Rainbow Six Siege: Milano calling, quando l'esport si fa spettacolo

A Milano le finali della IX stagione della Pro League di Rainbow Six Siege sono state una grande vetrina per il nostro Paese. Vi raccontiamo come è andata.

Rainbow Six Siege: Milano calling, quando l'esport si fa spettacolo
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  • "La differenza tra la gloria reale e quella fittizia sta nel sopravvivere nella storia. O in una storia".

    La citazione è un po' troppo impattante? Forse. Sta di fatto che il Palazzo del Ghiaccio di Milano entrerà di sicuro nella storia non solo di Rainbow Six Siege ma anche dell'Italia appassionata del medium videoludico a tutto tondo. Avere un evento di caratura mondiale nel nostro Bel Paese, infatti, non è cosa da tutti i giorni. Soprattutto quando si parla di gaming competitivo. In realtà, qualche mese addietro durante la Milan Games Week 2018, abbiamo anche potuto assistere a una sorta di "prova generale", grazie alla prima edizione dell'ESL Euro Cup, sempre ovviamente dedicata a Rainbow Six Siege.

    Quell'evento, nato dalla collaborazione tra ESL e Ubisoft, portò sul palco i migliori team europei dello shooter tattico e confermò tutto il potenziale e l'appeal che la scena nostrana avrebbe potuto esercitare anche in ambito internazionale. L'affluenza di pubblico, in quell'occasione, fu enorme. Nel weekend appena concluso la storia si è ripetuta. Solo che questa volta non c'erano unicamente i team del Vecchio Continente, bensì le migliori formazioni di Rainbow Six Siege al mondo.

    Milano calling

    Quando, a febbraio, giunse la chiamata dal Canada durante il Six Invitational di Montreal, Milano e l'Italia risposero immediatamente "presente!". I biglietti per l'evento, infatti, sono stati venduti in pochissimo tempo. La richiesta, poi, è stata talmente alta che, che dopo un primo sold out è stata aperta nuovamente la prevendita bruciando i biglietti in qualche ora. L'appuntamento milanese ha infranto persino il record per la vendita di biglietti più rapida, legata a un evento di Rainbow Six Siege. Merito di una community tra le più attive e appassionate al mondo che, l'anno scorso, ha avuto anche il piacere di vedere due operatori italiani, Alibi e Maestro, aggiungersi alle fila della squadra Rainbow Six.
    Ciò che abbiamo visto con i nostri occhi questo weekend nella splendida location meneghina il cui stile è stato esaltato con eleganza e stile minimalista da ESL e Ubisoft, rappresenta un segno tangibile delle potenzialità che eventi di questo tipo possono avere. In termini di visibilità, di capacità attrattiva, di crescita.

    Forse i tempi non sono ancora così maturi affinché la scena nostrana possa sostenere con costanza sfide di questa caratura ma la speranza è che le finali di Pro League siano un viatico per poter davvero iniziare a costruire qualcosa di nuovo. Ad ogni modo, come si dice in questi casi, pare esser stata "buona la prima". Che, poi, a ben guardare, tanto prima non è, se scaviamo nel passato dell'esport tricolore. Un plauso deve comunque esser fatto a ESL e a Ubisoft, in grado di organizzare in maniera impeccabile e ospitare uno spettacolo esaltante, che ha dato lustro (finalmente) al nostro Paese. Venue sempre animata e vivace nonostante l'orario poco amichevole; il pubblico reattivo alle call dei caster, coinvolto nei momenti giusti, esaltato in quelli topici, voglioso di mostrare al pubblico di Twitch tutto il nostro calore.

    I veri protagonisti

    Pronti, via. Sabato pomeriggio l'evento è partito subito con un match up criticatissimo sin dal momento del sorteggio: Nora Rengo contro i Fnatic. I samurai in formato chibi hanno incontrato, infatti, i rivali australiani in un rematch della regione APAC. E, alla fine, è andata esattamente come l'ultima LAN. I nipponici, in grado di entrare nei cuori di tutti all'ultimo Invitational, escono dalla competizione subito, sconfitti dai Fnatic i quali, comunque, non hanno risparmiato le critiche a un abbinamento poco sensato. Lo stesso Dizzle (player dei Fnatic), nei giorni scorsi, non le ha mandate a dire: poco senso lo scontro fratricida tra le due squadre della regione APAC. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, comunque, almeno il rischio di vedere uscire entrambe le rappresentanti dell'APAC ai quarti è stato evitato.

    Gli altri quarti di finale non hanno riservato troppe sorprese. Solo qualche salto sulla sedia e alcuni momenti di stupore, perché ci saremmo aspettati di più dalle teste di serie che, per demerito loro e merito della tenacia avversaria, si sono rese protagoniste di prestazioni altalenanti.

    Gli Empire, ad esempio, hanno avuto il loro bel daffare con i DarkZero di Brandon "BC" Carr, passato recentemente dagli Evil Geniuses proprio a questa organizzazione ancora giovanissima.
    I brasiliani dei FaZe Clan, invece, se la sono cavata abbastanza bene contro dei LeStream comunque dignitosi, se consideriamo i rapporti di forza tra i due contendenti.
    Gli EG hanno faticato un po' con gli altri carioca atterrati a Milano, gli Immortals. La pratica è stata comunque chiusa con un due a zero dagli statunitensi, i quali hanno permesso agli avversari di liberarsi da ogni impegno e gironzolare per l'uggiosa capitale lombarda.

