Pokémon Stadium: per la prima volta Pokemon in 3D, ora su Nintendo Switch

La ripubblicazione di Pokemon Stadium sul servizio Nintendo Switch Online è l'occasione per recuperare un gioco che ha fatto la storia della serie.

Pokémon Stadium: per la prima volta Pokemon in 3D, ora su Nintendo Switch
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  • Nel settore dell'entertainment il brand dei Pokémon è uno dei più redditizi e longevi di sempre. Viene definito un media franchise perché abbraccia uno sconfinato catalogo di prodotti che vanno dalle card collezionabili fino ai videogiochi e ai lungometraggi cinematografici. In poco meno di trent'anni la geniale intuizione del programmatore giapponese Satoshi Tajiri si è trasformata per Nintendo in una macchina da soldi semplicemente inarrestabile. Cavalcando l'onda del successo, la Grande N e HAL Laboratories studiarono un modo per sfruttare l'effetto Pokémon anche sull'ammiraglia a 64-bit della casa di Kyoto: l'idea era quello di usare il Transfer Pak (permetteva di inserire la "cassetta gioco" nell'iconico joypad della console) come cavallo di Troia per portare i Pokémon catturati su Game Boy in un nuovo gioco per N64.

    Il classico "due piccioni con una fava": sfruttare le milioni di cartucce acquistate dai fan per Game Boy per spingere le vendite del nuovissimo Pokémon Stadium (conosciuto come Pokémon Stadium 2 in Giappone) che apparve nei negozi giapponesi nell'aprile del 1999 (gli allenatori nord americani ed europei dovettero aspettare quasi un annetto). La ripubblicazione di Pokémon Stadium su Nintendo Switch Online (serve l'abbonamento Nintendo Switch Online + Pacchetto Aggiuntivo) è l'occasione per recuperare un titolo che può essere considerato una pietra miliare nella storia della serie. Fu il primo gioco della saga a essere disponibile per Nintendo 64, il primo ad avere spettacolari battaglie a turni in 3D, il primo a permettere di utilizzare i Pokémon faticosamente catturati nelle versioni per Game Boy.

    Un po' di storia di Pokémon

    Prima di proseguire, facciamo un piccolo salto indietro e rinfreschiamoci brevemente la memoria sull'inizio del franchise. Il giovane aspirante entomologo Satoshi Tajiri si appassionò come tutti i ragazzi della sua età ai manga, agli anime e ai videogiochi che invasero le sale giochi nipponiche alla fine degli anni Settanta e all'inizio degli anni Ottanta.

    La sua "ossessione" per videogiochi lo portò a ideare una fanzine dedicata agli arcade, fondare una software house e concepire il progetto Pokémon (la "trasposizione digitale" della sua passione per l'entomologia) da proporre a Nintendo. Il resto è storia: il Game Boy si rivelò la console giusta al momento giusto e la possibilità di scambiare le proprie creature fu sfruttata da Tajiri per pubblicare tre versioni dello stesso gioco ma con mostriciattoli diversi. Pokémon Rosso, Blu e Giallo (eccovi le differenze tra Pokemon Rosso, Blu e Giallo) vennero pubblicati in Giappone il 27 febbraio 1996, sbarcarono in Occidente "solo" il 30 settembre 1998, con ben 150 Pokémon più uno nascosto: "Mew" era il misterioso numero 151. Ad aumentarne il successo nell'ottobre dello stesso anno vennero commercializzate le prime carte collezionabili e l'anno successivo (1997) i primi episodi dell'anime: la Pokémania era ufficialmente iniziata.

    Tutti allo stadio in 3D

    Le tre dimensioni rappresentavano il fiore all'occhiello di Pokémon Stadium che, rispetto ai titoli pubblicati per Game Boy, non aveva una vera e propria trama per scelta di Nintendo. Da soli o in compagnia, l'obiettivo era dimostrare di essere un vero allenatore di Pokémon. Il cuore pulsante del gioco era la modalità Stadio che proponeva un'ottantina di battaglie da affrontare nella leggendaria "Rocca Capopalestra": quattro Coppe (Poké Coppa, Coppa Campioni, Mini Coppa e Pika Coppa) con le proprie regole di ingaggio.

