Platinum Games Studio Tour: da MadWorld e Bayonetta ad Astral Chain

Per celebrare l'arrivo di Astral Chain ripercorriamo la storia di Platinum Games, dalle origini del team agli ultimi lavori in esclusiva Nintendo.

Platinum Games Studio Tour: da MadWorld e Bayonetta ad Astral Chain
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  • Spinti da una filosofia che impone di creare titoli unici, chiassosi e inaspettatamente profondi, gli sviluppatori di Platinum Games sono cresciuti con alcuni dei game designer più importanti del Sol Levante, ai quali dobbiamo brand come Resident Evil e Devil May Cry. Dopo l'uscita di Astral Chain, un'opera videoludica che - grazie a un gameplay fuori dagli schemi e una marcata attenzione al comparto narrativo - attesta la maturità artistica dei suoi creatori, non abbiamo potuto far altro che ripercorrere la storia di Platinum Games, in un viaggio condito da malcontenti, speranze e la voglia di rivoluzionare il mondo videoludico. Benvenuti in Studio Tour, la rubrica in cui raccontiamo la storia di sviluppatori e creativi che hanno dato vita ai capolavori dell'industria.

    I "Capcom Five" e il seme del malcontento: l'origine di Platinum Games

    La compagnia a cui dobbiamo Bayonetta è nata a causa di un profondo malcontento, il cui seme è germogliato in Shinji Mikami e Hideki Kamiya durante gli ultimi anni di militanza in Capcom. La nostra storia comincia nel 2002, quando il colosso ha annunciato di voler supportare il GameCube con ben cinque titoli in esclusiva: i "Capcom Five". Tra questi, come più volte confermato dallo stesso Mikami, c'era anche Resident Evil 4.

    Il game designer voleva fortemente che fosse un'esclusiva Nintendo ma così, come ben sappiamo, non è stato. A eccezion fatta del discutibile P.N.03, infatti, Viewtiful Joe, Killer 7 e lo stesso RE 4 sono approdati sui lidi di PS2, vanificando le tante promesse di Shinji. Profondamente amareggiato per le decisioni dell'azienda, questi ha abbandonato il Production Studio 4 per trasferirsi nel più "defilato" Clover Studio, al fine di creare una serie di proprietà intellettuali dal sapore inedito, oltre che il sequel di Viewtiful Joe.

    Purtroppo il malcontento non ha fatto altro che crescere durante la gestazione di quest'ultimo, anzi ha finito per colpire anche Hideki Kamiya e Atsushi Inaba. Rispettivamente lead writer e producer di Viewtiful Joe 2, questi volevano implementare una serie di feature che non avevano trovato posto nel predecessore ma - complici i tempi di sviluppo ristretti - non sono riusciti a realizzare quanto preventivato.

    In aggiunta, presa coscienza delle scarse vendite di Okami e della qualità altalenante di God Hand, Capcom ha deciso di chiudere Clover Studio sul finire del 2006 ma i suoi talentuosi impiegati non si sono fatti cogliere impreparati.

    Prima di rassegnare le dimissioni infatti, Mikami, Kamiya e Inaba hanno fondato Seeds Inc, cominciando ad accogliere tra le proprie fila altri ex membri della compagnia: parliamo di creativi del calibro di Yusuke Hashimoto e Kenji Saito, che avrebbero poi diretto alcuni progetti di Platinum Games. Nel mentre anche Tatsuya Minami (Mega Man e Super Ghouls ‘n Ghosts) ha deciso di lasciare il colosso perché stanco di sviluppare sequel e ha fondato Odd Inc. nel febbraio del 2006. Avvenuta nel 2007, la fusione tra le due neonate aziende ha dato vita a Platinum Games, con Minami posto alla guida dello studio e il trio Mikami-Kamiya-Inaba a occuparsi dei progetti sul campo. Il nome "Platinum Games" non è stato scelto a caso dai suoi fondatori: il platino infatti è un metallo rinomato per mantenere inalterata la propria brillantezza, una caratteristica che avrebbe contraddistinto anche l'operato dell'azienda. Sin anche la stella che sovrasta la "P" del logo ha un significato molto particolare. Vuole infatti richiamare la Stella Polare, la quale ha guidato esploratori e pionieri nel corso della storia.

