The Last of Us Parte 2: un gioco davvero per tutti

Naughty Dog dimostra di essere un passo avanti a tutti anche in termini di accessibilità. Scopriamo le funzionalità extra di The Last of Us Parte 2

The Last of Us Parte 2
Speciale: PlayStation 4 Pro
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Disponibile per
  • PS4
  • PS4 Pro
  • Quand'è che un videogioco può essere considerato davvero per tutti? E soprattutto, cosa può fare uno studio di sviluppo per raggiungere un pubblico sempre maggiore? Negli ultimi anni l'industria videoludica ha più volte tentato di trovare una risposta a domande come queste, finendo tuttavia per percorrere quasi sempre le strade più banali e scontate, come la semplificazione dei processi creativi, finalizzata alla creazione di esperienze concettualmente meno impegnative che potessero dunque suscitare grande interesse a prescindere dall'età del giocatore di turno, o l'utilizzo di modelli di vendita più accattivanti, free to play in primis. Il risultato? Un prevedibile allargamento del mercato, ma nulla che potesse in qualche modo rafforzare il concetto di "inclusione" in maniera davvero significativa e, soprattutto, concreta.

    Dove molti vedono un vicolo cieco, però, altri scorgono un orizzonte pressoché infinito, e questo è senza dubbio il caso di Naughty Dog che con The Last of Us Part 2 ha dimostrato non solo di avere seriamente a cuore la propria utenza - attuale e potenziale - ma anche di saper pensare fuori dagli schemi.

    Democratizzazione di una passione

    Come dichiarato dalla stessa Emilia Schatz, lead gameplay designer della software house californiana durante una recente intervista, accrescere l'accessibilità di un prodotto non implica necessariamente una sua semplificazione concettuale, ma vuol dire mettere ogni giocatore nella posizione di poter vivere l'esperienza, a prescindere dalla sua condizione, dalle sue esigenze o dai problemi che potrebbero impedirglielo.

    Con la sua opera più recente, Naughty Dog ha dunque confermato la sua assoluta unicità, dando vita a un prodotto impressionante non solo in termini di qualità dell'avventura - come peraltro ampiamente confermato dal nostro Francesco Fossetti nella recensione di The Last of Us Part 2 - ma anche e soprattutto sul versante dell'accessibilità, il tutto con l'unico e solo scopo di creare un gioco che fosse davvero alla portata di tutti.

    E così attraverso l'implementazione di oltre 60 impostazioni di accessibilità che includono ovviamente supporti di natura visiva e uditiva, il titolo pone come unico vero limite al completamento dell'esperienza la voglia del singolo giocatore, perché in quella che potremmo facilmente definire la sezione "accessibilità" più ricca nella storia dei videogiochi, tutti troveranno infatti una potenziale soluzione ai propri problemi. Un traguardo davvero incredibile che rende The Last Of Us Part 2 un assoluto punto di riferimento in ambito videoludico non solo per ragioni squisitamente ludiche.

    Al di là della graditissima possibilità di intervenire sui sottotitoli in svariati modi, impostandone colori, sfondo e dimensioni, o di alterare la tonalità dell'interfaccia per adattarla ai propri gusti o bisogni, la prima cosa che salta all'occhio è l'attenzione riservata al daltonismo, con opzioni volte a supportarne ogni tipologia - protanopia, deuteranopia e tritanopia - e a cui si aggiungono anche settaggi di contrasto elevato per far risaltare in maniera particolare nemici ed elementi interattivi al fine di ridurre lo sforzo necessario per tenere pienamente sotto controllo la situazione anche negli scenari più ricchi e caotici.
    L'implementazione di un sistema di ingrandimento degli elementi a schermo mediante la pressione del touchpad farà poi la felicità di parecchi giocatori. Particolarmente gradita è inoltre l'opzione che permette di cambiare la tonalità dell'intera interfaccia, ma il vero fiore all'occhiello dell'intera sezione accessibilità è senza dubbio la sintesi vocale, impostazione che, sempre attraverso l'uso del touchpad, permette attivare la lettura di qualsiasi testo presente su schermo in caso di necessità.

    Un'altra esperienza

    Ma non finisce certo qui, perché Naughty Dog si è preoccupata di mettere a disposizione del proprio pubblico anche una serie di opzioni volte a semplificare frangenti di gioco che alcuni potrebbero non gradire nella loro impostazione predefinita.

    I meno abili nelle sparatorie, ad esempio, potranno ricorrere a una semplificazione degli scontri a fuoco attraverso l'attivazione dell'agganciamento di mira e della visuale assistita, mentre i giocatori con un pessimo senso dell'orientamento potranno eventualmente sfruttare la navigazione assistita per ridurre al minimo i tempi morti durante l'esplorazione. Non mancano inoltre la protezione dalle cadute, la possibilità di attivare l'ossigeno infinito per affrontare le fasi subacquee senza la paura di annegare e addirittura la facoltà di saltare gli enigmi per una progressione più rapida focalizzata principalmente su narrazione e combattimenti.

    Qualora fossero però proprio i combattimenti a preoccupare determinati giocatori, Naughty Dog ha provveduto a inserire numerose opzioni di accessibilità che vanno dalla possibilità di ridurre la percezione dei nemici, alla modalità "moviola" che permette di rallentare l'azione a piacimento al fine di poter gestire con meno pressione tutte quelle situazioni di gioco che potrebbero risultare troppo frenetiche.

    È innegabile che per la maggior parte dei giocatori, questo genere di facilitazioni potranno apparire superflue, ma a conti fatti rappresenteranno uno strumento imprescindibile per permettere a eventuali neofiti del genere - e magari addirittura del medium nella sua totalità - di godere dell'esperienza senza incorrere in ostacoli per loro potenzialmente insormontabili.

    Insomma, com'è facile intuire Naughty Dog ha dunque dato prova di non voler lasciare indietro proprio nessuno, offrendo a tutti i giocatori, a prescindere dalla loro età, condizione o esperienza in ambito videoludico, la possibilità di assaporare la brutale bellezza di The Last of Us Part 2 senza tuttavia stravolgere in alcun modo la reale essenza dell'avventura. La speranza è che questo particolare approccio al game design, in totale controtendenza rispetto alla quasi totalità dell'industria contemporanea, possa effettivamente fare scuola, incoraggiando altre software house a riflettere sul vero significato della parola inclusione.

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