The Order 1886: quale futuro per lo shooter di Ready at Dawn?

Quale futuro ci immaginiamo per il nuovo capitolo di The Order 1886, lo sfortunato ma pregevole shooter di Ready at Dawn?

The Order 1886: quale futuro per lo shooter di Ready at Dawn?
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  • Esistono giochi che non esistono, un po' come il The Order: 1887 nella nostra testa. La semi-citazione di capatondiana memoria nasconde quello che probabilmente è un desiderio comune, condiviso da tutti coloro che vorrebbero mettere le mani sul sequel del titolo di Ready at Dawn. The Order: 1886 ha segnato i primi anni di vita dell'attuale console di Sony, offrendo un vivo esempio delle vette artistico/espressive che avrebbero potuto raggiungere i videogiochi con la nuova generazione. Parimenti, lo sanno anche i muri, il gioco era affetto da una serie di criticità che ne hanno minato l'indiscusso potenziale.
    Il recente intervento di Ru Weerasuriya ai microfoni di Polygon è un po' il riassunto degli errori commessi dal team di Irvine nello sviluppo dell'esclusiva, la cui offerta ludica è stata sacrificata sull'altare di una visione fin troppo orientata alla creazione di una serie. "Volevamo assicurarci che avesse delle solide fondamenta" - ha spiegato il creative director - "C'è stata una fase in cui lo storytelling ha monopolizzato il nostro lavoro: hai bisogno di costruire l'IP, non hai tempo per far tutto, quindi decidi di montare un minor numero di meccaniche. Poi arriva il sequel, che ti porta al punto in cui saresti voluto arrivare sin dall'inizio."
    Posto che quest'affermazione non può giustificare le leggerezze commesse dallo studio, specialmente considerando i rischi e le responsabilità di un capitolo d'esordio, la volontà di far meglio la "prossima volta" sembra non mancare. The Order: 1886 avrebbe dovuto possedere un'anima perfettamente bipartita, con un intreccio narrativo di qualità e un comparto ludico pienamente appagante, ma la prima componente, allo stato dei fatti, ha finito col fagocitare la seconda. È possibile auspicare una conclusione diversa per un eventuale seguito? La risposta, dal canto nostro, è sì. Prima di tuffarci in un oceano di articolate elucubrazioni, è però opportuno compiere un breve viaggio a ritroso nel tempo, al fine di riportare alla luce gli aspetti più brillanti dell'avventura originale.

    Correva l'anno 1886...

    Figlio di un connubio sorprendente tra un'ambientazione ucronica e il folklore britannico, The Order: 1886 ci cala nei panni di Grayson, cavaliere del sacro ordine di re Artù e "successore" di Sir Galahad. La nobile istituzione prospera ormai da secoli poiché, grazie al potere del leggendario Graal, i suoi araldi sono riusciti a estendere la durata della loro vita ben oltre i limiti della condizione umana. Tale onore e onere, come lo definisce il Cancelliere, nasconde un alto prezzo da pagare in varie scomode rate: vedendo sfumare la propria umanità col passare degli anni, i membri della tavola rotonda sono costretti a un'esistenza di lotta contro le mostruosità che infestano la Terra. Se a un immaginario così potente uniamo la decadente bellezza della Londra Vittoriana e l'incombere di una minaccia che i cavalieri sembrano voler ignorare, otteniamo quel che si è rivelato essere un contesto narrativo monumentale e coraggioso: una cosa non da poco vista l'eterogeneità dei tasselli che lo compongono.
    In sostanza, il rischio di trovarsi dinanzi a una "Corazzata Kotiomkin" fantozziana era reale, eppure il mondo partorito dai Ready at Dawn ci ha convinto come pochi altri in questa generazione. Oltre alla veste grafica "spacca-mascella", al bilancio positivo va aggiunta la grande cura profusa nelle sezioni di gunplay, per certi versi addirittura in linea con gli standard delle produzioni Rockstar. A fronte di una scarsa varietà di situazioni e di un'intelligenza artificiale claudicante, infatti, le sparatorie erano ben inscenate, sia per il feeling delle armi sia per quanto riguarda le reazioni dei nemici ai proiettili, con tanto di smembramenti da immortalare in modalità fotografica.

    Un The Order: 1887 nel solco della tradizione, vicino ai lidi di Hellblade, sarebbe senza dubbio possibile, ma crediamo che un universo del genere possa ambire a ben altre soluzioni. A tal proposito, chiamiamo in causa God of War, indiscusso gigante di questo 2018 videoludico. Con la sua pubblicazione, Cory Barlog ha vinto un'importante scommessa, rifiutando i canoni classici dell'hack n' slash in favore dell'azione-avventura con una spolverata ruolistica.

