Resident Evil: quali sono i legami tra i videogiochi e la serie Netflix?

Lo show di Andrew Dabb segue il canone dei giochi Capcom, quindi gli eventi della saga videoludica vengono dati per scontati dal serial.

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Gli appassionati videogiocatori non hanno numerosi motivi per essere ottimisti quando si guarda alle trasposizioni cinematografiche dei loro titoli preferiti: il passaggio di medium porta quasi sempre con sé una modifica dei parametri del racconto, la quale si manifesta con dei piccoli (nel migliore dei casi) accorgimenti di trama che spesso deludono i fan. Lo sanno bene coloro che ancora attendono un rifacimento dignitoso di Resident Evil, che non ha mai ottenuto una proposta fedele all'originale nonostante la saga di Paul W. S. Anderson sia la più redditizia tra quelle ispirate al mondo videoludico.

Anche Netflix ha provato a viaggiare sulle strade che portano a Raccoon City ma, come vi dicevamo nella nostra recensione di Resident Evil, il risultato finale è stato sconfortante soprattutto a causa di una messa in scena votata al risparmio. Anche la trama ha i suoi giganteschi difetti, ma quantomeno i conoscitori della saga firmata Capcom troveranno numerosi rimandi ai titoli originati dall'idea horror di Shinji Mikami, perché la serie Netflix di Resident Evil segue il canone e per questo dà per "avvenuti" quasi tutti gli eventi principali che abbiamo visto nei videogiochi.

Umbrella 2.0

La società farmaceutica con tanto di divisione paramilitare che ha segnato l'immaginario collettivo di multinazionale non dovrebbe esistere nel 2022 che fa da base "contemporanea" allo show Netflix, né tantomeno ha senso il potere che ancora conserva 14 anni dopo, nella linea post-apocalittica descritta dalla serie, perché la Umbrella Corporation fu smantellata dopo la bancarotta avvenuta nel 2003.

Nonostante tutti gli sforzi economici e politici profusi nell'insabbiamento del disastro Raccoon City, il Congresso americano decise di impedire all'azienda di operare sul mercato in quanto responsabile dell'epidemia che condusse alla nuclearizzazione della città, e da quel momento la società farmaceutica subì un tracollo vertiginoso fino allo scioglimento nel giro di pochissimi anni. Questa è una delle poche occasioni in cui lo spettacolo Netflix decide di "chiudere un occhio" sulla storia principale, perché una serie senza Umbrella sarebbe stata sicuramente meno fruibile ed iconica per lo spettatore medio, e orchestra una trama nella quale la mega-corporazione resiste nonostante le difficoltà incontrate in seguito agli eventi dei primissimi Resident Evil. Al vertice troviamo Evelyn Marcus, la nipote di James Marcus, uno dei tre fondatori dell'Umbrella insieme al dottor Ashford ed a Oswell Spencer: la serie non si accontenta di citare un nome qualsiasi tra i decani dell'azienda, ma abbraccia gli eventi passati ricostruendo nella donna una sorta di reincarnazione del nonno.

Il dottor Marcus è l'autore delle ricerche che hanno originato l'idea iniziale dell'Umbrella, basandosi sulle leggende africane che parlavano di una pianta tossica capace di trasformare gli uomini in divinità. Viaggiò così fino al paese degli Ndipaya - dove Evelyn fonderà la divisione farmaceutica che vediamo nello show - per studiare il fiore mutageno e trovare nel suo genoma il virus Progenitore, il quale farà da base al virus T negli sviluppi successivi.

Lo scopo delle ricerche di Marcus non è mai stato la creazione di un'arma biologica, non a caso accolse senza entusiasmo l'idea di Spencer di fondare una divisione militare, ma il prosieguo delle teorie eugenetiche verso una razza di super umani che si manifesterà nel progetto Wesker. Evelyn, proprio come il nonno prima di lei, è totalmente dedita al suo lavoro, tanto da dimenticare famiglia e amici in nome dell'obbiettivo più importante di cambiare il mondo, e recupera anche il motto storico dell'azienda facendolo stampare sui cartelloni che adornano le stanze dei ricercatori: l'obbedienza genera disciplina, la disciplina genera unità, l'unità genera potere, il potere è vita.

Il dottor Marcus divenne inviso ai dirigenti Umbrella perché la sua dedizione lo trasformò in un mostro senza pietà, infatti utilizzò bambini come cavie umane per i suoi studi virali, e l'incapacità di tracciare un confine morale si è trasmessa alla nipote, in quanto Evelyn è disposta a ignorare gli effetti secondari del nuovo farmaco antidepressivo pur di creare una soluzione ai problemi psichiatrici che affliggono il mondo. Marcus venne ucciso nel suo laboratorio da una squadra militare inviata da Spencer nel 1988: la nipote, in una puntata della serie, si riferisce all'assassinio del nonno come il tentativo di trafugare l'azienda dalle mani del suo vero fondatore.

Il ritorno di Wesker

Il dubbio più assillante che ha tormentato gli appassionati videogiocatori fin dall'annuncio della serie Netflix riguarda di certo la presenza di Albert Wesker tra i protagonisti dello show: lo sceneggiatore Andrew Dabb promise che la sua serie sarebbe stata canonica rispetto al materiale originale, lasciando intendere che c'era un motivo dietro al ritorno dell'antagonista storico della saga.

