ROM OK: Marble Madness, la risposta di Mark Cerny al crash dei videogiochi

Ripercorriamo insieme la storia del leggendario cabinato Marble Madness, creato dal futuro padre putativo di PlayStation.

ROM OK: Marble Madness, la risposta di Mark Cerny al crash dei videogiochi
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L'opera di Atari del 1984 fu pensata come cabinato da prima fila, ed è lì che era possibile trovarlo nelle sale giochi più fornite. Il successo però durerà molto poco, e Marble Madness dovette reinventarsi come "gioco laterale", di quelli che, entrando nei templi dei videogiochi, riempivano la vista periferica ed avvertivano sì della loro presenza, ma senza imporla. Marble Madness nasce comunque dall'esigenza di attirare nuovamente l'attenzione del pubblico, in quegli anni sintonizzata in larga parte sulle frequenze di un nuovo edonismo synth-pop di facciata e di cui MTV era nuova e vincente promotrice, almeno per i più giovani. Atari decise di affidare il compito a un giovanissimo Mark Cerny, colui che sarebbe diventato, più o meno trent'anni dopo, succedendo al genio di Ken Kutaragi, il padre putativo di PlayStation.

Follia isometrica

"Non ero un grande fan delle sale giochi. Un giorno, un mio amico iniziò a parlarmi di un nuovo gioco - Mark è la cosa più figa che abbia mai visto: spari, i nemici avanzano, e tu puoi nasconderti dietro ad alcuni oggetti [...] - si trattava di Space Invaders e quando alla fine lo provai dovetti ammettere che era effettivamente la cosa più figa mai vista. Cominciai a frequentare le sale giochi molto spesso, scoprendo negli arcade game una varietà che credevo impensabile. Ogni gioco rappresentava una sorta di genere a sé, ed ogni settimana si sperimentava sempre qualcosa di totalmente nuovo". L'entusiasmo di Mark Cerny non cambiò, ma subì una bella botta quando a sedici anni venne assunto da Atari come sviluppatore/programmatore/artista. Le cose infatti erano cambiate parecchio da Space Invaders, e la cosiddetta "golden era" si stava avviando verso un'inesorabile fine, con tutte le conseguenze del caso. Con Marble Madness, per combattere un mercato oramai saturo di costosi cabinati che nessuno voleva più sostituire, il ragazzo fu costretto a reinventare la ruota tramite una delle prime (se non la prima) scheda per coin-op con giochi intercambiabili. Naturalmente la Atari System 1 aveva anche altri punti a favore oltre ad essere intelligente ed economica, tra i quali la capacità di trasformare il concept di Marble Madness in divertentissima realtà.

Marmo preistorico

Come attirare lo sguardo di chi non guarda più? A questa domanda, la risposta di Cerny fu dapprima un primitivo schermo touch, e successivamente una trackball motorizzata che si rivelò però troppo costosa per essere implementata nel progetto finale. Il designer e i suoi collaboratori ripiegarono così su una versione molto più semplice, adattando il gameplay di conseguenza.

Tutto continuava però a girare attorno a questa sfera con la quale interagire, in un modo o nell'altro, rigorosamente dal vivo. Non a caso, Marble Madness, prima di diventare il classico che oggi conosciamo, altro non era che un atipico gioco di minigolf: ben presto, durante lo sviluppo, il genere mutò progressivamente per assumere i connotati di un ancor più strano corsistico. Marble Madness, a suo modo, è infatti un vero e proprio racing game: sebbene i suoi fortissimi elementi platform nascondano per bene questa natura, lo scopo rimane arrivare nel minor tempo possibile al traguardo, e magari farlo prima di un eventuale avversario. Esatto: si poteva anche giocare in due contemporaneamente, ma la presenza di un "player 2", ci spiega in prima persona Mark Cerny, fu prima di tutto un obbligo commerciale: "Nel giro di pochi anni, gli introiti derivanti dai coin-op di Atari crollarono del 90%, e due giocatori equivalevano semplicemente al doppio delle monete inserite". Marble Madness poteva contare su altri due elementi in grado di farlo spiccare dalla massa informe e colorata degli altri prodotti: la grafica pseudo 3D (che i narratori vogliono ispirata alle false prospettive di Escher ma che in realtà ha ben altre origini) e le sue indimenticabili musiche stereofoniche.
Quando nel dicembre del 1984 i primi cabinati di Marble Madness vennero finalmente distribuiti in USA prima, e nel resto del mondo poi, il successo fu immediato. Il gioco includeva sei diversi livelli: il primo estremamente breve e semplice, ma già con il successivo la difficoltà era destinata ad impennarsi oltre i livelli di guardia. Quelli che in un primo momento erano canaloni morbidi e rassicuranti si trasformavano bruscamente in passaggi impervi, sottili, con parti mobili e subdole creature immaginarie pronte ad arrestare il costante e glorioso rotolamento con un fatale game over. Marble Madness, complice l'originale sistema di controllo e la primordiale quanto spiazzante fisica della sfera, si insidiò nelle vite degli appassionati con un'invadente aria di sfida che perdura ancora.

Parola a Mark CernyNel caso voleste approfondire, non c'è niente di meglio che questo video registrato durante la Game Developers Conference del 2011 in cui è lo stesso Mark Cerny a spiegare, oltretutto in un inglese comprensibilissimo, la storia di questo fondamentale gioco.

Se volete avere la meglio su questo gioco Atari, per evitare una frustrazione che potrebbe portarvi a scazzottare in giro una nuova e incomprensibile rabbia, consigliamo, oggi come allora, lunghe fasi di training autogeno tra un livello e l'altro. Entrato nella leggenda, Marble Madness verrà convertito per dozzine di hardware diversi con risultati altalenanti, ma anche nei migliori casi si trattava comunque di adattamenti privi della caratteristica più importante: quella sfera colorata e imprigionata nei sempre più rari cabinati originali. Atari provò anche a svilupparne un seguito: presto fu però chiaro che per il gioco ideato da Mark Cerny e per il suo inquietante mondo isometrico non ci sarebbe stato più posto nei diversi presenti che si sono incessantemente susseguiti dal ‘84 ad oggi. Eppure conserverà sempre una nicchia di primissima qualità nel passato dei videogiocatori, dove riposano glorificati tutti i titoli indimenticabili come lui.