    I frutti del cambio cambio di rotta, pad alla mano, non hanno tardato a mostrarsi: l'avvento del piano sequenza, il combat system ricostruito da zero e l'abbandono del binario unico hanno reso più che memorabile il viaggio dello spartano cinereo, riuscendo a spazzar via in un baleno i tanti dubbi che orbitavano attorno alla produzione.

    Nel caso specifico di The Order, questi stravolgimenti sarebbero non soltanto calzanti, ma anche ben più facili da applicare. Del resto, la giovane IP di Ready at Dawn non vanta un passato di successi ancorato a un genere specifico, ma anzi le sue meccaniche distintive sono state appena abbozzate. Ci vengono in mente Nikola Tesla e il suo (potenziale) ruolo da "Q" di James Bond, l'imperdonabile scarsità degli scontri con i mezzosangue, per altro anche mal congegnati, e i duelli con i boss, tanto curati dal punto di vista scenico quanto insipidi sul versante ludico. In soldoni, The Order: 1887 sarebbe il candidato perfetto per abbracciare la nuova filosofia di God of War, perché gli elementi meno riusciti dell'eredità che ha ricevuto potrebbero trarne un reale giovamento.
    Tanto per cominciare, molte sono le questioni lasciate in sospeso dal duo Weerasuriya/Pessino: chi è il misterioso uomo incappucciato che ha soccorso Grayson nel momento del bisogno? Come faranno i ribelli guidati da Lakshmi a sventare i piani di Lord Hastings? Che cosa ne sarà dei cavalieri di Artù? E dell'amore tra Grayson e Isabeau? Gli sviluppatori non hanno mentito quando hanno affermato di possedere una gran quantità di materiale per il sequel di The Order. Lo stesso discorso vale per l'ambientazione che ne ospiterebbe le vicende, facilmente identificabile negli Stati Uniti d'America. Secondo i piani del malvagio Hastings, infatti, il nuovo mondo sarebbe perfetto per "accogliere" in massa la sua stirpe.

    Viaggio nel nuovo mondo

    Accompagnato dal sonoro orchestrale del buon Andrea Pessino - tra l'altro uno degli aspetti brillanti della prima produzione - The Order: 1887 potrebbe avere inizio là dove il precedente ha avuto fine, con la fuga del fu Sir Galahad dalla cara, vecchia Londra. Immaginiamo, ad esempio, che il nostro protagonista arrivi a New Orleans, capitale dell'esoterismo americano, per sventare i piani del vampiro britannico. La città era considerata tra le più influenti e caratteristiche degli Stati Uniti già dal 1860, anche per via dell'atmosfera misteriosa che la permeava.

    La nostra è solo un'idea, ma per narrare la crociata anti-mezzosangue di Grayson servirebbe una cornice all'altezza del compito. Spinto da una serie di indizi e strani accadimenti, il cacciatore di mostri si recherebbe quindi nelle zone periferiche e più decadenti dell'agglomerato urbano, facendo la conoscenza di una serie di personaggi utili alla prosecuzione delle indagini.
    Tra missioni secondarie da portare a termine e del sano backtracking per recuperare oggetti preziosi, la durata dell'esperienza avrebbe l'opportunità di estendersi. Badate bene, qui non si parla di un Cyberpunk sul finire dell'ottocento ma di un'opera che possa allinearsi con i colleghi della famiglia PlayStation: Horizon, Uncharted e le ultime gesta di Kratos, vantano un buon equilibrio tra durata effettiva e qualità dell'offerta ludica, la quale si esaurisce (o quasi) prima di varcare irreparabilmente i confini del ripetitivo.

