PlayStation 5: le esclusive del passato che vorremmo rivedere

Resistance, Killzone, Sly Cooper, inFamous, Jak & Daxter: sono tante le esclusive Sony che speriamo possano godere di nuova vita su PS5.

PlayStation 5: le esclusive che vorremmo
Speciale: PlayStation 5
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Manca ormai una manciata di mesi all'arrivo della nuova generazione di console: un lieto evento che la platea videoludica aspetta con la stessa bramosa impazienza di un fanciullo alla vigilia di Natale. A rendere l'attesa ancor più incandescente ci sono poi le numerose incognite legate alla composizione dell'offerta di Microsoft e Sony, a partire dalla lineup dei titoli che accompagneranno il lancio di PlayStation 5 e Xbox Series X. In attesa di saperne di più, abbiamo deciso di mettere insieme una coppia di approfondimenti dedicati ad alcune delle esclusive più amate dal pubblico, con un occhio di riguardo per le saghe scomparse dai radar già da qualche tempo e meritevoli di una reincarnazione next-gen. La prima fermata di questo nostro viaggio sul viale dei ricordi sono i PlayStation Studios, fucina di alcune delle esclusive più importanti della storia dei videogiochi.

Sly Cooper

A ben 17 anni dal suo esordio sugli scaffali, la serie di Sucker Punch occupa ancora un posto speciale nel cuore degli utenti PlayStation, specialmente di tutti quelli che hanno inaugurato la propria carriera di videogiocatori durante la seconda, gloriosa generazione del gigante giapponese.

Nei panni del buon Sly, uno scaltro procione umanoide con una naturale inclinazione per il furto con destrezza, gli appassionati hanno portato a termine colpi ad alto rischio e un gran numero di malefatte a fin di bene, in linea con la caratterizzazione da "ladro gentiluomo" che rende il protagonista una sorta di Arsenio Lupin impellicciato. L'ultima apparizione delle serie platformstealth risale al 2013 con Sly Cooper: Ladri nel Tempo, il primo capitolo sviluppato interamente da Sanzaru Games, che al tempo segnò una notevole flessione qualitativa per il franchise. Un inciampo che comunque non alterò in alcun modo l'affezione dei fan, che da tempo richiedono a gran voce il ritorno della Banda Cooper. La nuova piattaforma di Sony potrebbe effettivamente donare una nuova giovinezza al brand, sia dal punto di vista ludico che da quello tecnico, anche se al momento è difficile collocare un eventuale sequel nella lista delle priorità di PlayStation. A maggior ragione considerando l'improbabile ritorno di Sucker Punch alla guida del progetto, e la recente acquisizione di Sanzaru Games da parte di Facebook.

Syphon Filter

Se il 1998 viene universalmente considerato come l'anno d'oro degli stealth game tridimensionali, un punto di svolta nella storia dell'industria segnato dall'arrivo sul mercato di Tenchu: Stealth Assassins, Metal Gear Solid e Thief: The Dark Project, Syphon Filter può tranquillamente essere annoverato tra i titoli che hanno codificato l'alfabeto ludico di questo particolare genere.

Pubblicata nei primi mesi del 1999, la prima avventura di Gabe Logan ha lasciato un segno indelebile nella memoria della community PlayStation, grazie ai meriti di un gameplay stratificato e appagante, valorizzato da un'intelligenza artificiale particolarmente avanzata, almeno per i tempi. Il risultato fu un successo che convinse Sony ad acquisire lo sviluppatore Eidetic per aggiungerlo alla sua famiglia first party, col nome di SIE Bend Studio. Seppur meno brillanti nel complesso, i sequel della serie (pubblicati su PS2 e PSP) contribuirono a consolidare la fama del brand, sparito dalle scene dopo l'uscita nel 2007 di Syphon Filter: Logan's Shadow. Tredici anni dopo, la saga continua ad essere vista con nostalgia dalla platea videoludica, che ancora oggi spera in un suo ritorno. Considerando il successo di Days Gone, sembra quasi scontato che il prossimo progetto di Bend Studio sarà proprio il seguito delle vicende di Deacon St. John, ma non è detto che il team non decida di riesumare a sorpresa quella che è tuttora la sua IP simbolo, tornando a colonizzare un genere bisognoso di nuova linfa vitale.