    Il giocatore sceglieva una squadra di sei Pokémon (a noleggio o importati da una cartuccia Game Boy di Rosso, Blu o Giallo) e dopo aver completato tutte le sfide si trovava ad affrontare Mewtwo, un Pokémon leggendario: una volta sconfitto si accedeva a una modalità ancor più tosta del gioco. Pokémon Stadium omaggiava gli allenatori più bravi con creature speciali che potevano essere studiate nel laboratorio. Tramite il Pokédex, una sorta di enciclopedia tascabile creata dal Professor Oak che svolgeva le funzioni di un assistente digitale personale, si aveva accesso a una pletora di informazioni sulle varie specie di Pokémon sublimata da spettacolari animazioni 3D. L'offerta proposta da Nintendo era completata dalla modalità "Lotta Subito!" (la classica partita veloce), "Club Bambini" (9 mini giochi in stile Mario Party fino a quattro giocatori) e "Vs" che permetteva sfide fino a quattro giocatori (collegati con altrettanti controller). Ma il pezzo forte era la "Torre GB", una modalità che offriva la possibilità di rigiocare con i propri Pokémon memorizzati sulle cartucce del Game Boy sullo schermo della TV (per quei tempi era qualcosa di fantastico!) con battaglie più veloci e senza essere costretti a comprare quintalate di batterie stilo.

    Pokémon riprodotti ad arte

    La spettacolarità e il grado di sfida nei combattimenti dipendeva dal livello dei propri Pokémon e dalle regole dei tornei: l'intelligenza artificiale era sorprendentemente variegata (usava tattiche diverse) e al giocatore - come in una partita di scacchi - veniva richiesta una certa curva di apprendimento. I primi tornei si vincevano con facilità mentre quelli più impegnativi richiedevano un po' di studio per schierare i Pokémon più adatti alla battaglia e per non cadere nei trabocchetti preparati dall'IA.

    Contro un avversario umano le battaglie di Pokémon Stadium raggiungevano una dimensione tattica nuova che donava al titolo di Nintendo una longevità pressoché infinita. A rendere speciali i combattimenti non erano le arene/scenari di gioco quanto gli stessi Pokémon che, infarciti di poligoni e di dettagli, si muovevano sulla TV in modo sorprendente. L'attenzione riposta nello sviluppare le animazioni dei 151 esemplari fu encomiabile: ogni Pokémon era stato riprodotto con cura certosina e "sveniva" in modo unico.

    La bellicosità degli scontri era stata infatti alleggerita dalla stessa Nintendo che aveva bandito - come nei titoli per Game Boy - il contatto fisico tra i mostriciattoli. La spettacolarità degli attacchi era sublimata da effetti speciali che facevano tremare lo schermo; peccato solo che le arene e tutto il contorno fossero piuttosto deludenti.

    Decisamente sottotono anche il comparto sonoro: il commento tecnico in italiano era poco vario, per usare un eufemismo, ed anche poco preciso, mentre la voce del pseudo annunciatore/telecronista era sull'irritante andante. E per finire, i versi emessi da Pokémon erano piuttosto generici (la voce di Pikachu venne aggiunta successivamente nella versione americana).

    Nintendo Switch Online Pokémon Stadium si rivelò un titolo di successo e molto amato dai fan nonostante fosse ben lontano dalla perfezione. La sua riproposizione sul servizio Nintendo Switch Online manca - per ora - della possibilità di trasferire le proprie creature direttamente da Pokémon Rosso, Blu e Giallo. A meno che Nintendo non intenda aggiungere i sopracitati tre giochi nella libreria per Game Boy nei prossimi mesi. Chiaramente non è possibile nemmeno giocare tramite la Torre GB ai suddetti episodi. A parte queste mancanze, Pokémon Stadium è un titolo spettacolare che offre un bel po' di contenuti, e merita di essere recuperato soprattutto se si è stati colpiti dalla Pokémania in tenera età.

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