Red Dead Redemption: C'era una volta il West di Rockstar Games

In attesa dell'arrivo di RDR 2, ripercorriamo tutte le suggestioni artistiche del primo capitolo: un vero compendio dell'immaginario del vecchio West.

Red Dead Redemption: C'era una volta il West di Rockstar Games
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Stadia
  • La nave a vapore Morningstar si stanzia sulle tranquille acque dell'America del primo Novecento. Al suo interno si ammassa gente di ogni rango, tipologia e fascia d'età: dalle vecchie imbellettate a sozzi pistoleri, da preti in odore di tentazione a tenere, innocenti fanciulle d'alto bordo. La città di Blackwater, per un istante, diventa così lo specchio di un mondo in progressiva decadenza, la summa di un'epoca che sta mutando, inesorabilmente. Lo chiamano il "crepuscolo della frontiera", l'addio ai bandidos e alle selvagge cavalcate, ai terreni incontaminati ed alle vaste praterie che affacciano verso l'orizzonte.
    Gli zoccoli dei cavalli, ora, fanno meno rumore: a prendere il loro posto è il rombo singhiozzante delle prime automobili, come quella che, dalla Morningstar, viene trasportata sulla terra ferma. Sin dal suo incipit, Red Dead Redemption si tramuta in una panoramica sugli "ultimi giorni" del West, una carrellata monumentale che racconta di una fine e di un inizio, della scomparsa dell'antico e dell'avvento della modernità. È una storia corale e personale allo stesso tempo: da una parte getta lo sguardo su uomini e donne che fanno del loro meglio per adattarsi, per sopravvivere al nuovo che avanza, dall'altra si focalizza sulla vicenda di un singolo fuorilegge, John Marston.
    Il protagonista del capolavoro Rockstar incarna su di sé il simbolo di un'era della quale si intravedono i titoli di coda. Vuole cambiare vita, guardando lontano in direzione di un futuro migliore, ma il passato lo incalza con ferocia, cercando di resistere con ogni mezzo disponibile: come i criminali si oppongono alle leggi, come i destrieri alle autovetture, come le diligenze alle ferrovie, come il terriccio alle rotaie. Red Dead Redemption è stata insomma un'opera epocale non solo per le sue indiscutibili qualità ludiche e artistiche, ma anche per la capacità di assommare in sé e rielaborare l'influenza della Storia, dell'immaginario western americano ed italiano. In attesa che Red Dead Redemption 2 ci faccia vivere in prima persona l'età dell'oro, dei fuorilegge e della libertà, saliamo in groppa al nostro stallone pezzato, carichiamo il tamburo della Rivoltella e riscopriamo il modo in cui Rockstar ha interpretato l'epica del Far West.

    La ballata di John Marston

    Quella di Marston è la storia di un perdente. Abbandonato dai compagni, da coloro che chiamava "fratelli", dopo una rapina finita male, John decide di lasciare la banda di Dutch per rifarsi una vita altrove, con sua moglie Abigail e suo figlio Jack, magari in un assolato ranch, dove condurre le mucche al pascolo, cacciare i corvi, e rinfoderare il revolver una volta per tutte.

    Una normale esistenza da mandriano, coltivatore, marito e padre. Ed invece, come sappiamo, il Governo gli impone di guardarsi indietro, verso i propri trascorsi da criminale, ed estirparne tutte le radici. Per Javier Escuella, Bill Williamson e Dutch Van der Linde è solo questione di tempo: gli avvoltoi hanno fame, e si nutriranno delle loro carcasse. Marston è però uno sconfitto perché non ha alcuna libertà di scelta. Pur di salvare Abigail e Jack, rapiti da due agenti federali, obbedisce con la foga di un cane rabbioso, e a malincuore si mette sulle tracce dei vecchi compañeros. Da bandito, si è trasformato in un cacciatore di taglie: solo che in palio, questa volta, non dovrebbe esserci denaro, ma "redenzione". L'azione che muove la trama di Red Dead Redemption è profondamente emblematica, perché si fa carico di forti simbolismi che, partendo dalle disgrazie di un solo, miserabile individuo, si estendono fino ad avvolgere l'intera epopea del West. Il nostro protagonista è obbligato ad eliminare il suo passato perché la legge, ossia la nuova "civiltà", glielo ha ordinato: allo stesso modo, l'arrivo di una nuova era di tecnologia sta per soppiantare ciò che resta di quelle terre vergini.

