Shenmue 1 e 2: il valore storico dei due videogiochi di Yu Suzuki

Shenmue 1 e 2 si apprestano a tornare con una versione rimasterizzata, permettendo anche alle nuove generazioni di vivere due pietre miliari del gaming.

Shenmue 1 e 2: il valore storico dei due videogiochi di Yu Suzuki
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  • SEGA ha annunciato ufficialmente che Shenmue I e II torneranno in una versione rimasterizzata su PS4, Xbox One e Steam. La notizia è arrivata un paio di giorni fa e ha subito suscitato l'entusiasmo dei fan di vecchia data, felici di poter finalmente rimettere le mani sul gioco che tanto hanno amato nell'era del Dreamcast (o in quella della prima Xbox, nel caso dei ritardatari). Si tratta di un ritorno importante, chiesto a gran voce dagli appassionati attraverso un lavoro martellante sui social e con petizioni di ogni tipo. Dopo l'ufficializzazione del terzo episodio nato su Kickstarter grazie al supporto dei fan, era scontato che SEGA avrebbe preso la palla al balzo, proponendo una collection che permettesse anche ai giocatori più giovani di vivere sulla propria pelle due pietre miliari della storia del gaming.

    La rivoluzione silenziosa

    Quando il primo Shenmue arrivò su Dreamcast, forte di uno sviluppo iniziato su Saturn e solo in seguito traghettato sulla fabbrica dei sogni, lasciò tutti a bocca aperta per mille motivi differenti. Si trattava di una sfida monumentale, di una rivoluzione silenziosa troppo ambiziosa per l'epoca, nata da una mente geniale lasciata libera di partorire una creatura dai tratti leggendari.

    SEGA aveva dato carta bianca a Yu Suzuki, permettendogli di creare un'opera multimediale come non se n'erano mai viste prima di allora. La ricostruzione certosina della cittadina di Yokosuka degli anni 80, con tanto di condizioni metereologiche reali (recuperate dagli archivi ufficiali del servizio metereologico), era incredibile non solo per la maniacale attenzione ai dettagli, ma anche e soprattutto per la presenza di un ciclo giorno/notte affiancato da comportamenti credibili da parte dei cittadini virtuali. Ogni personaggio dei vari quartieri aveva un nome, una "caratterizzazione psicologica" e abitudini ben definite. C'era chi usciva di casa tutte le mattine per andare a lavoro, per rientrare dopo l'orario di chiusura. C'era chi osservava tutto il giorno le persone che popolavano il quartiere, rivelandosi così un'ottima fonte di informazioni. C'era chi praticava le arti marziali al parco e c'erano tanti altri individui intenti a vivere la propria vita. A seconda del giorno e dell'orario, i dialoghi cambiavano adattandosi al contesto. Era possibile usare il telefono per chiamare i numeri presenti sull'elenco e tutto scorreva creando un senso di immersione mai visto fino a quel momento in un videogioco. Furono quegli elementi, insieme a una narrazione elegante e agli squisiti messaggi filosofici inseriti con garbo da Yu Suzuki in una storia dall'incipit banale ma incisivo, a segnare in modo indelebile tutti coloro che vissero l'avventura incompiuta di Ryo Hazuki. Shenmue era (ed è) un gioco difficile da classificare. All'epoca non esisteva un genere capace di racchiudere tanta versatilità e anche oggi si fatica a inserirlo in una classificazione standard. Con Shenmue sono nati i QuickTime Event che ancora oggi vediamo in giochi di ogni tipo. Gli occasionali combattimenti sfruttavano un sistema di lotta ispirato a Virtua Fighter, erano presenti mini-giochi di ogni genere e si doveva perfino lavorare. Se leggendo questa descrizione vi è venuto in mente Yakuza avete colpito nel segno, visto che Nagoshi ha pescato a piene mani dall'opera di Yu Suzuki. Un altro elemento fuori parametro per l'epoca era il doppiaggio, che comprendeva le battute di tutti i personaggi nel gioco, perfino dei passanti anonimi fatti con quattro poligoni in croce.

    La crescita e la contrazione

    Con Shenmue II la serie ha puntato ancora più in alto. Il passaggio dalla piccola realtà di Yokosuka alla frenetica e popolata Hong Kong ha reso il gioco più vario e aperto. Gli sviluppatori avevano ascoltato i feedback ricevuti sul primo capitolo, aggiustando il tiro su una serie di aspetti problematici dell'avventura (in particolar modo sul mini-gioco dei muletti e sulla scarsa varietà delle esperienze lavorative).

