Le storie dei videogiocatori nel libro Game Hero di Viola Nicolucci

Abbiamo intervistato Viola Nicolucci, psicologa autrice del libro Game Hero: viaggio nelle storie dei videogiocatori.

Le storie dei videogiocatori nel libro Game Hero di Viola Nicolucci
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Più o meno tutti abbiamo appreso sui banchi di scuola degli orrori dell'Olocausto, e di quella cifra spropositata, difficile da afferrare - sei milioni di morti - che cerca di misurare un dolore troppo grande da calcolare. Più di quel numero poté una ragazza, una sola: Anna Frank. Perché ascoltare una storia ci aiuta a comprendere, a dare una dimensione umana ad eventi ed emozioni.

La psicologa e psicoterapeuta Viola Nicolucci, già ospite di Everyeye.it in diverse occasioni (qui trovate il nostro speciale su Life is Strange True Colors, emozioni ed empatia nei videogiochi ), ha puntato proprio su dieci racconti personali per cercare di dischiudere al pubblico la complessità e la bellezza del videogioco. Game Hero. Viaggio nelle storie dei videogiocatori (edito da Ledizioni), con prefazione di Lorenzo Fantoni, è da poco disponibile in libreria: dopo averlo letto con interesse, abbiamo fatto una chiacchierata con l'autrice per indagare sulla genesi del libro e sui suoi obiettivi.

Rompere le resistenze

"Game Hero nasce dalla frustrazione", racconta Nicolucci, "da anni faccio informazione e formazione sui videogiochi da un punto di vista scientifico, ma nonostante i dati, una fascia del pubblico generale - non specializzato - manifesta ancora resistenze". Da questo panorama sconfortante è nata un'idea: raccontare dieci storie che potessero svelare le molteplici sfaccettature del mondo videoludico. "Ho pensato che forse le esperienze personali potevano funzionare meglio dei dati": ciò che potremmo chiamare "l'effetto Anna Frank", appunto.

Una delle scelte più efficaci adottate da Nicolucci, a nostro avviso, è stata quella di riportare soltanto i nomi delle persone di cui si parla: Mats, Francesca, Simone, Stefania potremmo essere noi. Le storie raccontate sono molto di più di vicende che interessano i singoli che le hanno vissute - parlano di milioni e milioni di altre persone, che in via indiretta diventano a loro volta protagonisti. Si tratta di un approccio non naturale per Nicolucci, abituata al linguaggio e alle modalità tipiche della divulgazione scientifica, ma con cui si è destreggiata con eleganza: "ho affrontato questo progetto con molta tensione", ci spiega, "perché normalmente parlo di scienza. Qui sono uscita dalla mia zona di comfort e sono stati i protagonisti a mettermi a mio agio, storia dopo storia. Ogni incontro è stato emozionante e, oserei dire, nutriente per le riflessioni che ha portato. La cosa più impegnativa è stata affrontare temi delicati quali l'omosessualità e la rappresentazione delle minoranze etniche in modo sufficientemente rispettoso".

Il digitale entra nel reale

Senza farvi troppe anticipazioni - speriamo che abbiate l'occasione di scoprire il più possibile in autonomia l'opera di Nicolucci, di agilissima lettura - Game Hero racconta soprattutto di connessioni. Emblematica in questo senso è la storia di Mats, giovane affetto da distrofia muscolare di Duchenne e per questo gravemente limitato nel movimento... ma non nell'universo di World of Warcraft.

Mats è riuscito ad abbattere le barriere relative alla sua disabilità, forgiando amicizie in tutto il mondo e vivendo una vita digitale piena e soddisfacente. Si è messo in gioco all'interno di un mondo virtuale con tutta la sua personalità e la sua dedizione, ed è stato ampiamente ripagato per i propri sforzi: l'affetto e la stima che si è guadagnato dai suoi compagni di gilda hanno portato tutto quell'universo digitale a rientrare con prepotenza nel mondo reale. "È curioso che associamo il concetto di connessione principalmente ad Internet, cioè al mezzo che ci permette di scoprire le vere connessioni, quelle umane", commenta Nicolucci. Mentre i genitori di Mats si angustiavano per le limitazioni sofferte dal figlio, il ragazzo forgiava dei legami forti e duraturi senza spostarsi dalla propria camera da letto.

Ma non mancano famiglie che vivono il videogioco come una esperienza condivisa: è il caso anche della stessa Nicolucci. "Mio figlio ha disturbi dell'apprendimento", ci racconta, "le nuove tecnologie, come ad esempio le app educative, sono state una risorsa nella sua crescita". Avere simili fragilità ha un impatto, spesso molto rilevante, sull'autostima: il videogioco può essere un importante aiuto. "Quando lui ha cominciato a giocare, i videogiochi erano l'unico ambito in cui era superiore agli altri.

