Speciale Speciale Giochi Indie

L'alternativa ai Kolossal videoludici

Speciale Speciale Giochi Indie
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Se si volesse paragonare il mondo dei videogame a quello del cinema si potrebbe dire che il giocatore Pc sia a contatto sopratutto con grandi kolossal, titoli ben pianificati e strutturati: i prodotti malriusciti infatti tendono a scomparire dal mercato con velocità sorprendente, data la spietata concorrenza fatta dalle serie più conosciute e dai progetti in arrivo, generalmente accompagnati da promesse di incredibili innovazioni in termini di grafica e gameplay. Proseguendo nel paragone, a rimanere spesso scoperto è il settore delle opere poco impegnative, lavori che coscientemente rinunciano a molte prerogative dei loro "fratelli maggiori" offrendo un'esperienza meno impegnativa ma, almeno per un po' di tempo, abbastanza piacevole: per il cinema si può pensare al tipico action movie senza troppe pretese; nei videogiochi, ai cosiddetti "coffe-break", cioè i titoli pensati per partite brevi in momenti di pausa. Un ruolo facilmente coperto dai titoli indie, appunto; un settore che compensa l'assenza di grandi mezzi materiali (e la profondità che ne può derivare) con gameplay relativamente semplici o sistemi di gioco così originali (o di nicchia) da non trovare spazio nei prodotti delle grandi etichette, evitando quindi la loro concorrenza. Un settore oggi in espansione, sempre più ricco e prolifico. Può quindi valere la pena riesaminare alcuni dei migliori titoli indie degli ultimi anni, selezionati o per la loro intrinseca bellezza o per l'offerta di un gameplay atipico e innovativo.

Starscape

I giocatori più attempati ricorderanno certamente Asteroids, un classico nella preistoria dei videogame dove un'astronave accumulava punti sparando agli asteroidi (e all'occasionale ufo) di passaggio. Starscape riprende l'idea, espandendola però oltre ogni limite. Il giocatore è chiamato a impersonare l'unico pilota di navetta superstite nella Aegis, un'astronave-laboratorio impegnata in un bizzarro esperimento scientifico durante il quale è stata trasportata nella "griglia", una dimensione parallela infestata dai classici alieni assetati di sangue. Da lì partirà l'avventura, incentrata sul recupero di pezzi e membri dell'astronave, flotte aliene da annientare, enormi astronavi-boss nemiche da distruggere e sopratutto sulla raccolta delle 3 risorse base, fornite dagli asteroidi presenti nelle numerose mini-mappe, destinate alla ricerca e alla creazione di nuovi potenziamenti per la propria navetta personale o per l'Aegis. Starscape rivela una cura per i dettagli superiore a molti titoli più blasonati: i controlli (mouse più tastiera) sono perfetti, il gameplay è ben bilanciato, con l'introduzione di nuove armi o side-quest proprio nei momenti più adatti ad evitare l'eccessiva ripetizione nello stile di gioco. La trama di fondo è interessante, con personaggi che non sono vuoti pupazzi senz'anima, bensì risultano dotati di una propria caratterizzazione, rivelata nei (relativamente pochi) discorsi fra di loro e con il protagonista. A supportare il gioco c'è un motore grafico in 2d eccellente, con sprite ben disegnate e effetti speciali (luci, trasparenze) realizzati alla perfezione; il miglior pregio della grafica di Starscape è il che non fa rimpiangere minimamente la 3a dimensione o i poligoni, grazie ad un carisma fuori dal comune. Ben realizzato anche il lato audio, con ottimi effetti speciali e musiche di sottofondo. Unico lato debole, oltre al suo essere disponibile solo in Inglese, è la longevità: Starscape è un titolo intenso ma di breve durata (si parla comunque di una decina di ore). Tuttavia il tempo passato a sconfiggere gli alieni e a guidare la propria (personalizzabile, naturalmente!) navetta non sarà rimpianto da nessuno.

