The Dark Pictures Anthology Man of Medan, le origini dell'oscurità

Dopo aver provato The Dark Pictures Anthology Man of Medan abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il team di Supermassive Games...

The Dark Pictures Anthology Man of Medan, le origini dell'oscurità
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  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Durante la Gamescom 2018 è finalmente emerso il nuovo progetto di Supermassive Games, il team di sviluppo che negli ultimi anni è diventato celebre per aver realizzato Until Dawn e i due spin-off annessi per PlayStation VR. Raccolti, questa volta, sotto l'egida di Bandai Namco, e posti di fronte alla sfida di realizzare un videogioco multipiattaforma piuttosto che in esclusiva Sony, i ragazzi guidati da Pete Samuels hanno palesato al pubblico l'esistenza di Man of Medan, una nuova avventura grafica appartenente a una serie di giochi raccolti sotto il titolo di The Dark Pictures Anthology. Vi abbiamo già raccontato, in occasione del reveal avvenuto durante la fiera di Colonia, tutti i dettagli sul progetto e la nostra prova pad alla mano di una porzione dell'avventura grafica in uscita nel 2019 per PS4, Xbox One e PC. In seguito, presso lo stand di Bandai Namco, abbiamo scambiato qualche parola proprio con Pete Samuels, CEO di Supermassive Games ed Executive Producer di Man of Medan per apprendere qualche retroscena sul processo creativo e sullo sviluppo del gioco.

    Le origini dell'orrido

    Come già asserito in precedenza, il progetto vedrà la pubblicazione di una vera e propria antologia, composta di episodi tutti completamente autoconclusivi, con storie e cast differenti; ciascuno di essi, inoltre, sarà ispirato a un sottogenere della narrativa horror e la release dovrebbe avvenire nel corso delle prossime stagioni con una cadenza di due all'anno, uno ogni sei mesi. Seppur si percepiva, già da qualche tempo, che Supermassive Games fosse al lavoro su qualcosa di nuovo, l'annuncio del progetto ha lasciato (piacevolmente) sorpresa la platea di appassionati: il team di sviluppo, d'altronde, ha svolto un lavoro tutto sommato soddisfacente con Until Dawn e il fatto che i principali stilemi dell'opera più celebre della software house verranno ripresi e rimescolati in una formula che ha tutta l'aria di portare con sé qualcosa di inedito e originale non può che rincuorare i videogiocatori.

    Tra le mura dello stand di Bandai, durante la nostra chiacchierata con il producer, un primo e doveroso quesito ci ha spinti a voler conoscere le origini del progetto: da cosa nasce, dunque, l'idea di The Dark Pictures Anthology?«Circa due o tre anni fa», ha asserito Pete Samuels nel rivangare gli istanti in cui, insieme ai suoi collaboratori, ha concepito il soggetto per la serie di cui Mad of Medan sarà apripista durante il prossimo anno. «Stavamo ragionando su come potessimo raccontare un nuovo horror durante una pausa pranzo, ed emersero tante idee interessanti su quale storia raccontare. Abbiamo svolto tante ricerche tra i sottogeneri dell'horror e abbiamo ascoltato il feedback della community, che ci ha suggestionato nel creare un'antologia. Non volevamo raccontare una sola storia, ma tante storie, quindi ci siamo detti: perché non creiamo racconti diversi, con personaggi differenti, spaziando tra tutti i vari sottogeneri? È iniziato tutto così, e oggi siamo qui con Man of Medan».
    La storia del gioco, così come tutti i suoi successori dell'antologia, attinge a piene mani da alcune celebri leggende metropolitane che hanno popolato l'immaginario orrido popolare. Nel caso di Man of Medan la storia vedrà i protagonisti che, nel corso di alcune esplorazioni subacquee, entrerà in contatto con una celebre nave olandese che naufragò in circostanze misteriose. Infarcendo il mito di elementi originali, così come avvenne in Until Dawn con la leggenda del Wendigo, la produzione sembra sfoggiare una serie di riferimenti estetici e visivi alla cinematografia dell'orrido, un continuo alternarsi di suggestioni culturali e stilistici che evidenziano un grande lavoro di ricerca e ispirazione compiuto in fase di processo creativo: «Non ci siamo ispirati a un'opera in particolare. Abbiamo attinto da diversi sottogeneri, da tanti film soprattutto. Non posso rivelarvi molto, perché nel nostro gioco si inizia da un punto di partenza per arrivare a qualcosa di completamente diverso. Ma c'è un momento particolare, in Man of Medan, in cui esploriamo una grande varietà di sottogeneri, raccontando storie di personaggi appartenenti a tante etnie e ceppi culturali differenti». La sensazione, dopo aver udito le parole di Samules sull'argomento, è che l'immaginario di The Dark Pictures Anthology ci porterà alla scoperta di protagonisti e comprimari fortemente calati nelle mille sfaccettature socio-demografiche offerte dalla cultura americana.