Questo ha scatenato la mia curiosità professionale", racconta Nicolucci. Vi ricordiamo che l'autrice di Game Hero è stata tra i protagonisti dell'evento "Conoscere i videogiochi: guida ad un mondo in continua evoluzione", di cui vi abbiamo parlato in uno speciale dedicato ai videogiochi e al mondo dell'educazione.

Come avviene in diverse delle storie narrate in Game Hero - storie di padri e madri videogiocatori e videogiocatrici, che condividono la propria passione con figli e figlie - l'autrice ha utilizzato il videogioco come piattaforma di condivisione e arricchimento reciproco. "Quando ho ripreso a giocare, lui era al mio fianco ad aiutarmi. Ha cacciato e cucinato per me in Zelda: Breath of the Wild. Questo lo ha fatto sentire importante. Abbiamo sempre parlato di videogiochi in casa: entrare in questo spazio quando era ancora piccolo ha creato un clima di complicità che resiste ancora oggi, durante la sua adolescenza".

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Eppure sono ancora moltissimi gli adulti che guardano con diffidenza i videogiochi che intrattengono i loro figli, derubricandoli come una semplice perdita di tempo. Come ricordato da Nicolucci nel suo volume, l'essere umano non è nuovo a questo tipo di pregiudizio: nel 1859, Scientific American aveva svilito come "uno svago di bassa lega, che deruba la mente di tempo"... il nobile gioco degli scacchi!

Lo svilimento del tempo libero fa molto comodo alle istanze capitalistiche che ci vorrebbero produttivi e - soprattutto - consumatori per il cento per cento del nostro tempo.

Il panico morale intorno a fenomeni non ancora del tutto elaborati a livello culturale e sociale è molto frequente, e Nicolucci ci ricorda che è sempre pronto a spostarsi. "Sta accadendo in questi giorni per Squid Game, ad esempio", ci spiega, "per evitarlo servono interventi di educazione digitale che includano anche la game literacy, diretti sia ai giovani che agli adulti". Ma, a suo dire, è l'esperienza diretta a fornire i migliori risultati: "impugnare un game pad è sicuramente l'approccio che funziona di più, perché videogiocare cambia la prospettiva, anche se il timore di sentirsi incompetenti da un punti di vista tecnico è un freno che attanaglia tanti adulti". Tornando a parlare di tempo, sarà proprio questo, con ogni probabilità, a giocare un ruolo chiave nella lotta al pregiudizio: "la risposta più realistica è che il panico morale si placherà con il ricambio generazionale, ma io sono impaziente e sto covando un'idea". Siamo molto curiosi!

E siamo felici di constatare come i professionisti nello studio della psicologia umana stiano avendo un ruolo sempre più rilevante in ambito videoludico: in Game Hero si parla del Prof. Paul Fletcher, psichiatra e docente di Neuroscienze della Salute presso la prestigiosa Università di Cambridge. Flechter è specializzato nello studio delle psicosi, ed è a lui che lo studio Ninja Theory si è rivolto nel corso dello sviluppo di Hellblade: Senua's Sacrifice (2017).

"Il mio sogno è un'industria in cui lo psicologo diventi un consulente di riferimento, dalla user experience, passando per l'analisi della motivazione dei videogiocatori, fino all'interpretazione delle dinamiche di gruppo nelle community online", afferma Nicolucci, "mentre, per quanto riguarda la salute mentale, il discorso non deve limitarsi alla sola rappresentazione dei personaggi, ma deve estendersi al benessere dei videogiocatori e, non per ultimo, dei professionisti del settore". Le ricorrenti storie di crunch che puntualmente fanno capolino dai report di Bloomberg e di altri analisti e insider del settore sono, d'altronde, storie di vite reali, vissute, con ricadute spesso pesantissime sulla salute mentale e fisica dei singoli e delle aggregazioni sociali in cui vivono.

Videogiochi e Dintorni Chiudiamo questa chiacchierata nella speranza che, nel prossimo futuro, il mondo editoriale italiano si arricchisca di più pubblicazioni dal sapore divulgativo - senza per ciò perderne in rigore e precisione scientifica - come Game Hero. Viaggio nelle storie dei videogiocatori. Ringraziamo l’autrice Viola Nicolucci per il tempo prezioso che ci ha concesso, e vi invitiamo nuovamente a scoprire le dieci storie (che sono anche le nostre storie) da lei narrate in questo libro, affascinante e avvincente come un bel videogioco.