Killzone

Quella di Guerrilla è una storia anomala per le cronache dell'industria videoludica: un settore impietoso, dove un singolo errore può troncare di netto una carriera. Dopo aver esordito sul mercato col nome Lost Boys Games (studio nato dalla fusione di tre diversi sviluppatori), e con una manciata di titoli per Game Boy (Color e Advance) di scarso impatto, il team venne assorbito dalla compagnia olandese Media Republic.

Ribattezzato Guerrila Games nel 2003, lo studio si occupò per Eidos della produzione di Shellshock: Nam '67, uno shooter in terza persona accolto piuttosto tiepidamente da critica e pubblico.

Sempre nel 2004 arriva anche Killzone, il primo progetto sviluppato per l'etichetta di Sony, che allora voleva creare un fps in grado di rivaleggiare col campione della concorrenza: Halo. Anche in questo caso l'accoglienza riservata al titolo non fu certo esaltante (al netto di risultati commerciali decisamente positivi), ma i dirigenti di PlayStation decisero comunque di scommettere sul talento creativo di Guerrilla, che l'anno dopo entrò a far parte dei team interni del colosso.

Il resto, come si suol dire, è storia. I capitoli successivi della saga si rivelarono ben più convincenti del loro capostipite, e con Killzone: Shadowfall Guerrilla venne incaricata di inaugurare la nuova generazione di casa Sony. Un successo che, tra le altre cose, segnò l'esordio di uno degli asset tecnologici più preziosi per il futuro della compagnia giapponese: il potente Decima Engine. Lo stesso motore che ora promette di elevare gli standard del mercato con Horizon: Forbidden West, probabilmente l'esclusiva PS5 più attesa. Una volta conclusi i lavori sulla nuova avventura di Aloy, non però è escluso che Guerrilla torni a dedicarsi alla sua "saga della consacrazione". D'altronde i vertici dello studio non hanno mai nascosto il loro attaccamento al brand, e alcune assunzioni strategiche degli ultimi anni sembrano indicare che qualcosa potrebbe già bollire in pentola. Parliamo di Chris Lee e Simo Larouche, due veterani con diversi fps nel proprio curriculum (compreso Rainbow Six: Siege), attualmente al lavoro su un progetto non ancora annunciato. Teniamo le dita incrociate.

Infamous

Se, come anticipato, è piuttosto difficile che Sucker Punch torni a dedicarsi alle avventure di Sly Cooper e soci, non è altrettanto improbabile che il team di Bellevue decida di portare avanti su PS5 la sua saga più famosa, quella di Infamous. In fondo sono stati proprio i primi due titoli della serie a garantire allo studio l'accesso alla scuderia first party di Sony, grazie agli ottimi risultati registrati dalle gesta superomistiche di Cole MacGrath. Un successo in gran parte confermato dal terzo capitolo, che metteva al centro dello schermo un personaggio nuovo di pacca: il giovane Delsin Rowe.

Oltre che per il suo gameplay appagante e ben congegnato, Second Son viene ricordato anche per i pregi di un comparto tecnico "spacca-mascella", che al tempo lasciò letteralmente di stucco la platea dei giocatori, contribuendo a consolidare il loro legame col franchise. Dopo aver chiuso l'attuale generazione con Ghost of Tsushima, protagonista di un debutto da record, è facile prevedere che lo studio statunitense voglia dare seguito all'epopea di Jin Sakai, ma questo non vuol dire che le speranze per un nuovo Infamous siano del tutto da accantonare. In fondo parliamo di un'IP tanto preziosa quanto amata, e troviamo difficile credere che Sony sia già pronta a consegnarla all'oblio. Specialmente se pensiamo a come un nuovo Infamous potrebbe mettere in mostra "i muscoli" del nuovo hardware di PlayStation, seguendo l'esempio del suo sensazionale predecessore.

Resistance

Quella di Insomniac è la storia di un amore incontenibile, e di colpi di fortuna che capitano una volta nella vita. Nel 1977 Ted Price, il fondatore dello studio, era un ragazzino di 9 anni che passava buona parte del suo tempo libero giocando con la sua Atari 2600, e covando il desiderio di entrare un giorno a far parte dell'industria videoludica. Un sogno che divenne realtà quasi un ventennio dopo con la creazione di Xtreme Software, ribattezzata Insomniac Games nel 1995 a causa di una disputa sul marchio.