    Da MadWorld a Bayonetta: la partnership con SEGA

    La neonata software house accoglieva alcuni tra i migliori esponenti dell'industry giapponese ed era pronta per presentarsi al mondo: le esperienze fresche e innovative che i suoi fondatori non avevano potuto creare negli uffici di Capcom, sarebbero ora servite a Platinum per affermarsi sul mercato. Da qui l'annuncio nel 2008 di una partnership con SEGA, atta a realizzare quattro titoli che avrebbero seguito la filosofia dei mitici "Capcom Five".

    La casa di Yakuza e Shenmue era la compagna perfetta con cui lavorare, almeno per due motivi. In primis, era diventata molto più aperta a impegnarsi in progetti rischiosi e in secondo luogo avrebbe consentito a MadWorld, Infinite Space, Bayonetta e Vanquish di approdare in occidente. Prodotto da Atsushi Inaba e diretto da Shigenori Nishikawa, un designer di Resident Evil 4, MadWorld è giunto sul mercato nel 2009 su Nintendo Wii.

    Pensato per approcciarsi al pubblico statunitense - in linea con la volontà di Minami - vantava una presentazione visiva ispirata allo stile del Sin City di Frank Miller ma arricchita da alcuni richiami ai fumetti giapponesi. In altre parole, il gioco non avrebbe dovuto essere una copia di qualcos'altro e Inaba voleva accertarsene: provando diversi titoli di stampo occidentale tra cui Manhunt 2, il producer voleva capire come distanziarsene e rappresentare la violenza in modo unico.

    Battagliando in diverse aree dell'oscura Jefferson Island, il giocatore avrebbe esplorato un mondo in bianco e nero in cui l'unico elemento ad avere un proprio colore sarebbe stato il sangue. Purtroppo, nonostante gli evidenti sforzi dal punto di vista artistico, la campagna mortifera di Jack non è riuscita a conquistare né il pubblico occidentale, né gli appassionati giapponesi, dimostrandosi fin troppo distante dall'idea di "console per famiglie" intimamente legata a Wii.

    Infinite Space è uscito in Europa nel 2010 su Nintendo DS. Ispirato ai romanzi sci-fi di Arthur C. Clarke e Greg Egan, si muoveva sul binario della space opera e offriva un impasto ludico di matrice ruolistica condito da elementi di strategia in tempo reale. Realizzato al fianco di Nude Maker e prodotto ancora una volta da Atsushi Inaba, ha conosciuto un discreto successo nel Sol Levante ma è stato praticamente snobbato in America. Proprio quando i rapporti tra SEGA e Platinum stavano cominciando a sgretolarsi, una strega di nostra conoscenza è giunta in soccorso dei suoi creatori, dimostrando chiaramente quanto fosse grande il loro talento.

    Faccia a faccia con la strega

    Concepito per essere un perfetto Devil May Cry killer, Bayonetta è stato diretto da Kamiya in persona, che per l'occasione ha ribattezzato la sua squadra "Team Little Angels". A seguito di una chiacchierata con Yusuke Hashimoto, Hideki ha cominciato a studiare i miti scandinavi, con l'intenzione di creare un universo dal sapore differente rispetto ai richiami danteschi di Devil May Cry.

    Anche per questo motivo, al centro delle vicende narrate avrebbe dovuto esserci una donna e non l'ennesimo guerriero dai capelli argentati: non stiamo parlando di una persona qualunque ma di un concentrato di sex appeal, tamarra eleganza, intelligenza e potere, capace di colpire in egual misura il pubblico maschile e femminile.

    Da qui l'idea della strega smemorata e della sua incessante sete di sangue angelico, che - come svelato da Hashimoto - è scaturita dalla volontà di ribaltare la classica prospettiva del bene contro il male. Gli strumenti di tortura che avevano dilaniato le compagne, Bayonetta li utilizzava per brutalizzare gli angeli, i quali a loro volta erano caratterizzati da un aspetto peculiare.

    Sempre per l'intuizione di Hashimoto, questi erano mostruosi ma non di rado presentavano delle teste d'infante, un dettaglio che ne richiamava la natura divina.
    Potremmo parlare per ore del gameplay assuefacente, delle boss fight al cardiopalma o della mirabile colonna sonora composta da Hiroshi Yamaguchi ma crediamo che sia più importante concentrarsi sul come sia stata creata un'icona tanto luminosa.

