Road to Prey: Alla scoperta delle più inquietanti Space Opera

Da Alien a Dead Space, alla scoperta delle più inquietanti Space Opera del mondo videoludico, del cinema e dei fumetti.

Road to Prey: Alla scoperta delle più inquietanti Space Opera
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • L'oscurità opprimente, la consapevolezza che solo pochi centimetri di metallo vi separano dal vuoto dello spazio profondo. Ogni minimo rumore viene amplificato dall'eco sinistro di lunghi corridoi avvolti da una penombra tutt'altro che rassicurante. Un tarlo consuma la vostra mente insinuandosi con lucida ferocia: avete la certezza di non essere soli e non c'è modo di fuggire. Potete solo nascondervi, per chissà quanto. Tutto appare immobile, quieto. Sin troppo. Una sensazione di cupa angoscia striscia sotto pelle. Vorreste gridare con tutte le vostre forze, spezzare l'innaturale silenzio per chiedere aiuto, per esorcizzare la paura. Nello spazio, però, nessuno può sentirvi urlare.
    Lo sappiamo, è uno dei mantra dell'epica spaziale, portato magistralmente sul grande schermo da Ridley Scott. Basta il giusto mix di pochi topoi per toccare le corde giuste e instillare nello spettatore quelle sensazioni angosciose che abbiamo appena descritto. La minaccia non è mai esplicitata, se non attraverso rilevatori di movimento e solo al culmine di uno stato tensivo alimentato con costanza.
    L'orrore appare inarrestabile e totalmente "interiorizzato": ciò che non si vede è ben più spaventoso di ciò che è, invece, palese e (potenzialmente) contrastabile. Infine, luoghi claustrofobici e lontani anni luce da qualsiasi speranza di salvezza completano un quadro ansiogeno dal fascino sempre irresistibile. Prey, in arrivo tra pochi giorni, punta a replicare esattamente queste atmosfere, facendo muovere l'intera vicenda proprio attorno a quei cardini che abbiamo appena ricordato. L'ultima fatica di Arkane, però, cerca di andare oltre mescolando elementi ucronici, un pizzico di teoria delle stringhe e un deciso tocco di fantascienza "classica". Non dobbiamo dimenticare, ovviamente, l'importante componente psicologica: rinunciare alla propria umanità ricorrendo agli innesti per combattere l'incubo ad armi pari oppure no? Per calarci al meglio nelle cupe atmosfere della stazione spaziale Talos-1 e in attesa di perderci nel suo dedalo di corridoi e stanze riccamente arredate in stile art decó, abbiamo deciso di rispolverare qualche opera iconica del genere. Come sempre, attraverso una visione "transmediale".

    Alien, i prodromi del terrore nello spazio profondo

    Non potevamo che iniziare il nostro inquietante viaggio con l'opera che ha inaugurato il nuovo corso cinematografico per la fantascienza: Alien. La Nostromo è il convitato di pietra della vicenda: nonostante non partecipi attivamente all'azione, la nave è un personaggio a tutti gli effetti, forse addirittura "il" Personaggio. L'ammasso di metallo arrugginito di proprietà della mega corporazione Weyland-Yutani, perso nello spazio profondo, riesce a trasmettere una costante sensazione d'angoscia e oppressione con i suoi rumori sordi e le spie intermittenti, mentre un antagonista estremamente intelligente e adattabile decima con lucida ferocia l'equipaggio. Questo lento stillicidio, capace di pestare a sangue i nostri sensi di spettatori, ha lo stesso impatto di un facehugger ancorato saldamente alla nostra faccia.

    Lo Xenomorfo, Ripley, la Nostromo. Tre figure capaci di trascendere il tempo portando Alien ad entrare con prepotenza nell'Olimpo dei film più belli di sempre. L'opera è divenuta immortale, sublimandosi in qualcosa di etereo e impalpabile, appartenente al patrimonio culturale postmoderno. Eravamo quasi all'inizio di quell'esagerato decadentismo pop che avrebbe caratterizzato tutti gli anni '80 del secolo scorso. Eppure, Mr. Scott riuscì a confezionare un capolavoro di indiscussa efficacia stilistica, uno di quelli che non è possibile semplicemente citare in qualche elenco nostalgico senza soffermarsi per (molte) ore a parlarne. Quel capolavoro datato 1979 ha rappresentato una sorta di "Big Bang" da cui ha avuto origine un imponente universo multimediale estesosi (con risultati non sempre positivi) su fumetti, romanzi, sequel, spin off, prequel, franchise di varia natura e - naturalmente - videogiochi. Nel corso di oltre trent'anni sono stati innumerevoli i titoli giunti sui più svariati sistemi; l'ultimo dei quali è - a ragione - considerato un piccolo, grande capolavoro: Alien Isolation. Merito di Creative Assembly, capace di confezionare un survival horror vecchio stampo e in grado addirittura di tenere testa all'originare pellicola "scottiana". Sotto il profilo fumettistico, invece, il fervore creativo dedicato allo Xenomorfo appare ancora oggi a pieno regime. Nel corso dei prossimi mesi, infatti, sono previste alcune uscite di peso: a partire da Alien Dead Orbit, che Dark Horse Comics pubblicherà negli Stati Uniti, mentre Prometheus: Fire and Stone e Aliens: Defiance dovrebbero già esser giunti nelle fumetterie nostrane.

