System Shock è molto di più di Ultima Underworld nello spazio
In occasione del lancio di System Shock ripercorriamo la genesi di quello che viene considerato il papà spirituale di una generazione di boomer shooter.
Se il 1994 non viene etichettato come un'annata memorabile per la produzione vitivinicola, la stessa cosa non si può dire per l'ambito videoludico: Aliens Vs Predator, Doom II, Heretic, Rise of the Triad, Marathon e System Shock sono alcuni dei titoli che hanno allietato i pomeriggi e le nottate degli amanti degli sparatutto in prima persona/soggettiva. Nell'ottobre del 1994 l'atteso sequel firmato da Carmack, Romero e da tutti gli altri ragazzi di id Software monopolizzò in pochissime settimane mouse e tastiere dei giocatori PC, diventando il software più diffuso sui personal computer fino all'arrivo di Windows 95 nell'estate successiva.
Il mondo intero sembrava avere occhi "solo" per Doom II, pochi prestarono attenzione a System Shock, un titolo confezionato dal talentuoso team Looking Glass Studios (precedentemente conosciuti come Blue Sky Productions e Looking Glass Technologies), che fece la sua apparizione sugli scaffali del negozi un mesetto prima del campione d'incassi di id Software. Uno sparattutto in prima persona creato da un gruppo di programmatori e game designer che avevano nel loro CV due superbi spin-off dedicati al mondo di Britannia. Ultima Underworld The Stygian Abyss e Ultima Underworld II: Labyrinth of Worlds furono pubblicati da Origin Systems/Electronic Arts e ottennero un buon riscontro di vendite (la critica del periodo ne fu entusiasta) e ciò permise a Looking Glass Studios di proporre qualcosa di diverso dai soliti cloni di Doom che imperversavano nella prima metà degli anni Novanta.
Ultima Underworld si sposta nello spazio
Dopo aver passato anni a creare regni magici del mondo di Britannia, i ragazzi di Cambridge (Massachusetts) provarono a immaginare un futuro distopico ispirato alle ambientazioni cyberpunk dipinte da autori del calibro di Gibson, Sterling e Stephenson che erano piuttosto "mainstream" in quel periodo. Un mondo virtuale che richiamava le atmosfere di un capolavoro come Blade Runner o restando nell'ambito videoludico quelle di Syndicate, una dichiarazione d'amore al movimento cyberpunk firmata da quei geniacci di Bullfrog. System Shock era molto di più di un semplice "Ultima Underworld nello spazio", era un titolo sperimentale che cercava di portare un po' di aria fresca a un genere - quello degli sparatutto - soggiogato dal successo planetario di id Software.
Ultima Underworld
Doom II
L'obiettivo di Looking Glass era creare degli ambienti di gioco immersivi che offrissero qualcosa di più del semplice sparare a tutto quello che si muoveva sullo schermo. I ragazzi del Massachusetts fecero letteralmente un balzo nell'iperspazio rispetto ai regni magici della serie Ultima Underworld e ai labirintici corridoi di quella Doom: motore fisico, ambientazione, narrazione e IA (Shodan) erano pronti a dare un nuovo significato all'acronimo FPS.
Deus Ex, Thief e Half-Life: il denominatore come è...
Il concept di Looking Glass si distingueva per una struttura di gioco più opulenta rispetto a quella scarna che caratterizzata la maggior parte degli FPS di quel periodo: il giocatore aveva la possibilità non solo di hackerare dei computer ma anche di utilizzare delle abilità psichiche grazie a un impianto neurale inserito nella sua testa. Un'esperienza interattiva, senza compromessi, che prometteva una gratificazione superiore rispetto a quella offerta dall'approccio "duro, massiccio e incazzato" della serie Doom e dai suoi innumerevoli cloni.
Un connubio perfetto tra game design e tecnologia, sublimato da un level design da paura (letteralmente!) e da uno sviluppo del protagonista che si incastravano alla perfezione in una sceneggiatura ricca di suspense. In una Looking Glass che traboccava di talento (c'era anche Warren Spector nei panni di producer per Origin Systems), la voglia di Doug Church (producer e lead programmer del gioco) di proporre un FPS "intelligente" si rivelò vincente. System Shock e il suo sequel pubblicato nel 1999 (c'era Ken Levine come lead designer) diedero il via a una vera e propria rivoluzione che influenzò il design di innumerevoli altri giochi (persino Metal Gear Solid e Resident Evil).