    La nuova ambientazione rappresentava una sfida titanica e, proprio in virtù dell'improvvisa espansione dei contenuti, la cura nei dettagli che caratterizzava il primo Shenmue era venuta meno. Non era svanita del tutto, ma rispetto al primo capitolo capitava spesso di imbattersi in edifici vuoti (palesemente incompleti) e in oggetti replicati più e più volte. L'unicità di ogni singola ambientazione e la forza espressiva dei vari personaggi erano state diluite in un ambiente più vasto, lasciando che a comunicare la magia non fosse più la caratterizzazione impeccabile, ma la quantità di informazioni visive e sonore. La seconda parte dell'avventura di Ryo vantava ritmi più alti, con un maggior numero di situazioni in cui l'azione la faceva da padrone. C'erano più combattimenti, più QTE, più richiami ai film cinesi di arti marziali (a tratti sembrava di vivere in un film Gongfupian) e, naturalmente, più personaggi epici con cui confrontarsi. La presenza più ingombrante delle fasi d'azione faceva emergere ulteriormente i problemi di un sistema di combattimento approssimativo, per quanto complesso e appassionante. Rispetto al passato le fasi investigative erano diminuite e la possibilità di farsi accompagnare dai passanti nelle zone da visitare aiutava a non lasciarsi fagocitare dalla mappa labirintica. Poi, dopo ore di risse, inseguimenti, lavori e mini-giochi, arrivava il quarto GD-Rom. All'improvviso, la poesia e la visione filosofica di Yu Suzuki tornavano a fare la voce grossa, dettando l'ennesimo cambio di ritmo e sviluppando la trama in una direzione onirica e surreale. Quello, purtroppo, è stato il punto in cui tutti gli appassionati hanno dovuto interrompere forzatamente il loro viaggio.

    Rischi e vantaggi

    Perché il ritorno di una simile opera d'arte è particolarmente prezioso? Perché pur con tutti i suoi difetti, un progetto come Shenmue ha dato vita al processo evolutivo della narrativa nei videogiochi. Nello sviluppo esiste un mondo antecedente a Shenmue e uno successivo. Gli enormi sforzi di Yu Suzuki hanno indicato agli sviluppatori più talentuosi, visionari e intraprendenti una via da seguire, lasciando capire quanto in questo settore la passione e la cura dei dettagli siano fondamentali.

    Allo stesso tempo, il disastro economico che ha contribuito alla chiusura della divisione hardware di SEGA dovrebbe essere materia di studio in tutte le scuole di marketing e finanza. Con il Dreamcast la casa di Sonic ha commesso una quantità imperdonabile di errori, non ultimo quello di finanziare il bellissimo sogno chiamato Shenmue. Un passo più lungo della gamba che ha generato perdite insostenibili per una compagnia già sofferente per l'ormai conclamato declino delle sale arcade. In tutta onestà, però, siamo felici che abbiano commesso la leggerezza di dare ancora una volta fiducia a Yu Suzuki.
    Giocare oggi Shenmue I e II nella loro forma originale è un'esperienza agrodolce. Anche se la narrativa, le perle filosofiche e la spietata delicatezza della cultura orientale sono ancora lì per essere colte e apprezzate, tutto il resto è davvero difficile da metabolizzare. Il tempo è stato impietoso con la componente tecnica e con quella ludica.

    Il gioco prestava il fianco a diverse critiche già nella versione Xbox. Anche se SEGA ha promesso un nuovo schema per i controlli per le versioni rimasterizzate (quello originale prevedeva una sola leva analogica), senza un intervento brutale sulla gestione della telecamera, sui tempi di risposta del sistema di combattimento, sulle meccaniche ludiche di alcuni elementi specifici (i famigerati muletti) e sulla legnosità di fondo che accompagna l'intera esperienza, il rischio che i nuovi giocatori abbandonino Ryo al proprio destino dopo pochi minuti è abbastanza alto. Sotto molti punti di vista avremmo gradito maggiormente un'operazione simile a quelle fatte con Shadow of the Colossus o con i primi due Yakuza. Proponendo un remake, gli sviluppatori avrebbero permesso non solo ai vecchi nostalgici, ma anche al pubblico attuale di godersi tutta la poesia di Shenmue. La notizia migliore di questo annuncio, comunque, è la conferma della pubblicazione su Steam. In questo modo, a prescindere da come si svilupperà in futuro il mercato hardware, l'opera di Yu Suzuki rimarrà sempre a disposizione di tutti i curiosi, i sognatori o i tecnici che vorranno scoprirla, viverla, esaminarla.

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