    Punto di non ritorno

    In lingua originale, il titolo rendeva meglio l'idea: Event Horizon. L'orizzonte degli eventi, oltre ad essere il nome della nave spaziale che dà il titolo alla pellicola è anche un concetto della relatività generale associato tipicamente ai buchi neri. Ed è proprio uno di questi ad essere imbrigliato artificialmente all'interno della nave sperimentale, improvvisamente ricomparsa nell'orbita di Nettuno col suo carico di demoniaci abomini. Paul W.S. Anderson, che successivamente diventerà famoso per la saga cinematografica dedicata a Resident Evil, nel '97 riesce a confezionare un fanta-horror di discreta fattura, a nostro avviso ingiustamente affossato dalla critica.

    Certo, il film riprende in modo marcato elementi provenienti da molte altre pellicole di genere e le getta in un calderone da cui esce un impasto abbastanza caotico ma, tutto sommato, riesce a funzionare. Insomma, Event Horizon - in Italia, Punto di non ritorno - può essere considerato come una sorta di crasi di opere precedenti: su tutti il già ricordato Alien, Hellraiser, The Black Hole e Solaris. Il film, nel corso del tempo, è stato oggetto di un'importante operazione di "riabilitazione" fino al punto di divenire un vero e proprio cult per gli appassionati. Event Horizon, inoltre, pare essere stato preso come fonte d'ispirazione da parte del team di sviluppo Visceral Games per la realizzazione del soggetto di Dead Space. E indovinate cosa abbiamo scelto per il prosieguo del nostro viaggio?

    Dead Space, ovvero quando fare il proprio dovere può portare alla morte

    La discesa negli inferi del povero Isaac Clarke ha un nome: USG Ishimura. L'immensa nave che l'ingegnere minerario si troverà a esplorare per sopravvivere, suo malgrado, fa da sfondo a una delle saghe horror più riuscite degli ultimi anni. Se ci pensate, anche in questo caso gli elementi dell'esperienza di gioco propostaci da Visceral Games poggiano totalmente sui pilastri fondativi del genere. Un'enorme nave alla deriva all'apparenza abbandonata diviene il cardine attorno a cui imbastire un dramma d'altri tempi, per un'esperienza sensoriale dall'impatto devastante tanto sotto il profilo acustico che visivo. I lunghi, opprimenti corridoi della nave sono avvolti dall'oscurità e vomitano ogni sorta di creatura Necromorfa.

    Lo stile minimalista e freddo della USG Ishimura si pone agli antipodi rispetto al design retrò ampolloso che ci attenderà tra qualche giorno sulla Talos-1. Scelte stilistiche molto diverse, entrambe estremamente efficaci per rappresentare, comunque, lo stesso "orrore". Dead Space, ovviamente, si fa carico di un incedere narrativo diverso, molto più lento e angoscioso, accentuato dalla scelta di sfrondare la visuale da informazioni superflue per tornare all'essenziale a tutto vantaggio dell'immersività. Il franchise ha avuto ben due seguiti (il secondo episodio è addirittura riuscito a superare il capostipite), prima di essere - momentaneamente - accantonato in attesa di tempi migliori. L'universo macabro del povero Isaac, però, è riuscito ad espandersi anche su altri media prima di andare in criostasi. Due lungometraggi animati, Downfall e Aftermath, rispettivamente prequel degli eventi occorsi in Dead Space e Dead Space 2. Come di consueto, anche fumetti e romanzi (Martyr e Catalyst) hanno giocato un ruolo molto importante, espandendo in modo sostanziale il background narrativo creato da Visceral Games.