    Per erigere il moderno, in sostanza, bisogna abbattere il vecchiume. E John è retaggio di un'epoca che non c'è più. L'America del 1911 non è la stessa di fine Ottocento: in appena due decenni tutto è cambiato, e si avvertono i primi sintomi di un progresso inarrestabile, che coinvolge non solo lo sviluppo della civilizzazione, ma anche le mentalità delle persone. C'è chi si adegua al nuovo corso, chi si rifugia nella religione, chi preferisce morire combattendo fino all'ultimo respiro, chi usa la legge come paravento per mascherare altri atti illeciti. Rivoluzionari messicani, becchini bizzarramente necrofili, imbonitori senza vergogna, nativi americani ancora idealisti: sono tutte pedine della grande Storia, attori di uno spettacolo che permette loro di scegliere quale ruolo interpretare. Ma a differenza dei comprimari che incontra sul suo lungo cammino, John non può far altro che piegarsi, arrendersi. Qualcun altro gli ha indicato il copione da seguire: Marston ha soltanto la facoltà di decidere come recitare la sua parte, senza intaccare in alcun modo né lo svolgimento, né il finale. Ecco il motivo per cui il nostro ex bandito è un "vinto", uno di quei cowboy "schiacciati" dall'avvenire.

    John Marston

    Cable Hogue

    C'è un che di tragico e malinconico nell'ineluttabilità del suo destino. È una sorte simile a quella di Cable Hogue, personaggio principale del meraviglioso film di Sam Peckinpah, intitolato - per l'appunto - La Ballata di Cable Hogue (1970). Questo vecchio cercatore d'oro, quando ormai il West è agli sgoccioli, prova a fare di tutto per abituarsi alle incombenze del moderno: all'inizio della sua avventura, viene lasciato nel deserto dai compagni, si innamora di una prostituta (come Abigail) e, dopo varie peripezie, finisce letteralmente investito da uno dei primi modelli di automobile. "Un mostro", come la chiamano nella pellicola, l'emblema di un progresso irrefrenabile. Beffarda è anche la fine che tocca in sorte a Marston, travolto da quella legge a cui aveva obbedito.
    "Il nostro tempo è passato, John" - sentenzia Dutch poco prima di suicidarsi. Ecco, Van der Linde, consapevole della sconfitta, in un impeto d'orgoglio, sceglie in che modo morire, con un ultimo gesto di libertà. La stessa che a Marston è stata negata interamente. Quella di Dutch è una frase che, seppur banale in apparenza, contiene al suo interno tutto il messaggio di Red Dead Redemption: il trapasso di un'epoca, e l'arrivo di un'altra. Il tramonto di un sole selvaggio tra i lontani panorami della frontiera.

    Lo sguardo del cowboy

    Prima che John salga su un cavallo, lo vediamo scendere da una nave a vapore, e poi da un treno: differentemente dall'iconografia western più tradizionale, in cui l'eroe ci appare in sella ad un purosangue, con aria altera e virile, in Red Dead Redemption il protagonista usa anzitutto due nuovi mezzi di trasporto, segno del suo adeguamento al periodo storico in cui si trova ad agire. Sin dalle battute iniziali, in sostanza, Rockstar mette in chiaro gli intenti del suo capolavoro: mostrarci un'immagine del West ben diversa da quella tipificata. L'archetipo dell'antieroe viene disseccato di ogni sfumatura romantica: John è tutt'altro che di bell'aspetto, ha il viso sfregiato e stanco, si muove a piedi, con lo sguardo torvo e disilluso, e solo dopo un lungo viaggio monta in groppa ad un destriero qualsiasi, mentre galoppa con tra le luci del crepuscolo.

    In pochi minuti, Red Dead Redemption mette in scena due antitetiche visioni del cowboy: da una parte quella più dissacrante, lontana dal mito, propria di molti film western della seconda metà del '900, tra Peckinpah e Corbucci, mentre dall'altra quella più epica e sognante. Ancora una volta, il vecchio ed il nuovo si trovano a confronto, senza che nessuno dei due, per il momento, prenda il sopravvento. Ma è un equilibrio che non durerà a lungo, con l'ago della bilancia pronto a pendere dalle parti di un'estetica cupa, sporca e aggressiva, dove il sangue si mescola alla polvere ed al fango. John Marston incarna quindi l'immagine di un pistolero a metà strada tra la raffigurazione di stampo americano e quella europea, la stessa dicotomia che permea tutto il West di Red Dead Redemption.

