Quanto è difficile Street Fighter? Cronache dal Red Bull Kumite 2018

Siamo stati a Parigi alle finali del Red Bull Kumite per comprendere la natura di Street Fighter e la sua scena competitiva...

Quanto è difficile Street Fighter? Cronache dal Red Bull Kumite 2018
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  • La Salle Wagram è uno storico auditorium della capitale francese, situato nel 17esimo Arrondissement. Costruito nel 1865, è stato ufficialmente riconosciuto come monumento storico solo nel 1981 dal Ministero della Cultura. Disegnato e progettato da Adrien Alphonse Fleuret, è stato spesso utilizzato per congressi internazionali e conferenze ma, soprattutto, come sala di registrazione dell'orchestra del conservatorio di Parigi: Stravinsky, la Carmen con Maria Callas e Nicolai Gedda e molti altri sono passati per la Salle Wagram. Da quattro anni ospita annualmente anche uno degli eventi esport più importanti al mondo della scena picchiaduro.
    Il Red Bull Kumite è l'esempio di come l'esport possa trovarsi in luoghi impensabili, appropriandosi dei simboli di un'altra epoca. D'altronde sarebbe stato difficile portare così tanti giovani ad assistere a un concerto di musica classica. Invece per Street Fighter V, titolo Capcom dall'eterna passione, sono arrivati in quasi ottocento a riempire la sala: tutti spettatori paganti di una competizione che è anche e soprattutto spettacolo, come vuole la ricetta proposta da Red Bull: coniugare competizione e spettacolo. Un equilibrio nato proprio con la prima edizione del Red Bull Kumite nel 2015, quando ancora la sezione esport di Red Bull nemmeno esisteva. Lo stesso Red Bull Factions italiano nasce dopo aver visto l'evento di Parigi, prendendo ispirazione dalla location e adattandolo al Teatro Principe di Milano su un titolo diverso, League of Legends.

    Nella gabbia

    Il particolare che più sorprende della Salle Wagram è la gabbia esagonale al centro, quasi a simulare la realtà, per gli scontri tra i partecipanti al Kumite. In verità ospita all'interno due console con cui gli sfidanti se le daranno, virtualmente, di santa ragione. A lottare per il titolo sono stati in sedici, di cui tredici invitati tra i migliori al mondo in base ai risultati ottenuti nell'ultimo anno e due qualificati dal Last Chance Qualifier (evento disputato il giorno precedente) per stabilire a chi dovessero esser assegnati gli ultimi tre posti rimasti.

    Tra i duecentocinquanta giocatori accorsi per conquistare un posto tra i grandi e una parte consistente del montepremi da 10.000 € anche l'italiano Leandro "Geecko" Vilardo, giocatore siciliano dei Mkers e vincitore del qualifier italiano. Un'esperienza del tutto nuova per lui, al primo anno nella scena competitiva e subito protagonista, nonostante l'esperienza di Parigi non sia andata come si aspettava.
    "Il livello della competizione è altissimo ma non irraggiungibile. Ho probabilmente peccato di esperienza nel partecipare a eventi di caratura internazionale. Con la giusta preparazione sono sicuro che in futuro farò meglio."

    Un italiano all'ombra della Torre Eiffel

    Arrivato a un soffio dal superare il proprio girone, Leandro è stato il nostro Virgilio nella difficile comprensione del mondo di Street Fighter e della sua scena competitiva. Il gioco, innanzitutto. Un classico picchiaduro su due dimensioni in cui ogni giocatore utilizza un personaggio con abilità e animazioni ben precise. Tuttavia non è solo questione di premere tasti: le partite per molti tratti sembrano di veri e propri incontri di scacchi. Altro che pugni e calci, l'impressione è che sia un gioco di strategia in tempo reale.
    "Street Fighter è molto più del premere semplicemente i tasti. Le mosse e le loro combinazioni sono fondamentali, così come i tempi di esecuzione. Spesso, a uno spettatore poco attento, sembra che la scelta di quando muovere o eseguire una combo siano casuali, o tutt'al più decise dalla vicinanza o meno dell'avversario. In realtà ogni giocatore sa quanto tempo impiega, nell'ordine di frazioni di secondo, un movimento del braccio o della gamba del proprio personaggio per andare in avanti e tornare in posizione; così come conosce quanti frame occupa un movimento nello spazio digitale dello schermo."

    Un concetto spesso difficile da comprendere e che spiega come mai la percezione dello spettatore sia più semplicistica rispetto alla realtà. La verità è che ogni mossa o contromossa sono pensate in relazione al tempo impiegato e allo spazio necessario per compierle. E l'avversario pensa allo stesso identico modo, cercando di prevedere quali mosse arriveranno e quando contrattaccare.
    "Se in un dato frangente mi aspetto che il mio avversario stia per sferrare un attacco di pugno, è sufficiente fare un piccolissimo passo indietro per mandarlo fuori tempo e consentire a me di contrattaccare. La difficoltà sta nel tempo a disposizione: sono tutte decisioni che vanno prese in frazioni di secondo. Inoltre perdere il ritmo di gioco è molto più semplice che riconquistarlo."
    Street Fighter è assimilabile a una danza perpetua e continua in cui i due giocatori cercano di mantenere lo stesso ritmo incessante. Il primo ad andare fuori tempo le prende, di brutto. È questo uno dei motivi per cui raramente i giocatori utilizzano più di un personaggio a livello competitivo.