Come gran parte dei giovani sviluppatori di quel periodo, Price aveva deciso di fare il suo esordio sul mercato con un clone di Doom, sviluppato per 3DO a causa del costo irrisorio dei kit di sviluppo. Il prototipo del gioco suscitò immediatamente l'interesse di un pezzo grosso degli Universal Interactive Studios, che però suggerì al team di trasferire il progetto su PlayStation, visto lo scarso successo della console di Panasonic.

Disruptor, questo il nome del gioco, venne accolto positivamente dalla critica ma non riuscì a fare breccia nel mercato. In barba alle vendite, quello stesso dirigente di Universal si offrì di aiutare il team nella creazione di un nuovo titolo, qualcosa che potesse diventare una sorta di mascotte per la nuova console di Sony. Un consiglio che Mark Cerny, il dirigente in questione, aveva già dato a Naughty Dog, diventando a tutti gli effetti "l'eminenza grigia" dietro Spyro the Dragon e Crash Bandicoot, e candidandosi per assumere un ruolo chiave per il futuro di PlayStation.

Dieci anni dopo, la collaborazione tra Insomniac e Cerny (come design consultant) diede vita a Resistance: Fall of Man, titolo che segnava il ritorno del team al genere dei primordi. Lo shooter, uno dei giochi di lancio di PS3, fu il primo atto di una trilogia con un ruolo essenziale per la softeca di PlayStation 3, ambientata un immaginario sci-fi di ottima caratura e caratterizzata da dinamiche di gameplay efficaci, seppur non particolarmente innovative. Dopo la pubblicazione del terzo capitolo (nel 2011), Insomniac annunciò di non avere più interesse nel portare avanti la saga, e la stessa Sony non diede alcun segno di voler trasferire l'IP verso altri lidi. Per questi motivi, complici gli attuali impegni dello studio, riteniamo alquanto improbabile un ritorno sugli scaffali di Resistance ma, come recita il vecchio motto, la speranza è l'ultima a morire.

Jak and Daxter

Dando un'occhiata al curriculum creativo di Naughty Dog, possiamo facilmente riconoscere due fasi distinte nel percorso produttivo del team californiano. La prima affonda le radici negli esperimenti ludici di JAM Software, il team fondato da Andy Gavin e Jason Rubin che, prima ancora di compiere 18 anni, avevano già tre titoli all'attivo.

Dopo aver cambiato il nome dello studio in Naughty Dog (un omaggio a uno dei personaggi disegnati da Rubin, che sarebbe poi diventato il prototipo di Crash), il duo collaborò per qualche tempo con Electronic Arts prima di sottoporre all'attenzione degli Universal Interactive Studios un clone di Mortal Kombat chiamato Way of the Warrior. Il produttore Mark Cerny fiutò subito il talento di Rubin e Gavin, e li aiutò a rifinire il concept di un progetto che i due avevano in mente già da qualche tempo, e che internamente veniva scherzosamente chiamato "Sonic's Ass Game".

Parliamo ovviamente di Crash Bandicoot, una saga che avrebbe contribuito a definire e consolidare l'appeal della prima generazione di PlayStation. Dopo la pubblicazione dell'ultima avventura del marsupiale e l'esordio di PlayStation 2, Naughty Dog presentò al pubblico Jak and Daxter: The Precursor Legacy, un titolo che puntava a sfruttare la potenza hardware della console di Sony per proporre un platform meno lineare e più stratificato, ambientato in un mondo ampio e liberamente esplorabile. Una formula che i due capitoli successivi hanno poi ulteriormente raffinato, trasformando Jak and Daxter in una delle serie più amate dai giocatori di casa PlayStation. L'esordio di Jak 3 segna però un punto di svolta per Naughty Dog e per la saga: con l'uscita di scena di Gavin e Rubin, lo studio cambia assetto e direzione creativa, raggiungendo la sua piena maturità. Inizia così la seconda fase del collettivo statunitense, quella di Uncharted e The Last of Us, delle grandi storie dal taglio cinematografico e dal forte impatto emotivo. A partire da questi presupposti, risulta difficile credere che Naughty Dog riprenderà in mano le sue IP più leggere e scanzonate, ma non è detto che Sony non decida affidare a qualcun altro il compito di portare avanti la storia del dinamico duo.

Medievil

Nel 1995 Millennium Interactive era un piccolo studio senza grandi risorse e con zero esperienza nell'ambito dello sviluppo di titoli 3D. Il creative director Chris Sorrell nutriva però grandi ambizioni e aveva per le mani un'idea vincente: una sorta di Ghost'n Goblins tridimensionale, ambientato in un mondo gotico apertamente ispirato allo stile tipico delle pellicole di Tim Burton.