    Nello specifico, la formula adottata da Sony Santa Monica è una vera lezione di game design, largamente apprezzata per la capacità di integrare i contenuti secondari in una storia avvincente.
    Massimizzare la coesione tra narrazione e gameplay, quasi come fossero due facce della stessa medaglia, non è certo facile, ma sarebbe un obiettivo a portata di mano se si scegliesse di chiedere aiuto, ancora una volta, alla settima arte. Qualcuno ha detto piano sequenza? Si tratta di una tecnica che affonda le radici nell'iconico Quarto Potere di Orson Welles e consente di riprendere intere scene senza effettuare ulteriori stacchi di inquadratura. Il papà del nuovo God of War, rifiutando i caricamenti visibili e le schermate nere, ha saputo mettere la tecnica al servizio dell'esperienza ludica, scandita dal perpetuo avvicendarsi di due registi: il director e il giocatore stesso. Durante i filmati è il primo a imporci cosa vedere, mentre nel resto dell'esperienza i padroni della telecamera siamo noi. Al contrario del predecessore, che aveva la necessità di introdurre un intero universo, la seconda iterazione della serie potrebbe abbandonare le sequenze classiche e concentrarsi esclusivamente sul viaggio di Galahad nelle Americhe.
    Scongiurare il ripresentarsi di alcune criticità non vuol dire rinnegare la visione originale quanto, piuttosto, espanderla in ogni suo comparto. Si pensi alla partecipazione dei personaggi storici nelle vicende narrate, da Gilbert de La Fayette fino a Nikola Tesla. Quest'ultimo, proprio come Brok e Sindri per Kratos, potrebbe fungere da tecnico e armaiolo, l'uomo giusto per migliorare gadget e armi. A proposito di queste, il primo episodio ha preferito attenersi al "poco ma buono", offrendo soltanto tre strumenti di morte dal look steampunk. The Order: 1887 dovrebbe esigerne un maggior numero, accompagnato da una serie di pezzi aggiuntivi, in grado di attivare modalità di fuoco secondarie o migliorie tattiche..
    Armamenti potenziabili, ambientazioni interconnesse e un comparto narrativo "sposato" con le sezioni di gioco costituirebbero una solida base per l'elevazione a potenza delle fasi di sparatoria e, perché no, degli stessi scontri con i boss. Con la revisione di alcune animazioni del protagonista e un'IA degli opponenti in linea con gli attuali standard, gli scontri a fuoco vedrebbero un sicuro incremento qualitativo.

    Oltre ai nemici di natura umana, resterebbe un corposo spazio da dedicare alla minaccia mezzosangue. Quest'aspetto è stato forse uno dei più contraddittori di The Order: 1886, che narrava con animosità la guerra-ombra contro i mostri, senza però esplicitarla adeguatamente. Tralasciando gli incontri con i lupi mannari, ripetitivi e scenicamente deboli, non vi erano, infatti, ulteriori occasioni per confrontarsi con questi avversari millenari.
    Il possibile capitolo americano avrebbe quindi il compito di metterci faccia a faccia con altre razze della famiglia mezzosangue, segnando finalmente il debutto dei vampiri. Il combat system potrebbe aprirsi a metodi d'uccisione variabili a seconda del tipo di mostro da eliminare. Dopotutto Gray non è così lontano da Van Helsing, quindi non vediamo perché dovrebbe fare a meno di una balestra a dardi d'argento, di proiettili speciali e di granate accecanti (indispensabili per abbagliare i parenti di Dracula).

    Giungiamo infine al vero tallone d'Achille di The Order 1886: i boss. Gli "scambi d'opinione" con gli imponenti lupi mannari (si, sempre loro) erano declinati da una coppia di lunghi quick time event, separati da un'unica ma importante differenza: il secondo dei due costituiva il finale del gioco e, benché risultasse memorabile per sceneggiatura, si presentava sostanzialmente identico al precedente.

    Come far varcare le soglie della modernità a questi momenti di primo piano? La risposta risiede ancora nel God of War di Sony Santa Monica. Del resto, il primo scontro tra Kratos e "Lo Straniero" è entrato di petto nell'Olimpo dei nostri ricordi videoludici più fulgidi ed emozionanti, e di certo non per inaspettate congiunzioni astrali. Ciascun elemento della sequenza, tra momenti scriptati e fasi di gameplay puro, era perfettamente inserito in un mosaico ludico di rara precisione: la telecamera si posizionava alle spalle dell'antagonista quando spediva Kratos in una gita tra gli alberi, per poi tornare dal giocatore come fosse un operatore di "macchina a mano" durante le riprese di Salvate il Soldato Ryan. Gli ottimi effetti particellari delle magie, e la foresta che si deformava a causa della feroce battaglia, arricchivano ulteriormente quella che già era una scoppiettante sagra dell'ecchimosi. Raggiungere risultati simili non è un compito facile ma il motore grafico proprietario di Ready at Dawn dovrebbe essere all'altezza della situazione.
    Il diamante allo stato grezzo che è l'IP di The Order diverrà mai una fucina di titoli d'alto profilo? Purtroppo al momento non ci è dato saperlo. Come prevedibile, la palla è nelle mani di Sony, l'unica in grado di decidere le sorti della serie. Attualmente la famiglia PlayStation non è a corto di proprietà intellettuali o di esperienze ludiche di valore, ma l'universo dei cavalieri di re Artù potrebbe davvero meritare una seconda chance. Posto che le nostre parole siano il frutto di un'analisi puramente soggettiva, non possiamo fare a meno di chiederci: anche voi vorreste assistere al ritorno di Sir Galahad? Se la risposta fosse sì, come vorreste che fosse?

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