    Dopo più di un anno di lavoro è stata la character designer Mari Shimazaki (Okami) a finalizzare il design di Bayonetta. Studiando le riviste di moda e i tanti bozzetti, è riuscita a dare una forma alla strega che conosciamo, la quale - vestita dei suoi capelli - era di fatto "nuda" per tutta la durata del gioco. La sua particolare acconciatura inoltre voleva richiamare il classico cappello da strega, la cui introduzione avrebbe cozzato con le mosse acrobatiche della guerriera.

    Per quanto concerne gli ormai iconici occhiali, è stato Kamiya a suggerirne l'introduzione: le avrebbero conferito un alone di mistero e un look più intelligente, quasi a voler fare da contraltare alle sue forme prosperose. In sintesi, forte di una direzione artistica ai massimi livelli e di un combat design fuori dagli schemi, Bayonetta ha incantato chiunque l'abbia giocato, guadagnandosi le sincere lodi di personalità come Cliff Bleszinski.

    L'addio di Mikami e la rottura con SEGA

    Vanquish ha una grande importanza per il nostro discorso perché è stato il primo e ultimo titolo diretto da Mikami con la casacca di Platinum Games. Nel frenetico shooter in terza persona troviamo ogni oncia del genio creativo di Shinji che - similmente al primo Resident Evil - ha esplorato diverse soluzioni prima di finalizzare l'offerta ludica. In origine concepito come uno sparatutto a mondo aperto, Vanquish ha poi adottato una struttura più lineare, pensata per dare ancor più risalto all'incedere dell'azione.

    Al contrario di molti altri esponenti del genere, la creatura di Mikami non si fondava sull'utilizzo delle coperture e anzi queste andavano in frantumi con un battito di ciglia. Inoltre, ripararsi troppo penalizzava la valutazione finale della missione, cosa che spingeva i giocatori a fare largo uso della "power-slide". Tale abilità permetteva di sgusciar fuori dai ripari ad altissime velocità e inanellare diverse uccisioni scivolando a razzo da un punto all'altro della mappa.

    Dimostrando di essere una punta di diamante del gameplay, la power-slide ha finito con l'influenzare altri sparatutto quali Bulletstorm, Crysis 2 e Killzone 3 ed è valsa a Vanquish gli elogi della critica. Conclusa la gestazione del gioco, il papà di Resident Evil ha lasciato Platinum Games per dare inizio a un nuovo cammino professionale, che l'avrebbe portato a fondare la Tango Gameworks nota per The Evil Within.

    Le parole di Tatsuya Minami ben ci spiegano quale fosse l'intento di Mikami, il quale "ha sempre voluto essere il capo di sé stesso e uno sviluppatore al servizio di sé stesso".

    Proprio nel periodo che ha segnato il debutto di Vanquish, si parla di fine 2010, Platinum ha provato a estendere la collaborazione con SEGA, giacché questa le consentiva il pieno controllo creativo sui progetti in via di sviluppo. La nascita di Anarchy Reigns, che fungeva da vero e proprio sequel per lo sfortunato MadWorld, doveva servire a rinsaldare i rapporti col publisher, che in un primo momento si era mostrato anche aperto a prolungare la partnership. Purtroppo però l'ennesima sagra del pestaggio con protagonista Jack Cayman non è riuscita né a stupire la critica, né a coinvolgere il pubblico, provocando l'allontanamento definitivo del colosso giapponese.

    Il fulmine nella pioggia e la nascita di un'amicizia: da Metal Gear Rising a Bayonetta 2

    Dopo l'uscita di Metal Gear Solid 4, Hideo Kojima voleva creare un capitolo incentrato su The Boss e l'unità Cobra ma - complice la difficoltà del progetto - l'idea è stata abbandonata. Ha quindi pensato a un ambizioso action game, che avrebbe consentito ai giocatori di impersonare il cyborg-Raiden visto in Guns of the Patriots. Purtroppo anche Metal Gear Rising è stato cancellato nel 2010 ma il buon Hideo non aveva alcuna intenzione di vederlo morire.

    Da qui l'idea di affidarlo nelle mani di Platinum Games, che nel dicembre del 2011 ha annunciato il suo Metal Gear Rising: Revengenance. Chiamato così per la "sete di vendetta" nei confronti del progetto originale - colpevole di non aver mai raggiunto gli scaffali - il titolo ha subito una totale riscrittura della trama, in modo da rispettare il canone della serie e al contempo muoversi in piena libertà.