    La narrativa: Contagio Mortale

    Sino a questo momento ci siamo concentrati soprattutto su pellicole cinematografiche e produzioni videoludiche. Prima di questi media, tesi a soddisfare le nostre voglie attraverso immagini forti e disturbanti che colpiscono violentemente la retina, esiste una forma d'arte più antica ed evocativa: la scrittura. In questo caso il cervello non si limita a immagazzinare immagini costruite secondo dettami pre-costruiti, bensì tradurre ed elaborare in modo originale ciò che lo scrittore vuole "dirci". Al variare della sensibilità, insomma, varia anche l'impatto e l'orrore suscitato dall'opera. Inoltre, nel corso dei decenni la fantascienza - soprattutto durante la sua Golden Age - si è arricchita di innumerevoli racconti e romanzi "di genere" che in questa sede è impossibile ricordare tutti. Per chiudere questa carrellata, comunque, abbiamo deciso di citare Contagio Mortale, un'opera appartenente a un'altra epopea che, come Alien, ha avuto un impatto devastante sulla cultura pop mondiale: Star Wars. Il romanzo scelto per l'occasione, insomma, rientra nello sconfinato universo espanso della saga creata da George Lucas.

    La Purge è una bagnarola intergalattica nonché la dimora provvisoria di cinquecento tra i più spietati assassini, ribelli e contrabbandieri della galassia. Colpita da un guasto nel bel mezzo di un quadrante di spazio sconosciuto la nave è costretta ad uscire dall'iperspazio. Alla deriva e senza alcuna speranza di ricevere aiuto, i radar di bordo segnalano la presenza di un enorme Star Destroyer all'apparenza abbandonato. Quando il comandante invia una squadra a bordo dell'incrociatore per chiedere i pezzi di ricambio, soltanto metà fa ritorno portando con sé una strana malattia talmente letale da uccidere nel giro di qualche ora quasi tutti gli inquilini della Purge. Ai pochi sopravvissuti non resta che abbandonare la nave e cercare rifugio nei meandri dell'incrociatore.
    I lugubri corridoi, però, pullulano di vita. L'idea di Joe Schreiber era quella di riprendere in mano un particolare rivolo narrativo, in voga verso la fine degli anni '90 (titolato "Galaxy of Fear"), ambientato nell'intervallo tra Episodio IV e V e dedicato alle ricerche condotte dall'Impero su misteriose armi biologiche da utilizzare per contrastare la feccia ribelle. Contagio Mortale deve molto all'iconografia classica. Nel corso della narrazione, infatti, ritroviamo molti elementi comuni alle opere che abbiamo già citato. Nonostante la formula che sa di "già visto", Joe Schreiber riesce a confezionare un romanzo dal ritmo incalzante e in costante crescendo.

    Bonus: La Cosa

    Abbiamo deciso di concludere in bellezza, uscendo leggermente dalla traccia seguita sino ad ora. I puristi sicuramente ci perdoneranno, ma non potevamo fare a meno di citare il capolavoro di John Carpenter. In questo caso non ci troviamo nello spazio profondo ma, in un certo senso, è come se lo fossimo. I topoi del fanta-horror ci sono tutti venendo traslati in maniera speculare sulla Terra.
    Una base di ricerca persa nelle lande desolate dell'Antartide sferzato da una violenta tormenta di neve prende (egregiamente) il posto della classica stazione spaziale; i sopravvissuti appartengono a un gruppo di scienziati alle prese con qualcosa di sconosciuto; mentre la sfuggente minaccia - pur sempre aliena - in questo caso è un mimic, ovvero un essere che riesce ad imitare alla perfezione le sembianze di altre forme di vita. Il senso di isolamento, il sospetto crescente e la paranoia causata dall'impossibilità di riconoscere un nemico che continua a mutare aspetto contribuiscono a costruire un'impalcatura narrativa di tutto rispetto che ci conduce sino ad un finale tutt'altro che risolutivo. Lo stile e il pessimismo che avvolge l'opera di Carpenter sono inconfondibili e indimenticabili.

    Proprio come è accaduto per Event Horizon, anche La Cosa è dovuto passare per la scure delle critiche per essere rivalutato solo dai posteri, diventando il fenomeno di culto che oggi tutti conosciamo. L'opera di Carpenter ha goduto anche di trasposizioni cartacee; un prequel dimenticabile e un videogioco che ancora oggi fa bella mostra di sé sul nostro scaffale. The Thing è un survival horror che prende il via pochi giorni dopo la conclusione delle vicende cinematografiche e ci mette nei panni di un membro delle forze speciali giunte a indagare. Proprio come accade nel film, anche le meccaniche di gioco della trasposizione digitale ruotano interamente attorno alla gestione del piccolo gruppo e costringono il giocatore a tenere sempre sott'occhio gli indicatori di "paura" e "fiducia". The Thing, nonostante sia troppo spesso dimenticato dai più, può essere annoverato tra i migliori survival horror della passata decade.

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