Rispetto a sua maestà Half-Life, per esempio, le due opere di Looking Glass non ottennero la visibilità e il credito meritato: le vendite nettamente inferiori (il primo episodio si fermò a 170.000 copie) e le difficoltà di adattamento a uno sparatutto più sfaccettato e raffinato rispetto a quelli in circolazione in quegli anni ne influenzarono la percezione.
Il giocatore al centro del gioco
La filosofia di System Shock era assimilabile a "lascia che sia il giocatore a guidare il gioco e non il game designer": Warren Spector con Deus Ex e Ken Levine (a proposito, correte a leggere la storia di Ken Levine, storia di un nerd visionario) con Thief e Bioshock ne fecero il proprio mantra. Se Doom faceva sentire il giocatore come un supereroe invincibile (i nazisti di Wolfenstein 3D erano stati sostituiti da demoni ma c'erano sempre chiavi da trovare, trappole da schivare e qualche enigma da risolvere), System Shock gli donava una parvenza di umanità. Il protagonista era un hacker con abilità soprannaturali nel cyberspazio che si muoveva come un normale essere umano all'interno di una stazione spaziale, controllata da un'IA malvagia (un tema di grande attualità in questo periodo!) come Shodan e dal suo esercito (leggete qui il nostro speciale su System Shock e la perfezione del digitale).
Rispetto al sopracitato Doom II la partenza era lenta, molto lenta: i ragazzi di Looking Glass, fortunatamente, avevano aggiunto la possibilità di personalizzare la propria avventura nello spazio. In che modo? Modificando le quattro componenti fondamentali del gioco (puzzle, trama, combattimento e cyberspazio) era possibile influenzare la propria esperienza di gioco. Il team sperava così di accontentare sia i giocatori che volevano un approccio "ignorante" (c'erano dei livelli ad alta concentrazione di adrenalina in cui si dovevano affrontare un centinaio di nemici scatenati da Shodan), sia quelli che cercavano di aprire porte e superare robot e cyborg con astuzia. Lo sviluppo della trama andava di pari passo con l'esplorazione: per quanto ben costruito, il plot narrativo non era paragonabile alle produzioni fantasy (Ultima Underworld) realizzate dallo stesso studio, soprattutto per quanto riguarda la scarsità di missioni secondarie e l'impossibilità di interagire con altri NPC. In System Shock, infatti, era possibile raccogliere "solo" i messaggi lasciati dagli ex-membri della stazione spaziale, idea poi ripresa da Bioshock con le famose registrazioni vocali.
Motore 2,75D
Dopo aver completato Ultima Underworld II, Looking Glass iniziò lo sviluppo di tre giochi in contemporanea, tre titoli completamente diversi tra loro (System Shock, Flight Unlimited e Terra Nova) con un unico comune denominatore: il motore 3D. L'Enhanced Underworld Engine (una versione modificata ed aggiornata di quello della serie Ultima) si dimostrava superiore a quello realizzato da sua maestà Carmack in diversi aspetti: gli ambienti erano più grandi e dettagliati (in pseudo 3D, ossia 2.75D), i pavimenti e soffitti avevano curvature/inclinazioni più realistiche, la simulazione della forza di gravità era convincente (il rinculo delle armi o il lancio degli oggetti) così come l'illuminazione o il texture mapping.
Gli scenari erano molto più interattivi (era possibile cliccare su qualsiasi oggetto visibile, compresi i corpi dei membri dell'equipaggio massacrati) rispetto a quelli proposti da Doom II e il giocatore poteva muoversi liberamente saltando, salendo le scale, accovacciandosi, appiattendosi al muro o strisciando per terra sfidando le leggi gravitazionali e - novità assoluta - alzando o abbassando lo sguardo! Anche sul fronte bellico, System Shock non scherzava: ogni arma era dotata di proprie munizioni e quelle elettriche andavano ricaricate e settate in modo specifico. Il motore di id Software aveva dalla sua una maggiore versatilità e velocità e poteva funzionare sulla maggior parte dei PC di quel periodo. Quello di System Shock, invece, richiedeva un hardware piuttosto esigente: per esplorare la Citadel Station in full screen era necessario disporre almeno di un 486 DX a 33 Mhz con 4 MB di Ram (8 MB per sentire la voce di Shodan che metteva davvero i brividi!). A tal proposito va ricordato come la versione su floppy del gioco non contenesse il doppiaggio, disponibile solo per quella su CD-Rom.