    La direzione di Man of Medan

    Che cos'è davvero l'horror? Cosa possiamo definire tale nella sua accezione più pura, in particolare riferendoci alle possibilità di interazione offerte dal medium videoludico? In fase di presentazione, durante l'evento dedicato alla Gamescom, i ragazzi di Supermassive sono stati piuttosto chiari: l'intenzione del team di sviluppo è di esplorare a fondo le dinamiche dell'horror nudo e crudo, senza sfociare in sottogeneri eccessivamente derivativi come il gore (meglio conosciuto dal pubblico, che dir si voglia, con l'accezione di "splatter"). «Credo che per me, per il nostro media e per i nostri giochi, l'horror sia tensione, la sensazione provocata dal terrore, ma anche il senso di responsabilità legato alla vita e ai rapporti umani». L'executive producer di Man of Medan non ha dubbi: quando giochi, sei responsabile dei crismi fin qui descritti e porti a galla una serie di emozioni dettate da questo tipo di pressione.

    Il cuore pulsante di produzioni come Man of Medan e Until Dawn risiede nella commistione tra media diversi: nel caso dell'antologia dell'orrore secondo Supermassive parliamo, ovviamente, di cinema e videogioco. Un'opera non semplice di trasformazione tanto del soggetto quanto della regia in meccaniche ludiche, una sfida che il team di sviluppo ha affrontato amalgamando le specifiche aree tematiche della produzione: «Abbiamo un team davvero talentuoso, ma ovviamente nessuno si occupa di tutto: abbiamo animatori, ingegneri, cameramen, addetti all'illuminazione, designer, persone che lavorano tutte insieme. Credo che la parte "filmica" sia merito delle camere che utilizziamo, dalle luci che scegliamo, da come illuminiamo la scena (rendendola, in questo caso, estremamente cupa), ma è anche merito del resto del team, degli animatori e dei designer che programmano il modo in cui si muovono i personaggi, perché la direzione cinematografica del gioco è dettata soprattutto dalle scelte che compi durante la storia».

    Uno degli elementi fondanti di un progetto come quello di Supermassive, in fase di sviluppo, risiede nelle sessioni di motion capturing, utili a carpire i volti e le espressioni di attori in carne e ossa per trasporne le fattezze sui personaggi del gioco: nel caso di Man of Medan, il processo ha interessato in toto la fisicità degli interpreti e non soltanto il loro viso. «Innanzitutto abbiamo dei grandi attori, che hanno fornito ottime interpretazioni per i rispettivi personaggi sia nella mimica che nell'utilizzo della voce; abbiamo catturato nei minimi particolari ogni loro espressione facciale, riportandole all'interno del gioco con estrema fedeltà. Il fotorealismo dei volti è notevole, ma credo che anche la fisica dei corpi sia importante, quindi abbiamo scansionato interamente le loro figure».

    Le sfide dell'antologia

    Le possibilità offerte dalla trama stratificata di Man of Medal, esattamente come Until Dawn, permetteranno al giocatore di compiere una serie di scelte che portano verso bivi narrativi ben specifici. Ne consegue, come avviene con gran parte delle avventure grafiche, un certo grado di rigiocabilità, volto a scoprire tutte le eventuali sotto-trame e risvolti secondari per conoscere le sorti o i finali alternativi di ciascuno dei personaggi. Nell'ambito di una produzione horror, tuttavia, il dubbio è che ciò possa risultare un'arma a doppio taglio, andando in qualche modo a smorzare l'esperienza derivata dalla tensione suscitata dal genere di appartenenza.

    Com'è possibile ovviare a un rischio simile, secondo Supermassive Games? «Sì, posso capirlo riguardo alcuni momenti. Ovviamente noi dobbiamo assicurarci che tutti i risvolti narrativi derivati da una decisione siano diversi, che accadano situazioni differenti, in modo che non potresti mai davvero aspettarti ciò che sta per accadere in ogni frangente e che la nuova run non sia davvero uguale alla prima».

    Insomma, non una certezza in senso assoluto, ma perlomeno sappiamo che gli sviluppatori stanno lavorando in fase di scrittura per far sì che ogni run di The Dark Pictures Anthology garantisca una narrazione quanto più stratificata possibile. ?Il nostro incontro con Pete Samules di Supermassive Games si è concluso con una riflessione sulle piattaforme di lancio di The Dark Pictures Anthology: per la prima volta, infatti, gli autori di Until Dawn realizzeranno un titolo multipiattaforma. Ci siamo chiesti, dunque, cosa ha rappresentato una svolta del genere per il team di sviluppo.

    «Beh, è stato interessante! Eravamo molto meno timorosi di quanto ci aspettassimo. Oserei dire che è stato più facile rispetto a uno sviluppo esclusivo per una sola piattaforma: abbiamo implementato un motore di gioco in grado di supportare più piattaforme, e la prima preoccupazione in questi casi non è tanto realizzare una build per PC, quanto piuttosto realizzare il gioco per le altre console». Manca ancora tanto tempo all'uscita di Men of Medan, il primo capitolo della serie antologica, e di sicuro nei prossimi mesi ci sarà occasione per scoprire ulteriormente le carte della nuova, promettente produzione targata Supermassive e distribuita da Bandai Namco. Per adesso, l'antologia videoludica dell'horror ci intriga esattamente come il fascino che l'ignoto esercita sui suoi protagonisti: ma, esattamente come loro, non sappiamo ancora in quali acque ci porteranno gli oscuri racconti dai creatori di Until Dawn...

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