Blizzard, in questo senso, potrebbe prendere come base di partenza proprio queste sfortunate vicende per dare il via ad una politica di mutuo aiuto, tesa a fornire supporto amministrativo/burocratico ai team che devono volare da una parte all'altra del globo, almeno per assicurare l'ingresso legale negli Stati Uniti senza che si verifichino altri episodi di questo genere.
    Come abbiamo già avuto modo di notare, le ambizioni di Blizzard di creare una Overwatch League di portata globale per ora si sono dovute infrangere su molteplici ostacoli, portando il colosso di Irvine a dirottare tutte le competizioni alla Blizzard Arena.

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