    Scartati gli elementi stealth e amplificato il ritmo dell'azione, Revengenance si fregiava dell'ispirato commento sonoro di Jamie Christopherson e di un combat system folle e dinamico, baciato dalla gloria dei 60fps. Quel che è stato il primo prodotto su licenza della software house ha visto la luce nel 2013, riscuotendo un gran successo commerciale e i pareri positivi della critica.

    Sempre nello stesso anno è uscito il The Wonderful 101 di Hideki Kamiya, destinato alla sola Nintendo Wii U. Il papà di Devil May Cry e Bayonetta ha lavorato sotto la supervisione di Tatsuya Minami per dar vita al peculiare titolo, il quale - ispirandosi ai serial "tokusatsu" (effetti speciali) in stile Power Rangers - avrebbe dovuto aprirsi a vaste fette di pubblico.

    Sviluppato a stretto contatto con la stessa Nintendo ha fatto parlare di sé per uno spiccato senso dello humor e un gameplay peculiare, che di certo lo distingueva dai comuni action/adventure. Proprio con The Wonderful 101 ha avuto inizio un proficuo sodalizio tra Platinum Games e Nintendo, valso a Bayonetta 2 il debutto in esclusiva Wii U. Senza i fondi extra della "grande N" infatti, il gioco non avrebbe mai visto la luce, come confermato dallo stesso Atsushi Inaba.

    Contento di poter regalare un sequel alla sua strega del cuore, Kamiya ha ricoperto il ruolo di supervisore e ha lasciato la direzione del progetto a Yusuke Hashimoto. Complice l'intreccio narrativo over the top e un sistema di combattimento stratificato ma più accessibile rispetto a quello del predecessore, Bayonetta 2 ha dimostrato d'essere uno dei titoli più preziosi del catalogo di Wii U.

    I prodotti su licenza e la conclusione dell'era Minami

    Agli albori dell'attuale generazione, Platinum ha sviluppato diversi giochi su licenza dalla qualità altalenante, a cominciare dalla trasposizione videoludica di The Legend of Korra. Basato sulla serie animata scritta da Tim Hedrick, calava i giocatori nei panni dell'omonima eroina.

    A causa di un comparto grafico non esaltante e un combat system semplicistico, il titolo diretto da Eiro Shirahama e pubblicato da Activision non ha ottenuto il successo sperato ma il rapporto tra Platinum e il publisher non si è incrinato.

    Fortemente ispirato allo stile visivo dei cartoni animati, Transformers: Devastation consentiva di utilizzare diversi Autobot, che tra mosse speciali e combo tamarre lottavano senza sosta contro i Decepticon. Non stiamo parlando di una produzione eccelsa ma neanche di un prodotto scadente, ben distante insomma dal disastroso Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutants in Manhattan.

    Desiderosi di ricreare un'esperienza fedele al materiale originale, i ragazzi di Platinum hanno guardato l'intera serie animata delle Tartarughe Ninja ma purtroppo il risultato finale ha disatteso le aspettative di stampa e appassionati. Sempre nel 2016 è uscito un altro titolo nato dalla partnership con Nintendo: Star Fox Zero. Mentre lo sviluppo di Bayonetta 2 stava per terminare, Kamiya aveva dichiarato di voler continuare a collaborare con il colosso giapponese, magari per realizzare la nuova iterazione di un franchise come Star Fox. Neanche a farlo apposta, il suo desiderio combaciava con le esigenze di Shigeru Miyamoto, che stava cercando il team adatto per realizzare Star Fox Zero. Uscito assieme allo spin-off tower defense (SF: Guard), è stato criticato per i suoi controlli macchinosi e non ha eguagliato il successo dei predecessori. Nella primavera del 2016, la guida di Platinum Games è passata a Kenichi Sato, a seguito dell'abbandono del presidente Tatsuya Minami.

    Di cocenti rimpianti e grandi successi: la caduta di Scalebound e l'ascesa di Nier Automata

    Non potremmo parlare del presente di Platinum Games senza citare lo sfortunato Scalebound, la cui cancellazione è stata un boccone difficile da mandar giù. Il concept originale del gioco esisteva già nel 2006 ma Platinum non era mai riuscita a lavorarci: a seguito dell'accordo di esclusiva siglato con Microsoft nel 2013, Scalebound è stato svelato all'E3 dell'anno successivo, sorprendendo il pubblico di Los Angeles.