L'HUD era spettacolare per i tempi: i ragazzi di Looking Glass avevano passato molti mesi per metterla a punto. L'interfaccia era simile a quella della serie Ultima Underworld ma con una serie di aggiunte: tramite un cursore era possibile controllare la mappa automatica (fondamentale per non perdersi negli spazi enormi della stazione orbitale), la posizione del corpo, manipolare gli oggetti, usare le armi e compiere una serie di azioni. System Shock era un titolo innovativo anche da un punto di vista tecnico: veniva supportata la realtà virtuale tramite il visore VFX1 di Forte (dotato di due schermi LCD creava un'immagine 3D stereoscopica) e altri dispositivi come il controller Logitech Cyberman 3D.
C'erano anche dei minigiochi
Per distruggere Shodan era necessario sconfiggerla nel cyberspazio. Era possibile entrare nel diabolico mondo virtuale creato dalla malvagia IA attraverso alcuni terminali sparsi tra i vari livelli della stazione spaziale. Una volta penetrato, l'hacker aveva la possibilità di svagarsi con una serie di minigiochi recuperabili in alcune location della Citadel Station o disponibili nel software "Trioptimum Entertainment Pak": c'erano Wing 0 (ispirato alla leggendaria serie Wing Commander di Chris Roberts), Ping (clone di Pong), Road, Botbounce (un ibrido tra Arkanoid e Space Invaders), Eel Zapper (clone di Missile Command), TriopToe e 15. Alcuni minigiochi (Wing 0, 15 e TriopToe) erano disponibili solo nella versione CD-Rom del gioco.
[A destra] Dida Doug Church: l'uomo a cui dobbiamo la creazione di System Shock ha lavorato anche per EA e Valve.
Dida Terri Brosius: la voce della perfida Shodan!
Per festeggiare i primi 20 anni del capolavoro di Looking Glass, nel settembre del 2015 è stata ripubblicata "System Shock Enhanced Edition", una versione aggiornata con qualche novità di gameplay. Per i 30 anni invece è un remake firmato da Nightdive Studios/Prime Matter: siete pronti ad affrontare ancora una volta Shodan?
System Shock è molto di più di Ultima Underworld nello spazio
In occasione del lancio di System Shock ripercorriamo la genesi di quello che viene considerato il papà spirituale di una generazione di boomer shooter.
Se il 1994 non viene etichettato come un'annata memorabile per la produzione vitivinicola, la stessa cosa non si può dire per l'ambito videoludico: Aliens Vs Predator, Doom II, Heretic, Rise of the Triad, Marathon e System Shock sono alcuni dei titoli che hanno allietato i pomeriggi e le nottate degli amanti degli sparatutto in prima persona/soggettiva. Nell'ottobre del 1994 l'atteso sequel firmato da Carmack, Romero e da tutti gli altri ragazzi di id Software monopolizzò in pochissime settimane mouse e tastiere dei giocatori PC, diventando il software più diffuso sui personal computer fino all'arrivo di Windows 95 nell'estate successiva.
Il mondo intero sembrava avere occhi "solo" per Doom II, pochi prestarono attenzione a System Shock, un titolo confezionato dal talentuoso team Looking Glass Studios (precedentemente conosciuti come Blue Sky Productions e Looking Glass Technologies), che fece la sua apparizione sugli scaffali del negozi un mesetto prima del campione d'incassi di id Software. Uno sparattutto in prima persona creato da un gruppo di programmatori e game designer che avevano nel loro CV due superbi spin-off dedicati al mondo di Britannia. Ultima Underworld The Stygian Abyss e Ultima Underworld II: Labyrinth of Worlds furono pubblicati da Origin Systems/Electronic Arts e ottennero un buon riscontro di vendite (la critica del periodo ne fu entusiasta) e ciò permise a Looking Glass Studios di proporre qualcosa di diverso dai soliti cloni di Doom che imperversavano nella prima metà degli anni Novanta.