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Hoyle Board Games 2008

Chi, da piccolo, si ritrovava ogni tanto a giocare con amici ad uno degli innumerevoli giochi da tavolo (passando dalla battaglia navale, al domino, alla dama cinese) non potrà che apprezzare i titoli-raccolta, di cui la serie della Hoyle è forse il miglior esponente. In sé esso non contiene nulla di innovativo o spettacolare, ma il divertimento offerto dall'avere a disposizione, contemporaneamente, quasi 60 dei migliori giochi da tavolo conosciuti -oltre naturalmente a un gran numero di quelli meno noti- è davvero notevole. Di sicuro, una raccolta così completa può soddisfare tutti i gusti: ci sono tutti i giochi tradizionali, a cominciare naturalmente dagli scacchi, tuttavia non mancano anche quelli più moderni come il Sudoku, o più "interattivi" come il Tetris o il biliardo. Naturalmente, il lato tecnico è leggermente carente rispetto ai titoli specializzati su un singolo board game, ma non tanto da disturbare l'utente: la grafica è colorata e ben definita, ben lontana dai livelli riscontrabili nei titoli amatoriali in giro per la rete, mentre le musiche e gli effetti sonori sono accettabili. Altro elemento positivo è la presenza di un tutorial per i vari giochi, a dir poco indispensabile per imparare le regole di titoli semisconosciuti in Italia, come il Mancala, o anche solo poco praticati come il Backgammon. Maggior difetto, l'assenza (almeno nelle versioni proposte sinora) di un multiplayer online; naturalmente, quale piccola consolazione, non manca la possibilità di avere più giocatori sullo stesso Pc, anche se tale sistema può rivelarsi parecchio scomodo a seconda del gioco selezionato.

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War! Age of Imperialism

Trasposizione videoludica di un gioco da tavolo di buon successo, War! è una sorta di strano, ma riuscitissimo, mix tra il celebre Risiko e un qualsiasi gestionale di civiltà e risorse. Dal primo trae (oltre allo scopo principale, che è la conquista del mondo) la struttura a turni e la mappa, rappresentante la terra suddivisa in più zone politico-geografiche. Dagli RTS più famosi, invece, War! riprende la possibilità di potenziare sia i territori occupati sia le proprie armate. La semplicità del sistema di Risiko, infatti, suo grande pregio in versione gioco da tavolo, mal si adatta ad un prodotto interattivo. In War!, dunque, la base può essere ampliata con l'introduzione di fabbriche, centri di ricerca, un albero tecnologico riguardante sia le strutture che le armate e quattro differenti tipi di unità. Nulla di eccessivamente complesso, comunque: chi ha giocato a un Rts o a un Civilization si sentirà decisamente a proprio agio dopo un paio di partite. Ma anche così queste piccole aggiunte approfondiscono sufficientemente il gameplay, tanto da differenziare le varie partite rendendo il tutto più attraente per il giocatore in cerca di una buona sfida. Portare avanti la più tipica delle guerre lampo o concentrarsi prima su strutture e tecnologia sono entrambe buone strategie, la prova di come i vari elementi del gioco siano stati bilanciati alla perfezione. Tale cura si rivela anche nel lato tecnico: la mappa è funzionale ma decisamente ben realizzata, così come gli sprite sono ben definiti; quanto agli effetti sonori e alle musiche, esse sono a dir poco eccellenti. Si aggiunga che è possibile trovarlo in rete per pochi euro (più spedizione, naturalmente) e si può comprendere il valore di questo gioco.