    Ispirandosi al Sorcerian del ‘87, pregno di temi fantasy, maestosi draghi e scenari ispirati, Kamiya voleva dar vita a un'esperienza fondata sul rapporto di simbiosi tra il protagonista Drew e il maestoso drago Thuban. Tra gli elementi ruolistici, la modalità multiplayer cooperativa e il comparto grafico avanzato, è facile intuire perché Scalebound sia stato così desiderato dai possessori di Xbox One, la cui delusione per il lancio della console era ancora avvertibile.

    Purtroppo però il gioco è stato cancellato nel 2017 per il profondo dispiacere dello stesso Kamiya, che considerava la partnership con Microsoft come un punto di svolta nella sua carriera.

    A risollevare le sorti di Platinum Games ci ha pensato un titolo che ha debuttato pochi giorni dopo la fine di Scalebound, il frutto di una collaborazione con Square Enix e Yoko Taro. Dopo l'uscita di Nier, infatti, Taro e Yosuke Saito hanno ottenuto il permesso per realizzarne un sequel, a patto che questo fosse più incentrato sull'azione. Proprio come nel caso di Metal Gear Rising, hanno pensato che Platinum Games sarebbe stata la scelta perfetta ed è così che il progetto è partito.

    I creatori di Bayonetta però hanno posto due condizioni importanti prima di cominciare: in primis, Taro avrebbe dovuto prendere le redini della produzione e, in secondo luogo, si sarebbe dovuto trasferire a Osaka per lavorare a stretto contatto con il team. Un apporto fondamentale alla realizzazione di Nier: Automata l'ha dato anche il designer Takahisa Taura (tenetelo a mente), che ha garantito il "tocco di Platinum" al sistema di combattimento. La produzione di Automata è cominciata nei primi mesi del 2014 e inizialmente il gioco avrebbe dovuto giungere su PS Vita.

    Col passare del tempo però si è trasformato in uno dei progetti più ambiziosi di sempre per Platinum, passando dall'essere un'avventura lineare a una a mondo aperto e per giunta destinata a PS4.

    Fondato sui concetti di "amore" e "agaku" - che in giapponese vuol dire "faticare a uscir fuori da una brutta situazione" - l'intreccio narrativo dell'avventura di 2B è diventato sempre più complesso e profondo, tra le tante implicazioni etiche, filosofiche e il gran numero di finali proposti.

    Se a questo ben di dio aggiungiamo una colonna sonora tra le più belle dell'attuale generazione, risulta agevole comprendere i motivi alla base del successo di Automata, che ad oggi ha superato i 4 milioni di copie vendute. Per comprendere al meglio quale impatto abbia avuto l'opera di Taro sul benestare della compagnia, crediamo che le parole di Kamiya possano esporlo alla perfezione: "non è esagerato dire che Platinum sia stata salvata da Yoko Taro".

    Astral Chain: l'apripista di un luminoso futuro

    Impegnata su più fronti e sempre più attenta a far risaltare le nuove leve, la compagnia nipponica si appresta a entrare nella next gen col piede giusto. Prima di concludere l'attuale generazione però, ha intenzione di condurre almeno due sue opere su Nintendo Switch. Di Bayonetta 3, annunciato ai Game Awards del 2017, sappiamo ancora ben poco: Inaba e Mikami continuano a dirci che il suo sviluppo procede a gonfie vele e per ora - viste le ripetute defezioni ai più importanti eventi dell'anno - non possiamo far altro che fidarci. Ben diversa è la situazione di Astral Chain, che ha debuttato in pompa magna sulla console ibrida dopo aver ricevuto le lodi della stampa specializzata.

    Diretto da quel Takahisa Taura che tanto si è distinto durante lo sviluppo di Nier: Automata, è il frutto del lavoro di impiegati giovani e talentuosi, i quali volevano consegnare ai fan un prodotto di prim'ordine.

    Forte di un'ambientazione futuristica e un tessuto sociale al collasso - colpa della minaccia Chimera - Astral Chain ci fa vestire i panni di un agente della Neuron, in grado di interfacciarsi con le potenti creature sulle quali si fonda un combat system d'alta classe. Insomma, come scritto nella nostra recensione di Astral Chain l'opera di Taura ha fatto d'apripista per quel che si prospetta come un radioso futuro per Platinum Games, che oltre a un nuovo impegno nel settore mobile sta lavorando all'intrigante Babylon's Fall e forse perfino al ritorno di Nier.

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