    Un giorno di festa

    Un indizio della festa che si sarebbe scatenata al Palazzo del Ghiaccio l'abbiamo avuto domenica mattina ben prima dell'apertura dei cancelli. In molti, infatti, si sono messi in fila sfidando la pioggia, in attesa del grande evento. E, visto quanto successo nel corso della giornata, di certo non sono rimasti delusi.

    Ad aprire le danze sono stati il Team Empire e i Fnatic. Gli aussie, lungi dal recitare la parte del povero agnellino sacrificale sull'altare della Sacra Madre Russia, hanno combattuto con tutta la grinta che avevano in corpo, strappando persino una mappa e costringendo gli Empire a rincorrere. Joystick, uno degli MVP dei quarti con il suo 1.4 K/D ratio, è parso abbastanza stanco e poco reattivo nel voler trainare i suoi. Alla fine, pur rischiando, i russi hanno avuto la meglio infrangendo con prepotenza i sogni degli australiani.Se il Team Empire godeva già dei favori del pronostico, il match sulla carta più equilibrato sarebbe dovuto essere EG contro FaZe Clan.

    E così, in effetti, è stato. Due mappe tiratissime, giocate punto a punto da brasiliani tenaci e dagli americani, incapaci di fare davvero la differenza. Tutta l'esperienza di Canadian e soci, comunque, è uscita sulla distanza: la corretta gestione della pressione, la profonda conoscenza delle mappe e la grande sinergia del team ha permesso agli EG di strappare il pass per il gran finale.

    Ti spiezzo in due!

    Banale, lo ammettiamo, però non potevamo esimerci di citare il buon Ivan Drago. Lui, per ragioni di copione, alla fine non riuscirà a spezzare l'anima e il corpo dell'eroe americano. La realtà, in questo senso, è molto spesso più crudele. Domenica sera, infatti, in una venue gremita e in trepidante attesa dei fuochi d'artificio, gli spetsnaz russi hanno fatto semplicemente ciò per cui sono stati addestrati: far fronte a situazioni disperate e portare a termine la missione.

    Per la verità, la serata non è iniziata nel migliore dei modi per il Team Empire. Il match decisivo, apertosi subito dopo il reveal panel della nuova stagione e della prossima location che ospiterà la Pro League (il Giappone, per somma gioia del coach dei Nora-Rengo, one man show anche in questa occasione), le redini della partita sono finite subito in mano agli Evil Geniuses.

    Non c'è nulla da fare. Non appena i favoriti di qualunque disciplina mostrano segni di cedimento, si inizia subito a parlare di crisi, di paura di vincere, di fine di un ciclo. Molto spesso ci si dimentica della saggezza popolare: "non dire gatto se non ce l'hai nel sacco". E gli Empire, nel sacco degli EG non hanno voluto proprio entrare. Aggrappati con le unghie e con i denti al bordo del precipizio hanno fatto qualcosa di impensabile. Persa la prima mappa e in costante affanno nella seconda, si sono dati una svegliata proprio quando stava per entrare il prete per l'estrema unzione. Gli anglosassoni hanno un'espressione: come back. Ecco, quello dei russi è stato uno dei più belli degli ultimi tempi. Un recupero che ha avuto dell'incredibile. Sotto di una mappa e in estrema difficoltà nella seconda frazione del best of three, il Team Empire ha inanellato cinque round consecutivi, strappando un round che gli EG pensavano di aver praticamente vinto.

    Alla terza, decisiva mappa (peraltro proprio la preferita dei russi) gli Evil Geniuses hanno potuto fare ben poco. Con il morale a pezzi e la testa altrove, gli americani hanno subìto quasi passivamente la supremazia avversaria. Il Team Empire infatti li ha liquidati senza troppi complimenti, andando ad alzare - meritatamente - il trofeo.
    Ineluttabili come Thanos, umani come tutti. Dopo aver stordito con una gragnola di colpi ai fianchi di un avversario in evidente debito d'ossigeno, i ragazzi russi dopo il canonico terzo tempo hanno lasciato parlare l'emozione. Pensate, sono persino riusciti a sorridere. GG, Team Empire.

    Ora, spazzato il palco dai coriandoli piovuti sui vincitori e spenti i riflettori che hanno illuminato la folla festante e i più grandi giocatori di Rainbow Six Siege, restano le riflessioni e le speranze per il futuro. L'augurio è che, da qui ai prossimi anni, un evento del genere non rappresenti un unicum nel panorama nazionale.
    L'evento ha goduto del clamore mediatico e dell'interesse politico, giunto a dare una sbirciatina a quella strana cosa fatta coi videogiochi che era riuscita ad attirare così tante persone in un unico palazzetto. Mondi diversi, lontani che a Milano si sono però incontrati e hanno fatto un passo nella stessa direzione. Si saranno anche capiti?

    Ci sarà molto da lavorare, questo è fuori di dubbio. Si spera che il dialogo prosegua anche al di là del polverone (da intendersi in senso positivo) sollevato dal singolo maxi evento di risonanza internazionale.
    C'è un unico, grande problema: nel nostro Paese manca ancora un reale metro di paragone e, ovviamente, quanto esiste già da anni all'estero non può contare. Questo perché differenti sono i fattori sociali, economici, culturali dei diversi contesti eventualmente paragonabili all'Italia. Il rischio, quindi, è che passi un messaggio "distorto" a chi assiste per la prima volta a un evento di enorme successo come è stato quello di Milano. Qualcosa che appunto, in Italia, non esiste. Non ancora.

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