Tim Sweeney di Epic: chi è la mente dietro il successo di Fortnite?

Precursore dei tempi, il fondatore di Epic Games è stato uno dei personaggi chiave per il successo mondiale del battle royale. Questa è la sua storia.

Tim Sweeney di Epic: chi è la mente dietro il successo di Fortnite?
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  • Leggendo il nome di Tim Sweeney nella lista dei 200 uomini più ricchi al mondo ci si scontra con un pensiero brutale e rapido, quasi come un frontale tra il proprio naso ed una sberla di Bud Spencer: Fortnite è la fantomatica gallina dalle uova d'oro, ed il buon Tim la coccola ogni giorno. Un bel risultato per un ragazzo del Maryland che, appena ventenne alle porte degli anni ‘90, fondava la sua compagnia "Potomac Computer System" per pubblicare l'avventura ZZT su MS-DOS, sviluppato nei weekend a casa tra una pausa dal college e l'altra. Chissà cosa avrebbe pensato quel giovane, se qualcuno gli avesse predetto il suo futuro a quasi trent'anni di distanza, arrivato grazie ad un'intelligenza per gli affari rara da trovare in un programmatore.
    Ecco, Sweeney risulta un personaggio particolare: la perfetta commistione tra un businessman ed uno sviluppatore. L'emblema di questa fusione in un'unica figura è rappresentata dalla crescita della sua azienda: ad ogni passo verso un nuovo settore, l'intera organizzazione procedeva in avanti come l'aggiornamento di un software: Epic Games 1.0, 2.0 e così via. Quest'oggi ripercorreremo parte della sua storia, delle scelte fatte, e di come esse abbiano effettivamente influenzato l'iconico battle royale di cui tutti parlano.

    The Man in the High Castle

    Ad una rapida occhiata la vita di Tim pare un'incessante carrellata di ossimori: da ZZT, un successo tecnicamente arretrato, all'Unreal Engine, uno dei motori grafici più utilizzati nell'intera industria. Ne è passato di tempo da quando, a cena con Romero poco dopo l'uscita di Wolfenstein 3D, si sentiva demoralizzato dal risultato che ID Software aveva raggiunto, pensando di non aver le capacità di creare qualcosa di così imponente.

    In seguito, a decretarne la crescita ci furono la consapevolezza che la tridimensionalità era effettivamente raggiungibile, l'inizio della programmazione di Unreal - mentre Cliff Bleszinski curava il lato artistico -, l'esordio di Gears of War e la diffusione del suo engine tramite un sistema di abbonamento e royalty, senza dimenticare il guanto di sfida lanciato a Steam tramite l'Epic Games Store. Il 2019 si apre a Sweeney e soci in modo promettente, ma la sensazione è che senza Fortnite i piani dell'azienda non avrebbero avuto lo stesso peso.

    Su queste pagine abbiamo riportato i dati record che, settimana per settimana, frantuma il battle royale targato Epic Games: di come produca un costo utente quattro volte superiore a quello di grandi nomi come Google, oppure dei miliardi di dollari che rimpinguano il fondo cassa dei creatori di Unreal.

    Fortnite si è ormai appropriato di uno strapotere che sembra non voler cedere: non una moda del momento, ma un leader seduto sul trono. Tutt'oggi è impossibile pensare ad un suo declino nel prossimo futuro, ma prima di giungere al "punto di arrivo" è bene fare qualche passo a ritroso nella storia dei suoi sviluppatori.

    China Express

    Nel 2012 Tencent acquistava il 40% delle quote azionarie di Epic Games, versando nelle sue casse una cifra superiore ai 300 milioni di dollari. Sweeney, commentando il fatto in un'intervista a Polygon, spiegò della necessità della sua azienda di cambiare modello di business, per tendere la mano a tutte le piattaforme sul mercato e mutare radicalmente filosofia nello sviluppo di nuovi progetti.

    Un passo importante, considerando che la "versione 3.0" di Epic era stata segnata da una prima apertura che portò alla nascita di Gears of War su Xbox 360. Peccato solo che il legame con la Grande M si frantumò successivamente a causa di Judgement: pare infatti che Microsoft, finanziatrice del progetto, rifiutò ogni proposta di supporto post lancio, e questo fatto indispettì parecchio Sweeney.
    Tornando al 2012, la cessione di una quota così importante era il frutto di una strategia ben precisa: non sottostare più agli accordi con altri publisher, impedendo a forze "esterne" di prendere decisioni sullo sviluppo di un gioco.