Ultima Underworld si sposta nello spazio
Dopo aver passato anni a creare regni magici del mondo di Britannia, i ragazzi di Cambridge (Massachusetts) provarono a immaginare un futuro distopico ispirato alle ambientazioni cyberpunk dipinte da autori del calibro di Gibson, Sterling e Stephenson che erano piuttosto "mainstream" in quel periodo. Un mondo virtuale che richiamava le atmosfere di un capolavoro come Blade Runner o restando nell'ambito videoludico quelle di Syndicate, una dichiarazione d'amore al movimento cyberpunk firmata da quei geniacci di Bullfrog. System Shock era molto di più di un semplice "Ultima Underworld nello spazio", era un titolo sperimentale che cercava di portare un po' di aria fresca a un genere - quello degli sparatutto - soggiogato dal successo planetario di id Software.
Ultima Underworld
Doom II
L'obiettivo di Looking Glass era creare degli ambienti di gioco immersivi che offrissero qualcosa di più del semplice sparare a tutto quello che si muoveva sullo schermo. I ragazzi del Massachusetts fecero letteralmente un balzo nell'iperspazio rispetto ai regni magici della serie Ultima Underworld e ai labirintici corridoi di quella Doom: motore fisico, ambientazione, narrazione e IA (Shodan) erano pronti a dare un nuovo significato all'acronimo FPS.
Deus Ex, Thief e Half-Life: il denominatore come è...
Il concept di Looking Glass si distingueva per una struttura di gioco più opulenta rispetto a quella scarna che caratterizzata la maggior parte degli FPS di quel periodo: il giocatore aveva la possibilità non solo di hackerare dei computer ma anche di utilizzare delle abilità psichiche grazie a un impianto neurale inserito nella sua testa. Un'esperienza interattiva, senza compromessi, che prometteva una gratificazione superiore rispetto a quella offerta dall'approccio "duro, massiccio e incazzato" della serie Doom e dai suoi innumerevoli cloni.
Un connubio perfetto tra game design e tecnologia, sublimato da un level design da paura (letteralmente!) e da uno sviluppo del protagonista che si incastravano alla perfezione in una sceneggiatura ricca di suspense. In una Looking Glass che traboccava di talento (c'era anche Warren Spector nei panni di producer per Origin Systems), la voglia di Doug Church (producer e lead programmer del gioco) di proporre un FPS "intelligente" si rivelò vincente. System Shock e il suo sequel pubblicato nel 1999 (c'era Ken Levine come lead designer) diedero il via a una vera e propria rivoluzione che influenzò il design di innumerevoli altri giochi (persino Metal Gear Solid e Resident Evil).
Rispetto a sua maestà Half-Life, per esempio, le due opere di Looking Glass non ottennero la visibilità e il credito meritato: le vendite nettamente inferiori (il primo episodio si fermò a 170.000 copie) e le difficoltà di adattamento a uno sparatutto più sfaccettato e raffinato rispetto a quelli in circolazione in quegli anni ne influenzarono la percezione.
Il giocatore al centro del gioco
La filosofia di System Shock era assimilabile a "lascia che sia il giocatore a guidare il gioco e non il game designer": Warren Spector con Deus Ex e Ken Levine (a proposito, correte a leggere la storia di Ken Levine, storia di un nerd visionario) con Thief e Bioshock ne fecero il proprio mantra. Se Doom faceva sentire il giocatore come un supereroe invincibile (i nazisti di Wolfenstein 3D erano stati sostituiti da demoni ma c'erano sempre chiavi da trovare, trappole da schivare e qualche enigma da risolvere), System Shock gli donava una parvenza di umanità. Il protagonista era un hacker con abilità soprannaturali nel cyberspazio che si muoveva come un normale essere umano all'interno di una stazione spaziale, controllata da un'IA malvagia (un tema di grande attualità in questo periodo!) come Shodan e dal suo esercito (leggete qui il nostro speciale su System Shock e la perfezione del digitale).
Rispetto al sopracitato Doom II la partenza era lenta, molto lenta: i ragazzi di Looking Glass, fortunatamente, avevano aggiunto la possibilità di personalizzare la propria avventura nello spazio. In che modo? Modificando le quattro componenti fondamentali del gioco (puzzle, trama, combattimento e cyberspazio) era possibile influenzare la propria esperienza di gioco. Il team sperava così di accontentare sia i giocatori che volevano un approccio "ignorante" (c'erano dei livelli ad alta concentrazione di adrenalina in cui si dovevano affrontare un centinaio di nemici scatenati da Shodan), sia quelli che cercavano di aprire porte e superare robot e cyborg con astuzia. Lo sviluppo della trama andava di pari passo con l'esplorazione: per quanto ben costruito, il plot narrativo non era paragonabile alle produzioni fantasy (Ultima Underworld) realizzate dallo stesso studio, soprattutto per quanto riguarda la scarsità di missioni secondarie e l'impossibilità di interagire con altri NPC. In System Shock, infatti, era possibile raccogliere "solo" i messaggi lasciati dagli ex-membri della stazione spaziale, idea poi ripresa da Bioshock con le famose registrazioni vocali.
