Starlink Battle for Atlas: una galassia per bambini

Il "toys to life" spaziale di Ubisoft è un prodotto adatto a tutte le età, capace di coinvolgere sia gli adulti sia i bambini.

Starlink Battle for Atlas: una galassia per bambini
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Xbox One X
  • A molti giocatori non interessa che un videogame possa essere fruito anche da un bambino, dimenticandosi forse di quando loro stessi, da piccoli, iniziarono a stringere un pad tra le mani. Eppure senza nulla togliere alle molte produzioni dai contenuti per adulti, che stanno spingendo l'arte ludica verso nuove e profonde aree di contenuti, un videogioco pensato come "universale", nella maniera dei film di Hayao Miyazaki, quindi godibile e interpretabile da un'utenza di ogni età, è fondamentale per il futuro stesso dell'industria. Perché se i ragazzini di oggi si abituano a giocare solo quei titoli che Shigeru Miyamoto definì "prodotti" invece che "opere" per bambini, crescerà un pubblico senza meraviglia, incline alla spazzatura elettronica, senza gusto, senza cultura e persino disaffezionato al videogame. Non dimentichiamoci infatti che il mercato, oggigiorno, inizia a seminare il terreno per i videogiocatori di domani. E noi vecchi appassionati saremo i primi a rimetterci, impaludati nello stagno della mediocrità. Quindi non lamentiamoci con il livore dei disillusi se Pokémon Let's Go è semplificato e rivolto soprattutto ai bimbi (comunque estremamente godibile anche da una fatta d'utenza più grandicella) perché è necessario che anche i piccoli possano ritrovarvi quella stessa meraviglia che noi vivemmo da giovanissimi.

    Ma ora vorrei scrivere di Starlink: Battle for Atlas, un videogame che, al momento del suo annuncio, inquadrai erroneamente come l'ennesimo e probabilmente fallimentare "toys to life", pensato per lucrare sulla vendita dei suoi costosi giocattoli. Dopo diverse ore di gioco posso ammettere di essermi sbagliato, e di tanto: per questo ho studiato, come farebbe un gelido scienziato, gli effetti che l'avventura spaziale di Ubisoft provocava su mio figlio di otto anni che, da padre bacchettone quale sono, ho educato al gioco sin da piccolissimo con i primi plasticosi cugini di Spyro e poi "obbligandolo" ai classici come Super Mario Bros, Ocarina of Time e, ovviamente, i Pokémon, opere alle quali si è molto affezionato, alimentando la sua passione e la sua fantasia. Mi dispiace caro, si gioca solo a quello che dico io!

    Di padre in figlio

    Abbiamo trascorso intere giornate con la versione per Switch, perché la presenza di Fox McCloud si è rivelata troppo accattivante per prendere in considerazione altre piattaforme, ed il gioco è cominciato ancor prima di accendere la console ibrida di Nintendo. Sono anzi trascorsi alcuni giorni senza aver avuto alcun rapporto con il videogame, quando mio figlio, sfidando la gelosia paterna da collezionista, si è impadronito della meravigliosa astronave di Fox e dei modellini che io avrei voluto conservare intonsi nella scatola per essere utilizzati solo durante i momenti di "videogaming".
    Mio figlio ha interpretato per ore, modellino in mano, una sua personale e fantasiosa epopea sci-fi vagamente connessa a Starfox, che ha conosciuto tramite i miei racconti, e ai presupposti narrativi di Starlink, sui quali mi ero documentato. Alla navicella di Ubisoft, di fattura più che pregevole, ha aggiunto altre astronavi Lego di sua costruzione. Mi ha domandato ovviamente se non potessimo acquistarne delle altre ma gli ho "avaramente" negato il regalo, aspettando di vedere come si sarebbe comportato con il videogioco e, soprattutto, se il titolo sarebbe stato di suo gradimento. Poi Natale è vicino e, in fondo, a cosa servono tutte queste zie? Dubitavo già tuttavia di resistere fino all'avvento di Babbo Natale perché i mezzi, le armi e i personaggi realizzati per Starlink possiedono un fascino mai raggiunto dagli Skylanders e dai Disney Infinity più riusciti, grazie ad un design davvero ispirato.

    Nello spazio

    Il pad della Switch si adatta a meraviglia alle dita di un bambino e con la navicella accuratamente posizionata acquista una nuova, aerodinamica forma, che favorisce un'immersione nel gioco davvero "stellare" per la sua naturalezza. Mio figlio ha subito preso in mano i comandi, si è attardato nell'analizzare bestie favolose, ha combattuto pericolose torri meccaniche e mostriciattoli aggressivi.

    Nell'osservarlo giocare ho provato una vaga invidia, perché avrei voluto stringere io stesso quel controller, dal momento che le dinamiche ludiche di Starlink non mi sembravano affatto elementari. Ma la vera meraviglia si è manifestata nel momento in cui ha lasciato le ossa gigantesche e le sabbie del pianeta iniziale e si è tuffato nello spazio profondo. Qui le prospettive ludiche si fanno immense, si punta alle stelle, all'esplorazione di mondi suggestivi, ampi e diversificati, ciascuno con la sua fauna e flora, ognuno con una propria storia. Starlink si è dimostrato molto più complesso di quello che pensassi, una vera avventura interattiva, completabile anche solo con un'astronave, sebbene in questo caso l'esperienza risulti più complessa.

    Alla fine, insomma, ho ceduto alle richieste del bambino, e vedendo la passione di mio figlio aumentare giorno dopo giorno, alimentata inoltre dal gioco fisico con le astronavi che proseguiva nella sua cameretta, ho periodicamente acquistato altre navicelle, armi, personaggi. Sono convinto che dureranno a lungo, che stimoleranno tante giocose fantasie, perché non sono giocattoli dozzinali ma progettati con perizia e amore.
    A causa del suo essere molto esteso e longevo, Starlink rischia di inciampare nella ripetitività, almeno per me che ne usufruisco principalmente da "spettatore". Questo difetto, però, non si palesa per mio figlio trasformato in pilota, smarrito con gioia nel nuovo universo sci-fi. Inoltre giocare con le astronavi, in cameretta, amplia a dismisura la "lore" di Starlink, favorisce il sorgere di nuove storie soggettive che vanno inevitabilmente ad arricchire le sessioni videoludiche.
    Insomma avrei voluto che questo articolo l'avesse scritto mio figlio, che vi avesse narrato le sue gesta e le sue emozioni spaziali, ma dovrete accontentarvi, per una volta, delle mie parole di padre anziché di "otaku" del videogioco. Vi basti sapere che il bambino già mi chiede se ci sono altri giochi simili, dove si può viaggiare per il cosmo, "anche senza giocattoli, babbo". Che ne dite: è quasi pronto per No Man's Sky?

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