Se c'è una lezione che abbiamo imparato, dopo aver giocato a Resident Evil 7 in VR, è che la paura "virtuale" può essere tanto (troppo) simile a quella "reale". L'horror di casa Capcom, vissuto in modo profondamente immersivo grazie al supporto del visore Sony, sa essere agghiacciante, ansiogeno e paralizzante. Ci sono stati momenti, infatti, in cui abbiamo avuto il timore anche solo di sfiorare la levetta analogica per fare un semplicissimo passo, per svoltare un angolino troppo buio, oppure per dirigerci verso quel dannato punto di salvataggio che, nella sicurezza psicologica garantita dallo schermo della televisione, avremmo invece raggiunto in un batter d'occhio.
Se è vero che in VR Resident Evil 7 dura il triplo, è altrettanto innegabile che la vita rischia di accorciarsi dallo spavento. Non c'è dubbio, insomma, che il settimo episodio della saga, pur tenendo conto di tutti i suoi limiti, sia una delle esperienze più complete e totalizzanti mai sperimentate per la realtà virtuale: una vera prova di coraggio, di nervi saldi e sangue freddo, in grado di aumentare di gran lunga il già enorme tasso di coinvolgimento garantito dalla fruizione "tradizionale".
Con ancora addosso l'umidiccia sensazione di panico provata mentre percorrevamo villa Baker, ci siamo avvicinati in modo molto cauto a Nessun Eroe e La Fine di Zoe, gli ultimi due DLC che completano l'offerta post-lancio di Resident Evil 7, entrambi - ovviamente - compatibili con la modalità VR. La loro natura più movimentata e vivace, però, ha reso la progressione meno flemmatica ed inquietante: ciò non toglie che, pur essendo armati di lance, pistole, fucili, bombe e granate, di fronte ad un anfratto poco illuminato ci abbiamo pensato due volte prima di avanzare...
We need a hero
Benché l'armamentario in dotazione al buon agente Redfield sia di tutto rispetto, Nessun Eroe non è un'avventura da vivere come un normalissimo sparatutto in prima persona: le labirintiche miniere in cui si nasconde il perfido Lucas vanno esplorate con calma, accortezza e spirito d'osservazione, senza farsi prendere dalla smania di impallinare ogni lurido micomorfo. Anche perché le munizioni non sono certo illimitate, e provare ad uccidere quelle pestilenziali creature brandendo soltanto un misero coltellino non è di certo un approccio pienamente raccomandabile. In alcuni momenti, vagare all'interno della mappa di gioco ha saputo restituirci un feeling simile a quello dell'opera originale: il level design, composto per lo più di corridoi angusti, putride celle, ed aree completamente immerse nell'oscurità, ci ha trasmesso pertanto una notevole dose di ansia, tale da non farci sentire del tutto al sicuro neppure stringendo tra le mani un robusto fucile. A differenza dell'opera regolare, però, il ritmo ludico risulta meno omogeneo, accelerando e rallentando senza soluzione di continuità: un fattore che rende un po' faticoso bilanciare i repentini spostamenti con la nostra testa e le movenze più cadenzate del corpo dell'avatar, il quale tende a muoversi con una certa calma, anche durante la corsa. Volendo è possibile incrementare la velocità della camminata nel menù delle opzioni, ma in questo caso il rischio di motion sickness aumenta considerevolmente. Non saranno rari i momenti in cui, sopraffatti dal numero di nemici, saremo costretti a darcela a gambe, con buona pace della nostra coordinazione motoria.
Ad acuire l'effetto di straniamento ci pensa anche la presenza di un pulviscolo chimico quasi costante, che mina la totale visibilità della scena: se da un lato la realizzazione visiva delle polveri velenose, con piccoli coriandoli verdognoli che ci fluttuano dinanzi agli occhi, appare gradevole ed avvolgente, dall'altro l'orientamento inizia presto a venir meno, rendendo l'avanzamento non proprio digeribile.
Decisamente piacevoli, inoltre, piccoli tocchi di classe volti a solleticare le corde dell'ansia: nel corso dell'esplorazione, ad esempio, troveremo micomorfi che, come sanguisughe saltellanti, si aggrapperanno al nostro viso, facendoci sobbalzare istintivamente. Peccato soltanto che una risoluzione un po' sporca e qualche imprecisione grafica infrangano l'efficacia dell'illusione.
Ugualmente, il "colpo finale" di Chris, scagliato con tutta forza contro i nemici barcollanti, produce un effetto leggermente sgradevole per due motivi: anzitutto, perché l'animazione del cazzotto non è fluida né ben collegata, ed anzi presenta una netta transizione tra l'attivazione del pugno e la collisione con i crani delle aberranti mostruosità; in secondo luogo, lo slancio del protagonista al momento dell'impatto ci dà quasi l'impressione di penetrare le creature con tutto il corpo, e non solo con le nocche della mano.