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Ricochet Lost Worlds

Il nome di "Breakout" potrebbe non dire molto, ma è in effetti uno dei titoli più noti della storia dei videogiochi, nonché uno dei più imitati. Forse è più noto il nome del suo primo emulo: Arkanoid, in cui controllando una piattaforma mobile, si fa rimbalzare una sfera fino a distruggere un muro di mattoni. Non si contano i cloni creati in base all'idea di quel lontano titolo del 1970, né le variazioni più o meno assurde apportate al gameplay. La saga dei "Ricochet" (o "Rebound", dipende dalla localizzazione), di cui "Lost Worlds" è il primo titolo, è uno dei cloni più riusciti: esso riprende dal vecchio Breakout l'idea base, aggiungendo tutte le innovazioni dell'era moderna: power-up, livelli dinamici e, naturalmente, grafica e sonoro di alto livello. Comprensibilmente non esiste alcuna trama di fondo: sarebbe difficile giustificare il perché si deve distruggere un muro di mattoni, né il risultato sarebbe comunque apprezzabile. Il gameplay è sufficientemente semplice e intrigante da spingere a proseguire nei numerosi livelli. Questi ultimi sono realizzati con grande cura nei dettagli: molti presentano qualche elemento distintivo: alcuni si ispirano a forme e movimenti di animali, altri ad oggetti quotidiani. La maggioranza rimane comunque composta da strutture astratte, generalmente in movimento. Rebound non è uno di quei giochi su cui si passa più di una mezz'ora a partita, ma è facile fare di una sessione ogni tanto un'abitudine. Il fatto che richieda buoni riflessi più che veri sforzi mentali oltre alla brevità dei singoli livelli (molte decine) lo rende ideale per piccoli break nella giornata; chi si appassionerà invece potrà trovare interessante il comodo editor di livelli integrato.

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Alien Shooter

Se si dovesse misurare il valore di un titolo in base ai cloni alla ricerca di un po' del suo successo, il capolavoro della Sigma-team brillerebbe come una vera pietra miliare. Dopo il suo rilascio nel 2003 infatti in molti hanno cercato di riproporne il feeling, pur con scarso successo, prova che un gameplay semplice non vale nulla senza un attento dosaggio di tutti gli elementi di gioco. Alien Shooter è il più classico degli sparatutto isometrici: il protagonista impersona il classico eroe (o sfigato?) mandato tutto solo (e armato all'inizio di un paio di pistole) a sopprimere le migliaia di mostri alieni assetati di sangue terrestre giunti da chissà dove. Il tutto consiste quindi nel tipico "spara a quello che si muove", con ondate di alieni che si gettano a corpo morto sull'eroe, per essere trasformati in macchie di sangue sul pavimento (il quale, di regola, finisce al termine del livello per essere quasi invisibile sotto lo strato di corpi e sangue verdognolo). Poca strategia quindi, data anche la basilare IA dei nemici. Eppure strage dopo strage, il tutto si rivela molto più divertente di quanto si possa pensare dalla descrizione. Sterminare centinaia (letteralmente) di alieni utilizzando armi sempre più potenti, con in sottofondo un bel ritmo rock o tecno dà effettivamente una grande soddisfazione, e l'assenza di sforzo mentale rende Alien Shooter perfetto per partite senza impegno. Alcuni dei momenti clou del gioco saranno poi le soste alle mitragliatrici fisse, dove si potranno sterminare relativamente al sicuro ondate incredibilmente numerose di nemici. Grafica (isometrica in 2D) e sonoro sono più che adeguati al gameplay: su schermo si alternano centinaia di creature di varie forme, esplosioni, effetti di luci. Tutto senza il minimo rallentamento, anche su pc imperdonabilmente antiquati; la musica incita benissimo al massacro e gli effetti sonori permettono di distinguere bene i vari tipi di arma o i vari gridi di morte degli alieni. Seguito da due espansioni, un seguito ufficiale e una marea di cloni, Alien Shooter è riconosciuto come uno dei migliori titoli in assoluto della scena indie ed è quindi consigliatissimo provare almeno la demo presente sul sito ufficiale.