Motore 2,75D
Dopo aver completato Ultima Underworld II, Looking Glass iniziò lo sviluppo di tre giochi in contemporanea, tre titoli completamente diversi tra loro (System Shock, Flight Unlimited e Terra Nova) con un unico comune denominatore: il motore 3D. L'Enhanced Underworld Engine (una versione modificata ed aggiornata di quello della serie Ultima) si dimostrava superiore a quello realizzato da sua maestà Carmack in diversi aspetti: gli ambienti erano più grandi e dettagliati (in pseudo 3D, ossia 2.75D), i pavimenti e soffitti avevano curvature/inclinazioni più realistiche, la simulazione della forza di gravità era convincente (il rinculo delle armi o il lancio degli oggetti) così come l'illuminazione o il texture mapping.
Gli scenari erano molto più interattivi (era possibile cliccare su qualsiasi oggetto visibile, compresi i corpi dei membri dell'equipaggio massacrati) rispetto a quelli proposti da Doom II e il giocatore poteva muoversi liberamente saltando, salendo le scale, accovacciandosi, appiattendosi al muro o strisciando per terra sfidando le leggi gravitazionali e - novità assoluta - alzando o abbassando lo sguardo! Anche sul fronte bellico, System Shock non scherzava: ogni arma era dotata di proprie munizioni e quelle elettriche andavano ricaricate e settate in modo specifico. Il motore di id Software aveva dalla sua una maggiore versatilità e velocità e poteva funzionare sulla maggior parte dei PC di quel periodo. Quello di System Shock, invece, richiedeva un hardware piuttosto esigente: per esplorare la Citadel Station in full screen era necessario disporre almeno di un 486 DX a 33 Mhz con 4 MB di Ram (8 MB per sentire la voce di Shodan che metteva davvero i brividi!). A tal proposito va ricordato come la versione su floppy del gioco non contenesse il doppiaggio, disponibile solo per quella su CD-Rom.
L'HUD era spettacolare per i tempi: i ragazzi di Looking Glass avevano passato molti mesi per metterla a punto. L'interfaccia era simile a quella della serie Ultima Underworld ma con una serie di aggiunte: tramite un cursore era possibile controllare la mappa automatica (fondamentale per non perdersi negli spazi enormi della stazione orbitale), la posizione del corpo, manipolare gli oggetti, usare le armi e compiere una serie di azioni. System Shock era un titolo innovativo anche da un punto di vista tecnico: veniva supportata la realtà virtuale tramite il visore VFX1 di Forte (dotato di due schermi LCD creava un'immagine 3D stereoscopica) e altri dispositivi come il controller Logitech Cyberman 3D.
C'erano anche dei minigiochi
Per distruggere Shodan era necessario sconfiggerla nel cyberspazio. Era possibile entrare nel diabolico mondo virtuale creato dalla malvagia IA attraverso alcuni terminali sparsi tra i vari livelli della stazione spaziale. Una volta penetrato, l'hacker aveva la possibilità di svagarsi con una serie di minigiochi recuperabili in alcune location della Citadel Station o disponibili nel software "Trioptimum Entertainment Pak": c'erano Wing 0 (ispirato alla leggendaria serie Wing Commander di Chris Roberts), Ping (clone di Pong), Road, Botbounce (un ibrido tra Arkanoid e Space Invaders), Eel Zapper (clone di Missile Command), TriopToe e 15. Alcuni minigiochi (Wing 0, 15 e TriopToe) erano disponibili solo nella versione CD-Rom del gioco.
[A destra] Dida Doug Church: l'uomo a cui dobbiamo la creazione di System Shock ha lavorato anche per EA e Valve.
Dida Terri Brosius: la voce della perfida Shodan!
Per festeggiare i primi 20 anni del capolavoro di Looking Glass, nel settembre del 2015 è stata ripubblicata "System Shock Enhanced Edition", una versione aggiornata con qualche novità di gameplay. Per i 30 anni invece è un remake firmato da Nightdive Studios/Prime Matter: siete pronti ad affrontare ancora una volta Shodan?
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