In sostanza, Nessun Eroe in realtà virtuale non possiede né lo stesso carico di tensione dell'avventura di Ethan, né la precisione di un vero FPS: resta un ibrido efficace e stimolante, ma ancora un po' grezzo e meno "immersivo" di quello che ci saremmo aspettati. C'è da dire, però, che vedere così da vicino l'odioso faccione di Lucas ha fatto crescere in noi un fortissimo desiderio di piantare sul suo grugno un bel cazzottone, come solo Chris è in grado di fare...
One Punch Man
E a proposito di sganascioni: l'agente Redfield, a dirla tutta, non è il miglior picchiatore dell'universo di Resident Evil. In questo settimo capitolo è stato infatti detronizzato da quello zoticone selvaggio di Joe Baker, fratello eremita e bifolco di Jack, dotato dell'innata capacità di spappolare i micomorfi a suon di pugni. La sua spavalderia, in verità, ci ha fatto un po' vergognare della nostra codardia: mentre noi tremavamo ad ogni passo in compagnia di Ethan, tenendo a bada la tachicardia, lui si avventurava per le paludi della Luisiana a mani nude, giocando con le deformi creature come fossero insignificanti sacchi da boxe. E allora abbiamo deciso di farci coraggio: con il PlayStation VR saldamente posizionato sulla nostra testa ci siamo calati interamente nei panni del personaggio, procedendo spediti verso il prossimo mostro da pestare a sangue, senza più esitare, senza più ansimare, senza più rabbrividire. La Fine di Zoe è un DLC abbastanza surreale che scardina le regole dell'episodio originale e si fa beffe del nostro terrore: i micomorfi, sebbene rappresentino ancora una minaccia concreta, non sono più un pericolo da evitare, bensì un obiettivo da colpire, magari pronunciando al contempo qualche tagliente frase smargiassa, come uno di quegli eroi sbruffoni degli action movie anni '80.
In realtà virtuale, La Fine di Zoe riscrive i dettami della "paura" di Resident Evil 7: mentre Nessun Eroe si colloca in un'esatta via di mezzo tra azione e survival, la breve scampagnata di Joe propende infatti più per il dinamismo. Non mancano, certamente, alcune sequenze in cui occorre proseguire con più oculatezza, ma in linea generale il rimo è molto più adrenalinico e vivace. Le continue battutine "ad effetto" del protagonista, la sua straordinaria forza muscolare ed il suo temperamento da orso si dimostrano un ottimo metodo per "esorcizzare" l'orrore, prendendolo letteralmente a "pugni in faccia".
Nel complesso, a nostro avviso, La Fine di Zoe è un contenuto che in VR si lascia apprezzare maggiormente rispetto all'impresa di Chris: il merito risiede principalmente nella sua natura più asciutta e diretta, priva di "fronzoli" ludici e scenici. Insieme a Joe, d'altronde, si picchia, e poco altro: ad ogni montante ben assestato si avverte quindi un discreto senso di fisicità, e la presenza statuaria e intimidatoria dei micomorfi non fa altro che stimolare la nostra voglia di metterli al tappeto, scrollandoci di dosso una volta per tutte la collosa paura che ci assaliva ogni qual volta li incrociavamo tra le stanze di villa Baker. In tal modo, La Fine di Zoe diviene catartico e liberatorio, anche in virtù di un'immersività piuttosto tangibile, capace di riprodurre a dovere le onde d'urto delle batoste inferte ed il contraccolpo di quelle subite.
Quando Joe, per recuperare la salute, si diverte a mangiare larve ed insetti portandoseli alla bocca, infine, la sensazione di repulsione è così realistica da essere disgustosamente spassosa. Ne consegue un'esperienza davvero divertente, sfrontata ed anche piuttosto impegnativa nei frangenti più caotici, dove il motion sickness potrebbe, purtroppo, metterci inevitabilmente K.O. Ma tra uppercut e ganci da far invidia a Rocky Balboa, spuntano di tanto in tanto le solite mancanze di natura tecnica, come una limpidezza visiva non impeccabile e qualche compenetrazione poligonale di troppo, sia durante le esecuzioni, quando dovremo staccare la testa dei micomorfi, sia nel momento in cui le creature azzannano le nostre braccia proprio come ha fatto Tyson con l'orecchio di Holyfield.
Nessun Eroe e La Fine di Zoe rappresentano due esperienze in realtà virtuale complementari a quella affrontata con Resident Evil 7: modi diversi di raffigurare la paura, ora ibridandola con fasi shooter, ora sbeffeggiandola con incontri pugilistici parecchio appaganti. Non posseggono indubbiamente il carisma ansiogeno e terrificante dell'opera regolare, ma riescono comunque a donare una "dimensione" ulteriore ed un'inedita profondità a due add-on che, anche nella loro forma standard, hanno saputo intrattenerci con un'abilità inaspettata. Si tratta, in ogni caso, di avventure molto più abbordabili in confronto a quella di Ethan, adatte anche ai giocatori meno impavidi: un ottimo banco di prova per chiunque non ha mai avuto il coraggio di cimentarsi negli orrori di casa Baker in VR, e desidera quindi procedere per gradi, poco alla volta, abituandosi ad emettere prima un tiepido sussulto, poi un grido soffocato ed infine un urlo raggelante.