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Mexican Motor Mafia

"L'altra notte Jebediah Priest è fuggito di prigione aiutato dalla sua gang, i Red Texas Four, e ha fatto fuori mio fratello rapendo i suoi figli prima di scappare in Messico. Lo troverò. Lo ucciderò."
Mexican Motor Mafia potrebbe essere il gioco-simbolo del pulp: si guida il protagonista, o meglio la sua automobile, lungo le strade del Messico alla ricerca degli assassini del fratello, non disdegnando, naturalmente, di compiere qualunque missione illegale ci venga proposta. Nel sottofondo, costante, quel mix di musica rock e country perfetto per ricordare come l'unica legge del luogo sia la Colt... o un più moderno Bazooka, se si hanno abbastanza soldi. Perfetto anche il protagonista: sigaretta in bocca e maglietta con il disegno di un cobra gigante; o i "Texas Four", tipici cattivi da film. Per non parlare poi della donzella del gioco: bella, scarsamente vestita e cattivissima. Naturalmente il gameplay è assai poco pacifico: alla guida di un auto (da cui si scende solo nelle cut-scene della trama, rigorosamente disegnate in stile fumetto americano) e sparando dai finestrini, si vaga per i villaggi del Messico alla ricerca di tracce sui 4 cattivi principali, accettando missioni per guadagnare i soldi necessari agli inevitabili upgrade dell'equipaggiamento. La visuale è sempre dall'alto, a volo d'uccello (o alla GTA2, per chi lo ho giocato), distinguendosi solo tra i movimenti sulla mappa del Messico o quelli nelle zone di combattimento, attivate ogni volta che si tocca un nemico nella mappa principale. Ovviamente la fisica dell'auto è assolutamente arcade: sgommate e derapate saranno costanti, anche per la necessità di mantenere i nemici in linea con il mirino. Mexican Motor Mafia è un gran gioco, purtroppo molto breve ma molto intenso. Gli scontri, il cuore del gioco, sono decisamente divertenti e furiosi: non aiuta la sezione multiplayer, purtroppo assai poco frequentata, anche se molto divertente se si ha la fortuna di incontrare un avversario umano.

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Hamsterball

Marble Madness e Monkey Ball sono fra i più famosi esponenti di quei prodotti in cui si deve guidare una sfera attraverso livelli complicatissimi: una costante nel panorama videoludico, e questo Hamsterball è un degno esponente del genere. Hamsterball (da "Hamster", criceto, posto dentro la "ball") è esattamente come lo si può immaginare: veloce, difficile, con livelli lunghi e originalissimi: il level design è, in effetti, il lato migliore del gioco: ogni schema è estremamente curato e personalizzato, e gli ostacoli insoliti si sprecano. Che sia un enorme martello da evitare seguendo una linea sul pavimento, ai ventilatori che spingono fuori percorso quando si è lungo un'asse sottilissima, alle pozze di pece rallentante e molto, molto altro, ogni livello è una meraviglia da affrontare. Le modalità di gioco previste sono due: il "campionato" e il classico time trial. Nel primo si affrontano in sequenza tutti i livelli esistenti, portandosi dietro il tempo risparmiato sui precedenti tracciati; questo incita a completarli tutti nel modo migliore, data l'impossibilità di concludere il campionato con troppi percorsi terminati in tempi alti. Il time trial invece è la classica corsa contro sé stessi: un modo per impratichirsi dei vari percorsi e migliorare le proprie prestazioni. L'allenamento è indispensabile, perché i 12 livelli di Hamsterball sono assolutamente impossibili da completare in modalità campionato senza una certa dose di esperienza. Altre aggiunte gradite sono le due modalità multiplayer: una è la classica sfida in split-screen nei vari percorsi, l'altra una sorta di duello "a chi butta prima fuori gli altri" in una mappa circolare. Infine, ultima nota positiva, anche il lato tecnico è di alta qualità: la grafica è in solido 3d, perfetta per rendere le complesse strutture dei livelli, in varie tonalità color pastello. Il sonoro si compone sia di vari, ben riusciti effetti, che di molte musichette di sottofondo, tutte adatte all'atmosfera allegra del titolo. Considerando poi come Hamsterball lo si trovi per la metà dei canonici 20$ dei giochi indie, esso diventa un acquisto obbligato per chi ama il genere, nonché un titolo interessante per tutti gli altri.