    Come accade su Starcraft, in cui ogni giocatore sceglie una razza da utilizzare tra Zerg, Protoss e Terran e giocherà quasi esclusivamente quella per il resto della sua vita competitiva, lo stesso avviene nel picchiaduro Capcom. Saper giocare alla perfezione un personaggio significa conoscere tutti i possibili match-up con gli altri 33 perché una particolarità di Street Fighter è che non esistono personaggi migliori di altri.
    "Masterare un personaggio significa conoscere ogni singola interazione delle proprie mosse con quelle degli altri 33. Padroneggiarne due significa conoscere 66 match-up, con tre arriveremmo già a quota 100: decisamente impensabile. Accade, però, che spesso qualcuno possiede come jolly un secondo personaggio da utilizzare solo in presenza di match-up che ritiene sfavorevoli con il suo personaggio principale. O magari reputa che l'avversario non sia abbastanza preparato da affrontarlo."

    La mossa a sorpresa di Problem X

    Una mossa tentata, ad esempio, dal britannico Benjamin "Problem X" Simon, finalista del Red Bull Kumite che ha tentato di sorprendere il suo avversario, il giapponese Atsushi "Fujimura" Fujimura, utilizzando Abigail invece del consueto M. Bison. Sorpresa riuscita a metà: la Ibuki del nipponico ha concesso solo il primo game della serie, prendendo poi le misure nei successivi. Quasi imbattibile Fujimura, laureatosi campione del Kumite concedendo appena due game sui 14 disputati. Nulla hanno potuto leggende come Luffy, Daigo Umehara, conosciuto come The Beast, Tokido, vincitore di tutto nel 2018, o Nemo, detentore del titolo. Tre i giapponesi nella Top4, cinque nella Top8: una superiorità netta ma che negli anni si è andata sempre più ad assottigliare, grazie alla crescita delle altre regioni.

    "In particolare la scena francese va matta per Street Fighter. Sono rimasto molto colpito dall'unità della community d'Oltralpe: sempre pronti al confronto, a dispensarsi consigli, tutti mirano a crescere insieme, non ci sono comportamenti egoistici. Poi il numero di giocatori è sensibilmente elevato rispetto, ad esempio, all'Italia: avere una base più ampia di giocatori è fondamentale per allenarsi meglio e con più costanza, non solo online ma anche dal vivo. Lo stesso Red Bull Kumite è stata un'occasione per conoscersi e confrontarsi, scambiarsi opinioni in tempo reale sulle giocate e allenarsi costantemente."

    Esattamente come in Italia, no?
    "Non proprio. Il problema principale da noi è proprio il numero di giocatori. Siamo molto affezionati tra noi, ci conosciamo e ci stimiamo tutti ma non siamo ancora sufficienti per crescere da soli come livello. Gli eventi italiani di alto livello sono realmente pochi e dislocati nel centro-nord Italia. Per un siciliano come me poi significa compiere enormi sacrifici per spostarsi e competere. In tal senso devo ringraziare Red Bull senza la quale non avrei potuto vivere l'esperienza di Parigi. Al di là di come è andata la competizione, per me il Kumite ha rappresentato un'occasione d'oro per uscire dai confini non solo dell'Italia ma della mia Sicilia. Torno a casa con tante nuove amicizie e con un'opportunità di crescita incommensurabile."

    L'approdo di Geecko ai Mkers, il futuro

    Non solo: da qualche tempo Leandro è entrato nel team Mkers, una della principali realtà dell'esport italiano. Il Kumite è il primo impegno ufficiale per Geecko sotto i Mkers e sotto Lotto, sponsor tecnico della squadra. Scarpe, tuta, felpa: a prima vista potrebbe essere serenamente scambiato per uno sportivo qualsiasi.
    "L'intesa con i Mkers è arrivata in tempi brevissimi. Hanno dimostrato immediatamente grande interesse grazie ai risultati da me ottenuti in questo primo anno da semi-professionista. Il Kumite rappresenta per noi il trampolino di lancio verso il 2019 con l'obiettivo dichiarato di conquistare la qualificazione alle fasi finali dell'EVO, il circuito ufficiale di Street Fighter V, e di tornare a Parigi. Insieme faremo grandi cose."
    A trionfare nel Red Bull Kumite è stato ancora una volta l'oriente. Quattro vincitori diversi in quattro edizioni: tre del Giappone, uno della Corea del Sud. Aspettando, dopo l'EVO, anche i primo vincitore occidentale del Kumite: chissà che non sia proprio un italiano.

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