Speciale Resident Evil 6 - La ricetta per un buon Survival Horror

Cara Capcom. Qualche consiglio su come sviluppare un Survival Horror

Speciale Resident Evil 6 - La ricetta per un buon Survival Horror
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Lo abbiamo detto e ribadito: Resident Evil 6 non è un Resident Evil.
    Nonostante recuperi personaggi, temi e iconografia della saga Capcom, con il ricordo che i fan hanno di questa epopea ha davvero poco a che fare. In Resident Evil 6 si spara, si danno grandi mazzate agli Zombie, ed in ogni capitolo si finisce in qualche modo intrappolati in una stanza troppo stretta a tentare di tenere lontani infetti e altre mostruosità. Nonostante ci sia una consistente parte del pubblico pronta ad entusiasmarsi di fronte all'incedere trottante dell'azione, insistiamo: Resident Evil 6 non è il titolo che i fan avrebbero voluto vedere.
    Alle loro prospettive si avvicina di più il capitolo per 3DS, Revelations, che ci ricorda in effetti che Capcom, quando vuole, i Survival Horror li sa ancora fare.
    Nel caso in cui l'ondata di manifesto dissenso che serpeggia nei forum di tutto il mondo non sia sufficiente, abbiamo allora pensato di ricordare all'azienda quelle cose che da sempre hanno fatto grande la serie. Ecco quindi la nostra “lista della spesa”: cosa serve ad un Resident Evil per essere un buon Resident Evil?

    Wishlist

    1- Una dimensione più contenuta della narrazione.
    Detto francamente: di epidemie su scala globale, eroi che sparano al presidente USA ormai zombizzato, fantasiosi continenti europei in rivolta e incursioni in Cina, non ce ne frega proprio nulla. Quando il nostro contatto alla BSAA ci dice “settantamila ostili”, è come una pugnalata al cuore. Calamità e catastrofi son buone per la cinematografia americana, per i Blockbuster supereroistici, e con il survival horror non hanno nulla a che vedere. Chiudeteci in un posto sperduto. Mandateci in missione segreta, che solo due persone sanno che siam lì e una muore ancora prima di iniziare, pugnala a tradimento da un tizio misterioso.
    Al limite, tirate su un muraglione attorno ad una zona di quarantena che nessuno vuol raggiungere, e avvertite l'esercito che no: non c'importa del suo aiuto. Facciamo tutto da soli, senza elicotteri e jet.
    Vedete un po' voi, insomma: la base nell'artico, fatta; nave sperduta nel bel mezzo dell'oceano, fatta; ville nel mezzo del bosco, fatte. Se ci riproponete un altro laboratorio sotterraneo, promesso, non ci arrabbiamo. Ma di base, pensate seriamente a non farci vedere la luce del sole per almeno dieci ore.

    2- Solitudine
    La Coralità è bella. L'idea di avere storie che si intrecciano, un numero eccessivo di protagonisti con le loro prospettive psicologiche, che interagiscono di tanto in tanto con altri sopravvissuti è molto interessante. Quindi: conservatela per un altro gioco.
    Noi vogliamo star soli, avere il tempo di metterci in un angolino e piangere senza che ci sia un partner ad infilarci i siringoni di adrenalina nel cuore per rianimarci.
    La solitudine spaventa, e fa riflettere. Amplifica le emozioni.
    Siamo dispostissimi ad incontrare altra gente, ma con moderazione. Di tanto in tanto, qualche apparizione fugace, rapidi attimi in cui un po' di calore umano torna a diffondersi nel nostro cuore, reso freddo e duro dalla buio di una notte senza sogni.