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Darwinia

Creato dagli stessi autori di "Uplink" e "Defcon", Darwinia è una strana via di mezzo tra un'avventura e un Rts: controllando degli strani omini verdi, i "Darwiniani", si deve sconfiggere il virus che ha trasformato l'ex paradiso digitale in un campo di battaglia; non mancano naturalmente le unità speciali, le strutture e le risorse, ma tutte hanno qualche caratteristica particolare che le differenzia dai tipici Rts. La risorsa base in Darwinia sono le anime dei Darwiniani: una volta morti, infatti, i loro spiriti rimangono per un po' sul campo di gioco prima di tornare in "cielo" (a formare un sole digitale). E possibile raccogliere queste anime con unità apposite, per ottenere nuovi Darwiniani velocemente e in sicurezza con un processo apposito. Poiché inoltre le anime saranno raccolte anche dal virus, per espandersi e creare nuovi nemici, difenderle è essenziale. Altre unità particolari variano dall'ingegnere, necessario per resettare le strutture contaminate dal virus, al mezzo corazzato: un factotum utile come mezzo di trasporto, nave o cannone automatico. Le strutture, infine, non sono costruibili: si trovano già nei vari settori in cui è divisa Darwinia, e generalmente saranno state infettate dal virus. La maggioranza saranno strutture standard, presenti in tutti i livelli, ma vi sono anche enormi complessi "digitali" da resettare e rimettere in attività, fattore che costituisce uno dei temi portanti del gioco. Altro elemento peculiare di Darwinia è la grafica: uno strano mix di moderno e retrò, con i Darwiniani in 2D all'interno del loro mondo completamente poligonale: il tutto ricorda i vecchi giochi anni '80, con un risultato affascinante. Giochi di luce particolari, effetti sonori "d'annata" e una buona varietà nei nemici contribuiscono a rendere Darwinia un ottimo gioco "alternativo", perfetto per chi vuole spezzare un po' la monotonia nel campo degli Rts.

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Mr.Robot

Ricoperto di premi dai vari siti online specializzati negli Indie, Mr. Robot è il secondo lavoro dei Moonpod (autori di Starscape), nonché un riuscitissimo mix tra più generi: platform, puzzle e giochi di ruolo. La storia ruota attorno ad Asimov, un robot di servizio della nave-colonia Eidolon; risvegliato per sistemare parti della nave, Asimov verrà coinvolto negli strani fatti riguardanti la ciurma umana ibernata e il computer centrale HEL-9000 (si, tutto il gioco è un inno al citazionismo fantascientifico). Il giocatore quindi muoverà il piccolo robottino all'interno della nave, il che si tradurrà nel saltare pozze di acido, scalare strutture e compiere molte delle azioni standard di un platform; non mancheranno inoltre molti puzzle, alcuni anche abbastanza complessi, da risolvere per poter proseguire: creare strade o scale spostando casse, premere pulsanti e così via. Non mancheranno, naturalmente, gli incontri con altri robot, pochi dei quali saranno amichevoli: non sarà possibile distruggerli direttamente ma, da un certo punto nel gioco, Asimov potrà penetrare nel loro cervello elettronico (così come in altri computer sparsi per la nave) e compiere una sorta di operazione di hacking. Questa è, in effetti, la parte rpg del gioco: durante l'hack ci si sposterà nelle varie parti del computer sotto attacco (ram, gpu, cpu), e ad ogni spostamento si potranno incontrare gli "antivirus" da sconfiggere in un sistema di combattimenti molto simile al più tradizionale degli rpg giapponesi: battaglie a turni con attacchi, "magie" (nel gioco, uso di software particolari) e oggetti vari; non mancheranno naturalmente altri personaggi di supporto, accolti dentro di se nel corso dell'avventura da Asimov. Tutta l'avventura di Mr. Robot si svolge a bordo della Eidolon, magistralmente riprodotta in 3D (quindi, in grafica poligonale) con visuale isometrica; la cura per i dettagli nel lato tecnico è evidente, sia nella grafica che nella musica o negli effetti sonori. Manca, comprensibilmente, una sezione online multiplayer, ma la storia di Mr. Robot, del resto, è lunga e ben strutturata, anche se non tale da spingere a riaffrontarla una volta terminata. Anche così, Mr. Robot rimane un titolo di altissimo livello, da provare per chi è appassionato ai generi su cui è basato.