Dopo aver presentato il suo "Dead Man Dan" a un gran numero di publisher, Sorrell venne accolto a braccia aperte da Sony, che non solo gli offrì un accordo di esclusività per il titolo, ma costruì attorno al progetto le fondamenta del suo nuovo team first party: SCE Cambridge Studio (poi Guerrilla Cambridge, studio chiuso nel 2017). Il passaggio alla "serie A" dello sviluppo videoludico fu un grosso trauma per Sorrell e soci, che dovettero lavorare a ritmi folli per adeguarsi agli alti standard - sia tecnologici che operativi - della compagnia giapponese.

La mancanza di esperienze pregresse nello sviluppo 3D portò gli sviluppatori ad affrontare un gran numero di sfide inedite, e a procedere per tentativi alla ricerca del modo migliore per valorizzare il proprio concept. Un percorso accidentato che costrinse il team a scartare molte delle idee di Sorrell (come la sezione platform con protagonista il verme "ospite" di Sir Daniel Fortesque), nel tentativo di arrivare al traguardo con un prodotto in grado di soddisfare le aspettative di Sony, che tra l'altro aveva in programma di utilizzare Medievil per promuovere il suo nuovo sistema di controllo analogico.

Il risultato consegnò al pubblico uno dei giochi simbolo della prima generazione di PlayStation. Il "know how" maturato con il primo capitolo permise poi a Cambridge Studio di produrre un seguito che mostrava miglioramenti a tutto tondo, ma senza grandi innovazioni sul versante ludico. Giunto sugli scaffali a quasi 15 anni dalla pubblicazione di Resurrection (revisione del primo capitolo pubblicata su PSP), il remake di Medievil ha di recente riacceso le speranze dei fan circa il futuro del brand, malgrado l'accoglienza non proprio esaltante riservata al lavoro di Other Ocean Interactive. E mentre sembra quasi scontato l'arrivo di un remake del secondo capitolo, gli appassionati continuano a sperare che Sony dia il via libera per un seguito a tutti gli effetti. Che Sir Daniel Fortesque sia destinato a rivedere la luce proprio su PlayStation 5? Solo il tempo ce lo dirà.

Forbidden Siren

In attesa di scoprire quanto siano affidabili le voci che vogliono un nuovo Silent Hill in sviluppo per PlayStation 5, non possiamo fare a meno di dedicare un pensiero a Forbidden Siren, saga horror nata dalla mente di Keiichiro Toyama, uno dei membri chiave del compianto Team Silent. Dopo aver abbandonato Konami e aver fondato il suo Project Siren all'interno di SCE Japan Studio, Toyama gettò le basi per un survival horror atipico, caratterizzato da una progressione non lineare che vedeva le storie di diversi personaggi influenzarsi vicendevolmente tramite una sorta di "effetto farfalla".

Tra intuizioni ludiche brillanti (in primis la possibilità di vedere attraverso gli occhi dei mostri) e atmosfere dense di suggestioni ansiogene, il titolo si guadagnò sin da subito lo status di cult di genere, malgrado i difetti del costrutto ludico messo insieme da Project Siren. Il titolo risultava infatti eccezionalmente ostico, macchinoso e criptico, tanto da scoraggiare buona parte degli appassionati dell'orrore digitale. Problemi cui il sequel tentò di ovviare con un'ampia gamma di semplificazioni e migliorie, senza però riuscirci del tutto e sacrificando nel processo parte del fascino unico del predecessore. Pur rinunciando ad alcuni dei tratti distintivi della serie, il remake Blood Curse generò una risposta più uniforme e positiva da parte di pubblico e critica, grazie a un notevole snellimento dell'offerta che rendeva il gioco più accessibile e, nel complesso, efficace.

Sfortunatamente, però, il capitolo per PlayStation 3 è stato l'ultimo atto di una saga che molti ormai danno - ragionevolmente - per morta. Proprio come gli shibito di Haruda, il brand potrebbe però tornare in vita sulla prossima generazione di Sony, per popolare di nuovo gli incubi dell'utenza PlayStation. Si tratta chiaramente di un sogno quasi irrealizzabile ma, in tutta onestà, non siamo ancora pronti a rinunciarvi.