Albert Wesker è infatti deceduto al termine di Resident Evil 5, crivellato dai colpi di Chris e Sheva che lo hanno affondato all'interno di un vulcano attivo, e infatti il padre di Jade e Billie all'interno dello spettacolo televisivo non è esattamente il Wesker che abbiamo conosciuto fino a oggi. Il grande burattinaio dietro alla saga videoludica è il risultato del progetto eugenetico di Marcus e Spencer, i quali adottarono in maniera illegale centinaia di bambini in giro per il mondo, testando su di loro le capacità del virus Progenitore scoperto in Africa per dare vita a una nuova specie di umani geneticamente perfetti. Tra tutti i soggetti ne sopravvisse solo uno, l'Albert che assumerà il cognome dal nominativo del progetto, diventando un ricercatore di punta per la Umbrella nello sviluppo del virus T. In seguito alle difficoltà incontrate durante il progetto Tyrant, Wesker voltò le spalle alla Umbrella per diventare una spia al soldo delle aziende concorrenti, trafugò le ricerche della società che lo aveva plasmato e fece carriera all'interno dell'esercito degli Stati Uniti, guadagnandosi la posizione di capitano del team S.T.A.R.S. a Raccoon City.

La follia di Wesker lo portò a sublimare il concetto di rinnovamento dell'umanità concepito dai fondatori dell'Umbrella: il suo scopo divenne l'estinzione completa dell'uomo e per raggiungere simile, nefasto obiettivo condusse svariate ricerche. Pertanto, nella serie Netflix vediamo Albert clonare se stesso al fine di ottenere tre preziosi aiutanti geneticamente identici a lui.

Il programma di clonazione fu condotto negli edifici della società farmaceutica senza alcuna autorizzazione, e quando venne scoperto una squadra militare irruppe nel laboratorio catturando gli esseri creati dallo scienziato e costringendo alla fuga il Wesker canonico. Uno dei cloni diventa il protetto di Evelyn, proprio come l'Albert originale divenne amico fidato del fondatore Marcus durante le ricerche nel laboratorio di Arklay: la donna lo investe così del ruolo di responsabile del dipartimento farmaceutico votato allo sviluppo dell'antidepressivo Joy.

I rimandi citazionisti

Appare dunque evidente come la serie Netflix abbia non solo accettato il pregresso narrativo della saga Capcom - al netto della persistenza della Umbrella che abbiamo già analizzato in principio - ma lo cali all'interno di un continuo rimando storico e citazionista che solo gli appassionati di Resident Evil possono apprezzare. Gli sviluppi dell'antidepressivo inventato dall'Umbrella nello show Netflix riprendono quasi in toto le modalità di ricerca portate avanti dai membri fondatori dell'azienda all'interno del videogioco, facendo ritornare al centro della scena i personaggi principali coinvolti nel progetto originale, anche se nella forma leggermente diversa di nipote e clone.

Oltre ai giganteschi riferimenti narrativi, la serie tv strizza l'occhio ai conoscitori grazie a svariate chicche visive. A nessuno ad esempio sarà sfuggito il ritorno dei cani zombie: parliamo dei dobermann, la stessa razza che ormai fa parte dell'immaginario collettivo dei fan. Numerosi altri mostri vengono presi dal bestiario di Resident Evil per essere trasportati nella serie tv (certo, ci sono anche i Licker), ma è nei personaggi secondari che si riflette l'amore dello showrunner per la saga Capcom: quando Jade Wesker cerca un modo per sfuggire alla Umbrella sceglie di farsi aiutare da una vecchia conoscenza, un certo Barry che l'aveva salvata in Egitto molto tempo prima.

La scelta di un nome del genere non può che essere un rimando a Barry Burton, membro del team S.T.A.R.S. e amico intimo dell'armaiolo Robert Kendo, del quale i videogiocatori hanno perso le tracce dagli eventi di Resident Evil Revelations 2, che spicca all'interno della saga come un uomo burbero ma sempre pronto ad aiutare chi si trova in difficoltà. Nella linea contemporanea della storia, le piccole Wesker scoprono il passato oscuro del padre attraverso un video che lo vede aggirarsi nei sotterranei del centro Arklay.

All'interno di una cella Albert utilizza ancora una volta Lisa Trevor, la figlia dell'architetto che ha progettato la Villa Spencer nel Resident Evil originale, per sottoporla alle iniezioni che negli anni l'hanno trasformata in un mostro. La scena non ha grossi risvolti diegetici, ma si configura come una citazione storica essenziale per coloro che conoscono l'importanza delle ricerche avvenute in quelle catacombe: è grazie alle mutazioni genetiche avvenute in Lisa nel corso degli esperimenti che la Umbrella è riuscita a sviluppare il virus G, e il suo corpo martirizzato è inoltre diventato uno degli antagonisti più apprezzati della saga per l'ira rabbiosa e cieca che nasconde la tristezza di una cavia da laboratorio.

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