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Cute Knight Deluxe

Chi crede che l'idea di gestire la vita di una persona nei videogiochi sia nata con The Sims si sbaglia, e di parecchi anni: anche se non complessi come il titolo Maxis, giochi del genere sono esistiti sin dagli anni '90, forse anche prima. Uno degli esponenti più famosi del genere è la saga dei "Princess Maker", il cui secondo capitolo (l'unico a ricevere una buona traduzione in Inglese) affidava al giocatore una bambina con il compito di determinare i suoi studi, i suoi lavori part-time e così via, influenzando un numero sterminato di parametri (la sua morale, le sue attitudini, la possibilità di avere bambini, persino il suo peso). Cute Knight ("Deluxe" è la versione con grafica migliorata) riprende l'idea di PM2, solo modificando l'impostazione di base: il giocatore prende il controllo di una diciottenne orfana alla ricerca del proprio destino in una città del regno: il suo futuro viene "plasmato" dal giocatore attraverso le attività della ragazza, che variano dai lavori modesti (come commessa, cameriera, cuoca ) agli studi da nobildonna sino ai classici combattimenti nei dungeon contro mostri e nemici. Si possono giocare partite cercando di diventare la guerriera più letale del regno.... oppure la sua danzatrice più brava. Si può rimanere una semplice bibliotecaria, o diventare una principessa: tutto dipende dalle scelte fatte; i finali possibili, positivi o negativi, sono decine. Il lato tecnico è relativamente curato: tutta la grafica è disegnata a mano, comprese le splendide illustrazioni dei finali; il gameplay invece, strutturato a turni (nei combattimenti o nella vita simulata) è interamente basato sul mouse, sia nella scelta delle azioni in città che nei combattimenti del dungeon (assai poco complessi, ma non facili da affrontare). Nulla da dire invece per il sonoro: effetti sonori mediocri e un paio di musiche accettabili come colonna acustica portante. Nel complesso, comunque, Cute Knight rimane un gioco pressoché unico nel suo genere (almeno per chi non sa leggere il giapponese) e fosse anche poco attraente per i patiti dei giochi di azione sarà più che gradito agli amanti dei giochi manageriali, di strategia o più in generale dei gestionali.