    Per raggiungere un'indipendenza cruciale servivano tuttavia soldi e tempo, e Tencent è stata la benzina che ha permesso alla macchina mentale di Sweeney di mettersi in moto (altro fattore cruciale fu il passaggio ad un sistema di abbonamento mensile, più royalty sulle vendite, dell'Unreal Engine). Frattanto, Epic Games si aggiornava alla versione 4.0.
    Qualcosa però stava cambiando anche nell'organigramma della stessa azienda, che vide diversi membri storici, tra cui lo stesso Bleszinski, lasciare Epic per via della nuova direzione presa. Sweeney, nel ringraziare i suoi compagni di viaggio, scelse di proseguire senza guardarsi indietro: i tempi dei team composti da pochi ed eccentrici creativi erano finiti ed era giunto il momento di crescere.

    Per farlo i titoli su cui puntare erano tre: lo sparatutto Unreal Tournament, il MOBA Paragon e, ovviamente, Fortnite.
    Contemporaneamente, mutava anche lo stile di progettazione in casa Epic, non più interessata a progetti single player fatti e finiti, in cui non poter più aggiungere elementi per arricchire l'esperienza. Mentre Fortnite pagava lo scotto di un lungo sviluppo iniziato nel 2011, a cavallo tra la terza e la quarta versione dell'azienda, il campo di prova per la nuova visione di Sweeney e soci divenne Paragon. I mantra da seguire erano l'utilizzo del modello free to play, le microtransazioni per gli oggetti estetici e la possibilità di rimpinguare la linfa vitale del titolo con nuove idee, prestando attenzione ai feedback della community: tutte queste sperimentazioni sono finite inevitabilmente nel battle royale che oggi domina il mondo.

    King Royale

    L'aspetto più interessante riguardante Fortnite resta però il suo percorrere i tempi mentre la stessa Epic Games cambiava assetto: inizialmente il launcher dedicato, poi diventato lo Store citato poc'anzi, è nato proprio per merito del battle royale. Arrivati quindi alle porte del 2019 è facile intuire come il successo raccolto dal titolo non sia frutto di intuizioni dell'ultima ora, ma di un lungo processo nato da una precisa svolta strategica.

    Certo, per diverso tempo ha tenuto banco la bagarre legale con PlayerUnknown's Battlegrounds, dal momento che i ragazzi di Bluehole Studios erano parecchio indispettiti dopo l'aggiunta della battaglia reale in Fortnite (in principio ideato come un tower defense), considerando inoltre che PUGB è stato costruito proprio attorno all'Unreal Engine. A complicare ulteriormente le cose ci pensò un'accusa su alcune manovre pubblicitarie che associavano i due titoli, chiaramente a vantaggio di Epic Games. La questione non è stata ancora del tutto chiarita, ed una parte dell'utenza ritiene PlayerUnknown's il vero trascinatore verso la fama mondiale del genere.

    Fortnite tuttavia è riuscito ad andare oltre, ed anche cambiando la sua formula d'origine non ha effettivamente tradito i valori con cui è nato: i suoi sviluppatori volevano creare infatti un gioco rapido, divertente e adatto a chi amasse lo shooting. Il punto chiave è però il suo continuo supporto, un fattore determinante promosso proprio dalla mente di Sweeney.

    Oggi l'intera società ha subito in qualche modo l'influenza di Fortnite in ogni ambito: se ne discute nelle pagine dei portali specializzati, ne tratta la stampa generalista ed è letteralmente sulla bocca di tutti. Con centinaia di milioni di utenti online, il titolo di Epic Games ha rotto anche le barriere del suo medium diventando un fenomeno popolare: dai calciatori più famosi che esultano ricreandone i balletti, ai cameo nei film d'animazione del momento. A Fortnite dobbiamo anche la vera democratizzazione del multiplayer cross-platform, distruggendo gli indugi delle alte sfere di casa Sony, impresa in parte fallita anche dal celebre Rocket League, che - guarda caso - è stato sviluppato con l'Unreal Engine...

    Fortnite Capitolo 5 Totalizzante ed imperioso, Fortnite è ormai un fenomeno di costume moderno, ed anche se in futuro i giocatori potranno passare su altri lidi, Epic Games resterà conscia della pagina storica che sta tuttora scrivendo. Grazie al suo battle royale, la piccola azienda nata nella stanza di un programmatore del Maryland è pronta a sfidare i titani. E mentre i rintocchi alla mezzanotte del 31 dicembre sono stati anticipati dall’onnipresente Ninja, impegnato in una sessione di gameplay da Times Square, Tim Sweeney probabilmente ha già brindato a più riprese, conscio di aver avuto ragione un’altra volta.

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