    Sentieri Selvaggi

    Alla base dell'ispirazione di Rockstar c'è sì il grande cinema della Monument Valley di John Ford o dell'Andalusia di Sergio Leone, ma molto spesso la finzione trae spunto anche (e soprattutto) dalla realtà. Nelle gesta di John Marston e della banda di Dutch si espande l'eco delle (dis)avventure, realmente accadute, del celeberrimo bandito Sundance Kid, al secolo Harry Alonzo Longabaugh.

    Fuorilegge assai rinomato, ed ormai entrato nella leggenda, Sundance Kid operò intorno agli ultimi anni dell'800, militando della banda The Wild Bunch, capitanata da Butch Cassidy. Un gruppetto di criminali guidato da peculiari valori "morali", per i quali evitava (quando possibile) di ricorrere alla violenza durante le rapine alle banche e alle diligenze. Si tratta di una sorta di codice etico da "ladro gentiluomo" che - alla lontana - viene rispettato anche dalla gang di Dutch, la quale rubava ai ricchi con l'intento di distribuire il denaro ai poveri. Solo che, diversamente da Cassidy, Van der Linde e combriccola non esitavano a ricorrere a metodi estremamente brutali. E proprio questa forma di ferocia viene messa in scena da Rockstar senza alcuna forma di edulcorazione. La storia di Sundance Kid è stata trasposta in pellicola nel 1969, con il film Butch Cassidy, diretto da George Roy Hill ed interpretato da Paul Newman e Robert Redford: un prodotto dai toni lievi, lontani dall'aggressività di tanti western contemporanei, molto diverso, insomma, dalla prospettiva adoperata in Red Dead Redemption. John Marston si muove infatti in un'America ostile e grezza, eppure nostalgica e agrodolce: l'opera di Rockstar pesca a piene mani dall'immaginario western che parte dal classicismo di Ford e Howard Hawks, si muove attraverso la decostruzione di Peckinpah e arriva fino al nuovo canone di Leone. Un pot-pourri di suggestioni mescolate tra di loro con una competenza inusitata, come se il team statunitense avesse voluto riassumere settant'anni di cinema in un solo videogioco.

    Per questo la telecamera di muove verso sterminate distese, inseguimenti al galoppo e sparatorie sotto il flebile sole del meriggio, ricreando il lirismo tipico dei maestri americani. Ma poi, per gran parte dell'esperienza, il registro cambia tono e stile, avvicinandosi soprattutto all'estetica ribelle di autori come l'onnipresente Peckinpah ed il nostro Sergio Leone. Negli scontri con la gang di Dutch o con i rivoluzionari messicani trova posto l'iperviolenza, cruda e schietta, di opere quali Il Mucchio Selvaggio (il cui nome richiama, ovviamente, l'omonima banda di Butch Cassidy - The Wild Bunch), mentre nei primi piani, nella sceneggiatura tagliente e nella caratterizzazione grottesca di alcuni comprimari fa capolino la lezione di produzioni come Per un pugno di dollari, Il Buono, Il Brutto, il Cattivo, oppure Giù la testa. Senza contare poi le labili, ma presenti, inflessioni del cosiddetto "Zapata Western", un sottogenere del ben più noto "Spaghetti Western" di leoniana memoria, che ha come soggetto temi spiccatamente politici, raccontando le imprese di pistoleri e criminali sotto lo sfondo della Rivoluzione Messicana del 1910: in Red Dead Redemption ne ritroviamo l'impronta all'interno dell'arco narrativo che vede coinvolto il generale Allende, con tutta quella masnada di personaggi che sembra uscita da un film di Corbucci (Vamos a matar compañeros) o Damiano Damiani (Quién sabe?).

    E così, Rockstar si è divertita a rimaneggiare gli stilemi costruiti in anni di cinematografia, "dirigendo" un'opera sublime, capace di tratteggiare un'epoca ed una cultura in maniera totalizzante ed indimenticabile, che ricalca gli stereotipi di genere per scombussolarli e rinverdirli. Un capolavoro leggendario, che conserva e dissacra il mito di quel West tanto "vecchio" e "lontano".

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