    3- Backtracking
    Avete presente quella porta che ci avete fatto vedere all'inizio del gioco una volta o due, ed era sempre segnata in rosso sulla mappa, e proprio non voleva saperne di aprirsi? Quella che prima è tutto un “chissà dove va?”, e poi invece te ne dimentichi, perchè nel mentre hai esplorato tutto il resto dell'ambientazione. Ecco: solitamente quella porta si apre ore ed ore dopo che l'abbiamo incontrata per la prima volta, quando pensiamo di essere da tutta un'altra parte e invece -tack!- capiamo che tutto l'intrico di corridoi e cunicoli ha una sua bellissima circolarità. Quel momento preciso, cara Capcom, ai giocatori seri regala più erezioni di un qualsiasi costume succinto di Dead or Alive.
    Invece condurci in un lunghissimo corridoio che ci porta dalla Cut-Scene iniziale a quella finale, ha più o meno lo stesso effetto di una martellata sul ginocchio sinistro.

    4- Enigmi ambientali
    Partite dal presupposto che c'abbiamo le guide. Su Youtube, Gamefaqs, praticamente ovunque. Se restiamo bloccati e ci viene il nervoso, 5 minuti di ricerca ed è fatta. Chi non ce la fa neppure così, spegne. Non è cattiveria: è selezione naturale.
    A noi piace bloccarci, di tanto in tanto. Ci sono giochi in cui ti blocchi in ogni stanza (Portal) e, non so se avete sentito: funzionano. Fateci fare qualcosa che ci dia l'idea di essere intelligenti. Statue da muovere, gioielli da infilare negli occhi dei bassorilievi, quadri da spostare, manovelle. Quelle cose che danno l'idea di esser state ideate da una mente malata. La stessa che scandisce i ritmi della nostra esplorazione, come una presenza.
    Se avete paura di perdere un po' di audience, vanno bene anche le chiavi da recuperare. Però, per favore, non diteci dove sono. Se ci mettete un indicatore, già ci girano abbastanza perchè proprio non capiamo questa onniscenza dei protagonisti, ma ci sentiamo anche presi in giro. Fateci vagare a vuoto. Fateci perdere nelle stanze piene di dettagli disturbanti. Quando alla fine troveremo la chiave (perchè noi l'abbiam sempre trovata e la troveremo sempre), sentiremo un brivido di soddisfazione partire dalla base del collo e diffondersi fino ai polpastrelli.
    Se c'è un puntatore che ci attira come un'esca e addirittura un tasto per indirizzarci fuori dalle sezioni più labirintiche, la sensazione è più tipo: “Meh!”.

    5- Moderazione
    Scrivere 100 volte sulla lavagna: “I proiettili sono una cosa rara e preziosa. Le erbe verdi sono una cosa rara e preziosa”.
    Concedetecene in quantità moderata, dateci l'idea che ogni colpo esploso debba essere o una necessità o uno spreco. Dateci anche la possibilità di attraversare qualche ambiente senza per forza dover affrontare zombie inferociti dalla velocità impressionante: azzoppateli.
    Ma soprattutto, finitela coi mostri giganti ad ogni piè sospinto. Il Tyrant, Nemesis, devono apparire di tanto in tanto giusto per darci quel brivido da morte imminente, quella tensione che sale dai quadricipiti femorali (e sappiamo tutti dove va a finire).
    E già che ci siete: basta con le motoseghe.

    6 - Survival. E Horror.
    Potrebbe sembrare una banalità, ma vogliamo ribadirlo. Fateci un Survival Horror.
    Tenendo a mente che l'idea di sopravvivenza implica una minaccia costante alla salute non solo fisica del protagonista. Una cosa logorante, che ogni tanto ti devi fermarti perchè non reggi la tensione.
    E l'horror (ma lo sapete, perchè siete giapponesi) non è lo splatter, il gore, il sangue che schizza e i cervelli. L'orrore è quello che ti lascia dei segni dentro, non quello che ti disgusta e basta. Il leggero senso di disturbo è a monte: una cosa anche morale, etica.
    E per far risaltare tutto questo, servono i giusti protagonisti. Se ci mettete militari in regime iperproteico, agenti speciali che sopravvivono ai car crash e escono indenni dagli schianti di un elicottero in fiamme, gente che fa un triplo carpiato solo per superare un dislivello di mezzo metro, siete proprio fuori strada.

    7- Resident Evil
    Avete presente Resident Evil? Ecco: fateci un Resident Evil.
    Sinceramente vostri, i fan.

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