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Wild Earth Africa

Definire Wild Earth atipico non rende a sufficienza l'idea della sua unicità: seppur strutturato sulla base di un qualunque Fps (visuale in prima persona, movimento coi tasti WASD, puntamento con il mouse), esso richiede di fotografare animali e luoghi particolari presenti nei vari livelli da affrontare. In altre parole, Wild Earth è una sorta di simulatore di safari: accompagnati dalle voci delle due "guide", esperte in flora e fauna africane, il giocatore si sposterà per la savana, o la jungla, o altri scenari naturali scattando foto ai vari elementi indicati dalle guide stesse: elefanti che mangiano, leoni che cacciano, piante particolari, sorgenti d'acqua... il materiale non mancherà mai, con decine di obiettivi possibili per livello. Ovviamente, orientamento della foto e livello di zoom sono decise dal fotografo e scattare immagini di buona qualità sarà indispensabile, considerando come le stesse, alla fine di ogni livello, diventeranno parte di un articolo in una rivista sulla natura: nel gioco infatti si impersona un inviato di tali riviste, il cui compito è (ovviamente) scattare almeno un certo numero di foto ben fatte sugli argomenti trattati. Vedere le proprie foto presenti in questi simil-articoli, peraltro realizzati con cura e pieni di informazioni dettagliate su quanto incontrato nel livello, è fonte di grande soddisfazione, accentuata perdipiù dall'alta qualità grafica del titolo. Che sia a causa dell'assenza di altri elementi come fisica e collisioni, o perché il continente africano non è esattamente strapieno di flora e fauna, in ogni caso tutte le piante e gli animali presenti nel gioco sono realizzati in modo eccellente: è un bene che le foto realizzate nei vari livelli siano salvate come JPG, in quanto non pochi giocatori penseranno di conservarne una o due delle migliori, a testimonianza delle proprie capacità "artistiche". Naturalmente, anche il lato audio è all'altezza, almeno negli effetti sonori e nei versi di animali: praticamente assenti le musiche di sottofondo, delle quali peraltro non si sente la mancanza: i momenti di pausa nel gameplay, come gli spostamenti fra zone dei livelli (tutti molto ampi), sono convenientemente riempiti dai discorsi delle guide, le quali spaziano dai dati tecnici ai commenti comici. In conclusione Wild Earth potrebbe essere il gioco ideale per gli amanti della natura e/o gli aspiranti fotografi, oltre a essere perfetto come regalo per i videogiocatori più piccoli, specialmente data l'esistenza di una versione localizzata in Italiano.

PeaceMaker

Ponendosi a metà fra gioco educativo e strategico manageriale, PeaceMaker è il perfetto esempio del perché non vi può essere pace in medio oriente. L'ambientazione del gioco è infatti il conflitto Israelo-Palestinese, e il giocatore è chiamato a impersonare il primo ministro di una delle due parti (a scelta), con l'obiettivo ultimo di portare la pace a entrambi i popoli. Infatti rendere soddisfatta solo la propria parte sarà inutile (o peggio, dannoso: il risultato finale sarà una guerra in grande stile) e si dovrà quindi calibrare le proprie azioni orientandosi in base alle due "barre di soddisfazione generale" rappresentative dei due popoli. I mezzi a disposizione sono numerosi, selezionabili attraverso la schermata fissa che rappresenta la mappa della regione, su cui si trascorre il 95% del gioco: si potrà scegliere tra interventi politici (discorsi all'altra parte politica o al mondo), azioni di forza, ricostruzioni civili, azioni sanitarie, umanitarie. Più o meno quello che probabilmente costituisce le occupazioni tipiche di chi si occupa della questione. PeaceMaker offre un suo divertimento, in sé, ma è (comprensibilmente) accompagnato da una buona dose di frustrazione: il realismo vuole infatti come anche le azioni più "pacifiche" (quali chiedere un cessate il fuoco) siano viste come segni di debolezza invece che di apertura; inoltre anche i processi di pace meglio avviati potranno velocemente saltare in aria assieme bombe piazzate dalla resistenza palestinese, o essere presi a calci dalle forze di polizia israeliane: a ogni azione di questo genere, qualunque delle due parti la compia, il gioco collegherà sulla mappa un bel segno rosso cliccando sul quale si potrà assistere alle scene di devastazione tipiche: luoghi in fiamme, gente che piange; il tutto sembra suggerire come di divertente, nella questione, ci sia poco, e trasforma il titolo in un gioco di denuncia. Anche così, PeaceMaker offre un certo grado di soddisfazione: veder migliorare la situazione e diradarsi le violenze inutili turno dopo turno è certamente interessante. Decisamente il gioco perfetto per chi vuole immergersi nel conflitto in questione, e cogliere l'immane difficoltà che attende chiunque cerchi di portare la pace.

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